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« Vi do un comandamento nuovo »

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SESTA DOMENICA DI PASQUA – ANNO B – IL NUOVO COMANDAMENTO

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SESTA DOMENICA DI PASQUA – ANNO B – IL NUOVO COMANDAMENTO

Carissimi fratelli e sorelle,

siamo giunti alla sesta Domenica di Pasqua e siamo accompagnati, come sempre in questo tempo, da Giovanni, Apostolo ed Evangelista, che ci illumina con il suo Vangelo. Oggi continuiamo la lettura del capitolo 15 iniziato domenica scorsa con l’allegoria della “Vera Vite e dei suoi tralci” e della sua Lettera dell’Amore. Nelle poche righe che abbiamo ascoltato, Giovanni, tra Vangelo e Lettera, ha ripetuto 18 volte la parola “amore” o il verbo “amare”, invitandoci così a rimanere nel Suo amore. La nostra riflessione odierna non può quindi non essere orientata da questo amore approfondendo così anche quanto abbiamo detto nelle domeniche passate su questo argomento (e non è stato poco!)
Nella prima lettura abbiamo ascoltato il racconto di come Pietro comprende che la nuova realtà della Chiesa fondata dal Risorto è qualcosa non di riservato a qualcuno, popolo o gruppo, bensì Essa è aperta ad ogni uomo. Sappiamo come questa apertura al mondo pagano sia stata tanto sofferta e combattuta negli inizi della cristianità, si tratta del passaggio dal Vecchio al Nuovo Testamento.
Oggi vogliamo chiederci, di fronte a questa parola così ripetuta da Giovanni qual è l’originalità cristiana del comandamento dell’amore in confronto a quell’amore che veniva comandato dal Vecchio Testamento. Infatti tutte le leggi e i comandamenti del Vecchio Testamento, sappiamo bene, potevano e possono essere riassunte semplicemente ed efficacemente da quell’unico riassuntivo: « Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso » – Lc 10,27.
Gesù è venuto poi non per abolire la Vecchia Legge di Dio: “Non son venuto per abolire, ma per dare compimento” – Mt 5,17. Gesù è venuto per dare “compimento”, cioè realizzazione piena di quelle indicazioni amorose del Padre per i suoi figli che sono espresse nei suoi Dieci Comandamenti.
I Dieci Comandamenti erano la base costitutiva del vecchio popolo di Dio che si riconosceva come tale in quanto viveva quelle norme ricevute da Dio. Vivere i comandamenti di Dio per il popolo ebreo non era semplicemente un’osservanza giuridica esteriore, era un fatto d’amore. Con Dio aveva infatti un rapporto di amore: era stato scelto da Dio, amato da Dio e doveva rispondere a questo amore. Il Signore stesso attraverso Mosè propone al popolo quest’Alleanza libera d’amore: il popolo è libero di scegliere se amare o no il suo Dio, quegli uomini erranti nel deserto diverranno “popolo di Dio” accettando la sua offerta d’amore sulla base dell’esperienza di essere stati da Lui liberati dalla schiavitù (cfr. Es 24,1-11). Accettando l’offerta d’amore di Dio, il popolo s’impegna a ricambiarLo osservando e vivendo i suoi comandamenti che abbiamo riassunto in quell’unico “Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze” (Dt 6,5) e “il prossimo come te stesso”(Lv 19,18)
Ora cerchiamo di andare in profondità. Se l’osservanza dei comandamenti di Dio significa l’espressione concreta dell’amore dell’uomo per Dio e per il prossimo e se Gesù nel Nuovo Testamento non è venuto ad abolire nulla di questi comandamenti, ma continua ad invitarci ad osservarli, quale sarà lo specifico cristiano? Quale sarà la pecularietà del popolo del Nuovo Testamento? Questa pecularietà non potrà consistere nel comandamento dell’amore in sé perché l’amore era già comandato dal Vecchio Testamento, come è stato detto.
