Archive pour la catégorie 'TRINITÃ – SPIRITO SANTO'

Il rapporto tra lo Spirito Santo e il cristiano (Gianfranco Ravasi)

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Il rapporto tra lo Spirito Santo e il cristiano

di GIANFRANCO RAVASI

«La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi». Il saluto trinitario paolino (2 Corinzi 13,13) può essere idealmente l’avvio della nostra nuova riflessione sullo Spirito Santo. L’accento cade su quel «tutti voi» finale: ogni cristiano ha un rapporto radicale e personale con lo Spirito. È ciò che a più riprese attesta Paolo ed è il naturale sviluppo di quanto abbiamo approfondito lo scorso mese, esaltando la funzione ecclesiale dello Spirito. A partire dall’immagine del corpo l’apostolo, in 1 Corinzi 12, celebrava il nesso tra dono comune effuso con la grazia a tutti i fedeli e i carismi specifici di ciascun credente. Gli stessi verbi usati sono significativi: lo Spirito è «mandato, dato, elargito, versato, effuso» nel cristiano ed è da lui « ricevuto » così da esserne « pieno », da « abitare » o « dimorare » nel suo cuore, da « averlo » come possesso personale. Bellissima è la frase a connotazione battesimale di Romani 5,5: «L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato».
Dicevamo che lo Spirito è presente in modo « radicale » in ogni cristiano. È ciò che accade appunto nel battesimo, quando riceviamo l’adozione a figli e diveniamo nuova creatura. Fondamentale è il passo di Galati 4,6 (ripreso da Romani 8,15): «Che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del Figlio suo che grida: « Abbà », Padre!». L’effusione dello spirito nel battezzato fa sì che egli possa rivolgersi a Dio con l’appellativo familiare aramaico con cui il bambino chiamava suo padre, « papà ». Questo ingresso « radicale » dello Spirito dà il via a una trasformazione integrale dell’essere della creatura e del suo agire. Il figlio di Dio cresce seguendo il percorso che gli viene indicato dallo « Spirito del Figlio »: «Se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito» (Galati 5,25).
Lo Spirito Santo non è solo una componente strutturale dell’antropologia cristiana, lo è anche dell’etica. Non è solo alla base ontologica della nuova vita trascendente, è anche principio dinamico che anima l’agire morale, conducendo il cristiano a produrre «il frutto dello Spirito che è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Galati 5,22). Lo Spirito stimola il fedele a seguire «la legge dello Spirito», a vivere «nello Spirito» e a comportarsi «secondo lo Spirito» (sono queste espressioni tipiche paoline). Lo Spirito ci conduce, dunque, per tutto l’arco della nostra esistenza ma anche ci fa approdare alla meta ultima, all’escatologia. Per descrivere questa tensione verso la pienezza Paolo usa due immagini: della primizia (aparchè) e della caparra (arrabòn). Esse illustrano il nesso tra presente e futuro, tra realtà ottenuta e compimento sperato, un nesso che sostiene l’esistenza del cristiano e che è alimentato dallo Spirito.
Ai Romani l’apostolo scrive: «Noi possediamo le primizie dello Spirito, ma gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo: nella speranza, infatti, siamo stati salvati» (8,23-24). Ai Corinzi, invece, dichiara: «Dio, in Cristo, ci ha impresso il sigillo e ci ha dato la caparra dello Spirito Santo nei nostri cuori» (2 Corinzi 1,21-22; 5,5). Che cosa significhino queste immagini di « anticipazione » e di speranza è esplicitato nella stessa Lettera ai Romani: «Se lo Spirito di colui che ha risuscitato dai morti Gesù abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti, darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi» (8,11). Il nostro è, perciò, un destino pasquale ed è quello stesso Spirito, che ci ha dato nel battesimo una nuova vita e che ci ha guidato nell’esistenza morale secondo la legge dell’amore, a condurci efficacemente a quella pienezza gloriosa. Paolo nella prima Lettera ai Corinzi la raffigurerà anche con un’espressione greca a prima vista contraddittoria, soma pneumatikòn (15,44.46), « corpo spirituale ».
Come può essere « spirituale » ciò che per sua natura è antitetico, cioè il corpo materiale? La risposta è nell’esatta comprensione dei due termini secondo il linguaggio paolino. Il « corpo » è, come per tutta la Bibbia, l’espressione della persona in tutta la sua realtà ma anche nel suo limite e nella sua mortalità. « Spirituale » non rimanda all’anima ma allo Spirito Santo. Ecco, allora, la soluzione: il nostro essere è invaso dallo Spirito di Dio ed è per questo che nella morte non s’affloscia nel nulla, ma è attirato a Dio che già in esso è presente e operante attraverso lo Spirito Santo. E Dio è eterno: noi, perciò, parteciperemo alla sua vita piena, alla sua gloria, in un abbraccio d’amore.
Con questa riflessione sul rapporto tra lo Spirito Santo e il cristiano abbiamo concluso il nostro itinerario nelle pagine bibliche alla ricerca della presenza della terza persona della Trinità. La molteplicità dell’azione dello Spirito nei singoli cristiani è alla base dell’ »inno sacro » Pentecoste di Alessandro Manzoni che abbiamo già avuto occasione di evocare nella scorsa puntata della nostra rubrica. Per lo scrittore lombardo, lo Spirito rianima i dubbiosi e gli infelici, sconvolge i violenti, insegnando la pietà, conforta il povero in lacrime, pervade i bambini innocenti e rende viva la freschezza interiore delle fanciulle, sostiene le anime consacrate a Dio e le spose, guida il comportamento dei giovani e degli adulti ed è accanto a chi è entrato nella vecchiaia e soprattutto «brilla nel guardo errante/ di chi sperando muor».

