San Callisto Papa

dal sito:
http://www.santiebeati.it/dettaglio/29550
+San Callisto I Papa
14 ottobre – Memoria Facoltativa
m. 222
(Papa dal 217 al 222)
Ebbe molti avversari tra i cristiani dissidenti di Roma, e proprio da uno scritto del capo di questi cristiani separati, un antipapa, abbiamo quasi tutte le notizie sul suo conto, presentate però in modo tendenzioso. Vi si legge che, prima di diventare papa, era stato schiavo e frodatore. Fuggito in Portogallo, venne arrestato e ricondotto a Roma, dove subì una condanna ai lavori forzati nelle miniere della Sardegna. Tornato a Roma in occasione di un’amnistia, venne inviato ad Anzio. Papa Zeffirino, però, lo richiamò a Roma, affidandogli la cura dei cimiteri della Chiesa. Iniziò così lo scavo del grande sepolcreto lungo la via Appia che porta il suo nome. Alla morte di Zeffirino, Callisto venne eletto papa. Ma il suo pontificato attirò le inimicizie di un’ala della comunità cristiana di Roma che lo accusò, falsamente, di eresia. Il riscatto definitivo su questa figura controversa venne dal suo martirio. Callisto, infatti, fu gettato in un pozzo di Trastevere, forse in una sommossa popolare contro i cristiani nel 222. (Avvenire)
Etimologia: Callisto = il più bello, bellissimo, dal greco
Martirologio Romano: San Callisto I, papa, martire: da diacono, dopo un lungo esilio in Sardegna, si prese cura del cimitero sulla via Appia noto sotto il suo nome, dove raccolse le vestigia dei martiri a futura venerazione dei posteri; eletto poi papa promosse la retta dottrina e riconciliò con benevolenza i lapsi, coronando infine il suo operoso episcopato con un luminoso martirio. In questo giorno si commemaora la deposizione del suo corpo nel cimitero di Calepodio a Roma sulla via Aurelia.
A Roma sono famose le Catacombe di San Callisto, lungo la via Appia. Tra i molti cimiteri sotterranei dell’Urbe, quelle di San Callisto sono le Catacombe più note e più frequentate, celebri soprattutto per la cosiddetta » Cripta dei Papi « .
Ma tra i moltissimi Martiri e i Pontefici deposti ivi questo sepolcreto, inutilmente si cercherebbe il corpo del Santo dal quale le Catacombe lungo la via Appia hanno preso il nome, e che è segnato oggi sul Calendario universale della Chiesa, onorato come » Martire « .
La sorte di questo Santo, Pontefice agli inizi del III secolo, è stata veramente strana. Egli ebbe, ai suoi tempi, molti avversari tra i cristiani dissidenti di Roma, e proprio da uno scritto del capo di questi cristiani separati, cioè di un Antipapa, abbiamo quasi tutte le notizie sul conto di San Callisto. Sono, naturalmente, notizie che tendono a farlo apparire riprovevole e quasi odioso.
San Callisto viene detto, per esempio, » uomo industrioso per il male e pieno di risorse per l’errore « . Vi si legge che, prima di diventare Papa, era stato schiavo, frodatore di un padrone troppo ingenuo, finanziere improvvisato e bancarottiere più o meno fraudolento. Fuggito in Portogallo, venne arrestato e ricondotto a Roma, dove subì una condanna ai lavori forzati, nelle miniere della Sardegna. Tornato a Roma in occasione di un’amnistia, venne inviato ad Anzio perché – sempre secondo il racconto tendenzioso del suo avversario – il Papa non volle averlo d’intorno. Ma la lunga permanenza ad Anzio dovette riscattare l’antico schiavo dai suoi difetti, se mai ne ebbe, perché un altro Papa, Zeffirino, lo richiamò a Roma, affidando alla sua intraprendenza la cura dei cimiteri della Chiesa. Fu allora che Callisto iniziò lo scavo dei grande sepolcreto lungo la via Appia che doveva portare il suo nome.
