Archive pour le 7 janvier, 2008

Vergine con il Bambino Gesù

Vergine con il Bambino Gesù dans immagini sacre
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Publié dans:immagini sacre |on 7 janvier, 2008 |Pas de commentaires »

di Sandro Magister : « Nessuno tocchi il bambino ». . .

dal sito: 

http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/185015

  

« Nessuno tocchi il bambino ». La Chiesa benedice la moratoria mondiale sull’aborto

 L’iniziativa è nata in campo laico ma la gerarchia cattolica l’ha subito appoggiata. La nuova politica della Chiesa per la famiglia e la vita ha un precedente di successo: il referendum del 2005 in Italia in difesa dell’embrione. In anteprima, un’analisi di Luca Diotallevi

di Sandro Magister 

ROMA, 7 gennaio 2008 – Natale del bambino Gesù, festa dei Santi Innocenti, domenica della Sacra Famiglia, festa della Madre di Dio… A Roma, in Italia, in Spagna le recenti festività natalizie hanno trovato una inattesa, formidabile eco non solo nella Chiesa ma nella società intera, anche la più secolarizzata.

Famiglia e nascita. Sono state queste le due parole che sono risuonate più forte, tra i cristiani come tra i laici.

Benedetto XVI ha imperniato sulla famiglia il suo messaggio al mondo per la Giornata della Pace celebrata il 1 gennaio. Sulla famiglia come « principale agenzia di pace »

Hanno dedicato una giornata a sostegno della famiglia anche i cattolici della Spagna, con un grandioso raduno domenica 30 dicembre a Madrid. Un analogo Family Day di massa era stato tenuto in Italia, a Roma, lo scorso 12 maggio. Il prossimo appuntamento sarà forse a Berlino, nel cuore dell’Europa scristianizzata.

A Madrid il raduno ha avuto una marcata caratterizzazione di Chiesa. Si è svolto come una immensa liturgia a cielo aperto, presieduta da vescovi e cardinali, offerta all’osservazione e alla riflessione di tutti. Il momento clou è stato il collegamento televisivo con il papa, che all’Angelus, da Roma, ha parlato direttamente alla folla, in spagnolo.

Anche il 12 maggio 2007, a Roma, la piazza di San Giovanni in Laterano era stata riempita soprattutto da cattolici. Ma a convocare e presiedere quel Family Day non era stata la gerarchia della Chiesa. Era stato un comitato di cittadini presieduto da Savino Pezzotta, cattolico, e da Eugenia Roccella, femminista di formazione laica radicale. Dal palco avevano preso la parola anche un ebreo, Giorgio Israel, e una musulmana, Souad Sbai. La famiglia proposta all’attenzione e alla cura di tutti non era primariamente quella celebrata dal sacramento cristiano, ma quella « naturale tra uomo e donna » iscritta nella costituzione civile.

Ancor più trasversale è sbocciata in Italia, nelle scorse festività natalizie, l’iniziativa di promuovere una moratoria mondiale anche sull’aborto, dopo la moratoria votata il 18 dicembre dalle Nazioni Unite sulla pena di morte.

Trasversale perché ideata e lanciata da un intellettuale non cristiano, Giuliano Ferrara, fondatore e direttore del quotidiano d’opinione « il Foglio ». E perché subito appoggiata dal giornale della conferenza episcopale italiana, « Avvenire », ma anche da personalità di diverso credo, tra gli altri dall’inglese Roger Scruton, « il filosofo più influente al mondo » secondo il « New Yorker ».

La cronaca di questa moratoria sull’aborto getta luce sulle modalità con cui la Chiesa di Benedetto XVI, del suo vicario cardinale Camillo Ruini e della conferenza episcopale italiana si muove sul terreno politico. 

* * * 
Questa Chiesa non esige che diventi legge ciò che solo per fede può essere accettato e capito. Si batte però risolutamente a difesa di quelle norme che sa scritte nei cuori di tutti gli uomini.

Il rispetto della vita di ogni essere umano, dal primissimo istante del suo concepimento, è una di queste norme universali che la Chiesa giudica innegoziabili. Il fatto che dei non cattolici si levino a difesa della vita di tutti i nascituri è per la Chiesa una felice conferma dell’universalità di questo comandamento.

La Chiesa di Benedetto XVI, di Ruini e del cardinale Angelo Bagnasco, attuale presidente della CEI, ha visto quindi con grande favore che un non cattolico come Ferrara abbia preso l’iniziativa di lanciare la moratoria sull’aborto.

Perché in effetti è andata così. Il suo primo appello a favore della moratoria sull’aborto, Ferrara l’ha lanciato a sorpresa dagli schermi televisivi della trasmissione « Otto e mezzo » la sera stessa del voto dell’ONU a favore della moratoria sulla pena di morte, il 18 dicembre.

L’indomani, 19 dicembre, l’appello usciva stampato su « il Foglio ». Nel pomeriggio dello stesso giorno « L’Osservatore Romano » pubblicava in prima pagina un’intervista al cardinale Renato Martino, presidente del pontificio consiglio della giustizia e della pace:

« i cattolici non considerano il diritto alla vita trattabile caso per caso o scomponibile. [...] L’esempio più evidente è quello dei milioni e milioni di uccisioni di esseri certamente innocenti, i bambini non nati ».

Il 20 dicembre « Avvenire », il giornale della conferenza episcopale, dava pieno sostegno alla moratoria sull’aborto, con un’editoriale in prima pagina di Marina Corradi e un’intervista a Ferrara.

