Archive pour le 27 janvier, 2008

CATACOMBE ADAM ET EVE NAPLES

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http://www.artbible.net/1T/Gen0204_2ndTale_eden/index.htm

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per il giorno della memoria: il racconto di una bambina…

dal sito: 

http://www.nostreradici.it/fiamma.htm

Il racconto di una bambina e di una famiglia toccate dall’orrore, 
i segni inquietanti delle nuove leggende antigiudaiche 

I nonni bruciati a Sobibor, la famiglia materna inghiottita ad Auschwitz, le leggi razziali. E la mattina meravigliosa della Liberazione, a Firenze 

27 gennaio 2002 
Testimonianza di Fiamma Nirenstein 

 

Una bambina nata dopo la Shoah sa cose diverse dalle altre bambine: per esempio, guarda di nascosto un libro proibito intitolato Der gelbe Stern, «La stella gialla», e là vede per la prima volta corpi nudi di uomini e donne, e la sua curiosità per le loro differenze è sommersa dalla curiosità per una morte orribile che mescola i corpi creando un eterno nodo di dolore. Una bambina così, sa che il suo nonno paterno Joseph, nato a Baranov, Polonia, e sua moglie, e quattro bambine, e l’adorato fratello piccolo del babbo Moshe, tutti sono stati bruciati vivi con getti di acqua bollente (in quel campo di sterminio era questa la prassi) a Sobibor. 

La bambina guarda la foto di Moshe, lo guarda fisso negli occhi chiari, e vede che le somiglia molto. Con lui sono spariti altri innumerevoli zii e parenti di diverso grado. La bambina sa fin da piccola che la famiglia materna, nella parte della nonna Rosina Volterra, era una famiglia con tanti allegri fratelli, e poi, dopo anni di nascondigli e fughe, per la delazione di alcuni conoscenti, ha visto inghiottire ad Auschwitz Angiolina e Gastone, come gli altri fratelli due ragazzi di alta borghesia, che per primi arrivavano in automobile a Forte dei Marmi, e che, da antiquari quali erano, organizzavano gli abiti antichi del Calcio in Costume per il Podestà di Firenze. Da figli chiamati dalla mamma «amore» e «tesoro», divennero soltanto carne da macello, carne di ebrei.

Una bambina ebrea sa anche che il suo nonno Giuseppe Lattes da dirigente di banca un giorno del 1938 si trovò per strada, a doversi inventare dei cartoni di bottoni colorati che andava a cercare di vendere di merceria in merceria a bordo di una motoretta. Questi bottoni rimasero in casa come gioco per noi bambini fino agli Anni 60. La figlia della Shoah sa che la sua mamma Wanda e la zia Rirì, da un giorno all’altro non poterono più andare a scuola, e né i professori né i compagni alzarono una voce neppure di sorpresa; e che la famiglia Lattes girava di casa in casa cercando un nascondiglio, e ci furono pochi che rischiarono per loro, e la maggior parte invece, no. Anzi, c’era chi li denunciò volentieri.

Ma dai racconti della nonna, la bimba sa di un giorno meraviglioso: quello in cui a Firenze giunse con i liberatori la Brigata Britannica con la Stella di Davide. Veniva dalla Palestina, allora mandato britannico. Tra quei soldati c’era suo padre, Aaron, poi detto Alberto. Il miracolo di vitalità e di amore per la vita del popolo ebraico offeso sei milioni di volte, splendeva in quel soldato ebreo e israeliano. La mia nonna Rosina ci prendeva per mano a noi bambine, la Fiamma e la Susy, e con noi ballava la Hora nel corridoio sotto un arazzo su cui la regina Ester troneggiava vittoriosa sul re Assuero, un Hitler dell’antichità. La Hora era il ballo dei pionieri sionisti: la nonna non è mai stata coscientemente tale, sentiva solo che in questo avere finalmente una propria nazione, si compiva un unico miracolo di resurrezione.

