Archive pour le 5 janvier, 2008

Epifania

Epifania dans Natale 2007 -  Epifania 2008
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Alessandro Manzoni: Il Natale

dal sito: 

http://digilander.libero.it/semprenatale/Natale/Il_Natale.htm

  

INNI SACRI – IL NATALE
di Alessandro Manzoni 

 

Qual masso che dal vertice
Di lunga erta montana,
Abbandonato all’impeto
Di rumorosa frana,
Per lo scheggiato calle
Precipitando a valle,
Batte sul fondo e sta; 
Là dove cadde, immobile
Giace in sua lenta mole;
Né, per mutar di secoli,
Fia che riveda il sole
Della sua cima antica,
Se una virtude amica
In alto nol trarrà: 
Tal si giaceva il misero
Figliol del fallo primo,
Dal dì che un’ineffabile
Ira promessa all’imo
D’ogni malor gravollo,
Donde il superbo collo
Più non potea levar. 
Qual mai tra i nati all’odio
Quale era mai persona
Che al Santo inaccessibile
Potesse dir: perdona?
Far novo patto eterno?
Al vincitore inferno
La preda sua strappar? 
Ecco ci è nato un Pargolo,
Ci fu largito un Figlio:
Le avverse forze tremano
Al mover del suo ciglio:
All’uom la mano Ei porge,
Che si ravviva, e sorge
Oltre l’antico onor. 
Dalle magioni eteree
Sporga una fonte, e scende
E nel borron de’ triboli
Vivida si distende:
Stillano mele i tronchi;
Dove copriano i bronchi,
Ivi germoglia il fior. 
O Figlio, o Tu cui genera
L’Eterno, eterno seco;
Qual ti può dir de’ secoli:
Tu cominciasti meco?
Tu sei: del vasto empiro
Non ti comprende il giro:
La tua parola il fe’. 
E Tu degnasti assumere
Questa creata argilla?
Qual merto suo, qual grazia
A tanto onor sortilla?
Se in suo consiglio ascoso
Vince il perdon, pietoso
Immensamente Egli è. 
Oggi Egli è nato: ad Efrata,
Vaticinato ostello,
Ascese un’alma Vergine,
La gloria d’Israello,
Grave di tal portato:
Da cui promise è nato,
Donde era atteso uscì. 
La mira Madre in poveri.
Panni il Figliol compose,
E nell’umil presepio
Soavemente il pose;
E l’adorò: beata!
Innanzi al Dio prostrata
Che il puro sen le aprì. 
L’Angel del cielo, agli uomini
Nunzio di tanta sorte,
Non de’ potenti volgesi
Alle vegliate porte;
Ma tra i pastor devoti,
Al duro mondo ignoti,
Subito in luce appar. 
E intorno a lui per l’ampia
Notte calati a stuolo,
Mille celesti strinsero
Il fiammeggiante volo;
E accesi in dolce zelo, 
Come si canta in cielo, 
A Dio gloria cantar. 
L’allegro inno seguirono,
Tornando al firmamento:
Tra le varcate nuvole
Allontanossi, e lento
Il suon sacrato ascese,
Fin che più nulla intese
La compagnia fedel. 
Senza indugiar, cercarono
L’albergo poveretto
Que’ fortunati, e videro,
Siccome a lor fu detto,
Videro in panni avvolto,
In un presepe accolto,
Vagire il Re del Ciel. 
Dormi, o Fanciul; non piangere;
Dormi, o Fanciul celeste:
Sovra il tuo capo stridere
Non osin le tempeste,
Use sull’empia terra,
Come cavalli in guerra,
Correr davanti a Te. 
Dormi, o Celeste: i popoli 
Chi nato sia non sanno; 
Ma il dì verrà che nobile 
Retaggio tuo saranno; 
Che in quell’umil riposo,
Che nella polve ascoso,
Conosceranno il Re. 

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San Girolamo : La sapienza del Creatore di rispecchia nel creato

dal sito: 

http://www.vatican.va/spirit/documents/spirit_20021122_girolamo_it.html

San Girolamo, Commento a Isaia, 6,1-7 

La sapienza del Creatore di rispecchia nel creato

« Quello che Dio ha creato è in sé compiuto, per la sua sapienza e la sua intelligenza. È falsa l’opinione di alcuni filosofi, che tutto sia cominciato per caso, senza provvidenza alcuna: tutto ciò che è casuale non manifesta né ordine, né piano. Ciò invece che si richiama necessariamente all’arte costruttrice rivelantesi in tutte le cose, dà chiara testimonianza, se ben lo si considera, della sapienza di quell’artefice che agiva non solo quando produceva il mondo, ma anche quando nel suo intimo ne preparava il piano. Per questo da tutto il creato risplende a noi la sapienza di Dio. Nulla di ciò che è stato creato, è stato fatto senza motivo e senza fine utile; il fine utile, poi, ha in se stesso la sua bellezza, e la bellezza viene esaltata dal fine utile. L’unica materia degli elementi assume diverse forme, per illustrare in mille modi la preveggenza divina. 

