buona notte

Beata Teresa di Calcutta (1910-1997), fondatrice delle Suore Missionarie della Carità
Something Beautiful for God
« Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi »
La gioia è preghiera. La gioia è forza. La gioia è amore. È come una rete di amore che prende le anime. « Dio ama chi dona con gioia » (2 Cor 9,7). Chi dona con gioia dona di più. Non c’è modo migliore per manifestare la nostra gratitudine verso Dio e verso gli uomini di questo: accettare tutto con gioia. Un cuore ardente d’amore è sempre un cuore gioioso. Non lasciate mai la tristezza invadervi al punto di farvi dimenticare la gioia di Cristo risorto. Proviamo tutti l’ardente desiderio del cielo dove sta Dio. Ora è in potere di noi tutti essere fin d’ora in cielo con lui, essere felici con lui in questo stesso istante. Ma questa felicità immediata con lui vuole dire: amare come egli ama, aiutare come egli aiuta, dare come egli dà, servire come egli serve, soccorrere come egli soccorre, rimanere con lui a tutte le ore del giorno, e toccare il suo essere dietro il volto dell’afflizione umana.
ho dimenticato di segnare il nome del sito, ma credo che sia uno di quelli ufficiali di Pompei;
DIRSI TUTTO IL MESE DI MAGGIO E NEI QUINDICI SABATI E NELLE QUINDICI DOMENICHE PRECEDENTI LE GRANDI FESTIVITÀ DI MAGGIO ED OTTOBRE (Prima di recitare
la Corona).
penetra il cuore; ed ecco a Te mi rivolgo, o Regina augusta del cielo e della terra, o Avvocata dei peccatori, o Maria, mia pietosissima Signora. Tu, per un tratto di misericordia del tuo divin Figliuolo per noi crocifisso, hai voluto che il mondo ai dì nostri ti venerasse in questa Valle desolata ed oscura, accanto ai ruderi d’ una spenta civiltà pagana; per riaccendere la fede e la speranza in tutti i peccatori. E qui, dove Satana riceveva sacrileghe adorazioni sotto l’effigie di idoli abominevoli, Tu, Vergine immacolata, chiami i tuoi figli ad onorarti, ad invocarti, ad amarti sotto la dolce effigie di Regina del SS. Rosario. Deh! che il mio cuore, alla fragranza delle tue rose celesti, si apra al pentimento ed alla speranza. Con la possanza del tuo braccio allontana da me Satana, e quanto mi è di ostacolo, ad amar Te, e servire a Te, massime in questi giorni consacrati al tuo Rosario; e da Dio mi ottieni tutte le grazie necessarie al mio stato per salvarmi. O Madre mia pietosa! Lo sguardo tuo clemente si è già posato su di me infelice; altrimenti io non mi troverei ora qui ai tuoi piedi. Io mi affido alle tue promesse. Tu lo dicesti a S. Domenico: I devoti del mio Rosario hanno un segnale di Predestinazione alla gloria. Oh, che conforto prova il mio cuore a questa tua parola! Io già sento che ti amo assai, o Madre mia, ed amo ancora il tuo Rosario: io dunque ho certa speranza di venire a vederti in Paradiso. Da oggi voglio crescere nell’amor tuo ed essere costante nella devozione alla tua celeste Corona. Sia questa per me l’ora avventurata, l’ora della misericordia del Signore, da che tutta la mia fiducia, dopo Gesù, ho riposta in Te, o Madre cara; e fermamente spero, che questi giorni di apparecchio alla solennità del tuo diletto Rosario mi apriranno la via della eterna salvezza.
