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SOLENNITÀ DEI SANTISSIMI APOSTOLI PIETRO E PAOLO – OMELIA DI PAOLO VI – 29 giugno 1969

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SOLENNITÀ DEI SANTISSIMI APOSTOLI PIETRO E PAOLO – OMELIA DI PAOLO VI – 29 giugno 1969

Fratelli e Figli, tutti in Cristo carissimi!

Noi faremo di questa nostra celebrazione della festa di San Pietro una preghiera, una preghiera principalmente per questa sua e nostra Chiesa romana, e poi per tutta la Chiesa cattolica, e per i Fratelli cristiani, con cui desideriamo avere un giorno perfetta comunione, e per l’intera umanità, alla quale Il Vangelo, mediante la predicazione apostolica, è destinato (cfr. Marc. 16, 15).
Potremmo, anzi dovremmo fare dapprima una meditazione, di capitale importanza nel disegno della nostra fede: dovremmo ricordare ciò che il Vangelo e altri libri del nuovo Testamento ci narrano di lui, Simone, figlio di Jona e fratello di Andrea, il pescatore di Galilea, discepolo di Giovanni il Precursore, chiamato da Gesù con un nuovo nome, Cefa, che significa Pietro (Io. 1, 42; Matth. 16, 18); e ricordare la missione, simboleggiata dalle figure di pescatore (Luc. 5, 10) e di pastore (Io. 21, 15, ss.), affidata a lui da Cristo, che, con gli altri undici e primo di essi, fece del discepolo l’apostolo (Luc. 6, 13); e ricordare poi la funzione, che questo uomo, umile (Luc. 5, 8), docile e modesto (cf. Io. 13, 9; 1 Petr. 5, 1), debole anche (Matth. 14, 30), ed incostante e pauroso perfino (Matth. 26, 40-45, 69 ss.; Gal. 2, 11), ma pieno d’entusiasmo e di fervore (Matth. 26, 33; Marc. 14, 47), di fede (Io. 6, 68; Matth. 16, 17), e di amore (Luc. 22, 62; Io. 21, 15 ss.), subito esercitò nella nascente comunità cristiana (cfr. Act. 1 – 12, 17), di centro, di maestro, di capo. Così dovremmo riandare la storia del suo ministero (cfr. Vangelo di S. Marco e Lettere di S. Pietro) e del suo martirio, e poi della successione nel suo pontificato gerarchico, e finalmente lo sviluppo storico della sua missione nella Chiesa, e la riflessione teologica, che ne risultò, fino ai due ultimi Concili ecumenici, Vaticano I e Vaticano II. Avremmo di che pensare e riflettere non più sul passato, ma sul presente, sulle condizioni odierne della Chiesa e del cristianesimo, e sull’istanza religiosa, ecclesiale ed ecumenica, con cui questo Pietro, messo da Cristo a fondamento del suo edificio della salvezza, della sua Chiesa, quasi tormentandoci e guidandoci ed esaltandoci, ancor oggi batte alla nostra porta (cfr. Act. 12, 13).
Ma preferiamo supporre tutti questi ricordi e questi pensieri già presenti e fermentanti nelle nostre anime; essi ci hanno qua condotti, qua ci riempiono i cuori d’altri sentimenti, propri di noi tutti che qui siamo per onorare l’Apostolo, che fra tutti ci assicura della nostra comunione con Cristo, e che, per quelle Chiavi benedette, le Chiavi, nientemeno, che del Regno dei Cieli, a lui poste in mano dal Signore, ci ispira tanto semplice, filiale e devota confidenza. Più che pensare, in questo momento, desideriamo pregare. Desideriamo parlargli. Ci conforta ad assumere questo atteggiamento di umile e fiduciosa pietà la tradizione dei secoli, che fin dai primi albori del cristianesimo, e poi ai tempi successivi, registrò commoventi segni della devozione alla tomba dell’Apostolo, con iscrizioni sepolcrali, con graffiti di visitatori, con offerte di pellegrini e con riferimenti alle condizioni civili e politiche (cfr. ad es. HALLER, Die Quellen . . . n. 10, p. 95 ss.). La spiritualità locale romana è tutta imbevuta d’un culto di predilezione ai Santi Apostoli Pietro e Paolo, al primo specialmente; la nostra non dovrebbe esserlo da meno. Per di più, proprio in questi ultimi anni, gli scavi e gli studi archeologici, compiuti sotto l’altare della Confessione in questa stessa Basilica, hanno portato le ricerche a rintracciare non solo la tomba dell’Apostolo Pietro (cfr. PIO XII, Discorsi, XII, p. 380), ma, secondo gli ultimi studi, le reliquie altresì (cfr. GUARDUCCI, La tomba di Pietro, 1959; Le Reliquie di Pietro, 1965). Questo luogo, questa basilica trovano in questi fatti la loro superlativa storicità e la ragione della loro eccezionale e monumentale sacralità: dovrebbe la nostra presenza trovarvi la fonte e lo stimolo ad una viva e speciale riverenza, ad una singolare commozione religiosa. Pietro è qui! (Pétros ëni), come si ritiene che ci assicuri il famoso graffito sull’intonaco del così detto «muro rosso».

