Archive pour le 9 octobre, 2008

Madonna del Rosario

Madonna del Rosario dans immagini sacre

http://santiebeati.it/

Publié dans:immagini sacre |on 9 octobre, 2008 |Pas de commentaires »

PAPA PAOLO VI : RECURRENS MENSIS OCTOBER (sul mese di ottobre dedicato a Maria)

dal sito: 

http://www.vatican.va/holy_father/paul_vi/apost_exhortations/documents/hf_p-vi_exh_19691007_recurrens-mensis-october_it.html

PAPA PAOLO VI : RECURRENS MENSIS OCTOBER

Dato in Roma, presso S. Pietro, il giorno 7 del mese di ottobre dell’anno 1969, settimo del Nostro Pontificato.

ESORTAZIONE APOSTOLICA
DI SUA SANTITÀ

con la quale si esorta vivamente l’Episcopato, il clero e il popolo della Chiesa Cattolica a invocare l’aiuto della B. V. Maria con la recita del Santo Rosario durante il mese di ottobre affinché, riconciliati menti e cuori dei popoli, rifulga finalmente al mondo la vera pace

PAOLO PP. VI

Venerabili Fratelli e diletti Figli,
salute e Apostolica Benedizione

Introduzione

1. Il ritorno del mese di ottobre Ci offre l’occasione di invitare ancora una volta tutto il popolo cristiano alla pratica di una forma di preghiera giustamente cara alla pietà cattolica, e che nulla ha perduto della sua attualità nelle difficoltà dell’ora presente: intendiamo parlare del Rosario della SS.ma Vergine Maria.

2. L’intenzione che vogliamo proporre quest’anno a tutti i Nostri figli, poiché Ci sembra più urgente e più grave che mai, è quella della pace tra gli uomini e fra i popoli. Nonostante alcuni progressi e speranze legittime, ancora continuano conflitti micidiali, appaiono nuovi «punti caldi», e si vedono in lotta tra di loro perfino cristiani che fanno appello allo stesso Vangelo di amore. In seno alla Chiesa stessa, si manifestano incomprensioni tra fratelli che vicendevolmente si accusano e si condannano. Cosicché è più urgente che mai operare e pregare per la pace.

3. Un anniversario inoltre ci invita a far ciò con maggior confidenza, il quarto centenario della Bolla Consueverunt Romani Pontifices (Bull. Ord. Praed., t. V, p. 223, 17 settembre 1569), con la quale S. Pio V definiva la forma del Rosario ancora oggi in uso, in un’epoca di turbamenti per la Chiesa e il mondo. Fedeli a questa eredità così santa, da cui il popolo cristiano non ha mai cessato di attingere forza e coraggio, Noi esortiamo il clero e i fedeli a chiedere insistentemente a Dio per l’intercessione di Maria Vergine la pace e la riconciliazione fra tutti gli uomini e fra tutti i popoli.

PERCHÉ PREGARE MARIA PER LA PACE

1. La pace è certamente opera degli uomini. Bene comune di tutti, essa deve essere la preoccupazione costante di tutti, specialmente di coloro sui quali grava la responsabilità degli Stati e della comunità dei popoli. Ma chi non ha la sua parte di responsabilità in ciò che riguarda la vita e la pace di una famiglia, di unimpresa, di unassociazione? Nonostante numerose buone volontà, vi sono tanti interessi contrastanti, tante manifestazioni di egoismo, tanti aspri antagonismi, tante opposte rivalità. Chi non vede la necessità di unazione incessante da parte di ciascuno e di tutti,, affinché lamore trionfi sulle discordie e la pace sia instaurata nella città delluomo?

2. Ma la pace è anche opera di Dio. È Lui che ha infuso nei nostri cuori lardente desiderio della pace. È Lui che ci spinge a cooperarvi, ciascuno secondo la nostra parte, e che a tale scopo sostiene le nostre deboli energie e le nostre volontà vacillanti. È Lui solo che può donarci un animo pacifico e consolidare in profondità e stabilità i nostri sforzi di pace.

3. La preghiera con cui chiediamo il dono della pace è adunque un contributo insostituibile allinstaurazione della pace. È per mezzo di Cristo, nel quale ogni grazia ci è concessa (Cf. Rom. 8, 32), che noi possiamo disporci ad accogliere il dono della pace. E come non desidereremo di cercare sostegno lungo il nostro cammino nellintercessione incomparabile di Maria sua madre, di cui il Vangelo ci rivela che «ha trovato grazia davanti a Dio»? (Lc. 1, 30).