Vergine bella, io ti ringrazio che Tu mi chiami a parte de’ tuoi sacrati Misteri. Le sante tue gioie saranno le gioie dell’anima mia: i tuoi dolori formeranno il balsamo delle mie pene: le tue glorie saranno il mio conforto nei travagli di questa vita, ed avviveranno in me la speranza di un beato avvenire. Così sia. Salve Regina…
dal sito:
http://www.zenit.org/italian/ data pubblicazione: 2007-05-09
L’interesse dei grandi media per il viaggio del Pontefice in Brasile e
la Conferenza di Aparecida Intervista a José Maria Mayrink, giornalista de “O Estado de S. Paulo”
INDAIATUBA, mercoledì, 9 maggio 2007 (ZENIT.org).- Alla vigilia dell’arrivo di Benedetto XVI in Brasile, ZENIT ha conversato con José Maria Mayrink, una nota firma del giornalismo brasiliano, per discutere sull’interesse suscitato da questa visita nei grandi media. Vincitore del Premio Esso di Giornalismo – il più importante della categoria – José Maria Mayrink, del gruppo “O Estado de S. Paulo”, copre
la CNBB (Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile) da 40 anni. In questa intervista, parla della visita del Papa nel Paese e della Conferenza di Aparecida dal punto di vista dei media.
Qual è la sua percezione dell’interesse dei grandi media per il viaggio del Papa in Brasile?
José Maria Mayrink: Il grande interesse è in relazione al Papa, ma il fulcro del viaggio di Benedetto XVI non è il passaggio per San Paolo, ma
la V Conferenza dell’Episcopato Latinoamericano e del Caribe, ad Aparecida. Finora, tuttavia,
la Conferenza è in secondo piano, perché quando se ne parla è nel contesto della presenza del Papa ad Aparecida. Tutto, quindi, ruota intorno al Papa, il che è comprensibile, perché è lui il grande personaggio di tutto questo, nonostante la grande importanza che avrà
la V Conferenza.
Pensa che i grandi media si stiano rapportando bene a Papa Benedetto XVI? O il Pontefice è una novità più grande di quanto immaginassero?
José Maria Mayrink: Il Papa è una novità, ma il modo con cui ci si rapporta a lui riguarda più che altro la curiosità. La gran parte della stampa, dei media, sta provando a capire e sta ancora cercando un profilo del Papa. Da ciò deriva questa curiosità a ogni livello: nel sapere come verrà, chi incontrerà, ciò che dirà, come si vestirà, quale sarà il suo stile e inevitabilmente c’è un paragone con Giovanni Paolo II.
La grande stampa sottolinea temi precisi, come alcuni aspetti della morale cattolica, e il Papa, invece, a quanto sembra, verrà con un messaggio più ampio e con un grande carico di spiritualità. Pensa che la grande stampa faccia attenzione a questo?
José Maria Mayrink: Forse la grande stampa sta aspettando che il Papa parli di questioni di morale cattolica e, ad esempio, affronti temi che sono all’ordine del giorno, come l’aborto, l’eutanasia, l’unione civile di omosessuali, la teologia della liberazione. Ma è possibile, secondo quanto mi ha detto il Cardinale Geraldo Majella, che parli in difesa della vita, il che comprende la questione dell’aborto, la sessualità, l’eutanasia, senza entrare specificamente in ciascuno di questi punti. Anche se menzionasse uno, o più di uno di questi punti, ciò avverrebbe in senso complessivo, nel contesto della difesa della vita. E’ anche possibile che dia un orientamento sulla teologia della liberazione, ma lasci ai Vescovi ad Aparecida il compito di approfondire la questione, le cui conclusioni approverà in seguito.
La stampa deve essere cauta per comprendere il messaggio di Benedetto XVI nel suo insieme, per non correre il rischio di frammentazioni e interpretazioni decontestualizzate. Non è così?
José Maria Mayrink: Il rischio di frammentazione esiste. Nel caso di Benedetto XVI, si tratta di un grande teologo, che sostiene posizioni già avanzate a livello teologico dal Concilio Vaticano II, del quale è stato esperto, come sacerdote e professore di teologia. C’è quindi questa contrapposizione del teologo competente e rispettato con l’ex Prefetto della Congregazione per
la Dottrina della Fede. Si ricorda sempre questa sua funzione di Prefetto della Congregazione che in precedenza era chiamata Sant’Uffizio. Per questo, sembra che Ratzinger si identifichi sempre con il grande inquisitore, il che non è vero. Anche persone che si sono confrontate con lui come Prefetto distinguono le cose. Ci si aspettava, il che di fatto si sta confermando, che egli, come Papa, avrebbe avuto un atteggiamento più pastorale che come Prefetto, dove, per la sua funzione, aveva il compito di vigilare sulla difesa della fede e della dottrina. Penso che questa immagine possa cambiare un po’, il che dipenderà dai discorsi che pronuncerà qui in Brasile. Ci sarà un discorso un po’ più intellettuale, che il grande popolo non comprenderà, all’apertura della V Conferenza.