Il 21 dicembre Ferrara annunciava un suo digiuno dalla vigilia di Natale al primo giorno dell’anno nuovo, a sostegno di finanziamenti pubblici ai CAV, i Centri di Aiuto alla Vita che soccorrono le madri tentate di abortire.

In effetti, nei giorni successivi la Regione Lombardia e il comune di Milano hanno erogato 700 mila euro al CAV della Mangiagalli, la clinica milanese in cui si esegue il maggior numero di aborti. Nell’ultimo anno, in questa clinica, il CAV era riuscito a far nascere 833 bambini, aiutando le madri in difficoltà. In totale, si calcola che tutti i CAV all’opera in Italia abbiano salvato dall’aborto, dal 1975 a oggi, circa 85.000 bambini.

Intanto, pagine e pagine del « Foglio » si riempivano di lettere di sostegno alla moratoria. Una fiumana di lettere crescente e inarrestabile. Alcune di semplice adesione, altre, la maggior parte, di riflessione argomentata, di racconti, di esperienze di padri e di madri, di storie dolorose, di dedizioni entusiasmanti. Centinaia, migliaia di lettere nelle quali il protagonista assoluto era lui, il piccolissimo esserino nato dal concepimento, accolto, amato, esaltato. Difficilmente un Natale poteva essere festeggiato con una musica più appropriata di questo concerto epistolare.

Gli autori delle lettere sono per lo più sconosciuti. Molti sono cattolici, ma non appartengono alle élite delle associazioni che ricorrono puntuali ogni volta che c’è da sottoscrivere qualche appello. Le poche sigle che compaiono qua e là sono quelle dei CAV, oppure del Forum delle Famiglie, oppure di Scienza & Vita: le associazioni direttamente impegnate sul tema. Sembra che a scrivere siano in prevalenza i cattolici « domenicali », quelli che vanno a messa ma per il resto sono nell’ombra. Oppure gli ascoltatori della popolare Radio Maria. Ma ci sono anche parecchi che cattolici non sono. È un’Italia poco presente sui grandi media, ma che la moratoria sull’aborto ha fatto prorompere inaspettatamente alla luce. Un’Italia anche poco praticante, ma in cui l’impronta cattolica è profonda e difficilmente cancellabile persino nei non battezzati.

Ma in concreto cosa propone la moratoria sull’aborto? Ferrara sogna « cinque milioni di pellegrini della vita e dell’amore, tutti a Roma nella prossima estate ». Per chiedere due cose ai governi di tutto il mondo: primo, di « sospendere ogni politica che incentivi la pratica eugenetica »; secondo, di « iscrivere nella dichiarazione universale dei diritti dell’uomo la libertà di nascere ». Con un manifesto preparato da personalità di diverso orientamento come il francese Didier Sicard, l’italiano Carlo Casini, l’inglese Roger Scruton, il bioeticista americano Leon Kass, il nuovo ambasciatore USA presso la Santa Sede Mary Ann Glendon, « naturalmente escludendo ogni forma di colpevolizzazione, men che meno di persecuzione penale, delle donne che decidessero di abortire » come consentito dalle leggi in vigore nei vari paesi.

La sera del 31 dicembre, intervistato in un telegiornale di grande ascolto, il cardinale Ruini ha così sintetizzato la posizione della Chiesa:

« Credo che dopo il risultato felice ottenuto riguardo alla pena di morte fosse molto logico richiamare il tema dell’aborto e chiedere una moratoria, quantomeno per stimolare, risvegliare le coscienze di tutti, per aiutare a rendersi conto che il bambino in seno alla madre è davvero un essere umano e che la sua soppressione è inevitabilmente la soppressione di un essere umano.

« In secondo luogo si può sperare che da questa moratoria venga anche uno stimolo per l’Italia, quantomeno per applicare integralmente la legge sull’aborto, che dice di essere legge che intende difendere la vita, quindi applicare questa legge in quelle parti che davvero possono essere di difesa della vita e forse, a trent’anni ormai dalla legge, aggiornarla al progresso scientifico che ad esempio ha fatto fare grandi passi avanti riguardo alla sopravvivenza dei bambini prematuri. Diventa veramente inammissibile procedere all’aborto a una età del feto nella quale egli potrebbe vivere anche da solo ».

« L’Osservatore Romano » ha dato evidenza a queste parole di Ruini e il cardinale Bagnasco ne ha ribadito i concetti sul più diffuso giornale laico italiano, il « Corriere della Sera » del 4 gennaio.

E a queste parole hanno corrisposto dei fatti. Negli stessi giorni, cinque ospedali di Milano si sono date nuove « linee guida » per l’applicazione della legge nazionale sull’aborto, vietando l’aborto dopo la 21esima settimana di vita del nascituro (in precedenza il limite era la 24esima settimana) e proibendo l’aborto selettivo di una gravidanza gemellare in assenza di reali difficoltà fisiche o psichiche della gestante. Tali « linee guida » saranno presto adottate dall’intera regione della Lombardia.

È un altro segno, quest’ultimo, che l’appello per una moratoria sull’aborto cade oggi su un terreno più fertile che in passato. Il pensiero laico non è più così compatto nel negare dignità umana al concepito e nel far quadrato solo attorno all’autodeterminazione della donna. E la Chiesa non è più così timida e smarrita come lo fu, in Italia, dopo la catastrofica sconfitta del 1981, quando un referendum d’iniziativa cattolica per la cancellazione della legge sull’aborto rimediò appena il 18 per cento dei consensi.

La Chiesa italiana, al contrario, è oggi fresca di vittoria in un altro referendum in difesa della vita degli embrioni, svolto il 12 giugno del 2005. Un referendum il cui esito – secondo un recentissimo studio – è stato sensibilmente influenzato dall’identificazione cattolica del popolo italiano.