Dunque una vita cristiana improntata tutta sul dovere dell’amore verso Dio e verso il prossimo espresso dall’osservanza dei Dieci Comandamenti, non ha nulla di specificamente cristiano. L’insistenza sul dovere di osservare i comandamenti ci accomuna non solo agli Ebrei che sono fermi al Vecchio Testamento, ma anche ad ogni uomo che porta scritta nel cuore quella legge di Dio di amarLo e di amare tutti. Viviamo quindi il rischio oggettivo di dirci di essere membri del popolo del Nuovo Testamento e di non avere nulla di nuovo e di diverso da coloro che non hanno accolto Gesù o non lo conoscono. Forse sarà anche per questo perché tanti cristiani – purtroppo! – parlano della fede come un “credere a Qualcosa” e non tanto in “credere in Qualcuno che mi ha amato e dato se stesso per me” (cfr. Gal 2,20).
Lo specifico, dunque, che fa di me un cristiano, che fa di ciascuno di voi dei cristiani non sarà quindi il fatto che ciascuno di noi osserva i Dieci Comandamenti così come li osservano gli Ebrei e molta brava gente nel mondo che vive la legge di Dio conosciuta nel cuore, no, non è questo il nostro specifico.
Il nostro specifico cristiano è pensare, vivere, relazionarsi, amare come Gesù ha pensato, vissuto, si è relazionato, ha amato. Proprio nel Vangelo che abbiamo ascoltato Gesù ci ha detto: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come Io vi ho amati” (Gv 15,12): Amare come Lui, amare come Gesù! Il contesto da cui è stato estratto questo brano è quello immediatamente successivo all’Ultima Cena. In questa circostanza Gesù parlerà espressamente ai suoi Apostoli di un “suo comandamento” che chiama anche “nuovo”: “Amare come Lui ci ha amati”. Gesù stesso è quindi la novità del “nuovo comandamento”, non si tratta cioè di conoscere e mettere in pratica delle norme, ma di conoscere una Persona, Gesù Cristo, e impegnarsi a vivere in quelle linee su cui si è distesa la sua vita terrena: “Come Lui ci ha amati!”.
Ora, possiamo identificare quel “come”, cioè quella modalità peculiare di “come” Gesù ci ha amato in quel “compimento” della legge mosaica realizzato da Gesù e di cui Lui stesso – come abbiamo visto – ne ha parlato: “… sono venuto per dare compimento” (Mt 5,17). Dunque noi suoi seguaci siamo chiamati a realizzare nelle nostre persone questo compimento perfetto dei comandamenti del Padre sulla scia di Gesù. Per cui, scrutando la vita di Gesù per cogliere le modalità di questo suo compimento perfetto della volontà del Padre vediamo come esso si manifesta in tutto ciò che Egli ha fatto, detto, subito, vissuto, esperimentato, ma in modo particolarissimo si manifesta con luce sfolgorante nella sua morte di Croce.
Gesù crocifisso è l’espressione più alta di ogni possibile amore al Padre, perché Gesù è mandato dal Padre a morire sulla croce, volontà divina che farà tremare e sudar di sangue l’umanità di Gesù, vero Dio e vero uomo che nell’Orto degli Ulivi si è immerso liberamente e pienamente in quel calice amaro offertoGli dal Padre nonostante che Lui chiedesse che passasse lontano da sé (cfr. Lc 22,39ss).
Gesù crocifisso è l’espressione più alta di ogni possibile amore all’umanità perché ciò che inchioda Gesù a quella croce non è solo l’amore per il Padre, ma anche, o meglio in quell’amore per il Padre, l’amore per tutta l’umanità, tutta e ciascun membro di essa. Gesù, infatti, “vi ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore” (Ef 5,2), Gesù “mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2,20).
Se è così, ed è cosi, ogni cristiano che vuole essere tale non solo di nome o perché ha ricevuto qualche Sacramento, deve sforzarsi per quanto può di conoscere Gesù in profondità, la sua mentalità, i suoi modi di ragionare, di relazionarsi con gli altri, il suo modo di vivere e di essere. Senza questa conoscenza viva di Gesù, della sua Persona, dei suoi affetti, dei suoi sentimenti (cfr. Fil 2,5) e soprattutto senza una conoscenza profonda di quell’amore che Lo ha inchiodato alla croce, nessuno può dirsi in verità suo discepolo.
Questo è l’impegno unico che abbiamo preso quando abbiamo ricevuto il Battesimo: vivere come Gesù, ragionare come Gesù, amare come Gesù. Per questo non può esistere un cristiano tranquillo che si sente a posto perché “non ammazza, non ruba, non fa del male a nessuno”! Ogni vero cristiano è una persona sempre e perennemente in crisi perché ogni giorno si confronta con Gesù e con quell’amore con cui è stato amato, ogni giorno si chiede se ha corrisposto a quell’amore ricevuto gratis, e se quindi ha saputo amare gratis chi in quel giorno ha incrociato il suo cammino.
