Archive pour juin, 2018

Gesù e la figlia di Giairo

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Publié dans:immagini sacre |on 29 juin, 2018 |Pas de commentaires »

XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

https://combonianum.org/2018/06/28/prepararsi-alla-domenica-xiii/

XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

Marco 5, 21-43

Ermes Ronchi

La casa di Giairo è una nave squassata dalla tempesta: la figlia, solo una bambina, dodici anni appena, è morta. E c’era gente che piangeva e gridava. Di fronte alla morte Gesù è coinvolto e si commuove, ma poi gioca al rialzo, rilancia, e dice a Giairo: tu continua ad aver fede. E alla gente: la bambina non è morta, ma dorme. E lo deridevano. Allora Gesù cacciò tutti fuori di casa. Costoro resteranno fuori, con i loro flauti inutili, fuori dal miracolo, con tutto il loro realismo. La morte è evidente, ma l’evidenza della morte è una illusione, perché Dio inonda di vita anche le strade della morte.
Prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui. Gesù non ordina le cose da fare, prende con sé; crea comunità e vicinanza. Prende il padre e la madre, i due che amano di più, ricompone il cerchio degli affetti attorno alla bambina, perché ciò che vince la morte non è la vita, è l’amore.
E mentre si avvia a un corpo a corpo con la morte, è come se dicesse: entriamo insieme nel mistero, in silenzio, cuore a cuore: prende con sé i tre discepoli preferiti, li porta a lezione di vita, alla scuola dei drammi dell’esistenza, vuole che si addossino, anche per un’ora soltanto, il dolore di una famiglia, perché così acquisteranno quella sapienza del vivere che viene dalla ferite vere, la sapienza sulla vita e sulla morte, sull’amore e sul dolore che non avrebbero mai potuto apprendere dai libri: c’è molta più “Presenza”, molto più “cielo” presso un corpo o un’anima nel dolore che presso tutte le teorie dei teologi
Ed entrò dove era la bambina. Una stanzetta interna, un lettino, una sedia, un lume, sette persone in tutto, e il dolore che prende alla gola. Il luogo dove Gesù entra non è solo la stanza interna della casa di Giairo, è la stanza più intima del mondo, la più oscura, quella senza luce: l’esperienza della morte, attraverso la quale devono passare tutti i figli di Dio. Gesù entrerà nella morte perché là va ogni suo amato. Lo farà per essere con noi e come noi, perché noi possiamo essere con lui e come lui. Non spiega il male, entra in esso, lo invade con la sua presenza, dice: Io ci sono.
Talità kum. Bambina alzati. E ci alzerà tutti, tenendoci per mano, trascinandoci in alto, ripetendo i due verbi con cui i Vangeli raccontano la risurrezione di Gesù: alzarsi e svegliarsi. I verbi di ogni nostro mattino, della nostra piccola risurrezione quotidiana. E subito la bambina si alzò e camminava, restituita all’abbraccio dei suoi, a una vita verticale e incamminata.
Su ogni creatura, su ogni fiore, su ogni bambino, ad ogni caduta, scende ancora la benedizione di quelle antiche parole: Talità kum, giovane vita, dico a te, alzati, rivivi, risorgi, riprendi il cammino, torna a dare e a ricevere amore.

Santi Pietro e Paolo

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Publié dans:immagini sacre |on 28 juin, 2018 |Pas de commentaires »

FESTIVITÀ DEI SANTI PIETRO E PAOLO – GIOVANNI XXIII

https://w2.vatican.va/content/john-xxiii/it/homilies/1961/documents/hf_j-xxiii_hom_19610629_pietro-paolo.html

FESTIVITÀ DEI SANTI PIETRO E PAOLO – GIOVANNI XXIII

OMELIA DEL SANTO PADRE

Basilica Vaticana

Giovedì, 11 maggio 1961

Diletti figli!