4. È l’umile Vergine di Nazareth che è diventata madre del «Principe della pace» (Is. 9, 5), di Colui che è nato sotto il segno della pace (Cf. Lc. 2, 14), e che ha proclamato in faccia al mondo: «Beati i pacifici, poiché saranno chiamati figli di Dio» (Mt. 5, 9).

Orbene il Vangelo ci insegna che Maria è sensibile ai bisogni degli uomini. A Cana, essa non esita ad intervenire per la gioia di abitanti di un villaggio invitati a nozze (Io. 2, 15). Come potrebbe non intervenire per la pace, per questo bene tosi prezioso, se noi sapremo invocarla con cuore sincero?

Il Concilio Vaticano II ce lha opportunamente ricordato: Maria continua ad intercedere presso il suo Figlio a favore dei suoi figli della terra (Costituzione dogmatica Lumen Gentium, n. 62). A Colei che gli rivolgeva queste semplici parole: «non hanno più vino», Cristo rispose generosamente. Come potrebbe non rispondere con la medesima larghezza a unaltra domanda: «non hanno la pace»?

LA NOSTRA PREGHIERA PER LA PACE

1. Se ciascuno «nella misura delle sue forze e possibilità», (Enciclica Populorum progressio, n. 75) ha il dovere di adoperarsi per la giustizia e la pace nel mondo, ogni cristiano avrà a cuore di domandare a Maria di pregare con noi e per noi, affinché venga a noi concessa questa pace che il Signore solamente può donarci (Orazione della Messa per la pace). Anzi, meditando i misteri del santo Rosario, noi impareremo, sullesempio di Maria, a diventare anime di pace, attraverso il contatto amoroso e incessante con Gesù e coi misteri della sua vita redentrice.

TUTTI

2. Preghino tutti i figli della Santa Chiesa.

- I bambini e i giovani, il cui avvenire è in gioco, nella trasformazione che sconvolge il mondo. Che i genitori e gli educatori, e tutti i sacerdoti, abbiano a cuore di fare di essi anime di preghiera.

- Gli ammalati e gli anziani, i quali talora si lasciano prendere dallo scoraggiamento nella loro apparente inutilità. Che essi riscoprano la forza potente della preghiera, e diverranno esseri amanti, che pacificamente attraggono alla sorgente della pace.

- Gli adulti, i quali faticano durante lintero giorno. I loro sforzi porteranno frutti maggiori, se promaneranno da una vita di preghiera (Cf. Lumen Gentium, n. 21). Diventando assidui cultori di Maria, essi conosceranno e ameranno meglio Gesù. Molti dei nostri padri nella fede ne hanno fatto la vivificante esperienza.

- Le anime consacrate, la cui vita, seguendo lesempio di Maria, dovrebbe essere sempre il più strettamente legata a quella di Cristo, come una irradiazione del suo messaggio di amore e di pace.

I vescovi e i sacerdoti, loro collaboratori. Essi hanno la missione particolare di «pregare in nome della Chiesa per tutto il popolo, a loro affidato, anzi per il mondo intero» (Cf. Decreto Presbyterorum ordinis sul ministero e la vita sacerdotale, n. 5). Come non dovrebbero essi raggiungere, nellintimo segreto della loro preghiera, la supplica di Maria?

- In questo desiderio ardente della pace, che è «frutto dello Spirito» (Gal. 5, 22), noi tutti, come gli apostoli nel cenacolo, saremo uniti «nella preghiera con Maria, Madre di Gesù» (Act. 1, 14).

PER TUTTI

3. Noi pregheremo per tutti coloro che fanno opera di pace nel mondo, dal più umile villaggio fino ai più grandi organismi internazionali. Oltre al nostro incoraggiamento e alla nostra riconoscenza, essi hanno altresì il diritto alla nostra preghiera. «Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di buone notizie, che annuncia la pace, che reca la felicità, che annuncia la salvezza» (Is. 52, 7).

- Pregheremo affinché si destino ovunque le vocazioni degli operatori di pace, degli operai della concordia e della riconciliazione fra gli uomini e fra i popoli. Pregheremo affinché da tutti i cuori, a cominciare dai nostri, siano estirpati settarismi e razzismi, odi e cattiverie, che sono la sorgente sempre rinascente delle guerre e delle divisioni. Perché se il male è potente, la grazia lo è di più.

