Archive pour le 11 janvier, 2008

Papa Giovanni Paolo II e Rav Elio Toaff

Papa Giovanni Paolo II e Rav Elio Toaff dans immagini judaism_2

http://www.scarboromissions.ca/Scarboro_missions_magazine/Issues/1994/February/judaism.php

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Visita di Giovanni Paolo II alla sinagoga di Roma – Discorso di Rav Elio Toaff

quello propongo in questo secondo post deriva da un incontro che ho fatto questa mattina, ho incontrato, seduto ad un Bar al centro di Roma l’ex « grande » Rabbino capo di Roma: Elio Toaff, l’avevo incontrato anche se lui non si può ricordare di me, alcuni amici ( che ora ho perduto di vista) ebrei mi hanno parlato di lui di quanto ha aiutato la comunità ebraica nel difficile periodo dopo la guerra ed in seguito, è una persona molto dolce e saggia, posto il suo discorso al Papa Giovanni Paolo II, anche Papa Benedetto si è ricordato di lui, come ha sempre parlato con rispetto ed affetto della fede e del popolo di Israele; 

discorso dei Papa Giovanni Paolo II 

http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/speeches/1986/april/documents/hf_jp-ii_spe_19860413_sinagoga-roma_it.html

 discorso di Rav Elio Toaff

http://www.sidic.org/it/docOnLineView.asp?class=Doc00431

Visita di Giovanni Paolo II alla sinagoga di Roma –  

Discorso del Prof. Elio Toaff, Rabbino Capo della comunità ebraica di Roma 

Toaff, Elio 

Italia, Roma, 1986/04/13 

Santità,  come Rabbino Capo di questa Comunità, la cui storia si conta ormai in millenni, desidero esprimerLe la viva soddisfazione per il gesto da Lei voluto e da Lei oggi compiuto di venire per la prima volta nella storia della Chiesa in visita ad una Sinagoga, gesto destinato a passare alla storia. Esso si ricollega all’insegnamento illuminato del suo illustre predecessore Giovanni XXIII, il primo Papa che in una mattina di sabato si fermò a benedire gli ebrei di Roma che uscivano da questo Tempio dopo la preghiera, e si inserisce della scia del Concilio Vaticano II che, con la Declaratio « Nostra Aetate… », ha prodotto, nei rapporti della Chiesa con l’Ebraismo quella rivoluzione che ha reso possibile la Sua odierna visita.

Ci troviamo dunque di fronte ad una vera e propria svolta della politica della Chiesa, che guarda ormai verso gli ebrei con sentimenti di stima e di apprezzamento, abbandonando quell’insegnamento del disprezzo la cui inamissibilità Jules Isaac – sia qui ricordato in benedizione – richiamò a Papa Giovanni.

Il mio pensiero – nel momento storico che stiamo vivendo – si rivolge con ammirazione, con riconoscenza e con rimpianto all’infinito numero di martiri ebrei che serenamente affrontarono la morte per la santificazione del Nome di Dio. Ad essi va il merito se la nostra fede non ha mai vacillato e se la fedeltà al Signore ed alla Sua Legge non è mai venuta meno nel lungo volgere dei secoli. Per il loro merito il popolo ebraico vive ancora, unico fra tutti i popoli dell’antichità.

Non possiamo dunque dimenticare il passato, ma vogliamo oggi iniziare con fiducia e con speranza questo nuovo periodo storico che si annuncia fecondo di opere comuni svolte finalmente su un piano di parità, di uguaglianza e di stima reciproca nell’interesse di tutta l’umanità.

Ci proponiamo di diffondere l’idea del monoteismo spirituale e morale d’Israele per raccogliere gli uomini e l’universo nell’amore, nella potenza e nella giustizia di Dio,che è il Dio di tutti, e di portare la luce alla mente e al cuore della gente per far fiorire nel mondo l’ordine, la morale, il bene, l’armonia e la pace.