In tutti i punti della terra i santi patroni delle varie Chiese raccolgono venerazione nella ricorrenza festiva di ciascuno.
San Pietro e San Paolo sono venerati dappertutto nel mondo per la più alta dignità del loro compito quale si è manifestato nel disegno di Cristo.
Di fatto, San Leone Magno — le cui spoglie mortali riposano qui, presso la Confessione, come a corona insieme coi Papi più insigni dell’antichità — San Leone Magno dice che i due Apostoli Pietro e Paolo, araldi precipui del Vangelo, sono giustamente oggetto di culto straordinario in quest’Urbe gloriosa, centro della cristianità, per aver consumato qui il loro sacrificio, e segnato per ciò da Roma l’inizio della loro universale esaltazione.
Che belle parole per questa loro festa, in die martyrii laetitiae principatus! (S. Leonis Papae – Sermo I in natali App. Petri et Pauli).
« Questi sono in verità i grandi personaggi che hanno fatto splendere innanzi a te, o Roma, il Vangelo di Cristo; e da maestra che tu eri di errore, sei divenuta discepola della verità ».
Ed ancora aggiunge S. Leone :
« Pietro e Paolo sono veramente i tuoi padri e pastori. Essi hanno inserito il tuo nome nei regni celesti e ti hanno edificato Chiesa di Cristo assai meglio e con successo più felice, o Roma, di coloro che hanno costruito le tue mura. È al loro merito apostolico che si intitolano la gloria singolare della tua storia e l’onore di essere proclamata gente santa, popolo eletto, città sacerdotale e regia, posta in condizione di presiedere dalla cattedra di Pietro ad una dominazione spirituale nel mondo intero più carica di vittorie e con diritto di impero sulla terra e sui mari, e con più vasta fortuna che non quella degli antichi conquistatori (ibid.) ».
Che confronto, che fremito, o Roma, tra le monumentali parole : bellicus labor et pax christiana, che rappresentano la tua massima gloria e il tuo più luminoso destino. Esse contengono il mistero ed il monito dei tempi nuovi : l’aut aut del prossimo o non lontano avvenire dei popoli e dei secoli.
Diletti figli, il Signore per la intercessione dei Santi suoi ci preservi da ogni male e ci conservi la sua pace.
È nella soavità di questa pace cristiana che il buon popolo di Roma ama onorare San Pietro, principe e capo della Chiesa universale nella festa sua.
Questa basilica, rifulgente di maestà, unica al mondo, riceve oggi l’omaggio più familiare dei figli di Roma, a cui si uniscono i visitatori e pellegrini innumerevoli che qui convengono da tutte le genti.
Roma è grande e fascinatrice : ma soprattutto grande è il tempio del Principe degli Apostoli.
L’umile successore di San Pietro — il 261° della serie — sino dal pomeriggio di ieri ha compiuto il suo sacro dovere di iniziare la celebrazione della grande festività presiedendo ai vesperi placidi e melodiosi della liturgia, seguito dallo splendore della sua religiosa famiglia : sacro Collegio dei Cardinali e diversi ordini della prelatura, a cui si sono unite alte rappresentanze e folla nobile e devota di popolo dalle fogge e dalle lingue diverse.
Commovente è stata ier sera per il Nostro spirito la benedizione dei sacri pallii, e poi la visita alla cripta preziosa che raccoglie le sacre memorie dell’Apostolo Pietro, alla cui statua di bronzo abbiamo infine baciato religiosamente il sacro piede. Stamane Ci è piaciuto tanto di tornare a questo altare benedetto, elevando la divina oblazione pro universo mundo. Seguiranno, prima e dopo il meriggio, altre e solenni cerimonie in onore di San Pietro e San Paolo, et more solito le visite dei fedeli qui convenienti da tutta Roma.
Ah! questo pellegrinaggio popolare dei figli dell’Urbe, certo lieto e imponente, quanto piacerebbe ammirarlo non come spettacolo di semplice abitudine tradizionale di sciolti passi, e di visi aperti alle magnificenze del tempio massimo della cristianità, ma come spettacolo di sacra penetrazione di spirito, di cuori silenziosi e ardenti. Il culto dei Santi nella tradizione cattolica non è solo accenno di rispetto e fuggevole invocazione a fior di labbra in sempre meno frequenti occasioni della vita; ma conversazione viva dell’anima, ascolto attento delle lezioni preziose, degli insegnamenti che dai Santi ci vengono a luce, a letizia, a incoraggiamento. Sancti tui, Domine, benedicent Te!
Sì, i Santi benedicono Dio e ci ottengono la benedizione di Dio. Questa benedizione però vuol essere esercizio di buon magistero per il nostro progresso spirituale : soprattutto se noi lo chiediamo a quelli che sono i più grandi della Chiesa, e che per la grazia del Signore hanno assolto ai compiti più eccelsi : apostoli primi dell’Evangelo, difensori e illustratori della dottrina celeste, luce del secolo in cui sono vissuti e che son venuti di poi.
