Archive pour le 6 mai, 2007

Preghiere a Maria

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dal sito maranathà

Preghiere a Maria

Regina dei cieli, rallegrati, alleluia:
Cristo, che hai portato nel grembo, alleluia,
è risorto, come aveva promesso, alleluia.
Prega il Signore per noi, alleluia.

Regína caeli, laetáre, allelúia,
Quia quem meruísti portáre, allelúia,
Resurréxit sicut dixit, allelúia;
Ora pro nobis Deum, allelúia.

Publié dans:Maria Vergine |on 6 mai, 2007 |Pas de commentaires »

Papa: cresca nei cristiani la coscienza di essere tutti missionari

Dal sito Asia News: 

» 05/05/2007 13:18

VATICANO

Papa: cresca nei cristiani la coscienza di essere tutti missionari

Benedetto XVI a 50 anni dalla Fidei donum afferma che pur nelle difficoltà del nostro tempo esistono “segni di speranza” come la vitalità missionaria. Bisogna sempre conservare la “certezza” che il Signore non farà mancare i sacerdoti e per questo bisogna pregare. Una lettera del Segretario di Stato vaticano al prefetto per l’Evangelizzazione dei popoli.

Città del Vaticano (AsiaNews) – Nella certezza che “il Padrone della messe non farà mancare operai alla sua messe”,
la Chiesa guarda oggi alle sfide che la società contemporanea pone alla evanelizzazione e se non mancano i problemi, come la scarsità di vocazioni, non mancano neppure “i segni di speranza che in ogni parte del mondo testimoniano una incoraggiante vitalità missionaria del popolo cristiano” e cresce “la coscienza di essere tutti ‘missionari’, tutti cioè coinvolti, sia pure in modi diversi, nell’annuncio e nella testimonianza del Vangelo”. 
E’ un forte invito alla fiducia ed alla speranza quello che Benedetto XVI ha rivolto oggi alla Chiesa intera, nel discorso che ha rivolto ai partecipanti all’incontro del Consiglio superiore delle Pontificie opere missionarie e al congresso mondiale dei missionari « Fidei donum », svoltosi nei giorni scorsi per commemorare il 50mo anniversario dell’enciclica Fidei donum di Pio XII (21 aprile 1957). 

   “Sono trascorsi cinquant’anni – ha detto ai presenti, guidati dal card. Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli – da quando questo mio venerato Predecessore, dinanzi all’evolversi dei tempi e all’affacciarsi sulla scena della storia di nuovi popoli e nazioni, con lungimirante sapienza pastorale comprese che si aprivano inediti e provvidenziali orizzonti e itinerari missionari per l’annuncio del Vangelo in Africa. Specialmente all’Africa, infatti, guardava Pio XII quando, con intuizione profetica, pensò a quel nuovo « soggetto » missionario, che dalle prime parole dell’Enciclica trasse il nome di « Fidei donum ». Intendeva incoraggiare, accanto alle forme tradizionali, un ulteriore tipo di cooperazione missionaria tra le Comunità cristiane cosiddette ‘antiche’ e quelle appena nate o nascenti nei territori di recente evangelizzazione: le prime cioè venivano invitate a mandare in aiuto delle Chiese ‘giovani’ e in promettente crescita alcuni sacerdoti, perché essi collaborassero con gli Ordinari del luogo per un tempo determinato”. 