Nello stesso tempo riaffermiamo la universale paternità di Dio su tutti gli uomini, ispirandoci ai profeti che l’hanno insegnata quale amor filiale che congiunge tutti gli esseri viventi al seno materno dell’infinito, come alla loro matrice naturale. E’ quindi l’uomo che deve essere preso in considerazione. L’uomo che è stato creato da Dio a Sua immagine e somiglianza nell’intento di conferirgli una dignità ed una nobiltà che può mantenere solo se vorrà seguire l’insegnamento del Padre. Nel Deuteronomio è scritto: « Voi siete figli del Signore vostro Dio » per indicare il rapporto che deve legare gli uomini al loro Creatore, un rapporto da padre a figlio, di amore e di benevola indulgenza, ma anche un rapporto di fratellanza che deve regnare fra tutti gli esseri umani. Se esso esistesse veramente non dovremmo oggi lottare contro quel terrorismo e quelle violenze aberranti, che mietono tante vittime innocenti, uomini, donne, vecchi e bambini, come è accaduto anche di recente davanti a questo Tempio. 


Il nostro compito comune nella società dovrebbe essere dunque quello di cercare di insegnare ai 

nostri simili il dovere del rispetto dell’uomo per l’uomo, dimostrando l’iniquità di quei mali che affliggono il mondo come il terrorismo, che è l’esaltazione della violenza cieca e inumana e che colpisce gente indifesa, tra cui ebrei di ogni paese solo perchè sono ebrei; come l’antisemitiamo ed il razzismo, che vanamente credevamo per sempre debellati dopo l’ultimo conflitto.


La condanna che il Concilio ha pronunciato contro qualunque forma di antisemitismo dovrebbe essere rigidamente applicata, come pure la condanna di ogni violenza, per evitare che l’intera umanità affoghi nella corruzione, nell’immoralità, nell’ingiustizia.

L’invito che si legge nel Levitico, dove il Signore afferma: « Io sono il Signore vostro Dio; santificatevi, siate santi, perchè Io sono il Signore vostro Dio; santificatevi, siate santi. perchè Io sono Santo » vuol essere una esortazione ad imitare nelle nostra vita la Santità del Signore.

Così l’immagine di Dio in potenza nell’uomo fino dalla sua prima creazione, diventa immagine di Dio in atto. I1 « Kedoshim Tiiyù » è l’imitazione da parte degli uomini di quelle che sono chiamate le « Vie del Signore ».

In tale modo essi, cercando di sottomettere allo spirito tutte le loro azioni, fanno prevalere lo spirito sulla materia.

Il premio per una condotta siffatta è grande e già il Signore lo disse ad Abramo facendolo uscire a guardare il cielo in una notte stellata: « Io sono il Signore che ti fece uscire da Ur Casdim per darti il possesso di queste terra ». Il possesso della terra promessa si ottiene come premio per aver seguito le vie del Signore e le fine dei giorni verrà quando il popolo vi sarà tornato.

Questo ritorno si sta verificando: gli scampati dai campi di sterminio nazisti hanno trovato in terra d’Israele un rifugio ed una nuova vita nella libertà e nella dignità riconquistata. Per questo il loro ritorno è stato chiamato dal nostri Maestri « l’inizio dell’avvento della redenzione finale », « Reshit tzemihat geulatenu ».

Il ritorno del popolo ebraico alle sua terra deve essere riconosciuto come un bene e una conquista irrinunciabili per il mondo, perchè esso prelude – secondo l’insegnamento dei profeti – a quell’epoca di fratellanza universale a cui tutti aspiriamo ed a quella pace redentrice che trova nella Bibbia la sua sicura promessa. Il riconoscimento ad Israele di tale insostituibile funzione nel piano della redenzione: finale che Dio ci ha promesso non può essere negato.

Potremo così lottare insieme per affermare il diritto dell’uomo alla libertà, una libertà completa che trova il proprio invalicabile confine solo quando prevarica o limita la libertà altrui. L’uomo nasce ed è per sua natura libero, quindi tutti gli uomini, a qualunque popolo appartengano, debbono essere ugualmente liberi perchè tutti hanno la stessa dignità e sono partecipi di medesimi diritti. Non esistono uomini che possano considerarsi superiori ed altri inferiori perchè in tutti vi è quella scintilla divina che li rende uguali.

