dal sito:
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MANIFESTAZIONE DELLA BONTÀ DI DIO E DEL SUO AMORE PER GLI UOMINI (cf. Tt 3,4)
1) Il Progetto di Dio: farsi uomo
Il Natale rivela il progetto che Dio si era proposto. Dio ha voluto comunicarsi completamente a un altro essere differente da lui. Si è degnato darsi in dono a qualcuno. Dio non ha voluto rimanere unicamente Dio. Il creatore ha deciso di farsi anche creatura. Non ha inteso comunicare solamente il suo bene, la sua verità, la sua bellezza. Egli ha inteso fare qualcosa di molto più grande. Ha voluto donarsi: Dio dà se stesso. E per dare se stesso è necessario che esista qualcuno differente che lo possa ricevere.
Questo qualcuno capace di ricevere Dio è l’uomo. Nell’ebreo Gesù di Nazaret è presente Dio in assoluto. L’uomo possiede dunque senso pieno solo in quanto abitazione di Dio. È per questo che è stato creato. Nel suo fratello Gesù di Nazaret l’uomo trova il senso e la realizzazione piena della propria esistenza, pensata e voluta per ospitare Dio.
Il Verbo si è fatto carne nel seno della Vergine Maria e da lei è nato l’uomo – Dio. Colui che nessuno aveva mai visto, colui che gli uomini supplicavano « Signore mostraci il tuo volto », si è mostrato così com’è. Rimanendo il Dio che era da sempre, ha iniziato ad essere uomo.
Dio non è rimasto nel suo mistero indecifrabile; è uscito dalla sua luce inaccessibile per venire nelle tenebre umane. Non è rimasto nella sua onnipotenza eterna; è penetrato nella fragilità della creatura.
Nel presepio si sono manifestati « la bontà di Dio, nostro salvatore, e il suo amore per gli uomini » (Tt 3,4). Dio diventa uomo, si mostra così com’è: il nostro Dio è piccolo perché è grande nell’amore. Egli ha voluto essere realmente come uno di noi, come me, come te, fuorché nel peccato: un uomo limitato che cresce, che impara e interroga, che ascolta e risponde. Dio non ha assunto un’umanità astratta. Sin dal primo momento del suo concepimento, egli si è fatto Gesù di Nazaret, un uomo di razza e di religione ebrea. È cresciuto e maturato dentro gli angusti confini della Palestina, nel ristretto ambiente umano di un paesino sperduto. Non sapeva né il greco, né il latino, ma parlava l’aramaico con l’accento della Galilea. Ha sentito l’oppressione delle forze di occupazione del suo paese, ha conosciuto la fame, la sete, la solitudine, le lacrime per la morte dell’amico, la gioia dell’amicizia, la tristezza, la paura, le tentazioni, lo spavento di fronte alla morte. È passato attraverso la notte oscura dell’abbandono di Dio.
Tutto questo Dio ha preso su di sé in Gesù Cristo. Nulla gli è stato risparmiato. Ha assunto tutto ciò che è autenticamente umano, come l’ira giusta e la sana allegria, la bontà e la durezza, l’amicizia e il conflitto, la vita e la morte. Il Natale ci mostra di che cosa Dio è veramente capace. Egli può farsi realmente altro, un uomo come noi, senza cessare di essere Dio.
La fede cristiana ci insegna che Dio è amore: amore nella sua pienezza originaria ed eterna. È quindi un amore che non ha origine da altri ed è origine di ogni altro. Tale amore si comunica, esce da sé, si dona senza limiti e senza riserve. Da questa pienezza di autodonazione sorge il Verbo come espressione assoluta del mistero dell’amore. Il mistero dell’amore si chiama Padre, la sua espressione assoluta Figlio. Dio non ha nient’altro da dare che se stesso. Quando Dio si dà è Padre. Ciò che scaturisce da questa donazione è il Figlio. Nel Figlio si esprimono e si concretizzano tutta la verità, la bontà, la bellezza e l’infinita ricchezza d’essere del Padre. Qui tutto è infinito ed eterno.