La cronista ha visto tanti Giorni della Memoria: il più bello in Israele, quando la gente poteva finalmente piangere senza distrazioni i morti della Shoah, elaborare il proprio lutto. Ovvero, ai tempi del processo di pace. Pareva negli anni di Rabin e della trattativa possibile che gli ebrei avessero trovato un approdo nel porto per loro così tempestoso della Storia. Non più morti, non più bambini terrorizzati e madri disperate. Non più Protocolli dei Savi di Sion, congiure giudaico-massoniche, plutocrazia ebraica, caricature nasute e con i sacchi d’oro fra le grinfie, non più sporco ebreo. 

La pace sarebbe giunta agli ebrei, finalmente, dopo duemila anni di sospiri, dal tempo dell’esilio romano, dopo tante persecuzioni, quel Paese degli ebrei riconosciuto da tutto il mondo. Ma non era vero: sono tornati i Protocolli dei Savi di Sion, distribuiti a Durban, per le strade, o resi serial televisivi dalla tv egiziana; sono tornati nelle caricature dei giornali arabi gli ebrei nasuti con i sacchi di dollari, la congiura mondiale e anche il sangue che cola dalle mani e dalla bocca degli israeliani; è tornato l’invito dell’integralismo islamico a uccidere gli ebrei, tutti gli ebrei, dovunque si trovino. 

E il mondo non ha detto altolà, neppure di fronte alla negazione generalizzata della Shoah definita «solo uno strumento per promuovere il sionismo»: non si sente un urlo di indignazione! Non si è sentito neppure quando sono state rilanciate le accuse di deicidio, o si è promesso di distruggere Israele in un colpo solo con la bomba atomica. E nemmeno quando dopo l’11 settembre, con labbra oscene, molti hanno vomitato l’idea che solo gli ebrei potevano aver organizzato un così riuscito disastro; nei casi più lievi, anche nei salotti di Francia, Inghilterra e Italia si è detto che comunque era accaduto a causa degli ebrei.

Come può essere? Come mai l’uomo contemporaneo non è ancora accorto di fronte alle orribili avvisaglie dell’antisemitismo? La Shoah non è finita finché esso non cessa: ognuno può pensarla come vuole sul conflitto mediorientale, e scriviamo in questa solenne ricorrenza che è indispensabile che il popolo palestinese abbia uno Stato nella sicurezza reciproca con gli israeliani e che cessino le sue dure sofferenze. Ma questo non c’entra: per arrivare alla protezione di tutte le minoranze, alla soddisfazione di tutte le richieste di chi soffre, la coscienza umana deve essere linda dalla sporcizia dell’antisemitismo. 

È ora, finalmente, che i bambini ebrei, a cinquant’anni di distanza, debbano poter vivere tranquilli, dovunque essi siano, e non morire per le strade, in pizzeria, in autobus. E così sia per ogni altro bambino. Il segnale della vera fine dell’antisemitismo sia un segnale per tutti di pace e di benessere. Ma la pace va ancora conquistata. Questa è la preghiera di una figlia della Shoah e della Liberazione 

 

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Il Papa ridotto al silenzio: Conflitti culturali e laicismo radicale

27/01/2008,  dal sito:
http://www.zenit.org/article-13291?l=italian 

 

Il Papa ridotto al silenzio 

 

Conflitti culturali e laicismo radicale 

 

Di Padre John Flynn, L.C.

 

 ROMA, domenica, 27 gennaio 2008 (ZENIT.org).- Le proteste che hanno indotto Benedetto XVI a cancellare la sua visita e il suo discorso all’Università di Roma « La Sapienza » ben illustrano l’intolleranza di un certo laicismo radicale.  

Le obiezioni di chi si è opposto alla sua presenza spaziano dalla sua presunta ostilità nei confronti della scienza e di Galileo ad argomenti più specificamente antireligiosi, secondo cui il capo della Chiesa cattolica non avrebbe potuto recarsi in un’università laica.  

L’incidente è solo l’ultimo di una serie che secondo alcuni si inscrive in quella che è stata definita « cristianofobia ». 