Eppure ai nostri giorni, ci sono ancora paesi nel mondo dove la limitazione della libertà, la discriminazione e l’emarginazione sono praticati senza alcun ritegno. Mi riferisco in particolare ai negri in Sud Africa, e per quanto riguarda la libertà di religione agli ebrei ed ai cattolici nell’Unione Sovietica. Nostro compito comune dovrebbe essere quello di procla¬mare che da quella libertà fondamentale dell’uomo, scaturiscono diritti umani irrinunciabili: come il diritto alla vita, alla libertà di pensiero, di coscienza, di religione.

Il diritto alla vita deve essere inteso non solo come diritto di esistere, bensì quello di vedere garantita la propria vita, fin dal suo nascere, assicurata la propria esistenza contro ogni minaccia, contro ogni violenza; significa garanzia dei mezzi di sussistenza attraverso una più equa distribuzione della ricchezza affinché nel mondo non ci sia più chi muore per fame. Significa il diritto di ognuno di veder salvaguardato il proprio onore, il proprio buon nome contro la calunnia e il pregiudizio anche di carattere religioso, la condanna di ogni attentato all’amor proprio, considerato dall’ebraismo pari allo spargimento di sangue. Significa combattere la menzogna per le conseguenze disastrose che può recare nella società, e così pure l’odio, che suscita la violenza ed è considerato dall’Ebraismo come odio verso il Signore, di cui l’uomo è l’immagine.

La libertà di pensiero comprende anche la libertà di coscienza e quella religiosa. Dovremo lottare con tutte le nostre forze per impedire che un uomo possa essere oggi ancora perseguitato o condannato per le idee che professa o per le sue convinzioni religiose.

Il concetto di libertà – come si vede – è composito e se una delle componenti viene soppressa, è inevitabile che prima o poi sia la libertà nel suo complesso ad andare perduta, perchè è una unità che ha un valore assoluto e indivisibile. E’ un ideale in sè e per sè, uno degli oggetti di quel regime di giustizia universale predicato nella Bibbia per il quale gli uomini e i popoli hanno l’inalienabile diritto di essere padroni di sè stessi.

Santità, in questo momento così importante nella storia dei rapporti fra le nostre due religioni, mentre il cuore si apre alla speranza che alle sciagure del passato si sostituisca un fruttuoso dialogo che, pur nel rispetto delle esistenti diversità, dia a noi la possibilità di un’azione concorde, di una cooperazione sincera e onesta per il raggiungimento di quei fini universali che sono nelle nostre comuni radici, mi consenta di concludere queste mie riflessioni con le parole del Profeta Isaia: « Io gioisco nel Signore, giubilo nel mio Dio che mi ha rivestito degli abiti della salvezza, ai ha avvolto nel santo della giustizia, come uno sposo che cinge la corona, come una sposa adorna dei suoi monili. Come la terra produce la sua vegetazione e come un giardino fa germogliare i suoi semi, così il Signore Iddio farà germogliare la giustizia e sarà oggetto di riconoscenza da parte di tutte le genti ».

Elio Toaff 

Publié dans:ebraismo, Papi |on 11 janvier, 2008 |Pas de commentaires »

L’esperienza di Dio nell’arte benedettina

dal sito:

http://www.zenit.org/article-13085?l=italian 

L’esperienza di Dio nell’arte benedettina

Intervista al professore e frate Eduardo López-Tello García

Di Miriam Díez i Bosch 


ROMA, mercoledì, 9 gennaio 2008 (ZENIT.org).- I benedettini hanno plasmato la storia dell’Europa, dando un contributo incisivo alla cultura, come dimostra un libro sulla loro eredità artistica.

Il professore e benedettino Eduardo López-Tello García è uno dei coeditori di un voluminoso libro su Benedetto e l’arte, pubblicato in tedesco e in italiano, e presentato a Roma presso il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo.

Secondo questo benedettino spagnolo del monastero tedesco di Sankt Ottilien, i benedettini hanno visto nell’arte una maniera per avvicinarsi a Dio.