- Pregheremo Colui che è morto per i nostri peccati, di «riunire nellunità i figli di Dio dispersi» (Io. 11, 52). Pregheremo affinché si instauri fra tutti i figli della Chiesa un clima di rispetto reciproco e fiducioso, di dialogo e di mutua benevolenza. Pregheremo affinché, riconoscendosi diversi, tutti si vedano complementari gli uni degli altri, nella verità e nella carità di Cristo, secondo lesortazione del grande apostolo Paolo: «Per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti gli uomini . . . Non. giudichiamoci dunque più gli uni gli altri . . . Il regno di Dio è . . . giustizia, pace, gioia nello Spirito Santo. Miriamo dunque a ciò che promuove la pace e ledificazione vicendevole» (Rom. 12, 18 e 14, 13, 17, 19).

BENEDIZIONE

1. Noi stessi, venerabili Fratelli e diletti figli, non cesseremo di lavorare e di pregare per la pace, perché siamo il Vicario di «Colui che è la nostra pace, nella sua persona ha ucciso lodio, ed è venuto a proclamare la pace» (Eph. 2, 14-15). Con l’apostolo Paolo, sotto il cui nome abbiamo voluto nascondere la Nostra piccolezza, Noi «vi esortiamo a condurre una vita degna della vocazione che avete ricevuto: con tutta umiltà e mansuetudine, con longanimità, sopportandovi caritatevolmente gli uni gli altri, studiandovi di conservare lunità dello spirito nel vincolo della pace» (Ibid. 4, 1-3).

2. Che la frequente meditazione dei misteri della nostra salvezza faccia di voi degli operatori di pace, conforme allimmagine di Cristo, allesempio di Maria. Che il Rosario, nella sua forma stabilita da San Pio V – come in quelle più recenti, che, col consenso della legittima autorità, lo adattano alle necessità odierne – sia veramente, secondo il desiderio del Nostro amato predecessore Giovanni XXIII, «una grande preghiera pubblica e universale, in faccia ai bisogni ordinari e straordinari della Chiesa santa, delle nazioni e del mondo intero» (Epist. Apost. «Il religioso convegno» del 29 settembre 1961, A.A.S., 53, 1961, p. 646), questo Rosario, che è «come una sintesi del Vangelo» (Cardinal J. SALIÈGE, Voilà ta Mère, pages mariales recueillies et présentées par Mgr Garrone, Toulouse, Apostolat de la prière, 1958, p. 40), è «ormai una devozione della Chiesa (Paolo VI, allocuzione del 13 luglio 1963 ai partecipanti al III Congresso Internazionale Domenicano del Rosario, Insegnamenti di Paolo VI, I, 1963, p. 464).

3. Per mezzo di questa preghiera a Maria, Madre Santissima di Dio e madre nostra, Noi contribuiremo a far adempiere il voto del Concilio: che «tutti i fedeli effondano insistenti preghiere alla Madre di Dio e degli uomini, perché Essa, che con le sue preghiere aiutò le primizie della Chiesa, anche ora, esaltata in cielo sopra tutti i Beati e gli Angeli, nella Comunione di tutti i Santi interceda presso il Figlio suo, finché tutte le famiglie dei popoli, sia quelle già insignite del nome cristiano, sia quelle che ancora ignorano il loro Salvatore, in pace e in concordia siano felicemente riunite in un solo Popolo di Dio, a gloria della Santissima e indivisibile Trinità» (Lumen Gentium, n. 69).

Con questa intenzione, venerabili Fratelli e diletti figli, mentre vi invitiamo a recitare con fervore il santo Rosario durante il mese di ottobre, Noi vi impartiamo di gran cuore la Nostra Apostolica Benedizione.

Publié dans:Papi |on 9 octobre, 2008 |Pas de commentaires »

Benedetto XVI e la relazione di San Paolo con il Gesù storico

dal sito: 

http://www.zenit.org/article-15681?l=italian

Benedetto XVI e la relazione di San Paolo con il Gesù storico

Catechesi all’Udienza generale del mercoledì

CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 8 ottobre 2008 (ZENIT.org).-Pubblichiamo il testo della catechesi tenuta da Benedetto XVI in occasione dell’Udienza generale del mercoledì svoltasi in piazza San Pietro, dove il Santo Padre ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.