Riassumere questo studio è di grande interesse proprio per capire ancor meglio le attuali modalità d’azione della Chiesa nella società italiana: una società che – unico caso al mondo, di queste dimensioni – mantiene vivi i caratteri di un cattolicesimo di massa pur in un contesto di avanzata modernizzazione. 

* * * 
Lo studio apparirà sul prossimo numero di « Polis », la rivista scientifica dell’Istituto Cattaneo di Bologna. Ne è autore Luca Diotallevi, professore di sociologia della religione all’Università di Roma Tre e autore di studi sulla « anomalia » religiosa italiana pubblicati anche negli Stati Uniti.

Il referendum del 12 giugno 2005 era stato promosso in Italia da gruppi e partiti laici per cancellare punti importanti della legge 40 del 2004 sulla fecondazione assistita, in pratica per liberalizzare la selezione, l’uso e l’eliminazione degli embrioni prodotti artificialmente.

La gerarchia cattolica, per far fallire il referendum, chiese ai fedeli e a tutti i cittadini di non andare a votare. E in effetti accadde così. Il 74,1 per cento dei votanti si astenne. I « sì » furono appena il 22 per cento e non raggiunsero la maggioranza nemmeno nelle province italiane più laiche e di sinistra.

Per valutare l’influsso del fattore religioso su questo risultato, Diotallevi ha incrociato quattro dati: i « sì » al referendum, l’identificazione cattolica, il civismo, la modernizzazione sociale.

Come principale misura dell’identificazione cattolica Diotallevi ha preso le firme dell’8 per mille a favore della Chiesa. In Italia i cittadini contribuenti hanno infatti la facoltà di indicare ogni anno, nella propria dichiarazione dei redditi, a chi destinare l’8 per mille delle imposte incassate dallo stato: se allo stato, oppure alla Chiesa cattolica, oppure alla comunità ebraica, oppure alle Chiese protestanti, eccetera. La quasi totalità delle firme va a vantaggio della Chiesa cattolica, con un crescendo che ultimamente è arrivato a sfiorare il 90 per cento.

Anche per il grado di civismo e di modernizzazione sociale Diotallevi ha preso come misura dei dati quantitativi, che specifica nel suo studio. Sta di fatto che, dall’insieme, è emerso soprattutto questo: la fortissima correlazione inversa tra l’identificazione cattolica espressa dalle firme dell’8 per mille e i « sì » al referendum.

Nelle province in cui è più basso il numero di firme per la Chiesa cattolica – Bologna, Livorno, Firenze, Ravenna, Siena, Reggio Emilia… – i « sì » al referendum hanno avuto le percentuali più alte, attorno al 40 per cento.

Il contrario è accaduto nelle province in cui le firme dell’8 per mille a favore della Chiesa sfiorano la totalità. Qui i « sì » sono stati pochissimi, il 10 per cento o anche meno.

Queste ultime province sono del sud, e sono anche le meno « civiche » e modernizzate. Ma attenzione: per il maggior numero delle province italiane, in particolare per quelle della Lombardia e del Veneto, gli alti indici di identificazione cattolica non si congiungono affatto con l’arretratezza, ma con gradi di modernizzazione sociale e di senso civico molto avanzati.

In altre parole, il fattore religioso in Italia non risulta essere una reliquia del passato destinata a scomparire con l’avanzare della modernizzazione, ma resta vivo in un contesto di forte modernità. Ed anzi – sostiene Diotallevi nella parte finale del suo studio – si modernizza esso stesso.

L’identificazione cattolica – scrive – non sarebbe infatti bastata, da sola, per produrre quel risultato nel referendum del 2005. Doveva essere attivata. Ed è ciò che ha fatto la gerarchia della Chiesa, in testa il cardinale Ruini, con mosse assolutamente nuove rispetto al passato. Ad esempio: optando per l’astensione invece che per il « no »; dettando in anticipo la linea invece che aspettare che le organizzazioni cattoliche si orientassero in ordine sparso; favorendo l’alleanza con personalità laiche concordi con la Chiesa nella difesa della vita nascente.

Prima ancora, quando la legge sulla fecondazione assistita che sarebbe stata poi oggetto del referendum era ancora in fase di elaborazione, la gerarchia della Chiesa aveva compiuto un’altra mossa inedita: tramite il Forum delle Famiglie aveva fatto lobbying in parlamento, anche qui con successo, a sostegno di un testo che non coincideva affatto con la dottrina morale della Chiesa, ma che riteneva accettabile come « male minore ».

Così, dunque, la Chiesa italiana ha vinto il referendum del 2005 in difesa dell’embrione: grazie a una campagna che è stata anche una formidabile alfabetizzazione di massa su questioni attinenti la vita umana nascente. Una campagna efficace. Dai sondaggi precedenti il voto emergeva che il « sì » restava bloccato, mentre crescevano di numero quelli che optavano per l’astensione « strategica » suggerita dalla Chiesa: nell’ultimo mese dal 17 al 25 per cento dell’elettorato.

Conclude Diotallevi il suo studio su « Polis »:

« È emersa la realtà di una politica ecclesiastica consapevole ed esperta dei valori e del funzionamento dei meccanismi politici, culturali e comunicativi propri di una società a modernizzazione avanzata e di una democrazia matura. [...] Il successo è dipeso dall’aver puntato sul ruolo che poteva giocare l’identificazione religiosa – dimensione della religiosità ben diversa dalla partecipazione – con cui le autorità ecclesiastiche hanno mostrato di non aver perso familiarità. Perché essa emergesse non si sono limitate ai richiami retorici, ma hanno preparato le condizioni più favorevoli ».

