Archive pour la catégorie 'ZENITH.ORG – ARTICOLI'

NASCE A POMPEI L’OASI « VERGINE DEL SORRISO » – CENTRO PER IL BAMBINO E LA FAMIGLIA « GIOVANNI PAOLO II »

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NASCE A POMPEI L’OASI « VERGINE DEL SORRISO »

SABATO L’INAUGURAZIONE DELLA PRIMA OPERA DEL CENTRO PER IL BAMBINO E LA FAMIGLIA « GIOVANNI PAOLO II »

POMPEI, 04 DICEMBRE 2013 (ZENIT.ORG) GIOVANNA ABBAGNARA

Sabato 7 dicembre, vigilia dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, verrà inaugurata a Pompei l’Oasi Vergine del Sorriso, la prima opera del nascente Centro per il Bambino e la Famiglia Giovanni Paolo II. Il 7 ottobre 2003 Giovanni Paolo II, in visita pastorale al Santuario di Pompei, concluse il suo discorso con queste parole: “Siate “operatori di pace”, sulle orme del Beato Bartolo Longo, che seppe unire la preghiera all’azione, facendo di questa Città mariana una cittadella della carità. Il nascente Centro per il bambino e la famiglia, che gentilmente mi si è voluto intitolare, raccoglie l’eredità di questa grande opera”. Oggi il sogno diventa realtà. Vengono spalancate le porte della prima casa di accoglienza grazie alla disponibilità di una coppia di sposi della Fraternità di Emmaus, Alfredo e Roberta Cretella che insieme ai cinque figli e l’ultima in arrivo tra pochi giorni, hanno scelto di lasciare la loro casa per condividere la loro quotidianità con i più piccoli. Un carisma, quello della preghiera che si intreccia con la carità, che è uno dei pilastri fondamentali di questo giovane movimento ecclesiale nato intorno agli anni ’90 per opera di un sacerdote, don Silvio Longobardi e che oggi vede la presenza di altre Oasi, oltre che in Italia, anche in Burkina Faso e in Ucraina. Un’attenzione particolare alla famiglia nata sotto l’impulso del magistero di Giovanni Paolo II che si concretizza in una attenta azione culturale e in una generosa condivisione quotidiana grazie alla disponibilità di tante famiglie. “Abbiamo lasciato la nostra casa per iniziare questa avventura di carità, spinti dal desiderio di rispondere ad un invito di Dio. L’eucarestia quotidiana e la concreta condivisione con i nostri amici della Fraternità di Emmaus sono la nostra forza” affermano trepidanti ma sereni Alfredo e Roberta e aggiungono: “quando abbiamo incontrato l’arcivescovo di Pompei, Mons. Tommaso Caputo, ci ha condotti davanti al quadro della Madonna di Pompei, da poco restaurato e lì ci ha benedetti. Da quel momento sappiamo che Maria accompagna e guida i nostri passi”. Una scelta, quella della famiglia Cretella, che pone l’accento sul protagonismo dei laici nella Chiesa, in piena continuità con il pensiero e l’opera del beato Bartolo Longo che scelse di restare laico e in prima persona consumò la sua vita nel servizio alla Chiesa attraverso la preghiera e la carità. La presenza di una piccola cappellina con Gesù Eucarestia all’interno dell’Oasi Vergine del Sorriso sottolinea maggiormente che il servizio sgorga limpido dalla preghiera e dall’ascolto. Solo in ginocchio si impara ad amare l’altro e a servirlo. Con grande gioia S.E. Mons. Caputo, che ha seguito e ha fortemente voluto l’apertura di questa prima opera, ha salutato l’evento: “Con la Casa Famiglia Oasi Vergine del Sorriso, affidata alla Fraternità di Emmaus, diamo il via al « Centro per il Bambino e la Famiglia Giovanni Paolo II », nuova realtà di accoglienza, sorta tra le antiche mura delle « Case Operaie », per proseguire il cammino tracciato dal nostro fondatore, il Beato Bartolo Longo, con il suo stesso spirito di carità e di servizio, perché Pompei risponda sempre più alla sua vocazione: essere una cittadella dell’amore, aperta a tutti, senza discriminazioni e dove nessuno si senta escluso ». Anche il Sindaco di Pompei, Claudio D’Alessio, che ha seguito per conto della Regione i lavori di ristrutturazione del Centro, ha dichiarato: “Siamo felici di aver contribuito alla realizzazione di un’opera di accoglienza in linea con le tradizioni della nostra Città. Tradizioni dettate dai principi di solidarietà, accoglienza e carità tramandate dal fondatore della Valle di Pompei, il Beato Bartolo Longo”. L’inaugurazione verrà preceduta da una celebrazione eucarestica, presieduta dall’arcivescovo di Pompei, che si celebrerà presso la Cappella Bartolo Longo alle ore 17.30.

