LIBERATI PER RESTARE LIBERI – GALATI 5,1-26
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LIBERATI PER RESTARE LIBERI – GALATI 5,1-26
CAMMINO DI SPRITUALITÀ 2012/2013 – DOMENICA 17 FEBBRAIO
La fede, il cammino di fede è un cammino di libertà. Nella Bibbia la libertà è sempre una questione di relazione liberi da…, liberi per… forse poco si è considerato che le Scritture sono un grande messaggio di libertà, di liberazione. Nella libertà l’uomo si mostra immagine di Dio, si sottrae alla schiavitù degli idoli; questa libertà ci è data solo da Cristo, è la “libertà per la quale Cristo ci ha liberati” (Gal 5,1). E’ una libertà che è liberazione da ogni legalismo, da ogni intolleranza, da ogni assolutismo. La comunità del Signore se non vuole contrastare lo Spirito deve assecondare questa libertà che nasce dall’ascolto obbediente di una vita filiale autentica. Leggiamo ora il testo: davvero Dio è la libertà dell’uomo, è Dio l’amore dell’uomo e l’uomo è immagine di Dio quando è persona, è amore e libertà.
Paolo è estremamente attento a riflettere e ad annunciare libertà. Nei testi del N. T il sostantivo eleutheria è usato 16 volte da Paolo (su 23) .
E’ la grande sfida che Paolo porta nell’esperienza apostolica. Contestato, Paolo rivendica la sua completa ed esclusiva dipendenza da Dio: è la sua azione libera e gratuita che guida la storia della salvezza. “Apostolo non da uomini, né per mezzo di uomo, ma per mezzo di Gesù Cristo e di Dio Padre (Gal 1,1; cfr 1 Cor 1,1).
Questo brano di Paolo riprende e conclude il tema precedentemente trattato della libertà cristiana dalla legge e fa da ponte di passaggio alla parte esortativa della Chiesa. Paolo ha di fronte forti opposizioni e contrasti. E Paolo, di fronte ai tentativi di compromesso tra fede cristiana e legalismo giudaico, reagisce opponendo un netto out- out. Si tratta di scegliere tra circoncisione–legge e Cristo-fede. I Galati avvertono che Cristo porta una novità radicale, che è in rottura con la prativa giudaica imposta. Si pensi che i giudaizzanti premevano nel dire che la circoncisione era segno dell’elezione del popolo di Dio e non se ne poteva fare a meno.
Paolo reagisce con radicalità perché vi è in gioco una questione di principio che è quello di non rinnegare l’esclusivo ruolo salvifico di Cristo morto e risorto (v. 2.36); interpreta il cristianesimo in chiave di gratuità e di dono (cfr v. 4).
Come si avverte questo richiamo teologico di Paolo è di estrema attualità.
Il v. 1 ha valore programmatico perché si dichiara che Gesù è il protagonista di questo evento di liberazione (cfr Gal 3,13 : 4,5). Il fine del gesto di dedizione totale del crocefisso è “per una vita di libertà”. Ecco perché vi è un forte richiamo a vivere un’esistenza libera. La fede in Gesù Cristo fa compiere l’esodo dalla terra di schiavitù e in Gesù ci è consegnata la responsabilità di vivere da uomini liberi, di costruire una storia nuova.
Il nostro esodo dalla schiavitù si è realizzato come grazia nel battesimo (3.27) perché lì ci si è immersi in Cristo morto e risorto, godendo del dono di un ‘esistenza libera e che annuncia che la fede è un evento di liberazione. Si noti che non è un punto di arrivo per Paolo, ma un punto di partenza. Ci rende responsabili personalmente e nella storia che viviamo. Non possiamo fare altro che custodire la libertà interiore che è la gioia della gratuità, del non possedere e dell’essere totalmente dedicati a questa novità, toccando nella storia che si vive questa passione di libertà.
Paolo invita alla vigilanza, cioè di non ricadere nel passato; la libertà interiore chiede di non ritornare agli idoli, a qualsiasi forma di idolatria.