Alla morte di Zeffirino, Callisto passò dalla cura dei morti a quella dei vivi, essendo eletto Papa egli stesso. E fu proprio allora, come Papa, che il reduce dalle miniere della Sardegna e dall’ » esilio » di Anzio, si attirò le recriminazioni di certi cristiani troppo ligi alla tradizione, troppo rigidi nella morale, troppo retrivi alle novità.
Fu accusato di eresia, nella formulazione del mistero della Trinità, che invece Callisto sosteneva secondo la tradizione ortodossa, confermata poi dai concili. Venne incolpato, inoltre, di scarso zelo mentre, in tempi di rilassatezza, istituì il digiuno delle Quattro Tempora.
Gli fu rimproverato soprattutto il » lassismo « , cioè la scarsa severità disciplinare. Accoglieva infatti nella Chiesa i peccatori pentiti e . cristiani che debolmente avevano difeso la loro fede in tempo di pericolo.
Ma qualsiasi ombra gravasse sulla vita di San Callisto, venne riscattata alla sua morte, che fu morte di Martire, nel 222. Gettato in un pozzo di Trastevere, forse in una sommossa popolare, il suo corpo venne deposto di là dal fiume, lungo la via Aurelia, lontano dalle Catacombe da lui aperte lungo la via Appia, che di San Callisto conservano il nome ma non le reliquie.
Fonte: Archivio Parrocchia
dal sito:
http://www.zenit.org/article-15744?l=italian
La liturgia per S. Paolo: mettersi al servizio del progetto di Dio
Afferma padre Carlos Gustavo Haas
di Alexandre Ribeiro
SAN PAOLO, lunedì, 13 ottobre 2008 (ZENIT.org).- Per San Paolo, “la liturgia che è realmente gradita a Dio è porci interamente al servizio del progetto divino, vissuto da Gesù, il Figlio di Dio”, ha spiegato il responsabile per la liturgia della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile (CNBB).
In una conferenza durante la Settimana Teologica dell’Istituto di Teologia e Filosofia Santa Teresina della Diocesi di São José dos Campos (Brasile), due settimane fa, padre Carlos Gustavo Haas ha parlato dell’influenza della teologia paolina nella liturgia.
All’inizio del suo intervento, il sacerdote ha ricordato l’epistemologia del termine liturgia, derivante dal greco “leitourgía”, che può essere inteso come “servizio pubblico”, citando poi la definizione della costituzione sulla Sacra Liturgia del Concilio Vaticano II Sacrosanctum Concilium, che afferma che la liturgia è considerata “l’esercizio della funzione sacerdotale di Gesù Cristo”.
“Paolo usa la parola ‘liturgia’ per parlare di prestazione di servizio. Per questo, per lui, la parola liturgia implica impegno sociale, impegno con la vita, con la carità. In Gesù Cristo, ciò che vale è la fede che agisce per amore”, ha spiegato il sacerdote.
Paolo afferma che Dio gli ha dato la grazia di essere “liturgo” o “ministro di Gesù Cristo presso i pagani”, prestando un servizio sacerdotale al Vangelo di Dio.Secondo padre Haas, oltre alle considerazioni sul significato della liturgia come servizio, San Paolo apporta un grande contributo a ciò che si intende per culto spirituale.
In Romani 12, egli afferma: “Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a presentare i vostri corpi in sacrificio vivente, santo, gradito a Dio; questo è il vostro culto spirituale”.
“Per Paolo, la liturgia che è realmente gradita a Dio è porci interamente al servizio del progetto divino, vissuto da Gesù, il Figlio di Dio”, sottolinea.
“E’ molto facile vivere una liturgia del tempio, una liturgia della Chiesa solo come tempio. Ma è molto difficile fare della nostra vita un’ostia viva, santa, gradita a Dio”, ha ammesso.
Il responsabile della CNBB ha spiegato che il termine “culto” ha una radice latina che significa “coltivare”. “Cosa significa dare culto a Dio?”, ha chiesto. Significa “coltivare quotidianamente, nella celebrazione e nella vita, ciò che Dio è Il culto spirituale come impegno, su esempio di Gesù”.