Nel Figlio il Padre esprime anche tutta la ricchezza, la bellezza, la bontà, la verità finite e temporali che possono essere create. Il Padre si rispecchia in tutta la creazione e poiché tutto è stato creato nel Figlio, tutto rispecchia pure il Figlio. Così tutta la creazione, materiale e spirituale, presenta le tracce del Padre e del Figlio. Tutte le cose possiedono una caratteristica paterna e filiale. Tutti sono figli e figlie, fratelli e sorelle insieme con il fratello maggiore, il Figlio eterno, nella casa del Padre.
Tra tutti gli esseri filiali c’è una specie che è, per eccellenza, l’immagine del Padre e del Figlio: l’uomo. Ogni uomo rispecchia, in un modo personale, unico e irripetibile, il Padre e il Figlio. Ma tra questi uomini ce n’è uno che Dio ha predestinato ad essere sua Immagine totale nella creazione, rivelazione assoluta del Padre e del Figlio nella storia: Gesù di Nazaret. Il Figlio eterno ha voluto unirsi a lui perché potesse amare Dio, fuori di Dio, come Dio ama; per poter essere finito rimanendo Infinito, per poter essere creatura senza cessare di essere Dio creatore.
Gesù è stato il primo nell’intenzione di Dio, anche se non è stato il primo nell’esecuzione. Adamo era già immagine di Cristo, perché Dio lo ha plasmato pensando a Cristo.
Il progetto di Dio è dunque farsi uomo. Duemila anni fa questo progetto è diventato realtà concreta. Nel Natale celebriamo e attualizziamo questo evento di dolcezza umana e divina. Dio possiede dunque un’umanità che, nel disegno divino, è eterna. L’umanità è espressione temporale del Figlio eterno. Dire che il Figlio si è fatto uomo non significa che il Figlio ha smesso di essere Figlio. Non significa neppure che il Figlio rimane Figlio e che l’umanità gli si è aggiunta come puro strumento di manifestazione e di azione. No, l’umanità di Dio non è un travestimento col quale Dio ci dà l’impressione di assumere la nostra condizione, ma in realtà continua a rimanere nella sua luce inaccessibile senza comunicarsi. Il fatto che Dio è diventato uomo esprime qualcosa di Dio stesso. Dice che egli si è fatto nostro prossimo, ha dato pienamente se stesso nella creazione e nel tempo.
In questo modo l’umanità di Gesù è veramente l’umanità di Dio e la divinità di Gesù è di fatto la divinità dell’uomo. Chi parla con Gesù parla con Dio, chi lo incontra, incontra Dio, chi lo ascolta e lo comprende, ascolta e comprende Dio. L’umanità di Gesù significa la presenza totale di Dio nel mondo, significa la dedizione totale dell’amore del Padre per l’uomo.
Grande cosa dev’essere l’uomo perché Dio ha voluto essere uomo. Se l’uomo è la più grande comunicazione di Dio nella creazione, Gesù è il culmine della comunicazione di Dio nella storia. È per consentire la realizzazione del progetto di Dio che l’uomo è stato pensato e voluto dall’eternità e posto nel tempo con la creazione. Gesù Cristo, Dio e uomo, è il progetto divino totalmente realizzato.
Da questa meditazione si deduce che il Figlio con l’incarnazione non ha raggiunto soltanto la santa umanità di Gesù di Nazaret. Egli ha toccato in qualche modo tutti gli uomini. Ognuno di noi, nel disegno eterno, è stato fatto dal Figlio, per lui, con lui e in lui. Siamo tutti figli nel Figlio. Entrando nella storia e assumendo l’umanità concreta di Gesù, egli ha assunto in certo modo tutti noi che partecipiamo di questa umanità. Il Concilio Vaticano II facendo eco alla grande tradizione della fede, insegna: « Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo. Ha lavorato con mani d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria Vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato » (GS 22). In tal modo siamo tutti fratelli di Gesù Cristo. Ogni uomo è suo rappresentante. Ogni persona traduce un aspetto originale del Figlio eterno. L’uomo è veramente una realtà sacra. Chi gli fa violenza, fa violenza al Figlio di Dio, chi lo ama e lo accoglie, ama e accoglie Dio stesso (Mt 25,40). È stato così fin dall’inizio dell’esistenza dell’uomo e sarà così fino alla fine. Il Figlio riempie della sua presenza tutta la storia: « Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Egli era nel mondo… Venne tra la sua gente » (Gv 1, 9-11). Il Natale cominciava ad essere preparato e il Figlio avviava il suo processo di incarnazione con la creazione del mondo e in maniera decisiva con la creazione dell’uomo. Perciò la storia è gravida di Cristo.