San Pietro troneggia sempre dalla sua cattedra augusta del Vaticano; ma egli anche ha insegnato e continua ad insegnare per mezzo dei suoi successori, i Papi della Chiesa universale. Vi diremo, di più. Finché è vissuto sulla terra, assolvendo il suo mandato apostolico, San Pietro ha colto tutte le buone occasioni da Roma di predicare in città, e di scrivere ai primi fedeli lontani, come erano quelli sparsi o pellegrini della diaspora del Ponto, della Galazia, della Cappadocia, dell’Asia e della Bitinia, a cui si è rivolto con le sue lettere; oppure approfittava di Giovanni Marco, che abitava con lui in Roma e che del Vangelo di Pietro fu l’interprete e il portavoce autorizzato nella stesura del medesimo.
Oh! meraviglia e consolazione per noi, a tanta distanza di secoli poter ascoltare ancora l’insegnamento di Pietro.
A vostra edificazione, diletti figli, ed a vostro incoraggiamento, vogliate ascoltare alcune delle espressioni di San Pietro, che nel suono delle sue parole pone prezioso ornamento alla esultanza delle nostre anime nella festa sua :
« Carissimi, io vi supplico, stranieri e pellegrini quali voi siete su questa terra, ad astenervi dalle cupidigie carnali che fanno guerra all’anima. Comportatevi bene in mezzo ai pagani, affinché se essi ora sparlano di voi come di malfattori, glorifichino poi il Signore, rendendosi conto delle opere buone nel giorno della sua visita.
Siate sottomessi ad ogni istituzione umana per amore del Signore : sia al re in quanto sovrano, sia ai suoi ministri in quanto inviati per correggere e punire chi fa male e approvare chi fa bene. È volontà di Dio che operando il bene riduciate al silenzio l’ignoranza degli uomini insensati; da veri uomini liberi che non si servono della libertà come velo della malizia, ma sono servitori di Dio. Onorate tutti; amate i fratelli; temete Iddio; onorate il re. — (San Pietro parlava naturalmente secondo la condizione di quei tempi, ma la dottrina vale per tutti i tempi).
Domestici, siate sottomessi con ogni rispetto ai padroni, non soltanto a quelli buoni e ragionevoli, ma anche a quelli duri. Questo infatti è gradito : sopportare pene in omaggio a Dio soffrendo ingiustamente : Haec est enim gratia in Christo Iesu Domino nostro (cfr. 1 Petr. 2, 11-19) ».
Come sentite, diletti figli, il primo Vescovo di Roma tocca qui un aspetto della questione sociale. L’esortazione alla obbedienza ed alla pazienza è tutta ispirata a motivo soprannaturale. Si tratta sempre di quella obbedienza che è perfezione di conformità all’esempio di Cristo, ingiustamente trattato, eppur obbediente. La dottrina cattolica contenuta in questo brano della pri ma Lettera di San Pietro non ha sùbito la contropartita di precetti diretti ai ricchi ed ai superiori, di alcuni dei quali la condotta, in questo capitolo secondo, viene apertamente definita ingiusta. Di questa dottrina si parla altrove, e non solo da San Pietro, ma da San Paolo, da San Giacomo e ancor prima in molteplici passi dei Vangeli e del Testamento antico.
Figliuoli di Roma! Coraggio. Teniamoci fedeli a questa dottrina : dottrina apostolica : dottrina di Cristo. Ameremmo davvero fornirvi qualche saggio più diffuso del la buona dottrina sociale contenuta nelle lettere di San Pietro in rapporto ai vari aspetti della convivenza umana, per la quale l’Apostolo si è occupato con zelo, con molto garbo, secondo le circostanze di quei tempi. Ma basta così. Il grande documento in forma di Lettera Enciclica — ne pronunciamo il titolo per la prima volta in pubblico — Mater et Magistra, per cui si stanno allestendo le varie traduzioni nelle principali lingue del mondo, formerà pascolo ubertoso al vostro spirito, come abbiamo già avuto il compiacimento di dire con solennità nella celebrazione della Rerum novarum dello scorso maggio.
In onore di San Pietro, ed a prontezza di ossequio all’apostolica dottrina che sta per essere promulgata, Ci accontentiamo di citare ancora un pensiero della prima Lettera di lui, che è preparazione alla lettura del più vasto documento sociale di data recentissima.
Trattasi di una raccomandazione diretta a tutti i cristiani senza distinzione, e che si riassume nell’invito alla unione dei cuori ed allo spirito di mutua comprensione e di perdono :
« Siate tutti, o fratelli, di uno stesso sentimento; compassionevoli, amanti dei fratelli, misericordiosi, umili.
Non rendete male per male, né ingiuria per ingiuria. Al contrario rispondete benedicendo, perchè siete stati chiamati a ereditare benedizione. Infatti :
Chi vuole amare la vita — e vedere giorni beati distolga la lingua dal male — e le labbra dal parlare bugiardo — si allontani dal male e operi il bene — ricerchi e persegua la pace.
Gli occhi del Signore si rivolgono ai giusti e le sue orecchie alle loro preghiere » (1 Petr. 3, 8-12).
Diletti figli. Sopra questa dottrina poniamo di gran cuore il suggello della preghiera Nostra di umile successore di San Pietro, perchè ciascuno di voi ne faccia tesoro per il presente e per l’avvenire; e sopra le vostre persone, in special modo sui figliuoli di questa diletta Roma, si effonda oggi particolarmente commossa ed esultante la Nostra Apostolica Benedizione.