“Molte Messe, battesimi e matrimoni sono stati e ancora sono opportunità più per giustificare gli schemi di questo mondo che per coltivare la volontà di Dio”.
“A volte si coltiva ciò che vogliamo, ciò che desideriamo, ciò che pensiamo, e non coltiviamo, non prestiamo il culto a Dio. Anziché servire Dio, ci serviamo di Dio. E’ questo l’avvertimento che San Paolo ci può lasciare”, ha osservato.
Per padre Haas, la liturgia deve “portarci a fare proprio ciò che Paolo ha detto in Galati 4: far sì che Cristo si formi in noi, in me, in te, in noi”.
L’Anno Liturgico è questo, “un modo fantastico perché la gente coltivi i sentimenti di Gesù Cristo che vengono celebrati” durante questo periodo.
“La Chiesa non ha un calendario liturgico, ha l’Anno Liturgico, che è un itinerario che la gente segue domenica dopo domenica, settimana dopo settimana coltivando quella Parola, e questa penetra, trasforma la vita della gente”.
“Non è devozione; è coltivare, perché possiamo diventare ostie vive, sante, gradite a Dio; questo è la liturgia, non è ritualismo. C’è bisogno di rito, di una ritualità, ma non di ritualismo. Non è devozione, è celebrazione”, ha sottolineato.
Nel contesto del Sinodo sulla Parola di Dio, padre Haas ha affermato che è necessario ascoltare la Parola con il cuore.
Per questo, sostiene, “abbiamo bisogno di silenzio. Non solo il silenzio della bocca, ma il silenzio degli occhi, delle orecchie, del cuore, del nostro corpo. Viviamo in un mondo molto rumoroso. Abbiamo Messe così rumorose…”.
“Questa esperienza umana di accogliere, ascoltare, comprendere, obbedire alla Parola è fondamentale per tutti noi”.
Padre Haas ha quindi sottolineato che la Parola non è un semplice messaggio. “Ho sentito tante persone dire: ‘il messaggio del Vangelo di oggi…’. La Parola non è un messaggio, è la verità, è la vita, è Cristo. La Parola è un avvenimento”.
[Traduzione dal portoghese di Roberta Sciamplicotti]
dal sito:
http://www.levangileauquotidien.org/www/main.php?language=FR&localTime=10/14/2008#
Sant’Ambrogio (circa 340-397), vescovo di Milano e dottore della Chiesa
Commento sul vangelo di Luca 7, 100-102 ; SC 52, 44
« Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno ? »
«Voi farisei purificate l’esterno della coppa e del piatto». Lo vedete, i nostri corpi sono designati qui coi nomi di oggetti di terra cotta e fragili, che una semplice caduta può spezzare. E i sentimenti intimi dell’animo sono designati con le espressioni e i gesti del corpo, come ciò che è racchiuso all’interno della coppa si fa vedere fuori… Vedete dunque che non l’esterno della coppa o del piatto ci rende impuri, ma l’interno.
Come un buon maestro, Gesù ci ha insegnato come si devono purificare le macchie del nostro corpo, dicendo: «Piuttosto date in elemosina quel che c’è dentro, ed ecco, tutto per voi sarà mondo». Vedete quanti sono i rimedi! La misericordia ci purifica. La parola di Dio ci purifica, come sta scritto: «Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato» (Gv 15, 3)…
È l’inizio di un bellissimo passaggio. Il Signore ci invita a cercare la semplicità e a non applicarci a ciò che è superfluo e terra terra. I farisei, a causa della loro fragilità, sono paragonati, e non senza ragione, alla coppa e al piatto: osservano regole provviste di alcuna utilità per noi, mentre trascurano quelle nelle quali sta il frutto della nostra speranza. Fanno dunque uno sbaglio madornale, nel disprezzare ciò che è il migliore. Eppure il perdono è promesso anche a questa colpa, se viene coperta dalla misericordia dell’elemosina.