Il popolo analizzerà il Papa molto a livello visivo, paragonandolo a Giovanni Paolo II, ma sono geni differenti, modi diversi di presentarsi. Benedetto XVI non ha la stessa età che aveva Giovanni Paolo II quando venne per la prima volta in Brasile. Giovanni Paolo II aveva 60 anni, era gioviale, parlava e improvvisava frasi in Portoghese e non aveva ancora subito l’attentato e le operazioni relative. Per temperamento, Papa Benedetto XVI è più contenuto, ma può attirare le persone anche per questa immagine.
Tre eventi saranno definitivi da questo punto di vista, a mio parere. In primo luogo l’incontro con i giovani, nello Stato di Pacaembu, che probabilmente avrà grandi ripercussioni; in secondo luogo,
la Messa nel Campo di Marte, in cui canonizzerà Frei Galvão.
La Messa potrà portare un milione di persone nel Campo di Marte, secondo quanto si prevede. A questo si aggiunge il fatto che canonizzerà Frei Galvão, un santo della città di San Paolo, dove si trova sepolto. Anche se è vissuto tra il XVIII e il XIX secolo, è vicino alle persone per la sua storia e per come questa viene resa nota. C’è anche il fatto che si tratta del primo santo nato in Brasile.
In quali aspetti i media devono stare attenti per fare una buona copertura del viaggio del Papa in Brasile e anche della V Conferenza?
José Maria Mayrink: La preoccupazione di realizzare una buona copertura esiste nella redazione. Nel giornale “O Estado de S. Paulo”, in cui io lavoro, si riunisce per questa copertura un’équipe di più di 20 giornalisti. Sono 60 gli accreditati, contando anche fotografi, autisti, ecc.. Abbiamo avuto una riunione con un teologo, per mostrare non solo l’importanza che ha Aparecida e la rilevanza della visita del Papa, ma anche questioni pratiche relative alla terminologia da usare. Spiegare che
la Conferenza di Aparecida non è del CELAM, ma dell’episcopato dell’America Latina e del Caribe. Spiegare che si dice canonizzazione e non santificazione. In questi giorni sono attesi circa 3.000 giornalisti accreditati. La gran parte di loro coprirà la visita del Papa. Una piccola percentuale rimarrà per
la Conferenza di Aparecida, ma questa Conferenza, si vedrà in seguito, entrerà nella storia come quelle di Medellín, Puebla e Santo Domingo.
dal sito: la Chiesa de l’ »Espresso »:
Benedetto XVI in Brasile. Ma intanto i « latinos » invadono il Nord
La quinta nazione al mondo con popolazione latinoamericana sono ormai gli Stati Uniti. Un’inchiesta del Pew Forum su un’emigrazione che cambia il volto del cattolicesimo, nel paese guida dell’Occidentedi Sandro Magister
ROMA, 9 maggio 2007 – Il viaggio di Benedetto XVI in Brasile è il primo che egli compie, da papa, al di fuori di quel mondo che appare essere più suo: l’Europa e l’Occidente. Ma i confini tra l’America latina e il Nord del mondo non sono più così netti. Con 37 milioni di immigrati ispanici, gli Stati Uniti sono ormai la quinta nazione al mondo – e presto saranno la quarta – per quantità di popolazione latinoamericana, dopo Brasile, Messico, Colombia e Argentina e davanti a tutti gli altri paesi del Centro e Sudamerica. Un cattolico su tre degli Stati Uniti proviene dall’America latina, parla spagnolo o portoghese e frequenta preferibilmente le chiese dove trova fedeli anch’essi venuti dal Sud. Inoltre, quasi la metà degli immigrati ispanici negli Stati Uniti si identificano come carismatici, esattamente come avviene nei paesi di provenienza. E questo modifica sensibilmente il paesaggio religioso degli Stati Uniti, anche per quanto riguarda
la Chiesa cattolica. I latinoamericani non solo rivoluzionano i numeri, ma cambiano la forma in cui il cattolicesimo è vissuto nel paese guida dell’Occidente.