Nel discorso in lingua italiana, continuando il ciclo di catechesi sulla figura di San Paolo, il Papa si è soffermato sul tema « La relazione con il Gesù storico« .

* * *

Cari fratelli e sorelle,

nelle ultime catechesi su san Paolo ho parlato del suo incontro con il Cristo risorto, che ha cambiato profondamente la sua vita, e poi della sua relazione con i dodici Apostoli chiamati da Gesù – particolarmente con Giacomo, Cefa e Giovanni – e della sua relazione con la Chiesa di Gerusalemme. Rimane adesso la questione su che cosa san Paolo ha saputo del Gesù terreno, della sua vita, dei suoi insegnamenti, della sua passione. Prima di entrare in questa questione, può essere utile tener presente che san Paolo stesso distingue due modi di conoscere Gesù e più in generale due modi di conoscere una persona. Scrive nella Seconda Lettera ai Corinzi: « Cosicché ormai noi non conosciamo più nessuno secondo la carne; e anche se abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo conosciamo più così » (5,16). Conoscere « secondo la carne », in modo carnale, vuol dire conoscere in modo solo esteriore, con criteri esteriori: si può aver visto una persona diverse volte, conoscerne quindi le fattezze ed i diversi dettagli del comportamento: come parla, come si muove, ecc. Tuttavia, pur conoscendo uno in questo modo, non lo si conosce realmente, non si conosce il nucleo della persona. Solo col cuore si conosce veramente una persona. Di fatto, i farisei e i sadducei hanno conosciuto Gesù in modo esteriore, hanno appreso il suo insegnamento, tanti dettagli su di lui, ma non lo hanno conosciuto nella sua verità. C’è una distinzione analoga in una parola di Gesù. Dopo la Trasfigurazione, egli chiede agli apostoli: « Che cosa dice la gente che io sia? » e « Chi dite voi che io sia? ». La gente lo conosce, ma superficialmente; sa diverse cose di lui, ma non lo ha realmente conosciuto. Invece i Dodici, grazie all’amicizia che chiama in causa il cuore, hanno almeno capito nella sostanza e cominciato a conoscere chi è Gesù. Anche oggi esiste questo diverso modo di conoscenza: ci sono persone dotte che conoscono Gesù nei suoi molti dettagli e persone semplici che non hanno conoscenza di questi dettagli, ma lo hanno conosciuto nella sua verità: « il cuore parla al cuore ». E Paolo vuol dire essenzialmente di conoscere Gesù così, col cuore, e di conoscere in questo modo essenzialmente la persona nella sua verità; e poi, in un secondo momento, di conoscerne i dettagli.

Detto questo rimane tuttavia la questione: che cosa ha saputo san Paolo della vita concreta, delle parole, della passione, dei miracoli di Gesù? Sembra accertato che non lo abbia incontrato durante la sua vita terrena. Tramite gli Apostoli e la Chiesa nascente ha sicuramente conosciuto anche dettagli sulla vita terrena di Gesù. Nelle sue Lettere possiamo trovare tre forme di riferimento al Gesù pre-pasquale. In primo luogo, ci sono riferimenti espliciti e diretti. Paolo parla della ascendenza davidica di Gesù (cfr Rm 1,3), conosce l’esistenza di suoi « fratelli » o consanguinei (1 Cor 9,5; Gal 1,19), conosce lo svolgimento dell’Ultima Cena (cfr 1 Cor 11,23), conosce altre parole di Gesù, per esempio circa l’indissolubilità del matrimonio (cfr 1 Cor 7,10 con Mc 10,11-12), circa la necessità che chi annuncia il Vangelo sia mantenuto dalla comunità in quanto l’operaio è degno della sua mercede (cfr 1 Cor 9,14 con Lc 10,7); Paolo conosce le parole pronunciate da Gesù nell’Ultima Cena (cfr 1 Cor 11,24-25 con Lc 22,19-20) e conosce anche la croce di Gesù. Questi sono riferimenti diretti a parole e fatti della vita di Gesù.