   “Duplice, pertanto – ha proseguito Benedetto XVI – era lo scopo che animava il venerato Pontefice: da una parte, suscitare in ogni componente del popolo cristiano una rinnovata « fiamma » missionaria e, dall’altra, promuovere una più consapevole collaborazione fra le diocesi di antica tradizione e le regioni di prima evangelizzazione. Nel corso di questi cinque decenni l’invito di Pio XII è stato a più riprese ribadito da tutti i miei Predecessori e, grazie anche all’impulso impresso dal Concilio Vaticano II, è andato moltiplicandosi il numero dei sacerdoti ‘fidei donum’, partiti insieme a religiosi e volontari laici in missione per l’Africa e per altre regioni del mondo, talora a costo di non pochi sacrifici per le loro diocesi di appartenenza. Vorrei qui esprimere un particolare ringraziamento a questi nostri fratelli e sorelle, alcuni dei quali hanno versato il loro sangue per diffondere il Vangelo. L’esperienza missionaria, voi lo sapete bene, lascia un segno indelebile in chi la compie e contribuisce, al tempo stesso, ad alimentare quella comunione ecclesiale che fa sentire tutti i battezzati membri dell’unica Chiesa, Corpo mistico di Cristo. Nel corso di questi decenni i contatti e gli scambi missionari si sono intensificati, grazie anche allo sviluppo e al moltiplicarsi dei mezzi di comunicazione, così che
la Chiesa è venuta a contatto praticamente con ogni civiltà e cultura. D’altro lato, lo scambio di doni tra Comunità ecclesiali di antica e di recente fondazione ha costituito un arricchimento reciproco e ha favorito la crescita della coscienza di essere tutti ‘missionari’, tutti cioè coinvolti, sia pure in modi diversi, nell’annuncio e nella testimonianza del Vangelo”. 

   “Mentre rendiamo grazie al Signore per l’impegno missionario in atto – ha proseguito il Papa – non possiamo simultaneamente non guardare alle difficoltà che oggi emergono in questo campo. Tra di esse, mi limito a sottolineare la diminuzione e l’invecchiamento del clero nelle diocesi che un tempo inviavano missionari in regioni lontane. Nel contesto di una diffusa crisi vocazionale, questo costituisce certo una sfida con cui occorre confrontarsi. Il Convegno organizzato dalla Pontificia Unione Missionaria per commemorare i 50 anni della Fidei donum, vi ha dato modo di analizzare attentamente questa situazione che vive oggi
la Chiesa. Se non possiamo ignorare i problemi e le ombre, occorre tuttavia volgere lo sguardo al futuro con fiducia, conferendo rinnovata e più autentica identità ai missionari ‘Fidei donum’, in un contesto mondiale indubbiamente mutato rispetto agli anni 50 del secolo passato. Se tante sono le sfide all’evangelizzazione in questa nostra epoca, tanti sono anche i segni di speranza che in ogni parte del mondo testimoniano una incoraggiante vitalità missionaria del popolo cristiano. Mai soprattutto venga meno la consapevolezza che il Signore, prima di lasciare i discepoli per il Cielo, nell’inviarli ad annunciare il suo Vangelo in ogni angolo del mondo, ha assicurato: ‘Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo’ (Mt 28,20). Cari fratelli e sorelle, questa certezza non ci deve mai abbandonare. Il Padrone della messe non farà mancare operai alla sua messe, se con fiducia e insistentemente glielo domandiamo nella preghiera e nel docile ascolto della sua parola e dei suoi insegnamenti”. 

Un invito a rilanciare attraverso i sacerdoti fidei donum “l’impegno missionario promosso 50 anni fa da Papa Pio XII con l’Enciclica Fidei donum” arriva anche dal segretario di Stato vaticano, card. Tarcisio Bertone, in una lettera indirizzata al prefetto per l’Evangelizzazione dei popoli, card. Ivan Dias. La missiva è datata al 21 aprile scorso, giorno in cui ricorreva il 50esimo anniversario del documento del 1957.  Nel ocumeno, il card. Bertone esprime anche apprezzamento per l’organizzazione di un prossimo Convegno a Roma, promosso dalla Pontificia Unione Missionaria, su richiesta anche dei Direttori Nazionali delle Pontificie Opere Missionarie, il porporato sottolinea l’opportunità di “ripensare la comunione e la corresponsabilità delle Chiese per la missione, come pure le implicazioni metodologiche, quali l’esigenza di una progettualità comune, l’inserimento dei missionari « fidei donum » con compiti e ruoli specifici, il reinserimento nelle Chiese d’origine, lo scambio vicendevole di persone, mezzi e metodologie apostoliche, i percorsi formativi per i missionari”. 