LA VITA NUOVA NASCE DA UNO SGUARDO CHE SALVA-GUARDA – INVITO ALLA LETTURA DI « UN DIO UMANO »

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LA VITA NUOVA NASCE DA UNO SGUARDO CHE SALVA-GUARDA

INVITO ALLA LETTURA DI « UN DIO UMANO »

Roma, 13 Novembre 2013 (Zenit.org)

«Una delle verità capitali del cristianesimo, oggi particolarmente misconosciuta da tutti, sta nel fatto che è lo sguardo a salvare», quest’affermazione della filosofa ebrea Simone Weil che capta una dimensione essenziale del cristianesimo costituisce anche uno dei leitmotiv della riflessione del nostro collega a Zenit Robert Cheaib nel suo nuovo libro Un Dio umano. Primi passi nella fede cristiana. Il principio-amore che costituisce l’essenza del cristianesimo si traduce in uno sguardo che non condanna ma che salva-guarda e la salvezza è anche l’esperienza di un’anima che riesce a sollevare lo sguardo a risorgere verso la dignità dei figli di Dio. Nelle parole di Simone Weil: «Lo sforzo attraverso il quale l’anima si salva somiglia a quello per mezzo del quale si guarda, per mezzo del quale si ascolta, per mezzo del quale una fidanzata dice di sì. È un atto di attenzione e di consenso». Di seguito un piccolo assaggio del libro.

