buona festa di Pentecoste

San Bernardo (1091-1153), monaco cistercense e dottore della Chiesa
Discorso 1, per la Pentecoste
« Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore »
Nulla è più dolce in Dio del suo Spirito Santo; egli è la stessa bontà di Dio; egli è Dio… All’inizio – era necessario – lo Spirito invisibile manifestava la sua venuta tramite segni visibili. Invece ora, quanto più i segni sono spirituali, tanto più sembrano degni dello Spirito Santo e gli si addicono. Per questo, è venuto sugli apostoli sotto l’apparenza di lingue di fuoco affinché annunciassero a tutti i popoli parole di fuoco e predicassero in una lingua di fuoco una legge di fuoco. Nessuno si lamenti perché lo Spirito non si manifesta a noi allo stesso modo. « A ciascuno infatti è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune » (1 Cor 12,7). Così – c’è forse bisogno di dirlo? – per noi più che per gli apostoli, ebbe luogo questa manifestazione. Infatti, a cosa sarebbero servite loro delle lingue straniere se non a convertire i popoli? Ma un’altra rivelazione li ha toccati più intimamente, e in questo modo ancora oggi lo Spirito si manifesta in noi. Era ovvio per tutti che erano stati rivestiti della » forza dall’alto » (Lc 24,49) quando da uno spirito così pauroso sono passati ad una tale franchezza. Non sfuggono più, non si nascondono più per la paura; ormai dispiegano più energie nel predicare, di quante ne dispiegassero prima per sfuggire. Questa trasformazione, che è l’opera dell’Altissimo, appare in modo lampante in Pietro, il principe degli apostoli; ieri spaventato alla voce di una serva (Mt 26,69), è ora imperturbabile sotto le minacce dei sommi sacerdoti. « Essi se ne andarono dal sinedrio, dice la Scrittura, lieti di essere stati oltraggiati per amore del nome di Gesù » (At 5,41). Eppure, poco prima, mentre Gesù era portato davanti al sinedrio, erano fuggiti e lo avevano abbandonato.
Chi potrebbe dubitare della venuta dello Spirito di fortezza la cui potenza invisibile ha illuminato i loro cuori? Allo stesso modo ciò che lo Spirito opera in noi testimonia della sua presenza dentro di noi.
http://www.communiobiblica.org/index.htm
Il Cenacolo: Improvvisamente si fece dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, e riempì tutta la casa” (At 2,2).
Nell’approssimarsi della festa di Pentecoste anche noi con il cuore e la mente ritorniamo al monte Sion, in Gerusalemme, dove la tradizione cristiana ha posto il luogo del Cenacolo. Il luogo del Cenacolo si identifica, nell’ordine della tradizione cristiana, come l’ambiente dove Gesù appare agli apostoli dopo la sua risurrezione; dove gli apostoli si ritrovano uniti in preghiera con Maria, la madre di Gesù, e discende su di loro lo Spirito Santo nel giorno della Pentecoste; dove Gesù celebra la sua Cena pasquale; dove Mattia viene eletto per succedere a Giuda, il traditore. Secondo la tradizione, il luogo dove Gesù fece l’Ultima Cena con i suoi discepoli fu anche la residenza della primitiva chiesa apostolica. Sappiamo dal vescovo Epifanio (IV sec. d,C,) che l’imperatore Adriano visitando la città di Gerusalemme nel 131 d. C., la trovò « completamente rasa al suolo eccetto alcune poche abitazioni e la chiesa di Dio, che era piccola, dove i discepoli, ritornando dal luogo dell’ascensione di Gesù al cielo, salirono al piano superiore ». Nella seconda metà del IV sec. i cristiani cambiarono la piccola chiesa in una grande basilica che chiamarono « Santa Sion » e « Madre di tutte le chiese », a motivo della sua origine apostolica. In essa si conservava il ricordo del trono di Giacomo, « fratello del Signore » e primo vescovo di Gerusalemme, e la colonna della Flagellazione di Gesù, originariamente segnalata dal pellegrino anonimo di Bordeaux (333 d. C.) nella casa di Caifa, sommo sacerdote. Al ricordo delle apparizioni di Gesù Risorto e della discesa dello Spirito Santo sugli apostoli troviamo unito stabilmente, a partire dal V sec,. anche quello dell’Ultima Cena. Il ricordo della morte, o Dormizione, di Maria è sempre presente a partire dal VII secolo. La chiesa della Santa Sion subì diverse distruzioni e restauri; fu poi ricostruita dalle fondamenta in epoca crociata (XII sec.) e ribattezzata col nome di « Santa Maria in Monte Sion ». Dopo la demolizione del 1219, ordinata dal sultano, rimase in piedi la sola cappella del Cenacolo (medioevale) con la sottostante commemorativa Tomba di Davide. Gli altri ricordi erano commemorati in varie parti della chiesa in rovina. Nel 1335 i Francescani ricevettero in custodia il santuario, erigendo sul lato di sud un conventino il cui chiostro è visibile fino ad oggi. Una piccola sala, al secondo piano, semplice, per anni rimasta luogo di culto anche per i mussulmani, di cui conserva ancora alcuni tratti. Grazie all’interessamento dei Padri Francescani fu concessa la possibilità di visitarlo, ma sempre con l’obbligo dell’astinenza da alcuna forma liturgica; con il viaggio giubilare del Santo Padre questa norma è stata cambiata e nell’occasione è stata concessa la celebrazione della Santa Eucaristia. Attiguo al Cenacolo vi è però un santuario francescano, denominato Cenacolino dove è possibile celebrare regolarmente