In secondo luogo, possiamo intravedere in alcune frasi delle Lettere paoline varie allusioni alla tradizione attestata nei Vangeli sinottici. Per esempio, le parole che leggiamo nella prima Lettera ai Tessalonicesi, secondo cui « come un ladro di notte così verrà il giorno del Signore » (5,2), non si spiegherebbero con un rimando alle profezie veterotestamentarie, poiché il paragone del ladro notturno si trova solo nel Vangelo di Matteo e di Luca, quindi è preso proprio dalla tradizione sinottica. Così, quando leggiamo che « Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto… » (1 Cor 1,27-28), si sente l’eco fedele dell’insegnamento di Gesù sui semplici e sui poveri (cfr Mt 5,3; 11,25; 19,30). Vi sono poi le parole pronunciate da Gesù nel giubilo messianico: « Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli ». Paolo sa – è la sua esperienza missionaria – come siano vere queste parole, che cioè proprio i semplici hanno il cuore aperto alla conoscenza di Gesù. Anche l’accenno all’obbedienza di Gesù « fino alla morte », che si legge in Fil 2,8 non può non richiamare la totale disponibilità del Gesù terreno a compiere la volontà del Padre suo (cfr Mc 3,35; Gv 4,34) Paolo dunque conosce la passione di Gesù, la sua croce, il modo in cui egli ha vissuto i momenti ultimi della sua vita. La croce di Gesù e la tradizione su questo evento della croce sta al centro del Kerygma paolino. Un altro pilastro della vita di Gesù conosciuto da san Paolo è il Discorso della Montagna, del quale cita alcuni elementi quasi alla lettera, quando scrive ai Romani: « Amatevi gli uni gli altri… Benedite coloro che vi perseguitano… Vivete in pace con tutti… Vinci il male con il bene… ». Quindi nelle sue Lettere c’è un riflesso fedele del Discorso della Montagna (cfr Mt 5-7).

Infine, è possibile riscontrare un terzo modo di presenza delle parole di Gesù nelle Lettere di Paolo: è quando egli opera una forma di trasposizione della tradizione pre-pasquale alla situazione dopo la Pasqua. Un caso tipico è il tema del Regno di Dio. Esso sta sicuramente al centro della predicazione del Gesù storico (cfr Mt 3,2; Mc 1,15; Lc 4,43). In Paolo si può rilevare una trasposizione di questa tematica, perché dopo la risurrezione è evidente che Gesù in persona, il Risorto, è il Regno di Dio. Il Regno pertanto arriva laddove sta arrivando Gesù. E così necessariamente il tema del Regno di Dio, in cui era anticipato il mistero di Gesù, si trasforma in cristologia. Tuttavia, le stesse disposizioni richieste da Gesù per entrare nel Regno di Dio valgono esattamene per Paolo a proposito della giustificazione mediante la fede: tanto l’ingresso nel Regno quanto la giustificazione richiedono un atteggiamento di grande umiltà e disponibilità, libera da presunzioni, per accogliere la grazia di Dio. Per esempio, la parabola del fariseo e del pubblicano (cfr Lc 18,9-14) impartisce un insegnamento che si trova tale e quale in Paolo, quando insiste sulla doverosa esclusione di ogni vanto nei confronti di Dio. Anche le frasi di Gesù sui pubblicani e le prostitute, più disponibili dei farisei ad accogliere il Vangelo (cfr Mt 21,31; Lc 7,36-50), e le sue scelte di condivisione della mensa con loro (cfr Mt 9,10-13; Lc 15,1-2) trovano pieno riscontro nella dottrina di Paolo sull’amore misericordioso di Dio verso i peccatori (cfr Rm 5,8-10; e anche Ef 2,3-5). Così il tema del Regno di Dio viene riproposto in forma nuova, ma sempre in piena fedeltà alla tradizione del Gesù storico.

Un altro esempio di trasformazione fedele del nucleo dottrinale inteso da Gesù si trova nei « titoli » a lui riferiti. Prima di Pasqua egli stesso si qualifica come Figlio dell’uomo; dopo la Pasqua diventa evidente che il Figlio dell’uomo è anche il Figlio di Dio. Pertanto il titolo preferito da Paolo per qualificare Gesù è Kýrios, « Signore » (cfr Fil 2,9-11), che indica la divinità di Gesù. Il Signore Gesù, con questo titolo, appare nella piena luce della risurrezione. Sul Monte degli Ulivi, nel momento dell’estrema angoscia di Gesù (cfr Mc 14,36), i discepoli prima di addormentarsi avevano udito come egli parlava col Padre e lo chiamava « Abbà – Padre ». E’ una parola molto familiare equivalente al nostro « papà », usata solo da bambini in comunione col loro padre. Fino a quel momento era indispensabile che un ebreo usasse una simile parola per rivolgersi a Dio; ma Gesù, essendo vero figlio, in questa ora di intimità parla così e dice: « Abbà, Padre ». Nelle Lettere di san Paolo ai Romani e ai Galati sorprendentemente questa parola « Abbà », che esprime l’esclusività della figliolanza di Gesù, appare sulla bocca dei battezzati (cfr Rm 8,15; Gal 4,6), perché hanno ricevuto lo « Spirito del Figlio » e adesso portano in sé tale Spirito e possono parlare come Gesù e con Gesù da veri figli al loro Padre, possono dire « Abbà » perché sono divenuti figli nel Figlio.

