SALMO 48 – DIVO BARSOTTI
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DIVO BARSOTTI
SALMO 48
Grande è il Signore e degno di ogni lode
nella città del nostro Dio.
Il suo monte santo, altura stupenda,
è la gioia di tutta la terra.
Il monte Sion, dimora divina,
è la città del grande Sovrano.
Dio nei suoi baluardi
è apparso fortezza inespugnabile.
Ecco, i re si sono alleati,
sono avanzati insieme.
Essi hanno visto:
attoniti e presi dal panico,
sono fuggiti.
Là sgomento li ha colti,
doglie come di partoriente,
simile al vento orientale
che squarcia le navi di Tarsis.
Come avevamo udito, così abbiamo visto
nella città del Signore degli eserciti,
nella città del nostro Dio;
Dio l’ha fondata per sempre.
Ricordiamo, Dio, la tua misericordia
dentro il tuo tempio.
Come il tuo nome, o Dio,
così la tua lode si estende
sino ai confini della terra;
è piena di giustizia la tua destra.
Gioisca il monte di Sion,
esultino le città di Giuda
a motivo dei tuoi giudizi.
Circondate Sion, giratele intorno,
contate le sue torri.
Osservate i suoi baluardi,
passate in rassegna le sue fortezze,
per narrare alla generazione futura:
Questo è il Signore, nostro Dio
in eterno, sempre:
egli è colui che ci guida.
Gerusalemme
L’occasione del salmo è difficile determinarla, o almeno non sono concordi i critici, tuttavia più probabile sembra che sia un canto di allegrezza e di ringraziamento a Dio per la disfatta di Sennacherib al tempo di Isaia. Tanti versi vi sono nella Sacra Scrittura che esaltano la vittoria di Dio su un esercito sterminato che aveva già assediato la città e dovette in una notte sgombrare l’accampamento per rifuggirsene lontano donde era venuto: era stata la peste, era stata una sommossa di palazzo, che aveva richiamato immediatamente il re nella sua sede. Israele comunque non vide in questa precipitosa fuga che la vittoria stessa del suo Dio. Dio si era dimostrano veramente il più grande degli dei, il più potente, Dio veramente si era dimostrato Colui solo che salva.
Nella liberazione del popolo di Israele dall’Egitto, Dio salva soltanto il suo popolo, un popolo che ancora cerca una sua terra, un popolo ancora nomade che deve attraversare il deserto e conquistarsi un suo regno. Ora la salvezza di Dio coincide con la salvezza di una città: Israele non è più saltano un popolo in marcia, è una nazione, è un popolo che si è radicato in una terra. Israele è un popolo che si è donato delle leggi, è un popolo che ha una sua città: la salvezza ora di Dio non riguarda più solo le singole persone, non riguarda soltanto un popolo, riguarda anche le istituzioni che esso si è dato, riguarda la gloria che egli si è conquistata, riguarda la civiltà che egli ha raggiunto. Dio salva la città! Nel Salterio quanti sono i salmi che cantano Gerusalemme! È uno dei temi fondamentali di tutta la Bibbia, il tema della città, ma certo questo tema non viene mai cantato con tanto lirismo come nei Salmi: nei Salmi è tutto quanto un popolo che si sente veramente popolo di Dio, in quanto tutto e raccolto, tutto è stato fatto uno, non soltanto attraverso una legge cui tutto lo governa, ma attraverso una città che tutto lo accoglie e lo unisce. La città di Dio è la Santa Montagna! Certo Gerusalemme è costruita su di una montagna, ma questa identificazione della città con la montagna sembra voler dire qualcosa di più. Non è soltanto un’espressione, un richiamo geografico, un richiamo piuttosto alla concezione della religione primitiva che Israele ha in qualche modo assunto, anche se la rivelazione che ha ricevuto importa per Israele un progresso dell’antica concezione religiosa degli uomini. La Montagna Sacra, il punto centrale del mondo: ecco che cos’è Gerusalemme. Il luogo più alto della terra, quel luogo, come diranno poi i rabbini, dove si fermò l’arca di Noè, il luogo che non fu mai sommerso dal diluvio; quel luogo su cui può discendere Iddio parche è il più vicino al cielo, quel luogo ove gli uomini possono parlare a Dio, luogo in cui la loro parola può giungere più facilmente su nelle altezze.