la Sacra Liturgia. Questo luogo così caro ai cristiani ricorda sia l’istituzione dell’Eucarestia nell’Ultima Cena, sia il dono dello Spirito Santo nel giorno di Pentecoste. Noi vogliamo soffermarci un attimo su quest’ultimo evento. Noi sappiamo dal testo degli Atti degli Apostoli che il dono dello Spirito Santo avvenne nel giorno di Pentecoste, denominazione greca della festa ebraica di Shabuot, cinquanta giorni dalla grande celebrazione di Pesah (pasqua). Per gli ebrei rientra nelle tre feste dei pellegrinaggi (regalim), insieme a Pesah e Sukkot. Queste feste sono caratterizzate dalla gioia e si contrappongono alle feste del timore di Dio, del ritorno a Dio, che sono Rosh Hashanah (Capodanno) e Yom Kippur (giorno di espiazione). Viene celebrata nel terzo mese dell’anno biblico e fu motivo di grande discussione all’interno del giudaismo tra farisei e sadducei riguardo alla data: i primi iniziavano il conto dei cinquanta giorni dalla celebrazione della pasqua, mentre i sadducei, secondo le indicazioni di Lv.23,15, dal primo sabato dopo la pasqua. Nella festa di Shabuot, a partire dal II sec. d.C., si celebra il dono della Torah (Legge) e, come per le altre celebrazioni, venne a sostituire una festa agricola, in questo caso quella del dono delle primizie, nel tempo della mietitura. Già al tempo di Gesù la pentecoste aveva un’importanza minore rispetto agli altri regalim, caratterizzata da una liturgia povera, celebrativa delle primizie; questo è valido ancora oggi, dove, per influenza del movimento mistico della Kabalah, l’unica novità è l’aggiunta di una notte di studio della Legge nella veglia della festa, come valore pedagogico delle letture. All’interno delle letture sinagogali di questo giorno viene proclamata la meghillah (rotolo) di Ruth, come modello di conversione, perché in essa viene raccontato che l’antenata di Davide, di origine moabita, si convertì al Dio d’Israele per non abbandonare la suocera Noemi, rimasta vedova e senza figli. Secondo uno dei massimi esperti in giudaismo, P. Frederic Manns, rettore dello Studium Biblicum di Gerusalemme, la festa di Pentecoste è soltanto una festa della mietitura e non agricola: cinquanta giorni dopo l’offerta del primo covone d’orzo si celebrava la mietitura del grano e si offrivano due pani di farina nuova. Con l’offerta del primo covone i cinquanta giorni diventavano come la celebrazione di un’unica solennità pasquale prolungata per sette settimane. Abbiamo ricordato alcuni tratti della festa ebraica, perché ci aiutano a capire profondamente il senso della nostra celebrazione cristiana: Shabuot celebra il dono della Legge (anche se solo nel II sec. d.C. appare la prima affermazione di tale tradizione), ma la nuova Legge è lo Spirito Santo che viene donato agli Apostoli nel giorno di Pentecoste e successivamente ai convertiti; il fatto che essa appartenga alle tre feste dei pellegrinaggi ci fa comprendere la presenza di tanti ebrei della diaspora al momento in cui gli Apostoli parlano in lingue differenti e tutti li comprendono. Nel giorno della lettura del rotolo di Ruth, vi è la conversione degli Apostoli che grazie al dono dello Spirito, con coraggio annunciano il mistero della morte e risurrezione di Cristo, abbandonando la paura e l’indecisione. Certamente la novità cristiana completa e supera ciò che ancora oggi il popolo d’Israele vive, ma nello stesso tempo ci è utile comprendere alcuni aspetti significativi delle nostre radici. La festa di Pentecoste sia per noi un rinnovare quell’impegno di testimonianza che abbiamo assunto nel giorno della nostra Cresima, quando anche noi, per amore divino, abbiamo ricevuto il dono gratuito dello Spirito. Vorrei terminare questa breve presentazione con una richiamo a pregare per
la Terra Santa: noi in questi mesi l’abbiamo ripercorsa con la mente e con il cuore, conceda il Signore il miracolo della pace, della saggezza dei cuori a coloro che animano sentimenti d’odio e di disprezzo verso il prossimo; qual è la vera vittoria: annientare il nemico con il terrore e la distruzione, o il rispetto e l’amore per l’altro nella considerazione della sua diversità?