 

Chagall, Il passaggio del Mar Rosso

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Publié dans:immagini sacre |on 26 juin, 2018 |Pas de commentaires »

L’ESODO – L’ALLEANZA TRA DIO E IL POPOLO –

http://comunita-abba.it/?p=15571

L’ESODO – L’ALLEANZA TRA DIO E IL POPOLO –

p. Giuseppe Paparone

L’ALLEANZA TRA DIO E IL POPOLO IL DONO DELLA TORAH
Per entrare in modo sempre più proficuo nel cuore della Rivelazione biblica, è opportuno cogliere una duplice sfumatura.
La Bibbia, da una parte, ci offre un’informazione di tipo conoscitivo e anche una formazione catechetica, sistematica.
Dall’altra, ci introduce nella dimensione spirituale, la più importante e necessaria per entrare in una relazione con Dio che dia pienezza a tutta la nostra esistenza, a tutta la nostra sfera esistenziale: corporea, spirituale, emotiva.
La Scrittura, infatti, non contiene una filosofia che resta circoscritta alla sfera dell’intelletto, ma va letta, considerata, assimilata, in funzione della nostra vita. Diventa qualcosa di molto pratico perché la Bibbia ci fa vedere chi è l’uomo, chi siamo noi, chi è Dio: e ci insegna a vivere realizzando nel nostro presente, nella nostra quotidianità, un’armonia piena..
Questa premessa è importante nel momento in cui si affronta il terzo passaggio del nostro cammino nell’Esodo. Il terzo elemento, infatti, è costituito dal concetto di alleanza.
L’alleanza voluta e stabilita da Dio con il suo popolo, il popolo che Lui ha scelto, è molto più di una nozione teologica, una dimensiona spirituale, un’indicazione normativa: essa rappresenta il DNA dell’ebreo che ha camminato con Mosè e che cammina oggi tra noi.
Ma, questo concetto di alleanza ha avuto la sua evoluzione, il suo compimento finale con Gesù, che con il suo sacrificio, la sua morte e risurrezione ha stabilito la Nuova Alleanza tra il Padre e tutti gli uomini.
L’Eucaristia è il segno sublime di questa alleanza, di cui è memoriale, e questa alleanza è oggi nel DNA di ogni cristiano.
Il tema dell’alleanza rappresenta la parte più estesa del Pentateuco e la troviamo disseminata in tutti gli altri quattro libri. Noi ci soffermiamo solo sui capitoli 19-40 dell’Esodo, l’ultima parte del libro.

Contenuto e struttura di Esodo 19-40
La terza parte dell’Esodo è articolata in quattro nuclei narrativi:
19,1-24: resoconto dell’arrivo del popolo al Sinai e stipula dell’alleanza, la proposta di Dio e le condizioni stabilite.
24,12-31,18: Mosè ritorna sul monte e riceve da Dio tutte le altre prescrizioni riguardanti la vita cultuale del popolo.
32,1-34,35: il vitello d’oro: l’episodio drammatico in cui il popolo, in assenza di Mosè, sente immediato il bisogno di costruirsi un altro dio. Aronne cede e realizza un idolo. Mosè, sceso dalla montagna, trova il popolo in festa, distrugge il vitello d’oro, lo riduce in polvere e lo fa bere a tutto il popolo: segue la strage degli ebrei infedeli. Mosè risale sul monte e riceve una copia della legge su due nuove tavole: è il rinnovamento dell’alleanza.
35,1-40,38: Mosè esegue tutte le prescrizioni ricevute sul monte Sinai riguardanti il culto e il luogo dove deve essere esercitato: il santuario, la tenda sacra.
Tutti questi avvenimenti ci possono aiutare a capire e a vivere meglio il nostro culto cristiano oggi, la nostra fede, il perché Gesù è venuto a rinnovare l’alleanza con l’uomo.