* * *
Nella vita quotidiana ci sfioriamo con gli sguardi. Ci fissiamo per prepotenza, manteniamo lo sguardo per cortesia o ci perdiamo negli occhi dell’altro per amore. Lo sguardo è una meraviglia misteriosa. Quando guardi chi ti guarda, ti rendi conto che non dovresti trattare l’altro come un oggetto. L’altro è una presenza, è un «tu». Lo sguardo, però, può essere indiscreto, un giudizio ancor più spietato delle parole.
Ciò che vale per le persone si applica anche alla nostra percezione dello sguardo di Dio. Jean-Paul Sartre, un filosofo esistenzialista ateo, racconta che, una volta, nella sua infanzia, mentre stava giocando con i fiammiferi ha bruciato un piccolo tappeto. In quell’istante, mentre cercava di nascondere le tracce del delitto, ha sentito «lo sguardo di Dio all’interno della sua testa e sulle sue mani». Era «orribilmente visibile» agli occhi di quel Dio. Sartre si è infuriato contro tale «indiscrezione» e ha bestemmiato e da allora, racconta: «Dio non m’ha più guardato». Non c’è da meravigliarsi se quell’uomo è diventato ateo! Uno sguardo onnipresente di questa aggressività è insostenibile, è diabolico! Non è affatto questo lo sguardo di Dio nei vangeli.
Nella pericope di Gv 1,35-51 c’è una grande intensità di sguardi: il Battista «fissa lo sguardo su Gesù» e i due discepoli sono chiamati a venire e vedere. Ma lo sguardo che conta e che non solo guarda ma salva-guarda è quello di Gesù. È lo sguardo luminoso che illumina i vari incontri. Il climax di questo gioco di sguardi è l’incontro con Natanaele.
Filippo – uomo semplice ed entusiasta – annuncia all’amico Natanaele: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nazaret!». Natanaele, l’intellettuale, coglie la palla al balzo per mostrarsi saccente: «Da Nazaret può venire qualcosa di buono?». «Vieni e vedi!». Natanaele viene a vedere Gesù, non per curiosità, né per convinzione, ma per sfida, come se dicesse a Filippo: «Vengo, vedo e vinco il tuo abbaglio». Gesù, intanto, vede Natanaele ed elogia la sua integrità. Ma questi, diffidente, replica: «Come mi conosci?». Gesù risponde: «Prima che Filippo ti chiamasse, ti ho visto sotto l’albero di fichi».
La risposta suscita in Natanaele una reazione a prima vista esagerata. Lo scettico saccente, infatti, confessa la divinità di Gesù: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re di Israele!». Cosa è successo?
È difficile compenetrare fino in fondo il valore di quest’esperienza; è certo però che la frase di Gesù non è stata una localizzazione spazio-temporale. Gesù ha visto Natanaele nella sua essenza, nella sua dimora spirituale, come persona assetata della verità, come uomo in cammino (homo viator), un cuore giovane che cerca il volto di Dio.
Il midrash Rabbah racconta che a volte i rabbini insegnavano e studiavano sotto un albero di fichi. Natanaele stava forse gustando la parola di Dio, stava cercando lo sguardo di Dio, la sua visuale, la sua visione. Ed ecco che si scopre cercato prima di essere cercatore, visto con amore prima di vedere.
Gesù coglie e accoglie questo desiderio, questa passione divina in Natanaele. Da qui possiamo immaginare lo sguardo di Gesù. Non uno sguardo scrutatore di fredda curiosità, o di giudizio e condanna, ma lo sguardo che salva-guarda. Il salmista ci insegna che Dio ci guarda, scruta e conosce, ci vede con amore mentre ancora siamo informi, trasformandoci in una meraviglia stupenda (cf. Sal 139). Quello sguardo divino, Natanaele l’ha visto negli occhi di Gesù.
Quando qualcuno ci avvolge con uno sguardo caldo, la nostra vita è visitata, siamo improvvisamente strappati dall’anonimato e dalla solitudine esistenziale. Agli occhi di Gesù si applica in modo eccellente ciò che dice il filosofo francese Jean-Louis Chrétien: «L’ascolto è più congeniale allo sguardo dell’udito». Gesù ascolta, accoglie e ama con i suoi occhi. Lo sguardo di Gesù trasmette, guarda dentro e ama; così nell’episodio del giovane ricco: «Gesù lo guardò dentro e lo amò» (emblepsas auto egapesen auton) (Mc 10,21).
Giacomo Biffi osserva che l’esistenza di Pietro è segnata da due sguardi trasformanti. Il primo risale al primo incontro con Gesù, il quale, «fissando lo sguardo su di lui, disse: “Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa che significa Pietro”» (Gv 1,42). Il secondo sguardo è dopo il triplice rinnegamento di essere discepolo di Gesù e il canto del gallo, quando «il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro, e Pietro… uscito fuori, pianse amaramente» (Lc 22,61-62).
Non è facile sostenere lo sguardo, soprattutto quello di Dio. Abbiamo troppi pregiudizi inculcati dagli ammonimenti dell’infanzia e dalla voce del serpente che sussurra nel giardino di ogni cuore parole di diffidenza nei confronti di Dio: l’abbiamo visto in Sartre che afferma che lo sguardo dell’altro ferisce, è pericoloso, uccide.
Il vangelo, però, è la «buona notizia» sullo sguardo misericordioso di Dio. Thérèse di Lisieux, che ha colto lo sguardo di Dio nella sua verità, ebbe a dire in un suo poema intitolato Mon Ciel à moi: «Lo sguardo del mio Dio, il suo splendido sorriso. Ecco il mio Cielo!». Da qui si capisce quel che Balthasar scrive: «La santità consiste nel tollerare lo sguardo di Dio».
Non è facile lasciarsi guardare, lasciarsi amare soprattutto laddove noi stessi non riusciamo a guardarci e amarci. A volte ci capita di essere elogiati da qualcuno per qualità che non vediamo in noi stessi. In quei momenti, siamo attraversati da due sentimenti contrastanti: siamo contenti di essere amati e apprezzati, ma, al contempo, serpeggia dentro di noi un senso di tristezza che ci spiffera cinicamente: «Se ti conoscesse veramente, non penserebbe questo di te».
Gesù conosce nel profondo Natanaele, conosce ognuno di noi, ci guarda come quel giovane del vangelo e ci ama. Lui è fatto così: non ci ama perché siamo degni, ma ci rende degni perché ci ama.
A Gesù si applicano in modo pieno le parole sull’amore di Jean Vanier, il fondatore della comunità L’arche che si occupa dei disabili mentali: «Amare qualcuno è rivelargli la sua bellezza».
Gesù guarda l’uomo e il suo sguardo creatore effonde in lui la bellezza originaria e originale di Dio. Lo sguardo di Gesù restaura l’immagine ferita di Dio.
Se il cuore è pronto, basta solo uno sguardo d’amore per risorgere.