dal sito:
Data pubblicazione: 2007-05-25 Predicatore del Papa: “Il mondo ha ancora tanto bisogno dello Spirito di Dio” Commento di padre Cantalamessa alla liturgia della domenica di Pentecoste
ROMA, venerdì, 25 maggio 2007 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il commento di padre Raniero Cantalamessa, OFM Cap. – predicatore della Casa Pontificia –, alla liturgia di domenica prossima, solennità di Pentecoste. * * *
MANDI IL TUO SPIRITO, SONO CREATI Domenica di Pentecoste
Atti 1,1-11; Romani 8,8-17; Giovanni 14,15-16.23b-26 La sera di Pasqua, Gesù nel cenacolo « alitò su di loro [i suoi discepoli] e disse: Ricevete lo Spirito Santo » [Gv 20,19-23 Ndr]). Questo alitare di Cristo richiama il gesto di Dio che, nella creazione, « soffiò sull’uomo, plasmato con polvere del suolo, un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente » (cfr. Gn 2, 7). Con quel gesto Gesù viene dunque a dire che lo Spirito Santo è il soffio divino che dà vita alla nuova creazione, come diede vita alla prima creazione. Il Salmo responsoriale sottolinea questo tema: « Mandi il tuo Spirito e sono creati, e rinnovi la faccia della terra » [Sal 103,1-34. Ndr].Proclamare che lo Spirito Santo è creatore significa dire che la sua sfera d’azione non è ristretta alla sola Chiesa, ma si estende a tutta la creazione. Nessun tempo e nessun luogo è privo della sua attiva presenza. Egli agisce nella Bibbia e fuori di essa; agisce prima di Cristo, al tempo di Cristo e dopo Cristo, anche se mai separatamente da lui. « Ogni verità, da chiunque venga detta -ha scritto san Tommaso d’Aquino-, viene dallo Spirito Santo ». Certo, l’azione dello Spirito di Cristo fuori della Chiesa non è la stessa che dentro
la Chiesa e nei sacramenti. Là egli agisce per potenza, qui per presenza, di persona. La cosa più importante, a proposito della potenza creatrice dello Spirito Santo, non è però comprenderla o spiegarne le implicazioni, ma è farne l’esperienza. E che significa fare l’esperienza dello Spirito come creatore? Per scoprirlo partiamo dal racconto della creazione. « In principio Dio creò il cielo e la terra. Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo Spirito del Signore aleggiava sulle acque » (Gn 1, 1-2). Ne deduciamo che l’universo esisteva già al momento in cui interviene lo Spirito, ma era ancora informe e tenebrosa, caos. È in seguito alla sua azione che il creato assume contorni precisi; la luce si separa dalle tenebre, la terraferma dal mare e tutto prende una forma definita.
Lo Spirito Santo è dunque colui che fa passare il creato dal caos al cosmo, che fa di esso qualcosa di bello, di ordinato, pulito (cosmo viene dalla stessa radice di cosmetico e vuol dire bello!), ne fa un « mondo », secondo il duplice significato di questa parola. La scienza ci insegna oggi che questo processo è durato miliardi di anni, ma quello che
la Bibbia vuole dirci, con il suo linguaggio semplice e immaginifico, è che la lenta evoluzione verso la vita e l’ordine attuale del mondo non è avvenuta a caso, obbedendo a ciechi impulsi della materia, ma per un progetto posto in esso, fin dall’inizio, dal creatore.