Il libro curato insieme al professor Cassanelli si intitola “Benedetto. L’eredità artistica” (ed. Jaca Book, Milano 2007).

I benedettini hanno cercato Dio attraverso l’arte. Si tratta di un’eredità diretta di San Benedetto da Norcia?

López-Tello: San Benedetto non ha fondato un ordine, ma ha lasciato un’eredità spirituale che ha impregnato tutta la cultura occidentale europea.

I monaci benedettini hanno cercato Dio e hanno espresso questa ricerca anche attraverso l’arte. A testimoniarlo sono le innumerevoli produzioni artistiche di ogni tipo che si conservano nelle abbazie, nei musei e nelle biblioteche europee legate direttamente o indirettamente all’esperienza benedettina di Dio.

Questo libro non vuole essere una storia esaustiva dell’arte benedettina, ma raccoglie nelle sue pagine quell’esperienza di Dio che i monaci hanno vissuto nel corso dei secoli.

Il libro ha unito benedettini e non benedettini grazie all’arte. È questa la principale novità di questa pubblicazione?

López-Tello: La grande novità sta nel fatto che si tratta di una pubblicazione che, per la prima volta, cerca di riflettere, in tutta la sua complessità, sul fenomeno artistico nell’arco della storia benedettina e in tutto l’ambito geografico benedettino, sia in Europa che in America.

Inoltre, costituisce una novità il fatto di essere un luogo di incontro fra il mondo intellettuale benedettino e professori non benedettini.

Sono in totale undici i monaci che hanno dato il loro apporto di conoscenza e di esperienza di Dio, mentre sono venti gli esperti esterni all’ambito benedettino che hanno offerto la loro visione dell’arte.

È un libro dai molteplici contributi, in cui le diverse voci trovano risonanza, formando così un riflesso adeguato di quello che sono 1500 anni di storia artistica, e instaurando indirettamente un dialogo tra Chiesa e società, in linea con il Concilio Vaticano II.

Perché i benedettini hanno avuto questa influenza così forte nell’architettura, nell’arte e nella cultura europea?

López-Tello: I benedettini, nati durante il tramonto della cultura romana (VI secolo), accolsero l’eredità spirituale di questo mondo che soccombeva e seppero conservarla e ricrearla per fare di essa un veicolo di espressione di come l’uomo può parlare del Dio infinito attraverso una varietà e pluralità sempre limitata di linguaggi artistici.

I monaci ebbero un ruolo fondamentale nell’evangelizzazione dell’Europa (per questo San Benedetto è il patrono principale dell’intero continente) e la loro presenza diede la possibilità a numerose aree del vecchio mondo di usare le arti figurative in modo creativo, per trasmettere il Vangelo.

In questo libro si troveranno numerosi esempi di come i monaci hanno trasmesso la loro ricerca di Dio nei diversi linguaggi, dal VI secolo al XX secolo.

È facile associare i benedettini con le abbazie medievali, ma non con l’arte moderna. Si tratta di un pregiudizio?

López-Tello: Questa possibilità espressiva non si limita al Medioevo, come molti possono credere, ma, superando il Barocco e gli storicismi del XIX secolo, usa le possibilità espressive dell’architettura, della pittura, della scultura o persino della fotografia, del XX secolo. È un riflesso di come l’uomo di ogni tempo riesca a parlare di Dio attraverso il linguaggio dell’arte. 

Publié dans:Approfondimenti, ZENITH |on 11 janvier, 2008 |Pas de commentaires »

oggi vorrei scrivervi di me e con quale spirito e sentimenti faccio questo Blog,

oggi vorrei scrivervi di me e con quale spirito e sentimenti faccio questo Blog, che cosa propongo da leggere e perché; 

questi ultimi mesi non sono stata bene, anzi sono stata male, ma ho continuato a postare dei testi che mi sembravano belli, ma io ho scritto poco perché facevo fatica; 

non vorrei che questo Blog, questi Blog: italiano e francese – li realizzo con lo stesso criterio – diventino una sorta di calderone, di contenitore di temi interessanti, ma non legati tra di loro; 