Publié dans:meditazioni, ZENITH.ORG - ARTICOLI |on 13 novembre, 2013 |Pas de commentaires »

MALTEMPO? UN GRANDE VALORE PEDAGOGICO

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MALTEMPO? UN GRANDE VALORE PEDAGOGICO

Una riflessione sul disagio creato dall’ondata di freddo e neve

di Salvatore Vitiello*
ROMA, sabato, 4 febbraio (ZENIT.org).- Le condizioni di maltempo su tutta l’Italia e sull’intera Europa, con temperature siberiane ed importanti nevicate, hanno certamente determinato un profondo disagio per tutti, impedendo gli spostamenti e, talvolta, perfino di assolvere ai “normali” doveri lavorativi, stravolgendo l’ordinario svolgimento delle giornate.
Tuttavia, pur nell’oggettiva difficoltà di una situazione forse non adeguatamente prevista ed affrontata, è possibile, e quindi doveroso, porre in evidenza un elemento positivo: la presente situazione climatica ha un profondo valore pedagogico. In che senso?
Nel senso che ci educa tutti a ricordare che non siamo i “padroni del mondo”, che non tutto è nelle nostre mani, che i nostri mezzi ipertecnologici possono essere messi fuori uso da un improvviso abbassamento delle temperature o da un semplice blackout elettrico.
Dover camminare lentamente, a causa della neve e del ghiaccio, restituisce al “cammino” il suo significato, passo dopo passo, guardando attentamente dove si poggia il piede, osservando sia tutto ciò che si ha intorno, sia le persone che ci è dato di incrociare. Lentamente, con calma, quasi recuperando, d’improvviso, il tempo rubato dalla civiltà dei consumi e del quale, ormai, nemmeno ci rendiamo più conto.
La neve, poi, non solo ovattando i suoni, ma fermando la circolazione, ha reso le nostre città improvvisamente più silenziose, meno caotiche! Siamo davvero sicuri che il cosiddetto caos di queste ore, sia peggiore di quello che quotidianamente viviamo nel trambusto del traffico e nella concitazione dei vari impegni?
La realtà esiste! È per noi, è fuori di noi e non siamo noi a determinarla totalmente! La realtà è ancora capace di stupirci, e non solo nello sguardo incantato per i fiocchi di neve che cadono; la realtà ci stupisce perché è più grande dell’uomo. Possiamo e dobbiamo spalancarci ad essa, conoscerla, interagire per migliorarla, ma non siamo i “padroni” né i creatori del mondo. Qualche giorno di “fermo” alle frenetiche esistenze dell’uomo contemporaneo, non può che far bene, molto bene, allo spirito. Se ne approfitti per stare con le persone più care e condividere “pezzi di vita” che si sono lasciati indietro, per leggere quel buon libro che attende da mesi, per pregare un po’ quel Dio che ha fatto tutte le cose, che ha creato anche te e che, troppo spesso, dimentichi anche di salutare.
Il maltempo, contro il quale ben poco possiamo fare, ha il suo valore pedagogico: ci ricorda chi siamo, collocandoci gentilmente, ma invincibilmente, al nostro posto di creature. Ci obbliga a rallentare i ritmi (disumani) che spesso abbiamo e ci dona un po’ di silenzio, merce preziosissima, ma poco valutata nell’epoca contemporanea. Il maltempo educa, necessariamente, ad obbedire alla realtà.
E se, camminando nella neve, ci è parso di incrociare più facilmente lo sguardo ed il sorriso degli altri, affaticati ed impacciati come noi, non stupiamocene: si chiama umanità.
* Università Cattolica del Sacro Cuore – Roma