L’azione creatrice di Dio non è limitata all’istante iniziale; egli è sempre in atto di creare. Applicato allo Spirito Santo, questo significa che egli è sempre colui che fa passare dal caos al cosmo, cioè dal disordine all’ordine, dalla confusione all’armonia, dalla deformità alla bellezza, dalla vecchiaia alla giovinezza. Questo a tutti i livelli: nel macrocosmo come nel microcosmo, cioè nell’universo intero come in ogni singolo uomo.
Dobbiamo credere che, nonostante le apparenze, lo Spirito Santo è all’opera nel mondo e lo fa progredire. Quante scoperte nuove, non solo nel campo fisico, ma anche in quello morale e sociale! Un testo del Vaticano II dice che lo Spirito Santo è all’opera nell’evoluzione dell’ordine sociale del mondo » (Gaudium et spes 26). Non è solo il male che cresce, ma anche il bene, con la differenza che il male si elide, finisce con se stesso, il bene invece si accumula, rimane. Certo, c’è ancora tanto caos intorno a noi: caos morale, politico, sociale. Il mondo ha ancora tanto bisogno dello Spirito di Dio, per questo non ci dobbiamo stancare di invocarlo con le parole del Salmo: « Manda il tuo Spirito, Signore, e rinnova la faccia della terra! ».
dal sito on line della Radio Vaticana:
http://www.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=135894
I valori dello sport come strumento per affrontare le sfide della vita: se n’è parlato in un Forum promosso dalla nostra emittente e dal quotidiano “
la Gazzetta dello sport”. Presenti il cardinale Tarcisio Bertone e Giampiero Boniperti
“Radio Forum” ieri pomeriggio nella sede della Radio Vaticana sui valori dello Sport. Promosso dal quotidiano »
La Gazzetta dello Sport » e dalla Radio Vaticana, il Forum rappresenta la prima collaborazione diretta tra le due testate giornalistiche. All’incontro hanno partecipato il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, il presidente onorario della Juventus, Giampiero Boniperti, padre Kevin Lixey, responsabile della sezione “Chiesa e Sport” del Pontificio Consiglio dei Laici, Enrica Speroni e Paolo Butturini della Gazzetta dello Sport. Il Forum, il cui resoconto è stato pubblicato oggi dal quotidiano sportivo, sarà trasmesso lunedì alle 11.30 e 16.30 dalla Radio Vaticana. Ascoltiamo un brano dell’incontro registrato nello studio della Radio Vaticana dedicato a Karol Wojtyla e moderato da Luca Collodi:
D. – Eminenza, siamo riuniti a questo tavolo perché siamo tutti innamorati dello sport, del calcio in particolare…
R. – E’ la verità. E devo dire che – fin da quando sono nato – sono tifoso del calcio grazie alla mia famiglia. E’ vero che si faceva il tifo anche per il ciclismo, soprattutto negli anni gloriosi in cui il ciclismo ha “salvato” l’Italia e ricordo che quando arrivavamo dai campi, mio papà la prima cosa che chiedeva era chi avesse vinto la tappa del giorno. Lo sport e il calcio erano però un punto fermo della mia vita e soprattutto della mia giovinezza, presso i Salesiani. Giocavamo molto – i Salesiani sono specialisti del cortile, nei campi da gioco – e il cortile è un luogo tipico anche dell’apostolato di don Bosco, perché in cortile con i bambini, con i ragazzi, si conosce, si individua bene il carattere, la specificità di ogni ragazzo. Si può dire – come diceva don Bosco – quella parolina all’orecchio che orienta anche un ragazzo magari in un momento difficile della sua vita. Perché anche uno scontro, un momento di sconfitta, per un ragazzo è una prova: allora, l’educatore che sta vicino, che gli è amico, può dire la parola giusta. Inoltre, noi eravamo abbonati quando ero al liceo e assistente di un bello stuolo di liceali al campo della Juve, al campo dello Stadio comunale, e andavamo regolarmente a vedere le partite della Juventus. Ricordo ovviamente Boniperti, ricordo i grandi giocatori dei tempi del mio Liceo a Torino.
D. – (Enrica Speroni, Gazzetta dello Sport ) So che lei giocava anche a pallone, era un terzino, ma che terzino era?
R. – Ero un povero terzino! Naturalmente, nelle squadre delle classi e dei ragazzi. Poi anche come educatore, come assistente dei Salesiani, organizzavo i tornei e le partite e partecipavo anch’io.