Gianfranco Ravasi

IL DONO DELLA SAPIENZA / 1

dal sito:

http://www.donbosco-torino.it/ita/Kairos/Celebrazioni/04-05/04-Doni_Spirito_Santo_Sapienza.html

IL DONO DELLA SAPIENZA / 1

Don Timoteo Munari SdB

Il dono della sapienza consiste in una illuminazione dello Spirito Santo in forza della quale noi possiamo contemplare Dio e le verità della nostra fede provandone gioia e gusto. Più c’è luce, quindi, e più si ama. Invece, il dono dell’intelletto (come vedremo in seguito), ci permette di penetrare, come d’intuito, nelle verità rivelate.
Tra i due doni non ci sono confini ben marcati, essi si completano. Così il dono della sapienza viene in soccorso al nostro intelletto con una luce straordinaria per farci scoprire Dio, le sue perfezioni, Gesù Cristo e il suo grande mistero, per darcene una conoscenza piena di buon sapore e di calore. “Beati i puri di cuore perché vedranno Dio” (Mt 5,8).
Una vista penetrante, dunque, un occhio limpido, una lente di ingrandimento che ci rende capaci, ma sempre nella pura fede, di una contemplazione amorosa e bella, continua e appassionata di Dio. L’anima rimane come incantata o assopita durante la sua preghiera. Lo Spirito svela al suo cuore cose che uno “capisce”, cioè racchiude entro di sé, ma che non si possono assolutamente descrivere. Il campo del dono della sapienza non sono le visioni né le estasi, ma la certezza di stare familiarmente a tu per tu con il Signore.
Una antifona della festa di Santa Cecilia dice così: “La vergine Cecilia portava nel cuore l’Evangelo di Cristo, e giorno e notte parlava con Dio”.
Il dono della Sapienza ha adombrato la Vergine di Nazaret, quando ricevette l’annuncio dell’Angelo Gabriele. Per opera dello Spirito Santo, Maria concepì prima nel cuore e poi nel grembo immacolato il Figlio di Dio. Per questa altissima conoscenza di Dio e del suo progetto la Vergine, conquistata dall’Amore, non esitò a dire: “Ecco la serva del Signore, si faccia di me secondo la tua parola” (Lc 1,38).
Scendendo, poi, dalle alte sfere, diciamo che il dono della sapienza illumina la nostra strada e guida i nostri passi nella vita quotidiana, nella ordinaria amministrazione delle nostre faccende domestiche e di comunità. Ci aiuta a discernere e a giudicare l’amore: quando è dono e quando invece è puro egoismo o semplice erotismo. Ci dice se la nostra gioia è superficiale, ingannevole, oppure vera contentezza dei figli di Dio.