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Di Gianfranco Ravasi – San Paolo in carne e ossa

dal sito on line del giornale « Avvenire »

BIOGRAFIE

Murphy-O’Connor propone la versione «narrativa» delle sue monumentali ricerche sull’Apostolo e sui suoi viaggi per il Mediterraneo 

San Paolo in carne e ossa 

Di Gianfranco Ravasi  

«Il vero cristianesimo, che durerà eternamente, viene dai Vangeli, non dalle epistole di Paolo. Gli scritti di Paolo sono stati, in verità, un pericolo e uno scoglio; sono stati la causa dei principali difetti della teologia cristiana. Paolo è il padre del sottile Agostino, dell’arido Tommaso d’Aquino, del tetro calvinista, del bisbetico giansenista. Gesù è, invece, il padre di tutti coloro che cercano nei sogni dell’ideale il riposo delle loro anime». Forse non lo diranno così enfaticamente come faceva Ernest Renan nel suo Saint Paul (1869), ma sono in molti a pensarla ancora in questo modo. Ben venga, allora, un libro come quello di Jerome Murphy-O’Connor, uno degli attuali maggiori studiosi dell’Apostolo, che basandosi su una sua precedente poderosa Vita di Paolo, tradotta in italiano da Paideia nel 2003, propone ora a una più vasta cerchia di lettori un ritratto del grande protagonista della Chiesa delle origini.
Definire il genere di quest’opera è facile se si ricorre al sottotitolo dell’originale inglese, ove si parla di una story. Come è noto, il termine significa, certo, anche « storia » ma non nel senso più tecnico di history, bensì in quello più generico di racconto, di ricostruzione narrativa di un personaggio o di un evento. Intendiamoci bene: questo approccio potrebbe implicitamente condurre verso un altro genere apparentato ma nettamente differente, quello del romanzo storico. Ebbene, l’autore, che è docente nella prestigiosa École Biblique di Gerusalemme, è molto attento nell’evitare questa deriva, pur distanziandosi dal saggio accademico, quale era la sua precedente biografia paolina.
Proprio perché siamo davanti a un ritratto, il profilo di Paolo risultante è vivo e diretto, non meramente ancorato al documento e alle fonti, tra le quali Murphy-O’Connor a ragione colloca in primo piano le Lettere. Sì, perché questi scritti paolini, con buona pace della « vulgata » codificata da Renan, non sono solo testi ad alta densità teorica, sono anche specchi di sentimenti e tensioni personali e hanno in filigrana l’evocazione di dati e fatti. In particolare essi riflettono il dinamismo missionario che è stata quasi l’egida dell’esistenza dell’Apostolo. Si pensi che in questo libro si ricostruiscono almeno quarantadue itinerari seguiti da Paolo, partendo da quello che condusse i suoi genitori da Giscala, il loro paese galileo, a Tarso, capitale della Cilicia, ove egli nacque quando i suoi genitori erano ormai liberti e quindi in grado di trasmettergli la cittadinanza romana.
Questa trama comprende anche ricostruzioni ipotetiche, come quella del viaggio in Spagna, programmato in Romani 15, 24, ma del quale non si hanno altre attestazioni. Tuttavia la rete dei percorsi non è disegnata come in una mappa topografica, bensì in una documentata e avvincente narrazione, resa possibile non attraverso la fantasia dell’autore che racconta « in soggettiva » (come si usa dire nel linguaggio televisivo), cadendo così nel romanzo storico, bensì dando reviviscenza a tutto ciò che è attestato a livello storico e culturale. Infatti, noi sappiamo, ad esempio, dalle testimonianze letterarie antiche come si svolgeva allora un viaggio per terra o in navigazione, come si trascorreva una notte in locanda, come si snodava la vita quotidiana, mentre l’archeologia ci permette di ricomporre il profilo di una città antica (si pensi solo al fascino che ancor oggi produce Efeso coi suoi monumenti rimessi in luce).
È per questo che Murphy-O’Connor tiene davanti a sé il Barrington Atlas of the Greek and Roman World, pubblicato nel 2000 dall’università americana di Princeton: là c’è la possibilità di seguire le strade romane, si possono calcolare le distanze reali di allora tra l’una e l’altra meta, c’è dunque lo schema esteriore di un’esistenza che aveva, però, un turgore interiore la cui ricomposizione è possibile solo attraverso il ritorno a quelle Lettere da cui si deve sempre partire e, naturalmente, anche a quel racconto degli Atti degli apostoli, il secondo scritto lucano da vagliare con finezza critica. Dodici sono le tappe dell’itinerario biografico e interiore proposto in quest’opera, dai primi anni e dalla conversione fino all’addio nei confronti dell’Oriente e l’avvio a Roma per quell’ultimo periodo, destinato a sfociare nella sentenza capitale, un dato da ricostruire fuori del perimetro documentario neotestamentario e che il nostro autore colloca nel 67 (sempre secondo la sua ricerca, Paolo avrebbe avuto allora 73 anni).
Naturalmente sono molti i dati offerti in questo ritratto biografico attraente: un esempio per tutti, l’assegnazione della Seconda Lettera a Timoteo al tempo della prigione romana e quindi alle soglie della morte dell’Apostolo. I fondali sono campiti con pennellate vivaci, eppure nessun tratto è frutto di mera fantasia. Il cuore e la mente di Paolo appaiono in azione e si intuiscono pure i motori segreti che li fanno agire, ossia Cristo col suo messaggio ma anche la teologia biblica e giudaica. Si compie, così, il progetto di questo esegeta che ha voluto – come egli stesso confessa – dare carne e vita a quel volto, proprio perché cadano gli equivoci sulla sua figura ed essa torni a parlare all’uomo di oggi. Un po’ come aveva sognato di fare Pasolini con la sua sceneggiatura incompiuta per il film San Paolo, mai realizzato. La sua idea, infatti, era quella di trasporre la vicenda dell’Apostolo ai nostri giorni, sostituendo le antiche capitali del potere e della cultura con New York, Londra, Parigi, Roma,
la Germania, perché – scriveva – «Paolo è qui, oggi, tra noi con la semplice forza del suo messaggio».