Publié dans:meditazioni, ZENITH.ORG - ARTICOLI |on 4 février, 2012 |Pas de commentaires »

La stampa laica trascura i tesori dei discorsi papali

dal sito:

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La stampa laica trascura i tesori dei discorsi papali

Padre Thomas Wiliams commenta il pellegrinaggio in Terra Santa

GERUSALEMME, martedì, 12 maggio 2009 (ZENIT.org).- Il sacerdote della Congregazione dei Legionari di Cristo, padre Thomas Williams (www.thomasdwilliams.com), un teologo statunitense che vive a Roma, segue per la CBS News la storica visita di Benedetto XVI in Terra Santa. Per l’occasione offrirà una cronaca del suo viaggio anche a ZENIT. Di seguito riportiamo il suo primo commento.

* * *

Sono arrivato in Israele domenica sera, per essere qui per l’arrivo di Benedetto XVI lunedì mattina. Il proverbiale sistema di sicurezza israeliano è stato aumentato per la visita del Santo Padre, ma nonostante polizia e telecamere ovunque siamo riusciti ad attraversare l’aeroporto con ritardi minimi. Per fortuna non ero andato in Messico la settimana scorsa, visto che dei cartelli invitavano quanti c’erano stati a recarsi al posto sanitario dell’aeroporto per gli accertamenti contro l’influenza A.

Gerusalemme dista solo 30 miglia dall’Aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, per cui il viaggio non è durato più di 45 minuti. Il mio taciturno autista Hezi mi dava segnalazioni occasionali durante il viaggio (indicando anche il suo quartiere) mentre attraversavamo rombando l’autostrada con la sua malridotta Subaru bianca, ma è diventato estremamente cordiale quando gli ho detto che non mi dava fastidio se fumava in macchina.

Quando la Città Santa di Gerusalemme è apparsa all’orizzonte, emergendo dal panorama come una versione bianco-mediterraneo della Città di Smeraldo di Oz, mi ha tolto il fiato. E’ solo la mia seconda visita in Terra Santa, e camminare dove ha camminato Gesù e guardare la città che ha amato così profondamente è una sensazione indescrivibile.

La città è abbellita per la visita del Papa con bandiere bianche e gialle che costellano il viale principale intorno alla Città Vecchia, intervallate dalle bandiere dello Stato di Israele, bianche con la stella di Davide blu. Gli emblemi papali non sono gli unici segni da notare, ovviamente, e molti cartelloni annunciano l’arrivo sugli schermi della versione cinematografica di “Angeli e demoni”. Ovunque, qui, il sacro e il profano sono fianco a fianco.