CONSIDERAZIONI SPIRITUALI SULL’ALLEANZA
L’Alleanza con Dio che abbiamo appena considerato è il momento fondante la nostra vicenda umana e spirituale e noi possiamo capire cosa significa essere credenti solo alla luce di questa Alleanza.
Facciamo un passo indietro. Dio era apparso a Mosè, gli aveva rivelato il suo nome, cosa negata a Giacobbe sullo Iabbok, e gli comunica la sua intenzione, il suo progetto: fare del popolo eletto un suo amico speciale, un partner privilegiato.
Eccoti il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto, servirete Dio su questo monte.(Es 3,12)
Dopo le vicissitudini della fuga dall’Egitto, il popolo è finalmente arrivato al monte Sinai. È molto più di una tappa di viaggio: il popolo di Israele arriva all’appuntamento che Dio ha fissato per lui dall’eternità. È uno dei suoi kairoi, dei tempi sacri di Dio.
Sono i momenti che imprimono alla storia una svolta decisiva, una tappa che trasforma l’esistenza dell’umanità intera. I primi versetti del capitolo 19 offrono la chiave di lettura per comprendere fino in fondo il senso dell’alleanza e di tutte le prescrizioni cultuali e morali che sono alla base della religione ebraico-cristiana.
Leggiamo:
Al terzo mese dall’uscita degli Israeliti dal paese di Egitto, proprio in quel giorno, essi arrivarono al deserto del Sinai. Levato l’accampamento da Refidim, arrivarono al deserto del Sinai, dove si accamparono; Israele si accampò davanti al monte. Mosè salì verso Dio e il Signore lo chiamò dal monte, dicendo: “Questo dirai alla casa di Giacobbe e annuncerai agli Israeliti: Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all’Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatti venire fino a me. Ora, se vorrete ascoltare la mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me la proprietà tra tutti i popoli, perché mia è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa. Queste parole dirai agli Israeliti”. Mosè andò, convocò gli anziani del popolo e riferì loro tutte queste parole, come gli aveva ordinato il Signore. Tutto il popolo rispose insieme e disse: “Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo!”. Mosè tornò dal Signore e riferì le parole del popolo. Il Signore disse a Mosè: “Ecco, io sto per venire verso di te in una densa nube, perché il popolo senta quando io parlerò con te e credano sempre anche a te”.(Es 19,1-9)
L’introduzione ha un andamento solenne nella sua determinazione spazio-temporale:
Al terzo mese dall’uscita arrivarono in quel luogo fissato da Dio.(Es 19,1)
C’è un tempo e c’è un luogo in cui Dio si manifesta: questo luogo è il deserto, condizione per poterlo incontrare e che porta al silenzio, all’ascolto, alla solitudine, alla quiete del nostro cuore.
In quel luogo, in quel silenzio Dio finalmente può parlare e farsi ascoltare perché, se siamo noi a parlare, Lui non lo può fare.
Bisogna tacere davanti a Dio; la nostra mente è sempre affollata da troppe parole che risuonano sempre in noi, anche se tacciamo con la bocca. È insito in noi il dire sempre a Dio quello che deve fare senza mai ascoltare quello che Lui vuole fare per noi: questo paradosso è anche la nostra tragedia.
Ai piedi del monte il popolo è arrivato perché nel silenzio, nella solitudine è stato chiamato a prendere consapevolezza di chi è Dio in rapporto alla sua esistenza. Ed è lì che il popolo (quindi anche noi), deve prendere una decisione esistenziale chiedendosi chi è veramente Dio per lui e chi è lui per Dio.
voi stessi avete visto ciò che ho fatto all’Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquila e vi ho fatti venire fino a me.(Es 19,4)
Tutto quello che Dio ha fatto fino a quel momento per il popolo è funzionale a quello che avverrà dopo. Tutto quello che il popolo ha ricevuto è stato un dono immeritato, da Abramo in poi. Questo dono immeritato è arrivato fino a noi oggi, nel Battesimo, dono di Grazia del tutto immeritato.
Attenzione: adesso Dio vuole fare al popolo un altro dono straordinario, una cosa inaudita, impensabile e nemmeno desiderata: Dio vuole istituire con Israele una relazione particolare. Vuole che quel popolo diventi suo amico, segno della sua luce e santità, un riferimento visibile, concreto per l’umanità intera:
oi sarete per me la proprietà tra tutti i popoli, perché è mia tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa.(Es 19,5-6)
Ecco il progetto di Dio per il suo popolo: non una “semplice” fuga dall’Egitto per entrare nella terra promessa, ma diventare, bensì, suo collaboratore e amico, sua proprietà e porzione privilegiata.
Ma ogni rapporto di amicizia è un rapporto d’amore che, per realizzarsi pienamente, ha bisogno della nostra accoglienza, della nostra adesione.
Quello che Dio poteva fare da solo lo ha fatto.
Ora il popolo deve scegliere.