D. – Presidente Boniperti, dove sta andando lo sport?
R. – Forse bisogna ristrutturare lo sport culturalmente. Bisogna seguirlo con più amore e meno interesse e far fare ai nostri figli, ai nostri nipoti, ai nostri giovani molto più sport, ma uno sport più leale più tranquillo. Tutti si vuol vincere, ma si può anche perdere. Uno deve provare nella vita anche questo, da piccoli, da giovani, per formarsi sia fisicamente che mentalmente.
Rimanendo nell’orizzonte Chiesa e sport, si è disputata stamani, a Roma, la finale della « Clericus Cup », il torneo di calcio a 11 rivolto agli iscritti dei Collegi, delle Università, dei Convitti e dei Seminari Pontifici. C’era per noi Roberto Piermarini:
Si è conclusa questa mattina dopo tre mesi di gare la prima edizione del « Clericus Cup », il campionato pontificio rivolto a sacerdoti e seminaristi organizzato dal Centro sportivo italiano. Al termine della partita, tiratissima, tra gli studenti della Pontificia Università lateranense e i seminaristi del Collegio Internazionale Redemptoris Mater del Cammino Neocatecumenale, la vittoria è andata alla compagine del Redemptoris Mater con un gol sul rigore al decimo del secondo tempo, segnato da Giacomo Piermarini. La « finalina » per il terzo e quarto posto tra i Legionari di Cristo del Mater Ecclesiae e il Collegio con i formatori dell’Opus dei del Sedes Sapientiae, è stata vinta dalla compagine del Mater Ecclesiae per tre a uno. Entrambi i match sono stati preceduti da un minuto di silenzio e preghiera in memoria di Daniele Colarieti 33.enne, fotografo ufficiale della Clericus Cup, deceduto giovedì a Roma. La coppa che rappresenta il logo della manifestazione, cioè un pallone con il “saturno” da chierico e gli scarpini, è stato consegnato al capitano della squadra vincitrice Redemptoris Mater, Paolo Itta, dal presidente nazionale del Centro sportivo italiano, Edio Costantini. All’ultimo atto della « Clericus Cup » erano presenti i rettori dei quattro seminari finalisti: mons. Rino Fisichella della Pontificia Università Lateranense, mons. Claudiano Strazzari del Redemptoris Mater, mons. Juan Carlos Dominguez del Sedes Sapientiae e padre Juan Manuel Duenas del Mater Ecclesiae. Il bomber principale con 11 reti del torneo, Marcos Tullio Peña, 22 anni, del Salvador, giocatore della Sedes Sapientiae, ha ricevuto il premio della Lotto come capocannoniere e ha ricevuto un pallone di cristallo realizzato dal Maestro Varisco di Treviso, mentre il miglior portiere, con zero gol subiti, Simone Pegoraro del Redemptoris Mater, è stato premiato con una coppa da INA Assitalia.
Elredo di Rievaulx ( 1110-1167), monaco cistercense inglese
L’Amicizia spirituale, III, 115
Pietro e Giovanni: la diversità nell’unità
Certe persone alle quali non è stato concessa una promozione, ne deducono che non sono amate; se non vengono implicate negli affari e nelle funzioni, si lamentano di essere lasciate da parte. Questa è l’origine di gravi discordie tra persone che sembravano essere degli amici ma, al culmine dell’indignazione, si separano e giungono al punto di maledirsi l’un l’altra.
Nessuno dica che è stato lasciato da parte perché non gli si è stata concessa una promozione. A questo riguardo, il Signore ha preferito Pietro a Giovanni. Tuttavia, conferendo il primato a Pietro, non ha per questo tolto il suo affetto a Giovanni. Ha affidato la sua Chiesa a Pietro; a Giovanni ha rimesso sua madre, teneramente amata (Gv 19,27). Ha dato a Pietro le chiavi del suo regno (Mt 16,9); ha aperto a Giovanni i segreti del suo cuore (Gv 13,35). Pietro occupa dunque un posto più elevato, ma il posto di Giovanni è più sicuro. Per quanto Pietro abbia ricevuto il potere, quando Gesù disse: « Uno di voi mi tradirà » (Gv 13,21), trema e si agita con gli altri; Giovanni, incoraggiato dalla sua vicinanza con il Signore, lo interroga, spinto da Pietro, per sapere di chi egli parlasse. Pietro deve consegnarsi all’azione; Giovanni è stato messo a parte per testimoniare il suo affetto, secondo la parola: « Voglio che egli rimanga finché io venga ». Ci ha dato un esempio affinché facciamo lo stesso.