Jerome Murphy-O’Connor
PAOLO

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domenica 6.5.07 – Le parole del papa prima del Regina Coeli

Dal sito: Korazym: 

Le parole del papa prima del Regina Coeli 

 

Cari fratelli e sorelle!

E’ iniziato da qualche giorno il mese di maggio, che per molte Comunità cristiane è il mese mariano per eccellenza. Come tale, esso è diventato nel corso dei secoli una delle devozioni più care al popolo ed è stato sempre più valorizzato dai Pastori come occasione propizia per la predicazione, la catechesi e la preghiera comunitaria. Dopo il Concilio Vaticano II, che ha sottolineato il ruolo di Maria Santissima nella Chiesa e nella storia della salvezza, il culto mariano ha conosciuto un profondo rinnovamento. E il mese di maggio, coincidendo almeno in parte con il tempo pasquale, è assai propizio per illustrare la figura di Maria quale Madre che accompagna
la Comunità dei discepoli raccolti in unanime preghiera, in attesa dello Spirito Santo (cfr At 1,12-14). Questo mese, pertanto, può essere occasione per ritornare alla fede della Chiesa delle origini e, in unione con Maria, comprendere che anche oggi la nostra missione è annunciare e testimoniare con coraggio e con gioia Cristo crocifisso e risorto, speranza dell’umanità.

Alla Vergine Santa, Madre della Chiesa, desidero affidare il viaggio apostolico che compirò in Brasile dal 9 al 14 maggio prossimi. Come fecero i miei venerati Predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo II, presiederò l’apertura della Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi,
la Quinta, che avrà luogo domenica prossima nel grande Santuario nazionale di Nostra Signora Aparecida, nella città omonima. Prima, però, mi recherò nella vicina metropoli di San Paolo, dove incontrerò i giovani e i Vescovi del Paese e avrò la gioia di iscrivere nell’albo dei Santi il beato Fra Antonio di Sant’Anna Galvão. E’ la mia prima visita pastorale in America Latina e mi preparo spiritualmente ad incontrare il subcontinente latinoamericano, dove vive quasi la metà dei cattolici del mondo intero, molti dei quali sono giovani. Per questo è stato soprannominato il « Continente della speranza »: una speranza che riguarda non solo
la Chiesa, ma tutta l’America e il mondo intero.
 

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