Si noti che la libertà era un grande ideale politico delle città greche; lo stoicismo l’aveva anche trasferita sul piano esistenziale, con un ascetismo personale. Paolo la inserisce nel suo sistema teologico: la fede è il dono della salvezza donata da Dio per mezzo di Gesù Cristo. Potremmo dire che la fede è il dono della salvezza in Cristo, è esperienza di libertà. Paolo contrasta il legalismo giudaico. Per noi è offerto una sguardo di libertà che ci indica un orizzonte di pienezza di vita che lasci alle spalle qualsiasi dominio del peccato. Accogliere la libertà significa convertirci. La libertà è più profonda di noi stessi, potremmo dire. E’ una scelta che attraversa contrasto e lotte. Cristo si è consegnato alla morte “per strapparci al malvagio mondo presente” (v1,4).
E’ un esodo radicale da un’esistenza fondata su se stessi e su un falso sentimento di onnipotenza, di bastare a se stessi. Si respira libertà in una vita qualificata dalla logica dell’accoglienza del dono reciproco, della “fede operante mediante l’amore” (v. 6).
Un teologo protestante Barth, commentando la lettera ai Romani dice “Il Vangelo ci annuncia la trasformazione della nostra creaturalità in libertà” . Libertà che solo un Padre Vero può fondare e suscitare. La resurrezione attesta l’eccesso gratuito e appassionato dell’amore di Dio. La crocefissione è una tortura, il segno universale di come il male, quando si afferma, sottopone alla storia l’essere umano e le creature. Il male può catturare, torturare, mandare a morte la vita creata e il Figlio stesso di Dio ma non può cancellare né l’uno, né l’altro.
Il mistero pasquale è un evento che ci riguarda in profondità. La fede è questo sentirci raggiunti da questa radicalità. Bonhoffer afferma: “Solo quando si conosce l’impronunciabilità del nome di Dio si può anche pronunciare finalmente il nome di Gesù Cristo, solo quando si amano la vita e la terra, al punto tale che sembra che con esse tutto sia perduto e finito, si può credere alla risurrezione dei morti e a un mondo nuovo”.
Paolo in questa lettera dice che i credenti liberi dalla legge si aspettano il compimento ultimo della salvezza mossi dallo Spirito e grazie alla fede (v. 59).
Questo è l’unico passo paolino in cui la giustificazione appare oggetto di speranza finale. Vuol dire che la libertà è avvertita anche come attesa, che mette in tensione positiva il presente con il futuro. Affidarsi al dinamismo dello Spirito significa essere trascinati in una speranza di cui si intravvedono i segni. Paolo, nell’inno alla carità ,dirà appunto fede, speranza e carità. E il futuro escatologico, il compimento finale è la carità, questo amore che non ha di fronte la morte, vinta per sempre.Ecco perché di fronte a questo scenario diventa insignificante il fatto di essere circoncisi o no, il ritualismo legalista; per la vita ultima non ha nessun peso essere circoncisi o no, conta solo “la fede operante mediante l’amore”. Fede non è un assenso intellettuale, ma un’adesione che coinvolge la vita, le imprime orientamento operativo. La fede genera comportamenti e gesti di amore, é un’energia creatrice. Insomma, le fede non è un sentimento consolatorio, imprime un dinamismo di libertà, è operosa. Dire che la fede è dono non sollecita un atteggiamento passivo ed essa va accolta e contemplata. Ci apre a un nuovo campo di azione, si traduce in opera di amore. “Per mezzo dell’amore mettetevi gli uni a servizio degli altri” (5,14).
Il contrasto è tra chi opera chiuso in se stesso o per propri tornaconti e chi invece si rapporta agli altri nella logica del dono e del disinteresse (5,13-6,10). Paolo non è tra i difensori del quietismo spirituale. Ma va detto che l’operosità non è accanto al credere, ma esprime la nostra esistenza di fede.