Un’inchiesta del Pew Forum on Religion & Public Life, pubblicata negli Stati Uniti proprio alla vigilia del viaggio di Benedetto XVI in Brasile, ha studiato per la prima volta a fondo questa imponente trasformazione, che avrà forti riflessi sul futuro del cattolicesimo mondiale.
Il testo integrale della ricerca è nel sito web del Pew Forum:
> Changing Faiths: Latinos and the Transformation of American Religion Eccone i risultati essenziali, punto per punto: RELIGIONE E DEMOGRAFIA Più di due terzi dei « latinos » negli Stati Uniti, il 68 per cento, sono cattolici. E di questi il 28 per cento si qualificano come carismatici, proporzione che sale al 70 per cento tra gli immigrati di confessione protestante.
I cattolici sono in proporzione più alta tra gli immigrati dal Messico. I protestanti sono più numerosi tra quelli che vengono da Puerto Rico. I senza religione, una piccola porzione del tutto, sono in quantità maggiore tra chi proviene da Cuba.
Il Pew Forum prevede che da qui al 2030 i latinoamericani saliranno dal 33 al 41 per cento dei cattolici degli Stati Uniti.
PRATICHE E CREDENZE RELIGIOSE
Rispetto agli altri cattolici degli Stati Uniti gli ispanici sono più devoti alla Madonna, pregano di più i santi, ritengono
la Bibbia parola direttamente ispirata da Dio, vanno più spesso in chiesa, danno alla religione un posto più importante nella vita.
Inoltre, una buona metà dei cattolici « latinos » crede che Gesù tornerà sulla terra presto, durante la loro vita. E tre su quattro sono convinti che Dio assicura ricchezza e salute a coloro che hanno fede.
CATTOLICI E CARISMATICI
A differenza degli altri cattolici degli Stati Uniti, di cui solo uno su dieci si definisce carismatico, tra i cattolici « latinos » si definiscono tali il 28 per cento: una proporzione che aumenta di molto se si guarda non alle classificazioni ma ai comportamenti tipici di questo cattolicesimo puritano, comunitario, ispirato, con frequenti esperienze soprannaturali, dalle guarigioni al parlare in lingue sconosciute.
Rispetto agli altri cattolici, i carismatici di provenienza latinoamericana sono anche molto più fedeli alle dottrine tradizionali della Chiesa: credono che il pane e il vino della messa siano realmente il corpo e il sangue di Gesù, si confessano, recitano il rosario.
CONVERSIONI
Tra gli emigrati dall’America latina uno su cinque ha cambiato religione, quasi tutti per il « desiderio di una più diretta e personale esperienza di Dio ». Pochissimi dicono di aver abbandonato
la Chiesa cattolica perché insoddisfatti delle sue posizioni su questioni come il celibato del clero o il divieto del divorzio, oppure per il modo « non vivo nè coinvolgente » con cui si celebra la messa (bocciatura peraltro condivisa dalla metà di essi).
Rispetto alle altre credenze, i cattolici « latinos » esprimono un giudizio favorevole per i cristiani evangelici nella misura del 42 per cento di giudizi favorevoli, per gli ebrei nella misura del 38 per cento, per i protestanti pentecostali nella misura del 36 per cento, per i mormoni nella misura del 32 per cento, per i musulmani nella misura del 26 per cento, per gli atei nella misura del 17 per cento. I non favorevoli per lo più non si pronunciano. Tra le altre confessioni, spicca il giudizio altamente favorevole (77 per cento) dei pentecostali per gli ebrei.
CHIESA ETNICA
Negli Stati Uniti, le chiese frequentate dai cattolici « latinos » sono per i due terzi degli intervistati quelle in cui si verificano tutte e tre queste condizioni: la messa è celebrata in spagnolo o in portoghese, i fedeli appartengono alla stessa etnia e i preti sono ispanici.