Gerusalemme, vertice del mondo, centro della vita universale! Così la contempla già il salmista. Gerusalemme, montagna sacra a cui convergeranno tutti i popoli, tutte le nazioni per ricever la legge! Come la canterà Isaia. Qua non è tanto considerato questo assoggettarsi di tutte le nazioni a Israele, alla Santa Città di Gerusalemme, quanto piuttosto è cantata l’invulnerabilità di lei: sull’alta montagna, come non è giunta l’acqua del diluvio a sommergerla, così non può giungere l’offesa dei nemici. Né la marea delle acque né la marea degli uomini possono distruggere la Santa Città, ella sovrasta a tutte le insidie nemiche: « Le porte dell’Inferno non prevarranno contro di essa », per usare l’espressione che poi sarà propria dei Vangeli sinottici a proposito della Chiesa che è la nuova Gerusalemme a proposito di quella Chiesa che subentra all’antica Gerusalemme disfatta, o prossima ad esser di nuovo distrutta dall’Impero Romano.
« Grande è il Signore »: si noti, il salmista celebra la città di Gerusalemme, ma questa celebrazione ridonda immediatamente in una lode di Dio, Perchè? Perché Dio stesso non si manifesta che in essa, essa è la manifestazione visibile, più alta, più piena della potenza e della forza di Dio, dalla bellezza e della grandezza del Suo Nome, Dio non si rivela direttamente agli uomini, Dio non si manifesta immediatamente agli uomini, ma come si è rivelato nella salvezza un giorno ad Israele così ora si rivela nella costruzione della Santa Città invulnerabile ai nemici e nella bellezza della santa Città. Si parla della bellezza di Gerusalemme perchè creata da Dio, o della unità che stringe tutto il popolo nella Santa Città, perchè anche questa unità è frutto di una divina presenza. Non si può dire certo come per la Chiesa cattolica, come per questa nuova città creata da Dio, che l’unità di Israele sia la presenza stessa di Dio, ma è la presenza di Dio che fa l’unità di Israele. L’unità della Chiesa è lo Spirito Divino, anima di tutta la Chiesa, Egli unisce tutte le membra in un solo Mistico Corpo, una_ sola mistica città, dona a questa umanità nuova una unità che supera tutte le unità; l’unità della Chiesa infatti è l’unità in qualche modo di Dio, che ne è l’anima, che ne è il principio di vita. Questo non si può dire per Israele perchè lo Spirito Santo, come dirà poi Gesù nel IV Vangelo, o piuttosto come dirà S. Giovanni, non è stato ancora dato e tuttavia Dio è presente in Gerusalemme. Ed è questa presenza che attira a Dio Israele, che lo plasma in una sola compagine, che lo unisce tutto in una sola nazione, in un solo popolo, che fa di questa città una città tutta compatta come dico il salmo 121. La grandezza della città dunque dice la grandezza di Dio, la sua bellezza rivela Dio, Dio si rivela attraverso l’opera che Egli ha compiuto, in quello che Egli compie, in quello che Egli fa.
Santità, bellezza, fortezza, ecco gli attributi di Gerusalemme: la santità perchè Dio vi è presente, vi è il suo tempio; bellezza questo ergersi del monte, solitario su tutto l’universo, questa bellezza nei suoi torrioni, nelle mura che circondano il monte, questa forza che la rende invulnerabile, che rende impossibile una sua disfatta. « Monte Sion, città del grande sovrano ». Il grande sovrano non è più Sennacherib come lo chiamano gli assiri, il Gran Sovrano è Dio stesso: Gerusalemme non conosce altri re, vi è soltanto un rappresentante del Grande Monarca. In Gerusalemme vive veramente il Signore.
Dopo una celebrazione così generale di Gerusalemme, il salmista dimostra come si. è manifestata la potenza di Dio. I nemici si erano tutti coalizzati contro di lei, contro Gerusalemme. Si erano mossi contro gli estremi confini della terra, tutti per assalirla, tutti per sommergerla: è bastato che l’abbiano vista per rimanerne colpiti, per essere come infranti, spezzati nella loro volontà, costernati; per essere presi come dalle doglie di una partoriente. Dio quale uragano, come l’uragano fa con le navi sul mare, così ha sfracellato questi popoli con un solo atto della sua volontà. La poesia qui raggiunge un lirismo di una grandezza anche classica che non ha confronti, direi, se non pochi, in tutta la letteratura ebraica e in tutta la letteratura universale. L’assalto dei re si spezza, si dissipa come una nube allo splendore di Sion. La rappresentazione drammatica di questa disfatta di eserciti innumerevoli, si chiude in una immagine possente: basta che Dio si mostri, per sconfiggere i suoi nemici. « Simile al vento orientale che squarcia le navi di Tarsis »: non è una battaglia navale, è un’immagine; un vento tempestoso nel mare, e le piccole barche di allora, ma anche le navi di Tarsis potevano essere solo delle piccole navi, sballottate dalle onde, sfracellate dall’uragano! Si ripete per Israele la salvezza di Dio: Dio è presente in Israele per operare, continua la salvezza che operò agli inizi.