La Chiesa operosa deve vivere di questa profezia. I vv 7-12 si applicano alla Chiesa dei Galati e Paolo si esprime con una concretezza senza mezzi termini. Vi sono ricordi del passato, del presente, riferimenti oppositori, espressioni fiduciose, invettive. Vi è una dimostrazione del modo personale con cui Paolo vive la crisi. I Galati erano incamminati bene ma ad un certo punto sorge un intoppo. Non è certamente opera di Dio che li ha chiamati a libertà (v. 13), ma per opera di imbonitori da non prendere alla leggera perché la loro azione è corrosiva. Non va sottovalutata e capita che questi versetti contengano un’attualità anche per noi. Paolo non gira attorno ai problemi perché ha un grande amore per la comunità e si sente apostolo e guida proprio in nome del Vangelo Saranno pochi questi oppositori, ma non vanno sottovalutati. Appare comunque fiducioso (v. 10) , anche perché il Signore che non fa mancare il suo aiuto, ma contrasta decisamente gli oppositori, non elude il conflitto. Il suo amore per la comunità non lo fa tacere e per questo usa toni accesi (vv. 11-12), proprio perché quegli oppositori vorrebbero annullare la scandalosa iniziativa di Dio di offrire all’umanità la salvezza che è Cristo maledetto dalla Legge. E’ una scandalosa novità rivelata dalla fiducia di Gesù. Per questo sono nemici della Croce di Cristo “che vadano a farsi castrare”. Frase durissima, se si tiene conto che la castrazione era impedimento alla partecipazione al popolo di Dio. (Deut. 23,2),. Insomma, equivale a una scomunica. Ma anche si smitizza il segno dell’appartenenza al popolo di dio dell’A.T.
E a questo punto Paolo si pone da pedagogo un problema vero “senza legge come si fa?”. Non vuole che venga interpretato, la sua teologia della libertà in chiave libertinistica. Non si promuove uno spontaneismo selvaggio e incontrollato? Non si erge a norma il capriccio personale? Non si riduce tutto “ciascuno fa quello che gli piace?” non si permette così il dominio della carne, cioè dell’egocentrismo e della sfrenata ricerca di se stessi e del proprio tornaconto? Sono interrogativi anche questi di grande rilevanza proprio perché Paolo ha superato il legalismo religioso, proprio perché Paolo ha superato illegalismo sviluppa una lotta contro la degenerazione antinomistica della libertà cristiana.
Coniuga libertà e amore. Il credente è stato liberato da Cristo e reso libero di amare (5,13 -15). E’ il dinamismo operativo suscitato dalla fede che contrasta lo spirito della carne che fa ripiegare su se stessi. E’ dunque l’operare nel gratuito che respinge gli impulsi negativi ed egoistici. Paolo, da grande educatore nella fede, sviluppa l’antitesi Spirito-carne (5,16-25).
Il Vangelo paolino significa libertà di amare, capacità di donarsi e accogliere il dono degli altri. E’ un evento di liberazione per grazia che impegna in un cammino di persone libere. La libertà di amare poggia sulla liberazione dalla chiusura in se stessi. La libertà cristiana è un servizio reso per amare non oppressivo. Si tratta di accogliere questi versetti come esortazione precisa anche per il nostro cammino quaresimale. Per Paolo, a differenza degli stoici, è un essere liberi per gli altri, non vivendo come individui autosufficienti. Ma forse conviene che ciascuno di noi abbia la forza e la gioia di iniziare un cammino quaresimale individuando un programma di vita spirituale concreto come Paolo ha fatto con i Galati. La nuova vita dei credenti, che nel battesimo e per la fede hanno partecipato all’essere di Cristo morto e risorto, passa attraverso anche la morte e la rinuncia “Ora chi appartiene a Cristo ha crocefisso la carne con le sue passioni e concupiscenze”.
”Se viviamo animati dallo spirito dobbiamo seguire lo spirito”.
Il cammino quaresimale inizia.
don Virginio Colmegna

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