Di questa modernizzazione della politica della Chiesa in difesa della famiglia e della vita, la moratoria sull’aborto è il nuovo grande scenario. 

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Discorso del Papa al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede

dal sito:

http://www.zenit.org/article-13049?l=italian 

Discorso del Papa al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede 

CITTA’ DEL VATICANO, lunedì, 7 gennaio 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il discorso pronunciato da Benedetto XVI nel ricevere questo lunedì mattina in udienza i membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, per la presentazione degli auguri per il nuovo anno. 

Eccellenze, 

Signore e Signori!

 1. Saluto cordialmente il vostro decano, l’Ambasciatore Giovanni Galassi, e lo ringrazio per le amabili parole che mi ha rivolto a nome del Corpo diplomatico accreditato. A ciascuno di voi va un saluto deferente, in particolare a coloro che partecipano per la prima volta a questo incontro. Attraverso di voi, esprimo i miei fervidi voti ai popoli e ai governi da voi rappresentati con dignità e competenza. Un lutto ha colpito la vostra comunità alcune settimane fa: l’Ambasciatore di Francia, il Signor Bernard Kessedjian, ha terminato il suo pellegrinaggio terreno; che il Signore lo accolga nella sua pace! Parimenti oggi un pensiero speciale va alle nazioni che ancora non intrattengono relazioni diplomatiche con la Santa Sede: anch’esse hanno un posto nel cuore del Papa. La Chiesa è profondamente convinta che l’umanità costituisca una famiglia, come ho voluto sottolineare nel Messaggio per la celebrazione della Giornata mondiale della Pace di quest’anno. 

2. In uno spirito di famiglia, sono state allacciate le relazioni diplomatiche con gli Emirati Arabi Uniti e che si sono compiute visite a Paesi che mi sono molto cari. L’accoglienza calorosa dei Brasiliani vibra ancora nel mio cuore! In questo Paese, ho avuto la gioia di incontrare i rappresentanti della grande famiglia della Chiesa nell’America Latina e dei Caraibi, riuniti ad Aparecida per la Quinta Conferenza generale del CELAM. Nell’ambito economico e sociale, ho potuto raccogliere dei segni eloquenti di speranza per quel Continente, ma al tempo stesso motivi di preoccupazione. Come non augurarsi un’accresciuta cooperazione fra i popoli dell’America Latina e, in ciascuno dei Paesi che la compongono, l’abbandono delle tensioni interne, affinché possano convergere sui grandi valori ispirati dal Vangelo? Desidero ricordare Cuba, che si appresta a celebrare il decimo anniversario della visita del mio venerato Predecessore. Il Papa Giovanni Paolo II fu ricevuto con affetto dalle Autorità e dalla popolazione ed egli incoraggiò tutti i Cubani a collaborare per un avvenire migliore. Mi sia permesso di riprendere questo messaggio di speranza, che nulla ha perduto della sua attualità. 

3. Il mio pensiero e la mia preghiera si sono rivolti soprattutto verso le popolazioni colpite da spaventose catastrofi naturali. Penso agli uragani e alle inondazioni che hanno devastato certe regioni del Messico e dell’America Centrale, come pure dei Paesi dell’Africa e dell’Asia, in particolare il Bangladesh, e una parte dell’Oceania; occorre ricordare inoltre i grandi incendi. Il Cardinale Segretario di Stato, che si è recato in Perù alla fine agosto, mi ha dato una testimonianza diretta delle distruzioni e delle desolazioni provocate dal terribili terremoto, ma anche del coraggio e della fede delle popolazioni colpite. Di fronte ad avvenimenti tragici di questo genere, occorre un impegno comune e forte. Come ho scritto nell’Enciclica sulla speranza, « la misura dell’umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente. Questo vale per il singolo come per la società » (Spe salvi, n. 38). 

4. La preoccupazione della comunità internazionale continua ad essere viva per il Medio Oriente. Sono lieto che la Conferenza di Annapolis abbia manifestato segni sulla via dell’abbandono del ricorso a soluzioni parziali o unilaterali a favore di un approccio globale, rispettoso dei diritti e degli interessi dei popoli della regione. Faccio appello, ancora una volta, ad Israeliani e Palestinesi, affinché concentrino le proprie energie per l’applicazione degli impegni presi in quella occasione e non fermino il processo felicemente rimesso in moto. Invito inoltre la comunità internazionale a sostenere questi due popoli con convinzione e comprensione per le sofferenze e i timori di entrambi. Come non essere vicini al Libano, nelle prove e violenze che continuano a scuotere questo caro Paese? Formulo voti che i Libanesi possano decidere liberamente del loro futuro e chiedo al Signore di illuminarli, a cominciare dai responsabili della vita pubblica affinché, mettendo da parte gli interessi particolari, siano pronti ad impegnarsi sul cammino del dialogo e della riconciliazione. Solo in questa maniera il Paese potrà progredire nella stabilità ed essere nuovamente un esempio di convivialità fra le comunità. Anche in Iraq la riconciliazione è una urgenza! Attualmente gli attentati terroristici, le minacce e le violenze continuano, in particolare contro la comunità cristiana, e le notizie giunte ieri confermano la nostra preoccupazione; è evidente che resta da tagliare il nodo di alcune questioni politiche. In tale quadro, una riforma costituzionale appropriata dovrà salvaguardare il diritti delle minoranze. Sono necessari importanti aiuti umanitari per le popolazioni toccate dalla guerra; penso particolarmente agli sfollati all’interno del Paese e ai rifugiati all’estero, fra i quali si trovano numerosi cristiani. Invito la comunità internazionale a mostrarsi generosa verso di loro e verso i Paesi dove trovano rifugio, le capacità di accoglienza dei quali sono messi a dura prova. Desidero anche esprimere il mio incoraggiamento affinché si continui a perseguire senza sosta la via della diplomazia per risolvere la questione del programma nucleare iraniano, negoziando in buona fede, adottando misure destinate ad aumentare la trasparenza e la confidenza reciproca, e tenendo sempre conto degli autentici bisogni dei popoli e del bene comune della famiglia umana. 