RELIGIONE E POLITICA
Mentre la maggioranza dei cattolici non ispanici preferisce che
la Chiesa si tenga lontana dalla politica, i « latinos » la pensano diversamente: il 57 per cento chiedono che
la Chiesa si pronunci volta a volta sulle questioni sociali e politiche. E il 44 per cento lamentano che i leader politici manifestino « troppo poco » la loro fede religiosa.
Il 52 per cento dei cattolici provenienti dall’America latina sono contro il matrimonio tra omosessuali, il 54 per cento sostengono che l’aborto debba essere illegale, il 40 per cento si oppongono alla pena di morte, con proporzioni maggiori tra chi va a messa più di frequente.
Sette « latinos » su dieci, sia cattolici che protestanti, dicono che le Chiese non dovrebbero dare indicazioni su partiti e candidati. Nel voto, i cattolici ispanici si dichiarano per il partito democratico tre volte di più che per il partito repubblicano(48 per cento contro 17 per cento), al contrario dei protestanti che sono a maggioranza repubblicani.
In ogni caso, quasi la metà dei cattolici « latinos », al pari dei protestanti, sono convinti che i mali sociali sarebbero sanati se più persone si avvicinassero a Cristo.
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dal sito on line di « Avvenire »
INTERVISTA
«Studiando i vangeli si è allargato il campo alle tracce epigrafiche, papirologiche, numismatiche. È sempre più evidente la storicità di Cristo, che, come scrive il Papa, non può essere ridotto a leggenda». Parla la grande storica dell’Antichità Sordi: «Il Gesù di Ratzinger vince l’angoscia»
«Nel mondo pagano e romano, la grande novità evangelica si innesta sull’attesa, molto viva nel periodo augusteo, di una comunione tra il mondo degli uomini e quello degli dèi» Di Paolo Viana
Si potrebbe dire che da decenni si confronta con Gesù, ma solo per caso. Nel senso che l’interesse scientifico di Marta Sordi, una delle massime studiose di storia romana, si concentra proprio su quell’età imperiale all’inizio della quale si svolse la vicenda storica di Cristo, ma non su di Lui. Leggere il Gesù di Nazaret di Benedetto XVI per lei significa confrontarsi con un metodo, oltre che con un’epoca, una persona e una fede. In quest’intervista analizza la via seguita da Ratzinger per descriverli.
Il libro del Papa, nel sancire l’unità tra due profili spesso alternativi nell’esegesi, cioè il Cristo della storia e quello della fede, mette sotto esame il metodo storico-critico. Quali sono i suoi limiti?
«Ratzinger non nega il metodo storico-critico ma ne individua effettivamente limiti e rischi, che nascono, come scrive il Papa, dalle distinzioni sempre più sottili di tradizioni stratificate e dalla trasformazioni di ipotesi in verità indiscutibili. Il metodo storico-critico applicato ai Vangeli è nato tra il XIX e il XX secolo nell’ambito di una storiografia impostata sull’ipercritica. Quest’approccio però è stato superato, almeno in parte, dalla storiografia recente. Studiando il mondo greco e romano coevo ai Vangeli, non ci si è accontentati più delle fonti letterarie, ricorrendo anche a quelle numismatiche, papirologiche, epigrafiche, ecc. Quanto quest’evoluzione sia stata proficua lo dimostrano vari esempi: Valerio Publicola, personaggio chiave nel passaggio tra la monarchia e la repubblica romana, è rimasto avvolto nella leggenda finché non fu trovata un’epigrafe che permise di riscriverne la storia. Ebbene, molti esegeti, anche attuali, non hanno seguito quest’evoluzione e sembrano aver perduto ogni contatto con le fonti. Essi continuano a costruire le loro interpretazioni sulle ipotesi dei loro predecessori, stratificazioni che per loro diventano dei dogmi».
Quindi lo strappo tra il Cristo della storia e quello della fede che Ratzinger « ricuce » non è il figlio del metodo storico-critico ma rappresenta la sua degenerazione.
«Esattamente. E questo vale anche per la scoperta e l’applicazione dei generi letterari alla Bibbia. Così, se è stato fondamentale, per comprendere l’Antico Testamento, riconoscere il carattere sapienziale e non storico di libri come quelli di Giobbe e di Giona, un’acquisizione che dobbiamo precisamente al metodo storico-critico, è devastante quando si pretende di applicare ai Vangeli un genere letterario differente da quello storico o storico-biografico».