Crocifisso ligneo

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Publié dans:immagini sacre |on 25 juin, 2018 |Pas de commentaires »

C’È UN TEMPO PER OGNI COSA (stralcio, è molto lungo)

http://www.bibbiaonline.it/sito/argomese/Il%20tempo%20nel%20Qohelet.htm

C’È UN TEMPO PER OGNI COSA (stralcio, è molto lungo)

Pino Pulcinelli

Quanto ad afferrrare il punto di intersezione tra l’eterno e il tempo,
si tratta di un’occupazione da santo,
non tanto un’occupazione ma qualcosa che è donato e ricevuto,
in un morire d’amore durante la vita,
nell’ardore, nell’abnegazione e nell’abbandono di sé.
Thomas S. Eliot, da: Quattro Quartetti

“Non ho tempo”

Il tempo: lo so finché non mi domandi cos’è…
Ma la Bibbia, parola ispirata da Dio, cosa ci dice sul tempo?

DIO HA FATTO BELLA OGNI COSA A SUO TEMPO:
LA RIFLESSIONE DEL QOHELET (3,1-15)

Affinando lo sguardo…
Eternità e gioia di vivere
“Godersi la vita”, dono di Dio

“NON HO TEMPO”
Il più grande tiranno di cui specialmente noi occidentali subiamo l’oppressione è il tempo: oggi più che mai tutto si misura con l’orologio, le ore lavoro, il part-time, la pausa pranzo, il tempo che è denaro, ma anche il tempo da dedicare agli amici, alla famiglia, ai figli…
Ed è strano – e per certi versi nuovo – questo fenomeno: con l’aiuto delle macchine e della tecnologia in generale, l’uomo riesce a fare sempre più cose in meno tempo, aumenta la velocità degli spostamenti delle persone, delle merci e delle informazioni, aumentano i ritmi di produzione… insomma, si risparmia un sacco di tempo…
Tempo prezioso quello risparmiato, “spendibile” sotto la voce magica: “tempo libero”.
Ma ecco che per una sorta di maleficio questo “spazio” vuoto rischia di ridiventare subito pieno, anzi, intasato di altre cose, altrettanto o a volte addirittura più stressante del tempo passato a travailler…
Ecco perché si continua a dire – forse più di prima – « Non ho tempo », “non so a chi dare il resto”, “mi ci vorrebbe un giorno di 48 ore! »
Insomma, in questo modo la vita può essere davvero quella cosa che ti succede mentre sei impegnato a fare qualcos’altro. La difficoltà viene forse anche dal fatto che si ha paura di fermarsi, di lasciare che dalla pausa e dalla riflessione sorgano domande scomode, questioni irrisolte e insabbiate…
Credo che a ognuno di noi capiti di avvertire questo malessere, di sentire un po’ di nostalgia per una vita diversa, anche se poi magari non riesce ad immaginarsela concretamente, una vita in cui il tempo non sia più tiranno, ma a servizio, a disposizione dell’uomo e delle sue relazioni vere.
Scriveva E. Levinas: “La dialettica del tempo è la dialettica stessa della relazione con gli altri”.
Per la “sanità” dell’uomo e delle sue relazioni è sempre più necessario che all’ottica angusta e soffocante del “tutto e subito” si contrapponga la chiaroveggente saggezza di chi – imparando dalla natura stessa delle cose – pazientemente sa costruire le relazioni, aspettando i tempi di ciascuno e cogliendo sempre più la verità e la bellezza dei momenti dati.
Se volessimo racchiudere in uno slogan la necessità di una vera umanizzazione del tempo, al “non ho tempo” di un’esistenza sempre più frammentata e accelerata, andrebbe sostituito il « ho tempo per te »: il rapporto con il “Tu” vissuto in gratuità, qualifica il mio tempo e fa in modo che esso diventi prezioso e assuma una dimensione di eternità.
D’altra parte non bisogna diventar vecchi per fare la scoperta in parte paradossale che il tempo – pur essendo misurabile e quantificabile dalle leggi fisiche – è parimenti una categoria psicologica, condizionata cioè dalla percezione soggettiva, per cui un minuto può sembrare non passi mai e invece gli anni volino come un soffio…
È il tempo altresì che prova la verità di certi impegni presi una volta per tutte, come quelli di uno stato di vita definitivo: “tu sei sacerdote per sempre”; oppure : “prometto di esserti fedele sempre, di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita… per sempre”.