vorrei ripresentarvi il Blog come l’ho concepito e desiderato, sempre tutti e due, perchè hanno una stessa origine; 

il punto focale ed originario di questi piccoli lavori è Dio, è Papa Benedetto, come scrisse una volta Don George Genswein, il segretario del Papa: « quello che Lui porta nel cuore »; 

ossia questi Blog hanno origine e tema dal Papa, quello che Lui è, il suo alto ministero e quello che porta nel cuore; 

non desidero che questi Blog facciano parte dei grandi siti cattolici, né mai l’avrei voluto, desidero che rimangano come volevo che fossero: una piccola cosa mia, un regalo per il Papa, ma, soprattutto, per coloro ai quali fà piacere seguirlo o, almeno seguire, i suoi pensieri, da me, certo, riproposti come li percepisco da Lui, come la mia fede li elabora, come la commozione di qualche giorno si ferma su qualche tema particolare; 

un piccolo dono di cose buone, di « speranze » (plurale) come vorrei che fossero i miei post: « speranze » tratta dalla ricchezza della conoscenza, della saggezza, della preghiera, della « Spes » speranza del Papa; 

io vorrei, come ho fatto fino ad ora, rimanere nell’ombra, tuttavia, nello stesso tempo, magari con poche righe, dire il motivo per il quale propongo un testo, per esempio se, come sta facendo, parla di Sant’Agostino ed io posto uno scritto del Santo il collegamento è ovvio, meno ovvio, ma collegato, sarebbe se io metto per esempio…qualcosa sulla storia dei Padri della Chiesa per poi proseguire, con il mio pensiero, ai luoghi dove il santo è vissuto – ossia questo non credo di averlo messo, cioè i luoghi dove è nato, vissuto, morto, ma forse lo faccio, visto che l’ho proposto come esempio; 

spero – ed è sempre stato il mio obiettivo – che queste mia piccole cose (i Blog) possano portare un poco di speranza, di serenità, di pensieri lieti, un « frammento » di Dio; 

Publié dans:con voi |on 11 janvier, 2008 |Pas de commentaires »

buona notte

buona notte dans immagini buon...notte, giorno mum1wp1
http://www.geocities.com/TheTropics/Island/6801/mark/marks1.html

Publié dans:immagini buon...notte, giorno |on 11 janvier, 2008 |Pas de commentaires »

« Lo voglio, sii risanato »

dal sito: 

http://levangileauquotidien.org/

Sant’Efrem Siro (circa 306-373), diacono in Siria, dottore della Chiesa
Inno sul Paradiso, IV, 3-5 ; SC 137, 64-65

« Lo voglio, sii risanato »

Dio, nel popolo ebreo, ne diede la figura:
chiunque nell’ accampamento era colpito dalla lebbra
veniva isolato e bandito dalla comunità.
Se invece, guarito dalla sua lebbra, aveva trovato grazia,
allora con l’issòpo, con il sangue e l’acqua purificata dal sacerdote,
tornava a casa sua, reintegrando la sua eredità.

Adamo era mondo nel giardino splendido,
ma è stato colpito dalla lebbra al soffio del serpente.
Il Giardino puro lo respinse, lo cacciò fuori dal suo seno,
ma il Sommo Sacerdote allora (Eb 9,11), dal cielo
vedendolo rigettato fuori, si degnò di scendere da lui,
lo purificò con l’issòpo (cfr Gv 19,29), e lo fece rientrare nel Paradiso.

Adamo nudo era bello: ma la donna, diligente
Si affaticò a tessere per lui un abito macchiato.
Il giardino, vedendolo, e trovandolo orrendo, lo respinse fuori.
Ma per lui fu fatta da Maria una tunica nuova.
Vestito con tale tenuta e secondo la promessa, il Ladrone risplendette:
E il Giardino, riconoscendo Adamo nella sua immagine, lo abbracciò (Lc 23,42).

Publié dans:Bibbia: commenti alla Scrittura |on 11 janvier, 2008 |Pas de commentaires »

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