Ogni anno, a dicembre, nei luoghi pubblici e nelle scuole vengono riproposte le rappresentazioni della natività e altri simboli cristiani, ma negli ultimi anni in Europa vi sono stati numerosi tentativi di eliminarli. Ne è un esempio la questione della rimozione dei crocifissi dalle aule delle scuole e degli edifici pubblici.  

In Gran Bretagna un tribunale del lavoro ha da poco confermato la decisione del 2006 di British Airways di vietare a Nadia Eweida di indossare una piccola croce al collo durante il lavoro, secondo quanto riferito dal quotidiano britannico Independent il 9 gennaio. 

Una riflessione sulle questioni del contrasto tra religione e cultura laicista è svolta dal vescovo Donal Murray di Limerick nell’ultima edizione della rivista « Culture e fede » (Vol. XV, No. 4), pubblicata dal Pontificio Consiglio della Cultura. 

Iniziando il suo commento – tratto da un discorso che egli stesso ha pronunciato nel novembre scorso durante una conferenza -, osserva: « Molte voci affermano che la religione non ha posto nella varietà, complessità e sofisticazione della vita moderna ». 

Molte aree del mondo odierno sono infatti diventate, secondo il Vescovo, delle « zone franche » rispetto alla religione. I casi in cui invece la fede trova posto nella vita pubblica, inoltre, sono quelli in cui si tratta di polemiche, scandali e personaggi, tanto che la religione è dipinta come un elemento di conflittualità.  

La religione ignorata 

Alla base di questa tendenza, monsignor Murray identifica due assunti principali: il primo, che la religione non ha posto nell’arena pubblica, tanto da essere ignorata; il secondo, che se le idee di una persona in tema di questioni sociali sono ispirate da una tradizione religiosa, non potranno avere spazio in una discussione razionale.  

Pertanto, ciò che veramente sta avvenendo – spiega il Vescovo – non è un conflitto tra religione e laicità, ma un conflitto tra chi pensa che Dio sia irrilevante e chi pensa che tale posizione contraddica non solo la fede, ma anche una laicità correttamente intesa. E tale conflitto è provocato da chi tenta di imporre l’ideologia del secolarismo, ha affermato il presule irlandese. 

Non si chiede che la società adotti una determinata fede religiosa, chiarisce monsignor Murray, ma che comprenda che la vita non può fare a meno di una dimensione religiosa. La società non potrà che trarre beneficio da cittadini che riflettono sulle profonde domande sul nostro destino e sul senso della nostra esistenza. La questione « cos’è un essere umano? », asserisce, non può trovare risposta adeguata con una mera elencazione dei suoi componenti chimici.  

Purtroppo il progresso della scienza, sebbene abbia portato molti benefici, ci ha indotto a pensare che solo ciò che può essere scientificamente provato può essere vero, aggiunge monsignor Murray. Questa è una visione molto riduttiva della vita umana, mentre la religione ha un importante ruolo da svolgere nell’aiutarci a scoprire il senso della vita. 

Anche altri commentatori hanno sottolineato la tendenza a voler negare un ruolo alla religione nel dibattito attuale. Scrivendo sul quotidiano Scotsman dell’8 giugno, John Haldane, professore di filosofia presso l’Università di St. Andrews, ha fatto riferimento alle obiezioni che vengono manifestate ogni volta che la Chiesa afferma che l’aborto è moralmente inaccettabile.  

Cercare la verità 

Vi è una pervasiva influenza del relativismo – spiega -, secondo cui non esiste una verità morale oggettiva. Questo passaggio da una verità oggettiva ad una convinzione soggettiva ha impoverito il dibattito pubblico, secondo Haldane.  

« La stessa idea che la felicità dipenda dalla capacità di dare risposta alle questioni esistenziali fondamentali e che vi siano strumenti filosofici e teologici che aiutino a questo scopo sembra di essere stata persa di vista, o perfino rigettata », aggiunge. 