Come capiamo che i Vangeli appartengono al genere storico?
«Dal prologo di Luca. Il suo Vangelo è uno dei sinottici, non un testo scollegato dagli altri, e utilizza un linguaggio e un’architettura tipici della storiografia scientifica di tipo tucidideo, con quel richiamo all’akribia, il senso critico, e all’autopsia, che esalta la testimonianza oculare dei fatti raccontati. Del resto, i Vangeli sono scritti in un’epoca critica, segnata dalla trasmissione scritta delle conoscenze, e quanto si tenesse a una testimonianza diretta degli eventi lo dimostra la scelta degli stessi Apostoli, che dopo l’Ascensione, scegliendo il dodicesimo di loro, individuano Mattia perché era stato testimone della vita di Gesù dal battesimo di Giovanni fino alla Resurrezione».
Qual è la personalità di Cristo che emerge dalla sintesi ratzingeriana?
«Il centro della personalità di Gesù – Benedetto XVI lo dice a più riprese – è il suo rapporto con Dio Padre. Devo aggiungere che la persona che emerge da quest’esegesi che « unifica » i due profili è molto più coerente e storicamente attendibile di quella che ci propongono certuni esegeti, che vedono nel Cristo il rivoluzionario fallito o il mite moralista che tutto permette, come sottolinea anche l’autore. Su questa personalità di Gesù non avrei dubbi perché il Papa ci ritorna continuamente nel libro: dalla confessione di Pietro, al racconto della Trasfigurazione, sino al famoso « Io sono » con cui afferma l’identità col Padre».
Se non prometteva né rivoluzioni, né riforme, quale fu, per i contemporanei, la novità del messaggio cristiano?
«Ratzinger risponde: Gesù ha portato Dio. Rileggiamo il suo libro: non il pane, non la pace, né il benessere, o meglio tutto questo ma nel giusto ordine, che vede Dio al primo posto… Una novità che emerge dalle pagine sulle tentazioni, sulla moltiplicazione dei pani e dei pesci, sull’istituzione dell’Eucaristia. Nel mondo pagano e soprattutto in quello romano, la grande novità del cristianesimo si spiega con l’attesa, particolarmente sentita nel periodo augusteo, di una comunione tra il mondo degli uomini e quello degli dei. Catullo rimpiangeva l’età degli eroi perché allora gli dei camminavano in mezzo agli uomini e condividevano con loro nozze e mense. Virgilio rivela nella quarta egloga la stessa esigenza. Non dimentichiamo che nozze e mense sono simboli anche nella Rivelazione biblica. Individuano la comunione con Dio».
Questo significato può valere anche per i moderni?
«Anche noi abbiamo un immenso bisogno di comunione con Dio e l’angoscia di oggi non è molto diversa dal sentimento che pervadeva i romani negli anni delle guerre civili, quando, scrive Catullo, il fas e il nefas, il diritto divino e il suo rovesciamento, si mescolano e vige il totale disordine, gli dei si allontanano e la luce sul mondo si spegne…»
San Silvano (1886-1938), monaco ortodosso
Sofronio, Staret Silvano
« Senza di me non potete far nulla »
Gli apostoli videro il Signore nella gloria quando fu trasfigurato sul Monte Tabor ; ma poi, nell’ora della sua passione, con timore, fuggirono. Tale è la fragilità dell’uomo. In verità, proveniamo proprio da quella stessa terra, anzi, da quella terra peccatrice. Perciò il Signore ha detto : « Senza di me non potete far nulla ». E così è. Quando la grazia è dentro di noi, siamo veramente umili ; allora la nostra intelligenza è più viva, e siamo ubbidienti, mansueti, graditi a Dio ed agli uomini. Ma quando perdiamo la grazia, ci secchiamo come il tralcio gettato via. Chi non ama suo fratello per il quale il Signore è morto in mezzo a grandi sofferenze, ha separato se stesso dalla Vite. Ma chi lotta contro il peccato sarà portato dal Signore