In questo pellegrinaggio papale precedente all’arrivo del Pontefice in Israele sono già avvenute molte cose. Benedetto XVI ha trascorso tre giorni proficui nel Regno di Giordania, dove ha visitato il Monte Nebo, da dove Mosè fece spaziare lo sguardo dal fiume Giordano alla Terra Promessa, così come la Moschea Al-Hussein Bin Talal, dove ha pronunciato un brillante discorso sul dialogo interreligioso e interculturale.

Questo mi fa venire in mente una riflessione per me ricorrente in questi giorni. Molte persone hanno sentore di ciò che Papa Benedetto dice o scrive quando qualche sua frase o qualche azione suscita proteste e viene ripresa dai media secolari. Ciò porta a una visione del tutto parziale e ingiustamente negativa del Papa. Quasi chiunque, quindi, sa che un commento a Ratisbona (Germania) nel 2006 ha infastidito i musulmani, e che ha rimesso la scomunica a quattro Vescovi scismatici, uno dei quali nega l’Olocausto, ma pochi hanno letto le sue Encicliche sull’amore e sulla speranza, o ascoltato i suoi discorsi su San Paolo e i Padri della Chiesa.

Questa domenica Benedetto XVI ha celebrato una Messa all’aperto nell’International Stadium di Amman, dove un altro gioiello di questo tipo è sfuggito all’attenzione dei media. In questo Paese a maggioranza musulmana, il Papa ha scelto di esporre un’approfondita riflessione sulla dignità delle donne, riferendosi al loro “carisma profetico” e lodandole come “portatrici di amore, maestre di misericordia e costruttrici di pace”.

“Con la sua pubblica testimonianza di rispetto per le donne e con la sua difesa dell’innata dignità di ogni persona umana, la Chiesa in Terra Santa può dare un importante contributo allo sviluppo di una cultura di vera umanità e alla costruzione della civiltà dell’amore”, ha aggiunto.

Arrivando in Israele questo lunedì mattina, il Papa ha subito voluto dissipare ogni dubbio residuo circa la sua posizione sull’Olocausto ebraico. Nel suo primo discorso, all’aeroporto di Tel Aviv, ha affermato: “È giusto e conveniente che, durante la mia permanenza in Israele, io abbia l’opportunità di onorare la memoria dei sei milioni di Ebrei vittime della Shoah, e di pregare affinché l’umanità non abbia mai più ad essere testimone di un crimine di simile enormità. Sfortunatamente, l’antisemitismo continua a sollevare la sua ripugnante testa in molte parti del mondo. Questo è totalmente inaccettabile. Ogni sforzo deve essere fatto per combattere l’antisemitismo dovunque si trovi, e per promuovere il rispetto e la stima verso gli appartenenti ad ogni popolo, razza, lingua e nazione in tutto il mondo”.

Il Papa non vuole che resti un’ombra di dubbio sulla sua ripugnanza nei confronti dell’antisemitismo, e sta cercando di uccidere rapidamente il drago prima che sollevi la sua terribile testa. Si spera che la sua evidente buona volontà ne susciti una uguale da parte di tutti coloro che lo ascoltano.

La sua toccante visita al Memoriale dell’Olocausto di Yad Vashem lunedì pomeriggio ha offerto un’ulteriore conferma del suo impegno per promuovere le relazioni tra ebrei e cristiani e presentare una posizione unita a favore dei diritti umani. Dopo l’incontro, ho parlato con molti ebrei per la strada e la maggior parte di loro è stata soddisfatta di come sono andate le cose, anche se un uomo mi ha detto che il Papa avrebbe dovuto dire che milioni di ebrei sono stati “assassinati” e non “uccisi”. Onestamente ho qualche problema nel percepire questo livello di cavillosità semantica, ma ovviamente lui pensava che fosse importante.