Riguardo al contrasto tra religione e scienza, sollevato da coloro che hanno manifestato contro la visita del Papa all’Università « La Sapienza », una recente pubblicazione getta un po’ di luce su questo tema. Il libro, dal titolo « God’s Undertaker: Has Science Buried God » (ed. Lion), scritto da John Lennox, assistente di matematica presso l’Università di Oxford, sostiene che la scienza non va a braccetto con l’ateismo.  

Galileo, Newton e la maggior parte dei grandi scienziati del passato non hanno considerato inibitoria la fede in un Dio creatore, sottolinea Lennox. Anche l’idea che la fede sia del tutto irrazionale è falsa. « Certamente la fede è una risposta all’evidenza e non un’espressione di gioia in assenza di evidenza », osserva.  

Lennox non condivide quindi la posizione di chi vede il rapporto fra scienza e religione unicamente in termini conflittuali. Egli osserva anche che è un errore concepire la scienza come filosoficamente o teologicamente neutrale. 

La scienza, prosegue, non dovrebbe essere considerata come l’unica via per scoprire la verità, né come un qualcosa che consente di spiegare tutto. Per esempio, spiegare perché l’universo esiste e perché le leggi della fisica sono quelle che sono va oltre ciò che compete alla scienza.  

La dittatura del relativismo 

Benedetto XVI stigmatizza da tempo l’intolleranza religiosa presente nella cultura contemporanea. « Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo », ha osservato nell’omelia pronunciata durante la Messa per l’elezione del Romano Pontefice, celebrata il 18 aprile 2005. 

Il relativismo – proseguiva – viene proposto come l’unico atteggiamento in linea con le esigenze dell’epoca attuale, ma il pericolo è che « si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie ».  

La Chiesa offre qualcosa di diverso, spiegava l’allora cardinale Joseph Ratzinger. Offre il Figlio di Dio e una fede adulta, non soggetta all’ultima moda, ma radicata nell’amicizia con Cristo. 

« É quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità », affermava.  

Nel discorso che avrebbe dovuto pronunciare all’Università « La Sapienza » – pubblicato da ZENIT il 16 gennaio -, Benedetto XVI ha ribadito l’importanza di distinguere tale verità. 

L’autorità posta a governo dell’università, ha insistito il Papa, dovrebbe essere quella della verità.  

Parlando della verità, il Pontefice ha osservato che alcuni potrebbero obiettare che i suoi giudizi sarebbero tratti dalla fede e che quindi non abbiano una validità razionale. Richiamando un’argomentazione del filosofo John Rawls, il Papa ha sostenuto che la Chiesa presenta un corpo di idee e principi elaborati nel corso dei secoli, che costituiscono un patrimonio per l’intera umanità. 

Tale bagaglio di conoscenza, accumulato dalle grandi tradizioni religiose, non dovrebbe essere gettato via da una ragione che tenta di edificarsi senza alcun riferimento alla storia, ha avvertito Benedetto XVI.  

Una buona parte del testo del discorso del Papa è dedicato a riflettere sulla natura dell’università. Alla fine del suo intervento, egli mette in guardia dal pericolo di una cultura europea che rischia di preoccuparsi troppo di mantenere una forma di laicismo radicale, che quindi escluda del tutto il Cristianesimo. 

Questo, tuttavia – avverte il Pontefice -, non renderà più pura la ragione, ma la conduce alla sua distruzione. La Chiesa non impone la fede, ma offre la luce di Cristo per aiutare la ragione a scoprire la verità, ha concluso. Una luce che alcuni vorrebbero fosse estinta. 

 

Publié dans:Papa Benedetto XVI, ZENITH |on 27 janvier, 2008 |Pas de commentaires »

Giorgio Napolitano, in occasione della celebrazione del « Giorno della Memoria »

dal sito: 

http://www.nostreradici.it/notizie1-08.asp

Intervento del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in occasione della celebrazione del « Giorno della Memoria »


Palazzo del Quirinale 24 gennaio 2008 

Il capo dello Stato ha voluto dedicare la cerimonia di quest’anno ai Giusti d’Italia, alla presenza di centinaia di studenti. 