5. Allargando il nostro sguardo all’intero continente asiatico, vorrei attirare la vostra attenzione sua qualche altra situazione di crisi. Sul Pakistan, in primo luogo, che è stato duramente colpito dalla violenza negli ultimi mesi. Mi auguro che tutte le forze politiche e sociali si impegnino nella costruzione di una società pacifica, che rispetti i diritti di tutti. In Afghanistan alla violenza si aggiungono altri gravi problemi sociali, come la produzione di droga; è necessario offrire ancor più sostegni agli sforzi di sviluppo e si dovrebbe operare ancor più intensamente per edificare un avvenire sereno. Nello Sri Lanka non è più possibile rinviare a un dopo degli sforzi decisivi per dar rimedio alle immense sofferenze causate dal conflitto in corso. E io chiedo al Signore che in Myanmar, con il sostegno della comunità internazionale, si apra una stagione di dialogo fra il governo e l’opposizione, che assicuri un vero rispetto di tutti i diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. 

6. Rivolgendomi ora all’Africa, vorrei in primo luogo manifestare nuovamente la mia profonda sofferenza nel constatare come la speranza appaia quasi vinta dal sinistro corteo di fame e di morte che continua nel Darfur. Auspico di vero cuore che l’operazione congiunta delle Nazioni Unite e dell’Unione Africana, la cui missione è appena iniziata, porti aiuto e conforto alle popolazioni provate. Il processo di pace nella Repubblica Democratica del Congo si scontra con forti resistenze presso i Grandi Laghi, soprattutto nelle regioni orientali, e la Somalia, in particolare a Mogadiscio, continua ad essere afflitta da violenze e dalla povertà. Faccio appello alle parti in conflitto perché cessino le operazioni militari, che sia facilitato il passaggio degli aiuti umanitari e che i civili siano rispettati. Il Kenya in questi ultimi giorni ha conosciuto una brusca esplosione di violenza. Associandomi all’appello lanciato dai Vescovi il 2 gennaio, invito tutti gli abitanti, e in particolare i responsabili politici, a ricercare mediante il dialogo una soluzione pacifica, fondata sulla giustizia e sulla fraternità. La Chiesa cattolica non è indifferente ai gemiti di dolore che si innalzano da queste regioni. Ella fa proprie le richieste di aiuto dei rifugiati e degli sfollati, e si impegna per favorire la riconciliazione, la giustizia e la pace. Quest’anno l’Etiopia festeggia l’entrata nel terzo millennio cristiano e sono sicuro che le celebrazioni organizzate per questo evento contribuiranno anche a ricordare l’opera immensa, sociale ed apostolica, adempiuta dai cristiani in Africa. 

7. Terminando con l’Europa, mi compiaccio per i progressi compiuti nei diversi Paesi della regione dei Balcani ed esprimo ancora una volta l’augurio che lo statuto definitivo del Kosovo prenda in considerazione le legittime rivendicazioni delle parti in causa e garantisca sicurezza e rispetto dei loro diritti a quanti abitano questa terra, perché si allontani definitivamente lo spettro del confronto violento e sia rafforzata la stabilità europea. Vorrei citare ugualmente Cipro, nel ricordo gioioso della visita di Sua Beatitudine l’Arcivescovo Crisostomo II, nello scorso mese di giugno. Esprimo l’augurio che, nel contesto dell’Unione Europea, non si risparmi alcuno sforzo per trovare soluzione ad una crisi che dura da troppo tempo. Lo scorso mese di settembre ho compiuto una visita in Austria, che ha voluto sottolineare anche il contributo essenziale che la Chiesa cattolica può e vuole dare all’unificazione dell’Europa. E a proposito di Europa, vorrei assicurarvi che seguo con attenzione il periodo che si apre con la firma del « Trattato di Lisbona ». Tale tappa rilancia il processo di costruzione della « casa Europa », che « sarà per tutti gradevolmente abitabile solo se verrà costruita su un solido fondamento culturale e morale di valori comuni che traiamo dalla nostra storia e dalle nostre tradizioni » (Incontro con le Autorità e il Corpo Diplomatico, Vienna, 7 settembre 2007) e se essa non rinnegherà le proprie radici cristiane. 

8. Da questo rapido giro d’orizzonte appare chiaramente che la sicurezza e la stabilità del mondo permangono fragili. I fattori di preoccupazione sono diversi, testimoniano tutti che la libertà umana non è assoluta, bensì che si tratta di un bene condiviso e la cui responsabilità incombe su tutti. Di conseguenza, l’ordine e il diritto ne sono elementi di garanzia. Ma il diritto può essere una forza di pace efficace solo se i suoi fondamenti sono solidamente ancorati nel diritto naturale, dato dal Creatore. È anche per tale ragione che non si può mai escludere Dio dall’orizzonte dell’uomo e della storia. Il nome di Dio è un nome di giustizia; esso rappresenta un appello pressante alla pace. 