Anche il salmista aveva davanti agli occhi questa verità quando iniziando la lode a Dio, diceva: Magnifiche sono le tue opere, e io le conosco molto (Sal 138,14), e il profeta con lui concorda dicendo: Io ho considerato le tue opere e mi sono spaventato (Ab 3,2: LXX). Anche la frase della Scrittura: Ecco: tutto era molto buono (Gen 1,31) ci spinge ad ammettere che il creato non deve la sua origine al caso, perché tutto è stato fatto secondo il sapiente piano di Dio; per questo si rivelano ovunque magnificenza, bellezza e stupenda armonia, nonostante la diversità di tutte le creature. Un santo profeta dice: I cieli narrano la gloria di Dio (Sal 18,2): non certo che i cieli muovano bocca, lingua e trachea per parlare, ma con la loro armonia e con il loro eterno servizio annunciano la volontà del Creatore. Riflettendo, infatti, dalla grandezza e dalla bellezza delle cose create noi possiamo riconoscerne l’autore: il Dio invisibile si manifesta, fin dalla creazione del mondo, nelle cose create. 

Noi dunque non possiamo sapere ciò che Dio è; ma che egli esiste, noi lo sappiamo – non per le nostre forze ma per la sua misericordia – considerando nelle sue opere la sapienza del creatore. Di fronte a una nave o a un edificio, non pensiamo noi forse al costruttore o all’architetto, dato che dalle opere noi deduciamo la corrispondente perizia costruttrice? Davanti a tutte le cose realizzabili solo ad opera della ragione, noi ci appelliamo a una mente, anche se non la vediamo. Così Dio è conosciuto nel suo creato e, in un certo senso, esce dalla sua invisibilità. Né i cieli, infatti, né i serafini o tutte le altre creature possono coprire Dio o renderlo invisibile. Egli è in tutte le cose e in tutti i luoghi; è al di sopra di tutte le cose e compenetra tutto il mondo visibile e invisibile; egli regge e contiene tutto; egli non passa da luogo in luogo, ma comprende tutto nello stesso modo con la sua mente. In questa vi è la spiegazione perché la massa della terra, rassodata dalla sua volontà, si scuota di nuovo al suo cenno, tanto da riempire d’angoscia i cuori mortali, bisognosi di correzione. In essa vi è la spiegazione perché il mare si dilati quando le acque rompono i loro vincoli, e poi i flutti si infrangano nella risacca e si fermino, quando giungono ai confini da lui stabiliti. E anche perché l’anno si divida in quattro stagioni, perché nel susseguirsi di questi periodi, in seguito ai mutamenti climatici, i semi crescano, i germogli si nutrano giungendo a maturità sotto il raggio del sole. Dio illumina con la sua luce anche le creature intelligenti e invisibili, perché esse restino sempre nel suo amore e non inclinino mai verso i beni terreni. »

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Saremo saziati dalla visione del Verbo

dall’Ufficio delle letture di questa mattina 5.1.2008, seconda lettura: 

Lettura
Dai «Discorsi» di sant’Agostino, vescovo
(Disc. 194, 3-4; Pl 38, 1016-1017)