Finora nelle sue varie attività in Terra Santa il Papa non solo ha evitato i problemi che molti avevano previsto, ma ha anche perseguito attivamente una via molto più elevata, sfidando i suoi ascoltatori alla pace, alla giustizia, al dialogo e al rispetto reciproco. Nei prossimi giorni ci si aspetta ancor di più.

[Traduzione dall'inglese di Roberta Sciamplicotti]

Il secolarismo invade il mondo – Gli Stati Uniti si uniscono all’Europa e alle Nazioni Unite

dal sito:

http://www.zenit.org/article-18122?l=italian

Il secolarismo invade il mondo

Gli Stati Uniti si uniscono all’Europa e alle Nazioni Unite

di Carl Anderson*

NEW HAVEN (Connecticut, Stati Uniti), martedì, 5 maggio 2009 (ZENIT.org).- Molti eventi degli ultimi mesi – e in particolare la risposta dei media e delle organizzazioni governative alle dichiarazioni e alle azioni di Papa Benedetto XVI – hanno dimostrato chiaramente che il Papa e la Chiesa affrontano un secolarismo sempre più ostile.

I recenti attacchi internazionali al Papa, da parte sia dei Governi che dei media, sulla soluzione alla crisi dell’Aids in Africa mostrano un’ortodossia sempre più secolare. Questo punto di vista non dà valore alla moralità cristiana e vuole ignorare i fatti nella sua ricerca di una soluzione secolare a ogni problema sociale.

La discussione di Papa Benedetto su questo fenomeno nel contesto europeo risale a molti anni fa. Mentre l’Europa abbandona le sue radici cristiane, crea un futuro in cui la religione non ha posto nella sfera pubblica. Alcuni commentatori sono andati oltre al punto di riferirsi alla « cristianofobia » europea. Del resto, i sondaggi mostrano che un terzo o anche meno degli abitanti di Gran Bretagna, Germania, Italia e Francia afferma che la religione gioca un ruolo importante nella propria vita.

Parlando a un gruppo di politici europei nel 2006, Benedetto XVI li ha esortati a sostenere l’eredità cristiana del continente e ha avvertito dei pericoli per la democrazia se si esclude la tradizione cristiana dell’Europa da un ruolo pubblico.

Il « sostegno all’eredità cristiana », ha affermato, potrebbe aiutare a « sconfiggere quella cultura tanto ampiamente diffusa in Europa che relega alla sfera privata e soggettiva la manifestazione delle proprie convinzioni religiose ». Citando l’Evangelium Vitae, ha anche avvertito che queste manifestazioni di secolarismo « escludono l’impegno con la tradizione religiosa dell’Europa che è tanto chiara nonostante le sue variazioni confessionali, minacciando in tal modo la democrazia stessa, la cui forza dipende dai valori che promuove ».

In contrasto con la crescente ostilità nei confronti della Chiesa in Europa, Papa Benedetto – anche prima della sua elezione – ha visto un secolarismo con più speranze, meno ostile, in America. Parlando negli Stati Uniti poco più di un anno fa, ha affermato: « Ritengo significativo il fatto che qui in America, a differenza di molti luoghi in Europa, la mentalità secolare non si è posta come intrinsecamente opposta alla religione. All’interno del contesto della separazione fra Chiesa e Stato, la società americana è sempre stata segnata da un fondamentale rispetto della religione e del suo ruolo pubblico e, se si vuol dar credito ai sondaggi, il popolo americano è profondamente religioso ».

Ad ogni modo, non considerava il modello americano libero da attacchi di secolarismo, e ha aggiunto: « Non è sufficiente contare su questa religiosità tradizionale e comportarsi come se tutto fosse normale, mentre i suoi fondamenti vengono lentamente erosi ».

Lo scorso anno, quest’ultima frase si è dimostrata sempre più presciente.