IL TEMPO: LO SO FINCHÉ NON MI DOMANDI COS’È…
La domanda sul tempo ha sempre affascinato i filosofi; Platone ha trattato specialmente il suo rapporto con l’eterno, Aristotele quello con lo spazio. Agostino d’Ippona divenuto cristiano, da grande pensatore qual era, non ha riflettuto sul tempo in una delle tante sue opere, ma in quella più personale e esistenziale, le Confessioni, dedicando a questo tema praticamente tutto il Libro XI.
Cos’è il tempo? Chi saprebbe spiegarlo in forma piana e breve? – si chiede Agostino – Chi saprebbe formarsene anche solo il concetto nella mente, per poi esprimerlo a parole? Eppure, quale parola più familiare e nota del tempo ritorna nelle nostre conversazioni? …
Cos’è dunque il tempo? Se nessuno m’interroga, lo so; se volessi spiegarlo a chi m’interroga, non lo so. Questo però posso dire con fiducia di sapere: senza nulla che passi, non esisterebbe un tempo passato; senza nulla che venga, non esisterebbe un tempo futuro; senza nulla che esista, non esisterebbe un tempo presente… (XI, 14.17).
Anche gli scienziati, dal loro punto di vista, si sono posti ripetutamente il problema senza essere in grado di giungere ad una risposta che sia pienamente soddisfacente. La Teoria della Relatività Generale elaborata da Einstein ha comunque immesso definitivamente nella fisica la coordinata temporale tra quelle spaziali, con implicazioni determinanti per la cosmologia: sia lo spazio che il tempo hanno un inizio (G. Battistoni); questo avvalorerebbe a sua volta la teoria del Big Bang con i suoi risvolti creazionisti.

MA LA BIBBIA, PAROLA ISPIRATA DA DIO, COSA CI DICE SUL TEMPO?

Per la visione biblica, la storia – quella che nell’ottica di fede è sempre historia salutis – scaturisce dall’incontro tra Dio e l’uomo, tra un tempo dato e un tempo ricevuto; è incontro tra il temporale e l’eterno: questo è l’ambito delle relazioni che costituiscono la sostanza della vita.
Non è possibile qui passare in rassegna tutti i brani dove nella Bibbia viene tematizzato il tempo nel suo scorrere, il tempo dato all’uomo, il momento favorevole e adatto alle sue scelte – anche soltanto l’elenco del vocabolario utilizzato in questo campo semantico sarebbe lunghissimo – diciamo unicamente che esso attraversa tutti gli scritti in quanto espressione di una esperienza spirituale di un Dio sovrano della storia che si manifesta nei tempi concreti e limitati dell’uomo nella sua vicenda terrena.
Se ci limitiamo al Primo Testamento, potremmo sintetizzare dicendo che il tempo dell’uomo è nelle mani di Dio: “nelle tue mani, Signore, sono i miei tempi” (Sal 31,16); per questo sale da lui la preghiera: “insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore” (Sal 90,12).
Sul concetto di tempo hanno riflettuto principalmente i testi di tipo sapienziale; è un ritornello tipico quello che “ogni cosa ha il suo tempo”: un albero porta frutto “a suo tempo” (Sal 1,3); “Tu fai spuntare la costellazione a suo tempo” (Gb 38,32); “una parola a suo tempo com’è deliziosa” (Pr 15,23); ma è soprattutto il Siracide che tenta una sintesi teologica sul tempo, affermando che Dio si mostra come provvidenza, predisponendo ogni cosa a suo tempo per il bene dell’uomo, e che di conseguenza è prerogativa dell’uomo saggio l’accorgersi di tutto questo (Sir 39,16.33-34):

16 Quanto sono belle tutte le opere del Signore, e ciascuno dei suoi ordini si realizza a suo tempo.
Non deve dirsi: « perché questo? perché quello? » Perché ogni cosa avrà la sua soluzione a suo tempo (cf. v. 21.31).
33 le opere del Signore sono tutte buone, egli provvede a suo tempo ad ogni necessità.
34 Non deve dirsi: «Questo è peggiore di quello», perché tutto sarà riconosciuto giusto a suo tempo.