Saremo saziati dalla visione del Verbo 

Chi potrà mai conoscere tutti i tesori di sapienza e di scienza che Cristo racchiude in sé, nascosti nella povertà della sua carne? «Per noi, da ricco che era, egli si è fatto povero, perché noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà» (cfr. 2 Cor 8, 9). Assumendo la mortalità dell’uomo e subendo nella sua persona la morte, egli si mostrò a noi nella povertà della condizione umana: non perdette però le sue ricchezze quasi gli fossero state tolte, ma ne promise la rivelazione nel futuro. Quale immensa ricchezza serba a chi lo teme e dona pienamente a quelli che sperano in lui!
Le nostre conoscenze sono ora imperfette e incomplete, finché non venga il perfetto e il completo. Ma proprio per renderci capaci di questo egli, che è uguale al Padre nella forma di Dio e simile a noi nella forma di servo, ci trasforma a somiglianza di Dio. Divenuto figlio dell’uomo, lui unico figlio di Dio, rende figli di Dio molti figli degli uomini. Dopo aver nutrito noi servi attraverso la forma visibile di servo, ci rende liberi, atti a contemplare la forma di Dio.
Infatti «noi siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui perché lo vedremo così come egli è» (1 Gv 3,2). Ma che cosa sono quei tesori di sapienza e di scienza, che cosa quelle ricchezze divine, se non la grande realtà capace di colmarci pienamente? Che cosa è quell’abbondanza di dolcezza se non ciò che è capace di saziarci?
Dunque: «Mostraci il Padre e ci basta» (Gv 14, 8). E in un salmo una voce, che ci interpreta o parla per noi, dice rivolgendosi a lui: «Sarò saziato all’apparire della tua gloria» (cfr. Sal 16, 15). Egli e il Padre sono una cosa sola e chi vede lui vede anche il Padre. «Il Signore degli eserciti è il re della gloria» (Sal 23, 10). Facendoci volgere a lui, ci mostrerà il suo volto e saremo salvi; allora saremo saziati e ci basterà.
Ma fino a quando questo non avvenga e non ci sia mostrato quello che ci appagherà, fino a quando non berremo a quella fonte di vita che ci farà sazi, mentre noi camminiamo nella fede, pellegrini lontani da lui, e abbiamo fame e sete di giustizia e aneliamo con indicibile desiderio alla bellezza di Cristo che si svelerà nella forma di Dio, celebriamo con devozione il Natale di Cristo nato nella forma di servo.
Se non possiamo ancora contemplarlo perché è stato generato dal Padre prima dell’aurora, festeggiamolo perché nella notte è nato dalla Vergine. Se non lo comprendiamo ancora, perché il suo nome rimane davanti al sole (cfr. Sal 71, 17), riconosciamo il suo tabernacolo posto nel sole. Se ancora non vediamo l’Unigenito che rimane nel Padre, ricordiamo «lo sposo che esce dalla stanza nuziale» (cfr. Sal 18, 6). Se ancora non siamo preparati al banchetto del nostro Padre, riconosciamo il presepe del nostro Signore Gesù Cristo. 

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buona notte

buona notte dans immagini buon...notte, giorno

Cichorium intybus 
(it) Cicoria selvatica 

http://www.flowers-photos.eu/displayimage-1-48.html

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« Ti ho visto quando eri sotto il fico »

dal sito: 

http://levangileauquotidien.org/

Sant’Agostino (354-430), vescovo d’Ippona (Africa del Nord) e dottore della Chiesa
Commento al vangelo di Giovanni, n° 7

« Ti ho visto quando eri sotto il fico »

Natanaele si trovava sotto l’albero di fico, come all’ombra della morte. Lo vide il Signore, del quale è stato detto: « La luce si è levata per coloro che erano seduti all’ombra della morte » (Is 9, 2). Che cosa è stato detto a Natanaele? Tu chiedi a me, o Natanaele, dove ti ho conosciuto? Tu parli ora con me, perché Filippo ti ha chiamato. Ma, colui che il Signore chiamò per mezzo del suo apostolo, costui già prima lo aveva visto appartenente alla sua Chiesa. O tu Chiesa, o tu Israele, in cui non c’è finzione…, hai già conosciuto Cristo per mezzo degli Apostoli, come lo conobbe Natanaele per mezzo di Filippo. Ma la sua misericordia ti vide prima che tu lo conoscessi, quando ancora giacevi sotto il peso del peccato.

Forse che noi per primi abbiamo cercato Cristo, o non è stato lui invece il primo a cercarci? Forse che siamo stati noi, i malati, a recarci dal medico, e non è stato invece il medico a venire dai malati? Non è stato forse il pastore a cercare la pecora che si era perduta, il pastore che, lasciate le novantanove, la cercò e la trovò, riportandola lieto a casa sulle sue spalle (Lc 15,4)? Non si era forse perduta la dracma, e la donna, accesa la lucerna, non la cercò per tutta la casa finché non l’ebbe trovata (Lc 15,8)?… Il nostro pastore ha ritrovato la pecora, non senza averla cercata; la donna ha ritrovato la dracma, ma solo dopo averla cercata. Dunque, siamo stati cercati perché potessimo essere ritrovati; ritrovati, possiamo parlare. Non andiamo in superbia, perché prima d’essere ritrovati eravamo andati perduti, e siamo stati cercati.

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