Preghiamo con il libro della Sapienza (7,22-26)

Nella Sapienza c’è uno spirito intelligente,
santo, unico, molteplice, sottile, mobile, penetrante,
senza macchia, terso, inoffensivo, amante del bene,
acuto, libero, benefico, amico dell’uomo, stabile, sicuro, senz’affanni.
Onnipotente, onniveggente
e che pervade tutti gli spiriti intelligenti, puri, sottilissimi.
È un’emanazione della potenza di Dio, un effluvio genuino della gloria dell’Onnipotente,
per questo nulla di contaminato in essa s’infiltra.
È un riflesso della Luce perenne, uno specchio senza macchia
dell’attività di Dio e un’immagine della sua bontà.

La sapienza è un dono che oltre a farci conoscere Dio ci procura un gusto spirituale, una dolcezza che non si può esprimere; ci procura una visione piena di sapore, di gioia e di consolazione. Sempre e solo nella fede viva. Raggio di luce, ma anche raggio di calore. La sapienza ha il potere di infiammare mente e cuore: un gusto sperimentale di Dio e delle cose di Dio. “Gustate e vedete quanto è buono il Signore” (Sal 34,9). L’anima è rapita e assapora l’incontro. Si tuffa in lui, perché la conoscenza luminosa di Dio si trasforma in desiderio di possederlo, e il desiderio vivissimo diventa già possesso pieno di gusto. Per questo dice: “Gustate” e poi “vedete”, anche se prima c’è il vedere e poi il gustare, ma sia l’una che l’altra azione vengono riferite alla bontà del Signore. E allora il Salmo 34 prosegue: “Beato l’uomo che in lui si rifugia”.

Preghiamo con San Paolo (cf 1 Cor 1,23-30)

Noi predichiamo Cristo crocifisso,
scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani;
ma per coloro che sono chiamati, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio.
Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto
per confondere i sapienti,
Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti.
Dio ha scelto ciò che nel mondo
è ignobile e disprezzato perché nessun possa gloriarsi davanti a Dio.
Cristo Gesù è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione.

Gustare Dio ci conduce al senso del riposo, del silenzio, della pace e favorisce enormemente la lode, il ringraziamento, il canto di gioia, l’amicizia, e, naturalmente, anche l’azione apostolica. Il gusto di Dio ci cambia dal di dentro. Incontrare Gesù in modo forte produce sempre un cambiamento radicale di vita: i santi ne sono la riprova. E il bello è questo: lo Spirito Santo in persona ha l’iniziativa sia della contemplazione come della santificazione e dell’azione.
Questo incontro con il Signore Gesù Cristo lo possiamo avere quando ci fermiamo in adorazione davanti al Tabernacolo o a Gesù esposto. Sono momenti di grande intensità di fede, di intimità, riflessione e propositi. Non c’è bisogno di molte parole: il silenzio è l’ideale. “Io guardo lui e lui guarda me”.

Gli effetti del dono della sapienza

Eccone alcuni. Una sensibilità, che possiamo dire divina, nel giudicare avvenimenti, uomini e cose. Per istinto vediamo tutto secondo il cuore di Dio che è buono, pieno di misericordia e giusto. Nulla ci deve turbare.
La carità viene portata fino all’eroismo: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, non giudicate, non condannate.
Quando uno ama molto è capace di fare mille pazzie. Un esempio è la croce sulla quale Gesù si è lasciato inchiodare per noi. Il Crocifisso ci attira fortemente. Condividiamo con amore i patimenti di Gesù, sostenuti liberamente per i nostri peccati, e gettiamo nel suo cuore turbamenti, dolori e lacrime in abbondanza.
Sintesi tra vita attiva e contemplativa, il dono della sapienza pone decisamente l’anima nello stato di unione con Dio anche in mezzo alle faccende quotidiane, le più disparate.

Publié dans:TRINITÃ - SPIRITO SANTO |on 20 octobre, 2010 |Pas de commentaires »
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