La sua è una visione che può apparire troppo semplice e ottimistica a chi si trova nella prova o nello sconforto, in una situazione in cui non vede più il senso delle cose e il male sembra prevalere; forse è indirettamente anche una risposta di tipo apologetico a chi, sempre tra gli scrittori ebraici, con maggiore realismo prende atto della complessità insita nella realtà, e della incapacità dell’uomo di venirne a capo completamente. L’autore a cui alludiamo è il Qohelet.

visione d’insieme” (P. Sacchi).

Publié dans:BIBLICA APPROFONDIMENTI |on 25 juin, 2018 |Pas de commentaires »

Nascita di San Giovanni Battista

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Publié dans:immagini sacre |on 22 juin, 2018 |Pas de commentaires »

24.6.18 NATIVITÀ DI SAN GIOVANNI BATTISTA

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/43460.html

24.6.18 NATIVITÀ DI SAN GIOVANNI BATTISTA

Omelia (24-06-2018)
padre Ermes Ronchi
La nascita del Battista ci insegna che i figli non sono nostra proprietà

Il passaggio tra i due Testamenti è un tempo di silenzio: la parola, tolta al sacerdozio, volata via dal tempio, si sta intessendo nel ventre di due madri, Elisabetta e Maria. Dio scrive la sua storia dentro il calendario della vita, fuori dai recinti del sacro.
Zaccaria ha dubitato. Ha chiuso l’orecchio del cuore alla Parola di Dio, e da quel momento ha perso la parola. Non ha ascoltato, e ora non ha più niente da dire. Eppure i dubbi del vecchio sacerdote (i miei difetti e i miei dubbi) non fermano l’azione di Dio. Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio… e i vicini si rallegravano con la madre.
Il bambino, figlio del miracolo, nasce come lieta trasgressione, viene alla luce come parola felice, vertice di tutte le natività del mondo: ogni nascita è profezia, ogni bambino è profeta, portatore di una parola di Dio unica, pronunciata una volta sola.
Volevano chiamare il bambino con il nome di suo padre, Zaccaria. Ma i figli non sono nostri, non appartengono alla famiglia, bensì alla loro vocazione, alla profezia che devono annunciare, all’umanità; non al passato, ma al futuro.
Il sacerdote tace ed è la madre, laica, a prendere la parola. Un rivoluzionario rovesciamento delle parti. Elisabetta ha saputo ascoltare e ha l’autorevolezza per parlare: «Si chiamerà Giovanni», che significa dono di Dio (nella cultura biblica dire ?nome? è come dire l’essenza della persona).
Elisabetta sa bene che l’identità del suo bambino è di essere dono, che la vita che sente fremere, che sentirà danzare, dentro di sé viene da Dio. Che i figli non sono nostri, vengono da Dio: caduti da una stella fra le braccia della madre, portano con sé lo scintillio dell’infinito. E questa è anche l’identità profonda di noi tutti: il nome di ogni bambino è ?dono perfetto?.
E domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse… Il padre interviene, lo scrive: dono di Dio è il suo nome, e la parola torna a fiorire nella sua gola. Nel loro vecchio cuore i genitori sentono che il piccolo appartiene ad una storia più grande. Che il segreto di tutti noi è oltre noi.
A Zaccaria si scioglie la lingua e benediceva Dio: la benedizione è un’energia di vita, una forza di crescita e di nascita che scende dall’alto e dilaga. Benedire è vivere la vita come un dono: la vita che mi hai ridato/ ora te la rendo/ nel canto (Turoldo).
Che sarà mai questo bambino? Grande domanda da ripetere, con venerazione, davanti al mistero di ogni culla. Cosa sarà, oltre ad essere vita che viene da altrove, oltre a un amore diventato visibile? Cosa porterà al mondo questo bambino, dono unico che Dio ci ha consegnato e che non si ripeterà mai più?

Publié dans:feste, San Giovanni Battista |on 22 juin, 2018 |Pas de commentaires »
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