E finalmente vorrei accennare alla dimensione salvifica della morte di Gesù, quale noi troviamo nel detto evangelico secondo cui « il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti » (Mc 10,45; Mt 20,28). Il riflesso fedele di questa parola di Gesù appare nella dottrina paolina sulla morte di Gesù come riscatto (cfr 1 Cor 6,20), come redenzione (cfr Rm 3,24), come liberazione (cfr Gal 5,1) e come riconciliazione (cfr Rm 5,10; 2 Cor 5,18-20). Qui sta il centro della teologia paolina, che si basa su questa parola di Gesù.

In conclusione, san Paolo non pensa a Gesù in veste di storico, come a una persona del passato. Conosce certamente la grande tradizione sulla vita, le parole, la morte e la risurrezione di Gesù, ma non tratta tutto ciò come cosa del passato; lo propone come realtà del Gesù vivo. Le parole e le azioni di Gesù per Paolo non appartengono al tempo storico, al passato. Gesù vive adesso e parla adesso con noi e vive per noi. Questo è il modo vero di conoscere Gesù e di accogliere la tradizione su di lui. Dobbiamo anche noi imparare a conoscere Gesù non secondo la carne, come una persona del passato, ma come il nostro Signore e Fratello, che è oggi con noi e ci mostra come vivere e come morire.

Publié dans:Papa Benedetto XVI, San Paolo, ZENITH |on 9 octobre, 2008 |Pas de commentaires »

buona notte

buona notte dans immagini buon...notte, giorno

http://www.morguefile.com/archive/?display=119715&

Publié dans:immagini buon...notte, giorno |on 9 octobre, 2008 |Pas de commentaires »

Rabano Mauro : « Si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono »

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/www/main.php?language=FR&localTime=10/09/2008#

Rabano Mauro (circa 784-856), abate benedettino e vescovo
Tre libri a Bonose, libro 3,4 ; PL 112, 1306

« Si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono »

Non devi mancare di fiducia in Dio né disperare della sua misericordia… Canta al Signore queste parole del Profeta: « Ecco, come gli occhi dei servi alla mano dei loro padroni, come gli occhi della schiava, alla mano della sua padrona, così i nostri occhi sono rivolti al Signore nostro Dio, finché abbia pietà di noi. Pietà di noi, Signore, pietà di noi, noi siamo troppo sazi del disprezzo dei superbi» (Sal 122,2-3)… Se siamo sazi del disprezzo a causa dei nostri molti peccati, i nostri occhi devono tuttavia rimanere rivolti al Signore nostro Dio finché non abbia pietà di noi, e non dobbiamo cessare di supplicarlo finché non ci doni il perdono delle nostre colpe. Infatti, spetta all’anima costante e tenace di non distogliersi mai dalla perseveranza nella preghiera per disperazione di venire esaudita; le occorre invece persistere instancabilmente in questa preghiera finché Dio non le usi misericordia.

Perché tu non venga a pensare che offendi il Signore persistendo con le tue preghiere mentre non meriti di essere ascoltato, ricordati la parabola del Vangelo. Vi scoprirai che coloro che pregano Dio con una perseveranza importuna, non gli sono spiacevoli. Viene detto infatti: «Se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono, almeno per la sua insistenza». Capisci dunque che è il diavolo a suggerirti di disperare di venire esaudito, affinché ti sia tolta questa speranza nella bontà di Dio, che è l’ancora della nostra salvezza, il fondamento della nostra vita, la guida sul cammino che conduce al cielo. Lo dice l’apostolo Paolo: «Nella speranza noi siamo stati salvati» (Rm 8,24).

PUERI CANTORES SACRE' ... |
FIER D'ÊTRE CHRETIEN EN 2010 |
Annonce des évènements à ve... |
Unblog.fr | Annuaire | Signaler un abus | Vie et Bible
| Free Life
| elmuslima31