Egli è cresciuto a poco a poco fino a squarciare il velo della invisibilità e comparire in tutta la sua aperta evidenza.
Nella sua terza omelia sul Natale, san Leone Magno (+461) insegnava « Sin dalla creazione del mondo, Dio ha costituito un unico principio di salvezza per tutti. La grazia di Dio, per la quale tutti i santi sono stati giustificati, è aumentata ma non ha avuto inizio con la nascita di Cristo; e questo mistero di grande misericordia che riempie ora il mondo intero è già stato efficace nei suoi simboli: l’hanno raggiunto sia quelli che ne hanno accolto la promessa, sia quelli che l’hanno ricevuto quando ci è stato dato… Smettano dunque di lamentarsi coloro che, con empia mormorazione, criticano il piano divino sotto il pretesto del ritardo nel tempo per la nascita del Signore, come se non fosse stato concesso nei tempi passati ciò che si è realizzato nell’ultima età del mondo. » (III Sermone, 4). Cristo possiede una portata cosmica. La festa del Natale non è unicamente la festa della nostra storia, ma di tutta la storia, non solo dei cristiani, ma di tutti gli uomini. In tutti i figli continua a nascere il Figlio eterno di Dio e nostro fratello Gesù Cristo.
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L’evangelista Giovanni ci dice che « Tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di ciò che esiste… Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui » (Gv 1. 3-10). Non è solo l’umanità ad essere compenetrata dal Figlio; anche l’universo intero e, in qualche modo, il suo corpo. Con l’incarnazione « la carne non è più terrena; è carne verbificata (fatta Verbo) », afferma arditamente s. Atanasio (Contra Arianos 3, 34). Con il Figlio la filiazione ha invaso il mondo. Lo stesso sant’Atanasio (+373) insegna qualcosa di più: con l’incarnazione « il Figlio nobilita tutta la creazione… rendendola divina e trasformandola in Figlio e così la conduce al Padre » (Ad Serapionem 1, 25). C’è dunque un carattere filiale e fraterno in tutta la creazione, e non solamente nella sfera umana. C’è una cristificazione in atto nella materia. Tutto ciò che esiste è in rapporto con il Figlio di Dio in quanto siamo tutti fratelli del Figlio primogenito. San Giovanni Damasceno (+749) predicava: « Il Padre si è compiaciuto di realizzare l’unione di tutti gli esseri nel suo Figlio unico. Essendo infatti un microcosmo, l’uomo unisce in sé tutte le realtà visibili e invisibili; è piaciuto al Signore, che ha creato e governa tutte le cose, unire nel suo Figlio unico e consostanziale la divinità all’umanità e, attraverso questa, all’insieme di tutte le creature affinché Dio fosse tutto in tutto » (PG 96).
A causa di questa visione cosmica dell’incarnazione di Dio, la liturgia antica della Chiesa cantava: « Pieni di gioia per la nascita di Cristo, le montagne e le colline si inchinano e gli elementi del mondo, con gaudio ineffabile, eseguono in questo giorno una melodia sublime » (PL 86). È la celebrazione cosmica che sfugge agli occhi e agli orecchi sensibili, ma è percepita dalla fede. Sappiamo che il mondo è stato definitivamente visitato da Dio. La creazione si rallegra, canta ed è in estasi per l’ospite divino. Siamo tutti cristificati. Siamo fratelli. San Francesco l’aveva capito bene e lo ha mirabilmente manifestato nel Cantico delle Creature.
Il Natale è la festa dei doni perché Dio ci ha dato un dono che non ha prezzo: ci ha dato se stesso in un bambino.