Come l’esperienza del cristianesimo è la presenza del mistero di Cristo (nella Messa ogni giorno tu non vivi altro che questa presenza e l’atto della Redenzione) così per Israele, la sua storia non è che l’esperienza della vittoria, la salvezza sui nemici. Ecco perchè ora la disfatta di Sennacherib ripete la disfatta del Faraone; ecco perchè si parla di navi e di mare: il richiamo del mare unisce la disfatta presente alla disfatta antica dell’esercito del Faraone sommerso nel Mar Rosso.
« Come avevamo udito, così abbiamo visto »: non è più semplice fede in un fatto passato: è un’esperienza presente di una stessa salvezza. Dio è la difesa d’Israele, Dio è la salvezza del popolo suo, « nella città del nostro Dio ».
« Come avevamo udito, così abbiamo visto ». La salvezza di Dio le rende vanto in eterno. Dopo aver contemplato la disfatta di Sennacherib ecco ora tutto il popolo riunito nel Tempio canta la lode di Dio. Dio si è manifestato potente fino all’estremità della terra, perchè tutta quanta la terra è stata sottoposta al suo Impero; nella disfatta di Sennacherib tutte le nazioni sono state sconfitte, non rimane vincitrice che Gerusalemme, non rimane vittorioso che Dio che ne ha il suo regno. Voi capite come è facile la trasposizione da un’esegesi letterale a un’esegesi spirituale ed escatologica! Tutto il popolo canta dunque la lode di Dio, e la lode di Dio e grande come il suo nome; il suo nome si e sparso su tutta la terra, il terrore ha invaso tutti i popoli, e il terrore dei popoli di fronte a Gerusalemme s’innalza al cielo come lode alla divina potenza, come lode alla forza vincitrice di Dio.
Questa è la lode: non più una liturgia che sale soltanto nel Tempio, anche la guerra, la disfatta è una liturgia perchè manifesta la divina potenza. Dopo l’introduzione alla seconda parto dell’inno, allora il salmista chiama il popolo d’Israele a contemplare la bellezza di Gerusalemme, cioè, come dicevo prima, la sua invulnerabilità: Andate intorno, guardate! I nemici non l’hanno nemmeno toccata, non vi è breccia nelle sue mura. Quello che possono faro gli uomini contro la città di Dio si esprime nell’orgoglio d’Israele che contempla la sua città, bella come prima, non toccata dalla mano del nemico. « Circondate Sion, giratele intorno, contate le sue torri. Osservate i suoi baluardi, passate in rassegna le sue fortezz… »: gli altri sono disfatti, gli altri sono tutti morti, ella ancora si eleva in alto, come prima. È la bellezza di questa Gerusalemme che rimane il canto e la lode di Dio.
Questo ci dice il salmo 48. È uno dei salmi che più facilmente possono avere una trasposizione in una esegesi spirituale. È chiaro qui, che la città non può rappresentare che la Chiesa per noi, ed è chiaro che come la Chiesa può esser sempre contemplata da noi come il miracolo della divina potenza, della bellezza divina. Dio ci manifesta nella vita della Chiesa la sua invulnerabilità. Ella si erge al di sopra delle nazioni, non combatte come Gerusalemme nelle parole di questo salmo, ma basta che gli altri la vedano per esserne disfatti; la sua stessa presenza sgomina ogni nemico. Intatta si eleva come miracolo permanente e segno di una divina presenza.
Una trasposizione, direi più fedele, si ha se noi leggiamo questo salmo in una prospettiva escatologica: la disfatta di Sennacherib è la disfatta di tutti i nemici di Dio al termine dei giorni. Il Paradiso rimane, e di fronte al paradiso la morte, la fine di ogni potenza che abbia voluto in qualche modo contrastare la vittoria del Regno! Gerusalemme sola s’innalza come monte, come vertice di tutte le montagne ed è salda e combatte non toccata da mano nemica. Piena di una divina presenza, salda perchè consacrata da questa stessa presenza, ella non è che l’amore eterno di Colui che l’ha creata, l’ha salvata ed ora la illumina tutta, ed ora la riempie della sua gloria. Come comprendiamo che la Chiesa voglia che noi preghiamo il Signore coi salmi! Come ci rendiamo conto che questi antichi inni possano avere un significato cristiano sulle nostre labbra! Dall’inizio alla fine Dio non compie che l’opera sua: l’accenna prima, la compie poi, la manifesta in ultimo, in tutta la sua grandezza a colui che ha creduto e gli è rimasto fedele.

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