Certamente nessuno di noi potrà mai amare il Padre e i fratelli con quell’intensità d’amore e di perfezione che ebbe e che ha Gesù, ma ciascuno di noi può, così com’è nella sua piccolezza, fragilità e povertà lasciarsi coinvolgere dal dinamismo intrinseco di quell’amore che ha condotto Gesù a dare la sua vita per noi. Si tratta allora di scoprire le modalità intrinseche della dinamica della vita di Gesù, quali sono state le linee interiori di crescita, di sviluppo, di maturazione umana (cfr. Lc 2,52) con cui Egli ha vissuto la sua esistenza in mezzo a noi, perché possiamo acquisirle ed assimilarle per la realizzazione di un’autentica nostra vita cristiana.
E allora, se sapremo leggere bene nella vita di Gesù troveremo quella legge interiore che Lo ha sempre mosso e condotto in una direzione ben precisa, si tratta di delineare quel “come”, quella modalità particolare con cui Egli, il Verbo incarnato, ci ha amato. Scopriremo così che l’intimo dinamismo della vita di Gesù ha un nome particolare che in greco si chiama “kénosi”, abbassamento, spogliazione, umiliazione. Infatti, Egli, “da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2Cor 8,9).”Egli, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2,6-8).
Si tratta dunque di un “come” difficile, alto, esigente, ma è l’unica modalità di vita che può dare al nostro cuore fatto per amare, pace vera. “Dio è Amore” ci ha detto Giovanni e noi siamo stati creati da Dio “a sua immagine e somiglianza” (Gen 1,26), se Dio quindi è AMORE PER ESSENZA, noi siamo AMORE PER PARTECIPAZIONE e la nostra stessa intima struttura tutta, le fibre più interiori del nostro essere persone umane e tutte le nostre dimensioni personali sono state create da Dio per amare e sono violentemente frustrate se non amano nella verità.
Siamo creati per amare e ogni nostra infelicità ha la sua causa nascosta nella nostra incapacità di amare. Salvandoci, il Verbo Eterno di Dio ci libera anche da questa incapacità donandoci il suo Spirito e con Esso la sua stessa capacità di amare, il suo stesso Cuore. Lo Spirito realizza così l’antica profezia di Ezechiele: “Toglierò dal loro petto il cuore di pietra ed darò loro un cuore di carne” (Ez 11,19).
Certamente come ogni trapianto non è indolore e non è esente da crisi di rigetto da parte dell’uomo vecchio (cfr. Col 3,9): è un trapianto che richiede del tempo, che non si realizza in un attimo, ma in un lungo cammino di conversione che si identifica in un cammino di amicizia con Gesù. Sì, di amicizia, amicizia intima con Lui che ci ha scelti come “amici”, ci ha scelti Lui, non siamo stati noi a sceglierLo, ci ha scelti Lui perché Lui vuole la nostra amicizia, vuole stare con noi (cfr. Mc 3,14). E sarà lì, nell’intimità con Gesù nella preghiera, in quel tempo che sapremo donare a Chi ci ha donato tutto, che Lui c’insegnerà i segreti del suo amore, ci insegnerà come si ama, cioè come si dona la vita, come si fa a tenere ferme le mani, fermi i piedi quando vengono trafitti, ci insegnerà come fare ad avere il cuore sempre aperto per tutti e chiuso per nessuno, ci insegnerà a stare fermi sulla croce, anche quando vorremmo fuggire e scendere giù da essa è così tanto facile! Ci insegnerà a dare la vita e ci farà capire che solo un amore così è degno di questo nome, perché un amore che non sa dare la vita non è autentico e vero.
In questo cammino in cui impariamo ad amare come Gesù, dobbiamo aver pazienza con noi stessi e tanta umiltà e mai stancarci ogni giorno di rialzarci dalle nostre cadute nel non-amore, e quando – finalmente! – avremo ben capito che Lui ci ama proprio senza alcun nostro merito, allora e solo allora Lui ci darà la gioia di poter amare fino in fondo come Lui ci ha amato.
La Vergine Maria, nostra Madre e Maestra, interceda per noi perché possiamo presto realizzare e esperimentare una nuova e più grande capacità di amare. Amen.

 

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