9. Questa presa di coscienza potrebbe aiutare, fra l’altro, a orientare le iniziative di dialogo interculturale e interreligioso. Tali iniziative sono sempre più numerose e possono stimolare la collaborazione su temi di interesse reciproco, come la dignità della persona umana, la ricerca del bene comune, la costruzione della pace e lo sviluppo. A tale proposito, la Santa Sede ha voluto dare un rilievo particolare alla propria partecipazione al dialogo ad alto livello sulla comprensione fra le religioni e le culture e la cooperazione per la pace, nel quadro della 62ª Assemblea Generale delle Nazioni Unite (4-5 ottobre 2007). Per esser vero, questo dialogo deve essere chiaro, evitando relativismi e sincretismi, ma animato da un sincero rispetto per gli altri e da uno spirito di riconciliazione e di fraternità. La Chiesa cattolica vi è profondamente impegnata e mi piace evocare nuovamente la lettera indirizzatami, lo scorso 13 ottobre, da 138 personalità musulmane e rinnovare la mia gratitudine per i nobili sentimenti che vi sono espressi. 

10. Giustamente la nostra società ha incastonato la grandezza e la dignità della persona umana in diverse dichiarazioni dei diritti, formulate a partire dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, adottata giusto sessant’anni fa. Questo atto solenne è stato, secondo l’espressione di Papa Paolo VI, uno dei più grandi titoli di gloria delle Nazioni Unite. In tutti i continenti la Chiesa cattolica si impegna affinché i diritti dell’uomo siano non solamente proclamati, ma applicati. Bisogna augurarsi che gli organismi, creati per la difesa e la promozione dei diritti dell’uomo, consacrino tutte le proprie energie a tale scopo e, in particolare, che il Consiglio dei Diritti dell’Uomo sappia rispondere alle attese suscitate per la sua creazione. 

11. La Santa Sede, per parte sua, non si stancherà di riaffermare tali principi e tali diritti fondati su ciò che è permanente ed essenziale alla persona umana. È un servizio che la Chiesa desidera rendere alla vera dignità dell’uomo, creato ad immagine di Dio. E partendo precisamente da queste considerazioni non posso non deplorare ancora una volta gli attacchi continui perpetrati in tutti i Continenti contro la vita umana. Vorrei richiamare, insieme con tanti ricercatori e scienziati, che le nuove frontiere della bioetica non impongono una scelta fra la scienza e la morale, ma che esigono piuttosto un uso morale della scienza. D’altra parte, ricordando l’appello del Papa Giovanni Paolo II in occasione del Grande Giubileo dell’Anno 2000, mi rallegro che lo scorso 18 dicembre l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite abbia adottato una risoluzione chiamando gli Stati ad istituire una moratoria sull’applicazione della pena di morte ed io faccio voti che tale iniziativa stimoli il dibattito pubblico sul carattere sacro della vita umana. Mi rammarico ancora una volta per i preoccupanti attacchi all’integrità della famiglia, fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna. I responsabili della politica di qualsiasi parte essi siano dovrebbero difendere questa istituzione, cellula base della società. Che dire di più! Anche la libertà religiosa, esigenza inalienabile della dignità di ogni uomo e pietra angolare nell’edificio dei diritti umani » (Messaggio per la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace 1988, preambolo), è spesso compromessa. Effettivamente, vi sono molti luoghi nei quali essa non può esercitarsi pienamente. La Santa Sede la difende e ne domanda il rispetto per tutti. Essa è preoccupata per le discriminazioni contro i cristiani e contro i seguaci di altre religioni. 

12. La pace non può essere una semplice parola o un’aspirazione illusoria. La pace è un impegno e un modo di vita che esige che si soddisfino le legittime attese di tutti, come l’accesso al cibo, all’acqua e all’energia, alla medicina e alla tecnologia, come pure il controllo dei cambiamenti climatici. Solo così si può costruire l’avvenire dell’umanità; soltanto così si favorisce lo sviluppo integrale per oggi e per domani. Forgiando un’espressione particolarmente felice, il Papa Paolo VI sottolineava 40 anni fa, nell’enciclica Populorum progressio, che « lo sviluppo è il nuovo nome della pace ». Per tale ragione, per consolidare la pace occorre che i risultati macroeconomici positivi, ottenuti da numerosi Paesi in via di sviluppo nel 2007, siano sostenuti da politiche sociali efficaci, e con la posa in opera di impegni di assistenza da parte dei Paesi ricchi. 

13. Infine, vorrei esortare la Comunità internazionale ad un impegno globale a favore della sicurezza. Uno sforzo congiunto da parte degli Stati per applicare tutti gli obblighi sottoscritti e per impedire l’accesso dei terroristi alle armi di distruzione di massa rinforzerebbe, senza alcun dubbio, il regime di non proliferazione nucleare e lo renderebbe più efficace. Saluto l’accordo concluso per lo smantellamento del programma di armamento nucleare in Corea del Nord ed incoraggio l’adozione di misure appropriate per la riduzione degli armamenti di tipo classico, e per affrontare il problema umanitario posto dalle munizioni a grappolo. 

Signore e Signori Ambasciatori! 

14. La diplomazia e, in un certo modo, l’arte della speranza. Essa vive della speranza e cerca di discernerne persino i segni più tenui. La diplomazia deve dare speranza. La celebrazione del Natale viene ogni anno a ricordarci che, quando Dio si è fatto piccolo bambino, la Speranza è venuta ad abitare nel mondo, al cuore della famiglia umana. Questa certezza diventa oggi preghiera: che Dio apra il cuore di quanti governano la famiglia dei popoli alla Speranza che mai delude! Animato da tali sentimenti, rivolgo a ciascuno di voi i miei migliori auguri, affinché anche voi, i vostri collaboratori e i popoli da voi rappresentati siano illuminati dalla Grazia e dalla Pace che ci vengono dal Bambino di Betlemme. 