Se non sono ancora stridenti come i secolaristi in Europa, le forze secolari degli Stati Uniti sono diventate più audaci, cercando di emarginare la Chiesa e di etichettare il suo insegnamento sul matrimonio e la vita come superato, quando non bigotto. In almeno un caso, un Governo statale ha considerato (senza successo) l’ipotesi di riorganizzare legalmente la Chiesa cattolica togliendo ai suoi Vescovi e ai sacerdoti il controllo su Diocesi e parrocchie.

L’ostilità è aumentata anche nei media. Proprio prima di Pasqua, i media americani hanno trattato due sondaggi di importanti istituti: uno – commissionato dai Cavalieri di Colombo – ha mostrato un enorme apprezzamento della Pasqua da parte degli americani, l’altro ha mostrato un modesto decremento del numero di americani che si dice cristiano. I media secolari hanno scelto di dare ampia copertura al « declino della cristianità », e molta meno all’alta considerazione per la Pasqua e al gran numero di americani che prevedeva di assistere alle celebrazioni.

C’è un pregiudizio apparentemente simile negli attacchi alle dichiarazioni del Papa sull’Aids e i preservativi. Funzionari delle Nazioni Unite di vari Paesi europei, così come i media internazionali di Stati Uniti e Gran Bretagna, si sono affrettati ad affermare che il Papa aveva torto.

Mentre negli Stati Uniti aumenta l’ostilità politica nei confronti dell’eredità cristiana del Paese, sembra ora evidente che Papa Benedetto e la Chiesa cattolica affrontano un asse di secolarismo, costituito da importanti elementi nell’Unione Europea, nelle Nazioni Unite e ora anche negli Stati Uniti. Il fatto che abbia aderito anche quest’ultimo Paese è significativo sia perché si tratta di un’aggiunta recente che perché gli USA esercitano una grande influenza, in generale e in termini relativi ai loro media.

Ne abbiamo anche visti gli effetti. Tagliato fuori dalla sua bussola morale, a cui il Papa si è riferito come alla base morale pre-politica di uno Stato libero, questo asse si è mostrato non desideroso o incapace di accettare altro se non i suoi valori. In nome di un impegno radicale solo nei confronti della ragione, siamo stati testimoni di un giudizio contro il Papa nonostante le prove scientifiche. Un cosiddetto impegno con la ragione – separata dalla fede – si è dimostrato irragionevole nella sua ostilità verso la moralità e la fede religiosa.

Una tendenza di questo tipo, come ha sottolineato il Papa, è preoccupante per il futuro della democrazia, e per un mondo che ha già sperimentato il secolarismo radicale nella forma del marxismo e del nazionalsocialismo questa tendenza è troppo familiare. Escluso dalla bussola morale, il mondo rischia di abbracciare una dittatura familiare, una « dittatura del relativismo » come l’ha definita il Pontefice.

Questa « hubris della ragione », ha avvertito una volta l’allora Cardinale Ratzinger, « rappresenta una sfida ancor maggiore – basta pensare alla bomba atomica, o all’uomo come ‘prodotto’ ».

La nostra risposta richiederà una stretta cooperazione tra Vescovi, sacerdoti e laici – che Papa Benedetto ha proposto come chiave del successo della nuova evangelizzazione. Nient’altro porterà efficacemente il Vangelo in questi panorami sempre più secolari.

Seguendo la guida di Papa Benedetto, ciascuno di noi deve lavorare per portare il messaggio di Cristo ai nostri vicini e alle nostre Nazioni attraverso la nostra testimonianza alla verità nella sfera pubblica e in quella privata. Come ogni volta in cui la Chiesa ha affrontato le sfide di un ambiente ostile, la nostra testimonianza cristiana, il nostro amore per il prossimo, è la testimonianza più potente che possiamo dare alla nostra società sempre più secolarizzata.

*Cavaliere supremo dei Cavalieri di Colombo e autore di best seller. 

[Traduzione dall'inglese di Roberta Sciamplicotti]

Publié dans:ZENITH.ORG - ARTICOLI |on 5 mai, 2009 |Pas de commentaires »

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