Lasciate che mi rivolga, innanzitutto alle ragazze e ai ragazzi, alla platea di giovani di varie regioni d’Italia che è qui raccolta. Questi giovani, sotto la guida dei loro insegnanti, anch’essi qui presenti, e grazie all’impegno del Ministro della Pubblica Istruzione e dei suoi collaboratori, così come grazie all’impegno di regioni e enti locali, hanno compiuto – lo abbiamo sentito – attente e serie ricerche sui Giusti fra le Nazioni e su tutti gli uomini e donne che nel loro territorio, negli anni terribili delle persecuzioni antiebraiche, contribuirono, a rischio della loro vita, a salvare degli ebrei, cui veniva data la caccia per deportarli nei campi di sterminio nazisti.Vi siete misurati, cari ragazzi, con un tema difficile e angoscioso, ma questo impegno è stato importante per la vostra formazione come cittadini della nostra Repubblica, della nostra Europa riunificata nella pace. Bisogna ricordare gli atti di barbarie del nostro passato per impedire nuove barbarie, per costruire un futuro – il vostro futuro – che si ispiri a ideali di libertà e di fratellanza fra i popoli.

E’ nel ricordo di coloro che, in quegli anni bui, non si lasciarono corrompere dalle ideologie di odio allora dominanti, che ho voluto che venisse qui dato, nel Giorno della Memoria, quest’anno, particolare rilievo all’epopea dei Giusti, di coloro che salvarono anche le nostre coscienze, che furono i pionieri e primi costruttori del mondo di pace in cui ci auguriamo che voi giovani possiate trascorrere le vostre esistenze.

Nella vostra formazione storica e morale è bene che si affianchi alla memoria di quell’immenso stuolo di ebrei di tutta Europa che furono vittime della Shoah, anche il ricordo dei Giusti: di coloro, e non furono pochi, che si sforzarono di salvare almeno alcuni tra loro.

Questo 2008 è per noi un anno speciale, in quanto segna il sessantesimo anniversario dell’entrata in vigore della Costituzione della nostra Repubblica. E’ peraltro anche l’anno in cui ricorrerà, nel settembre prossimo, il settantesimo anniversario delle leggi antiebraiche emanate dal regime fascista, che di fatto prepararono l’Olocausto anche in Italia. Leggi che suscitarono orrore negli Italiani rimasti consapevoli della tradizione umanista e universalista della nostra civiltà, e del contributo che ad essa avevano dato, attraverso i secoli, nonostante le persecuzioni, gli Ebrei che vivevano nella nostra terra, ed erano stati partecipi di alcuni dei momenti fondanti della nostra storia, dal Rinascimento al Risorgimento, alle battaglie per l’unità d’Italia; quell’Italia di cui, finalmente parificati nei diritti, essi si sentivano ed erano cittadini, animati da forti sentimenti patriottici.

Noi non abbiamo dimenticato e non dimenticheremo mai la Shoah. Non dimentichiamo gli orrori dell’antisemitismo, che è ancora presente in alcune dottrine, e va contrastato qualunque forma assuma. Non dimentichiamo e non dimenticheremo neppure i Giusti d’Italia, i cui nomi sono stati ricordati in una benemerita ricerca, realizzata grazie al lavoro infaticabile di studiosi che sono oggi qui presenti, e pubblicata qualche anno fa in un volume con un messaggio del mio predecessore, Carlo Azeglio Ciampi, e con la sua prefazione, onorevole Fini, nella sua qualifica, all’epoca, di Ministro degli Esteri.

Ai Giusti d’Italia hanno qui reso oggi omaggio, insieme con noi tutti, anziani e giovani – e per questo li ringrazio – il Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Avvocato Gattegna, e l’Ambasciatore d’Israele Gideon Meir, a nome dello Stato che rappresenta, e di quel Luogo della Memoria, lo Yad Vashem di Gerusalemme, che vuole tener vivo per sempre, nella coscienza dei popoli, accanto al ricordo straziante delle moltitudini di Ebrei che furono vittime della Shoah, anche i nomi di quei Giusti fra le Nazioni che si prodigarono per salvarli: a testimonianza del fatto che l’ideale antico dell’Amore del Prossimo e dello Straniero che vive tra noi, neppure allora era spento.