Publié dans:Papa Benedetto XVI, ZENITH |on 7 janvier, 2008 |Pas de commentaires »

Omelia del Papa durante la Messa per la Solennità dell’Epifania

dal sito:

http://www.zenit.org/article-13043?l=italian

Omelia del Papa durante la Messa per la Solennità dell’Epifania 

CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 6 gennaio 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l’omelia pronunciata da Benedetto XVI nel celebrare questa domenica, nella Basilica vaticana, la Messa per la Solennità dell’Epifania del Signore. 

Cari fratelli e sorelle, 

celebriamo oggi Cristo, Luce del mondo, e la sua manifestazione alle genti. Nel giorno di Natale il messaggio della liturgia suonava così: « Hodie descendit lux magna super terram – Oggi una grande luce discende sulla terra » (Messale Romano). A Betlemme, questa « grande luce » apparve a un piccolo nucleo di persone, un minuscolo « resto d’Israele »: la Vergine Maria, il suo sposo Giuseppe e alcuni pastori. Una luce umile, come è nello stile del vero Dio; una fiammella accesa nella notte: un fragile neonato, che vagisce nel silenzio del mondo… Ma accompagnava quella nascita nascosta e sconosciuta l’inno di lode delle schiere celesti, che cantavano gloria e pace (cfr Lc 2,13-14). 

Così quella luce, pur modesta nel suo apparire sulla terra, si proiettava con potenza nei cieli: la nascita del Re dei Giudei era stata annunciata dal sorgere di una stella, visibile da molto lontano. Fu questa la testimonianza di « alcuni Magi », giunti da oriente a Gerusalemme poco dopo la nascita di Gesù, al tempo del re Erode (cfr Mt 2,1-2). Ancora una volta si richiamano e si rispondono il cielo e la terra, il cosmo e la storia. Le antiche profezie trovano riscontro nel linguaggio degli astri. « Una stella spunta da Giacobbe / e uno scettro sorge da Israele » (Nm 24,17), aveva annunciato il veggente pagano Balaam, chiamato a maledire il popolo d’Israele, e che invece lo benedisse perché – gli rivelò Dio – « quel popolo è benedetto » (Nm 22,12). Cromazio di Aquileia, nel suo Commento al Vangelo di Matteo, mettendo in relazione Balaam con i Magi; scrive: « Quegli profetizzò che Cristo sarebbe venuto; costoro lo scorsero con gli occhi della fede ». E aggiunge un’osservazione importante: « La stella era scorta da tutti, ma non tutti ne compresero il senso. Allo stesso modo il Signore e Salvatore nostro è nato per tutti, ma non tutti lo hanno accolto » (ivi, 4,1-2). Appare qui il significato, nella prospettiva storica, del simbolo della luce applicato alla nascita di Cristo: esso esprime la speciale benedizione di Dio sulla discendenza di Abramo, destinata ad estendersi a tutti i popoli della terra. 

L’avvenimento evangelico che ricordiamo nell’Epifania – la visita dei Magi al Bambino Gesù a Betlemme – ci rimanda così alle origini della storia del popolo di Dio, cioè alla chiamata di Abramo. Siamo al capitolo 12° del Libro della Genesi. I primi 11 capitoli sono come grandi affreschi che rispondono ad alcune domande fondamentali dell’umanità: qual è l’origine dell’universo e del genere umano? Da dove viene il male? Perché ci sono diverse lingue e civiltà? Tra i racconti iniziali della Bibbia, compare una prima « alleanza », stabilita da Dio con Noè, dopo il diluvio. Si tratta di un’alleanza universale, che riguarda tutta l’umanità: il nuovo patto con la famiglia di Noè è insieme patto con « ogni carne ». Poi, prima della chiamata di Abramo si trova un altro grande affresco molto importante per capire il senso dell’Epifania: quello della torre di Babele. Afferma il testo sacro che in origine « tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole » (Gn 11,1). Poi gli uomini dissero: « Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra » (Gn 11,4). La conseguenza di questa colpa di orgoglio, analoga a quella di Adamo ed Eva, fu la confusione delle lingue e la dispersione dell’umanità su tutta la terra (cfr Gn 11,7-8). Questo significa « Babele », e fu una sorta di maledizione, simile alla cacciata dal paradiso terrestre. 

A questo punto inizia la storia della benedizione, con la chiamata di Abramo: incomincia il grande disegno di Dio per fare dell’umanità una famiglia, mediante l’alleanza con un popolo nuovo, da Lui scelto perché sia una benedizione in mezzo a tutte le genti (cfr Gn 12,1-3). Questo piano divino è tuttora in corso e ha avuto il suo momento culminante nel mistero di Cristo. Da allora sono iniziati gli « ultimi tempi », nel senso che il disegno è stato pienamente rivelato e realizzato in Cristo, ma chiede di essere accolto dalla storia umana, che rimane sempre storia di fedeltà da parte di Dio e purtroppo anche di infedeltà da parte di noi uomini. La stessa Chiesa, depositaria della benedizione, è santa e composta di peccatori, segnata dalla tensione tra il « già » e il « non ancora ». Nella pienezza dei tempi Gesù Cristo è venuto a portare a compimento l’alleanza: Lui stesso, vero Dio e vero uomo, è il Sacramento della fedeltà di Dio al suo disegno di salvezza per l’intera umanità, per tutti noi. 

L’arrivo dei Magi dall’Oriente a Betlemme, per adorare il neonato Messia, è il segno della manifestazione del Re universale ai popoli e a tutti gli uomini che cercano la verità. E’ l’inizio di un movimento opposto a quello di Babele: dalla confusione alla comprensione, dalla dispersione alla riconciliazione. Scorgiamo così un legame tra l’Epifania e la Pentecoste: se il Natale di Cristo, che è il Capo, è anche il Natale della Chiesa, suo corpo, noi vediamo nei Magi i popoli che si aggregano al resto d’Israele, preannunciando il grande segno della « Chiesa poliglotta », attuato dallo Spirito Santo cinquanta giorni dopo la Pasqua. L’amore fedele e tenace di Dio, che mai viene meno alla sua alleanza di generazione in generazione. E’ il « mistero » di cui parla san Paolo nelle sue Lettere, anche nel brano della Lettera agli Efesini poc’anzi proclamato: l’Apostolo afferma che tale mistero « gli è stato fatto conoscere per rivelazione » (Ef 3,2) e lui è incaricato di farlo conoscere. 

Questo « mistero » della fedeltà di Dio costituisce la speranza della storia. Certo, esso è contrastato da spinte di divisione e di sopraffazione, che lacerano l’umanità a causa del peccato e del conflitto di egoismi. La Chiesa è, nella storia, al servizio di questo « mistero » di benedizione per l’intera umanità. In questo mistero della fedeltà di Dio, la Chiesa assolve appieno la sua missione solo quando riflette in se stessa la luce di Cristo Signore, e così è di aiuto ai popoli del mondo sulla via della pace e dell’autentico progresso. Infatti resta sempre valida la parola di Dio rivelata per mezzo del profeta Isaia: « … le tenebre ricoprono la terra, / nebbia fitta avvolge le nazioni; / ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te » (Is 60,2). Quanto il profeta annuncia a Gerusalemme, si compie nella Chiesa di Cristo: « Cammineranno i popoli alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere » (Is 60,3). 

Con Gesù Cristo la benedizione di Abramo si è estesa a tutti i popoli, alla Chiesa universale come nuovo Israele che accoglie nel suo seno l’intera umanità. Anche oggi, tuttavia, resta in molti sensi vero quanto diceva il profeta: « nebbia fitta avvolge le nazioni » e la nostra storia. Non si può dire infatti che la globalizzazione sia sinonimo di ordine mondiale, tutt’altro. I conflitti per la supremazia economica e l’accaparramento delle risorse energetiche, idriche e delle materie prime rendono difficile il lavoro di quanti, ad ogni livello, si sforzano di costruire un mondo giusto e solidale. C’è bisogno di una speranza più grande, che permetta di preferire il bene comune di tutti al lusso di pochi e alla miseria di molti. « Questa grande speranza può essere solo Dio … non un qualsiasi dio, ma quel Dio che possiede un volto umano » (n. 31): il Dio che si è manifestato nel Bambino di Betlemme e nel Crocifisso-Risorto. Se c’è una grande speranza, si può perseverare nella sobrietà. Se manca la vera speranza, si cerca la felicità nell’ebbrezza, nel superfluo, negli eccessi, e si rovina se stessi e il mondo. La moderazione non è allora solo una regola ascetica, ma anche una via di salvezza per l’umanità. È ormai evidente che soltanto adottando uno stile di vita sobrio, accompagnato dal serio impegno per un’equa distribuzione delle ricchezze, sarà possibile instaurare un ordine di sviluppo giusto e sostenibile. Per questo c’è bisogno di uomini che nutrano una grande speranza e possiedano perciò molto coraggio. Il coraggio dei Magi, che intrapresero un lungo viaggio seguendo una stella, e che seppero inginocchiarsi davanti ad un Bambino e offrirgli i loro doni preziosi. Abbiamo tutti bisogno di questo coraggio, ancorato a una salda speranza. Ce lo ottenga Maria, accompagnandoci nel nostro pellegrinaggio terreno con la sua materna protezione. Amen! 

Publié dans:Papa Benedetto XVI, ZENITH |on 7 janvier, 2008 |Pas de commentaires »

buona notte

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dalle « Odi di Salomone »

dal sito:

http://www.vangelodelgiorno.org/

Odi di Salomone (scritti cristiani del 2o secolo)
n° 15

« Su quelli che dimoravano in terra e ombra di morte una luce si è levata »

Come il sole è gioia
per quelli che desiderano il suo giorno,
così il Signore è la mia gioia.
Lui è il mio sole;
i suoi raggi mi hanno levato;
la sua luce ha tolto ogni tenebra dal mio volto.
Col suo aiuto ho posseduto gli occhi
ed ho veduto il giorno suo santo.
Ho avuto orecchi
ed ho udito la sua verità.
Mi è stato dato il pensiero della conoscenza
e per mezzo di lui mi sono ricreato.

La via dell’errore ho abbandonato;
mi sono recato da lui
e salvezza abbondante da lui ho ricevuto.
Com’è proprio del suo dono, egli mi ha dato;
conforme alla bellezza sua grande mi ha fatto.
Col suo nome ho rivestito l’immortalità;
grazie alla sua bontà mi sono spogliato della corruzione.

La morte è scomparsa dinanzi al mio volto;
la sheol è stata messa fuori con la mia parola.
Vita immortale si levò sulla terra del Signore;
dai fedeli di lui fu conosciuta
e senza riserbo fu comunicata
a quanti in lui confidano.
Alleluia.

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