Anche a nome di voi giovani, che state formando le vostre coscienze in un’Italia e in un’Europa dove oggi si vive in libertà, rinnovo l’espressione della nostra riconoscenza a quei Giusti che tennero vivi gli ideali di umanità a cui si sono ispirati quanti hanno combattuto, in condizioni drammatiche, per dare vita a un’Italia libera e democratica, e poi per costruire un’Europa di pace.

Sono, perciò, onorato e lieto di procedere ora alla consegna delle medaglie d’oro al valor civile, che sono state concesse, dal Ministro degli Interni, ad alcuni, tra i Giusti d’Italia, che sono con noi. Vi ricordo che altre medaglie d’oro e medaglie dei Giusti fra le Nazioni saranno consegnate, fra pochi giorni, a militari del Corpo della Guardia di Finanza, qui rappresentato dal Comandante Generale Cosimo D’Arrigo. 

Publié dans:ebraismo, Presidente Napolitano |on 27 janvier, 2008 |Pas de commentaires »

buona notte

buona notte dans immagini buon...notte, giorno Helleborus%20x%20hybridus%20Ballards%20Group%20from%20the%20side

Helleborus x hybridus

http://www.mygarden.me.uk/march05.htm

Publié dans:immagini buon...notte, giorno |on 27 janvier, 2008 |Pas de commentaires »

« Subito, lasciate le reti, lo seguirono »

dal sito: 

http://www.levangileauquotidien.org/

Filosseno di Mabbug ( ?- circa 523), vescovo in Siria
Discorsi, 4, 77 ; SC 44, 95

« Subito, lasciate le reti, lo seguirono »

Così come l’occhio sano e puro riceve il raggio luminoso che gli viene mandato, così l’occhio della fede, con la pupilla della semplicità, riconosce la voce di Dio appena l’uomo l’abbia udita. La luce che emana dalla sua parola sorge in lui, ed egli le si lancia gioiosamente incontro e la riceve, secondo la parola del nostro Signore nel Vangelo: « Le mie pecore ascoltano la mia voce e mi seguono » (Gv 10,27)…

Con la medesima purezza e semplicità gli apostoli hanno seguito la parola di Cristo. Il mondo non ha potuto ostacolarli, né le abitudini umane trattenerli, né alcuni beni passeggeri che danno prestigio nel mondo intralciarli. Queste anime avevano sentito Dio e vivevano della fede, e in tali anime, nulla nel mondo può prevalere sulla parola di Dio. Questa parola è debole nelle anime morte; poiché l’anima è morta, da potente, la parola diventa debole e l’insegnamento di Dio, da valido diventa in esse senza forza. Infatti tutta l’attività dell’uomo si concentra lì dove egli vive; chi vive per il mondo mette al servizio del mondo i suoi pensieri e i suoi sensi, mentre chi vive per Dio si volge verso i suoi comandamenti potenti, in ogni sua azione.

Quanti sono stati chiamati hanno obbedito all’istante alla voce che li chiamava, quando il peso dell’amore per le cose terrene non era sospeso alla loro anima. Infatti, i legami di questo mondo sono un peso per l’intelligenza e per i pensieri, e coloro che sono legati e trattenuti da essi sentono difficilmente la voce di Dio che li chiama. Invece gli apostoli e prima di loro, i giusti e i padri, non erano così; hanno obbedito come dei viventi, e sono usciti leggeri, perché nulla nel mondo li legava con il suo peso. Nulla può legare e trattenere l’anima che sente Dio; essa è aperta e pronta, sicché la luce della voce divina la trova in stato di riceverla ogni volta che viene.

Publié dans:Bibbia: commenti alla Scrittura |on 27 janvier, 2008 |Pas de commentaires »

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