IL PRIMATO DELLA FEDELTÀ
Se Pietro è qui, anche con i resti del suo sepolcro e delle reliquie del suo corpo benedetto, oltre che con il centro della sua evangelica potestà e della sua apostolica successione, lasciamo, Figli carissimi, che l’istintivo desiderio di parlargli, di pregarlo, sgorghi in semplice ed umile invocazione dai nostri cuori. Pietro è qui. È la sua festa, la memoria del suo martirio, che, in segno di supremo amore e di suprema testimonianza, Cristo stesso gli aveva preannunciato (Io. 21, 18). È qui: che cosa gli chiederemo?
Noi cattolici, noi romani specialmente, gli chiederemo ciò ch’è proprio del suo particolare carisma apostolico, la fermezza, la solidità, la perennità, la capacità di resistere all’usura del tempo e alla pressione degli avvenimenti, la forza di essere nella diversità delle situazioni sempre sostanzialmente eguali a noi stessi, di vivere e di sopravvivere, sicuri d’un Vangelo iniziale, d’una coerenza attuale, di una meta escatologica. La fede, voi direte. Sì dobbiamo domandare a Pietro la fede, quella che da lui e dagli Apostoli ci deriva, quella che lo scorso anno abbiamo, in questa stessa ricorrenza, apertamente professata, quella di tutta la Chiesa. Sì, la fede: che saremmo noi, cattolici di Roma, senza la fede, la vera fede? Ma a noi è richiesto qualche cosa di più, se vogliamo essere i più vicini e i più esemplari cultori di San Pietro; è richiesta la fedeltà. La fede è di tutto il Popolo di Dio; ed anche la fedeltà; ma tocca principalmente a noi dare prova di fedeltà. «Siate forti nella fede», ci ammonisce San Pietro stesso, nella sua prima lettera apostolica: «Resistite fortes in fide» (5, 9). Cioè non potremmo dirci discepoli e seguaci e eredi e successori di San Pietro, se la nostra adesione al messaggio salvifico della rivelazione cristiana non avesse quella fermezza interiore, quella coerenza esteriore, che ne fa un vero e pratico principio di vita. Roma deve avere anche questo primato: quello, ripetiamo, della fedeltà, che traduce la fede nella sua vita, nella sua arte, un’arte di santità, di dare alla fede un’espressione costante e coerente, uno stile d’autenticità cristiana. E questa fedeltà, mentre nel cuore la promettiamo, oggi nella nostra orazione a S. Pietro la domandiamo, a lui, che come uomo ne sperimentò la difficoltà e la contraddizione, ma, come capo degli Apostoli, e di quanti gli sarebbero stati associati nella fede, ebbe da Cristo l’incomparabile favore della preghiera da Lui stesso assicurata proprio per la resistenza nella fede: «Ut non defìciat fides tua»; e insieme ebbe l’infallibile mandato di confermare, dopo l’ora della debolezza, i suoi fratelli: «Confirma fratres tuos» (cfr. Luc. 22, 31-32).

MISSIONE PASTORALE
E noi vorremmo che questa fedeltà fosse da noi considerata non soltanto nella sua immobile adesione alla verità, da noi ricevuta da Cristo ed evoluta e fissata nel magistero della Chiesa, convalidato da Pietro, ma nella sua intrinseca capacità diffusiva ed apostolica; una fedeltà cioè non così statica ed immobile nel suo linguaggio storico e sociale da precludere la comunicazione agli altri, e agli altri l’accessibilità; ma una fedeltà che trovi nella genuinità del contenuto sia la sua intima spinta evangelizzatrice (cfr. 1 Cor. 9, 16: «Guai a me, scrive San Paolo, se non predicassi il Vangelo»), sia la sua autorità per essere dagli altri accettata (cfr. Gal. 1, 8: «Anche se noi stessi – scrive ancora S. Paolo – o un angelo del cielo venisse ad annunziarvi un altro vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunziato noi, sia egli anatema»), e sia il carisma dello Spirito Santo che accompagna la voce del Vangelo (cfr. Io. 15, 20).
E chiederemo a S. Pietro un’altra fedeltà, anche questa superlativamente sua, quella dell’amore a Cristo, che si effonde in concreto e generoso servizio pastorale (cfr. Io. 21, 15 ss.). Abbiamo noi a Roma, proprio per la missione di Pietro qui stabilita e da qui irradiata, grandi doveri, maggiori doveri di quanti ne abbia qualsiasi altra Chiesa.

SERVIRE PER AMORE
Bisogna servire per amore. Questa è la grande legge del servizio, della funzionalità, dell’autorità della Chiesa. Ed è la legge, che noi siamo felici di vedere praticata, con tanta generosità e assiduità, nel cerchio romano, e diffuso nel mondo, dei collaboratori che sorreggono ed eseguiscono il nostro ministero apostolico.
Ma non sarà mai vano per noi, che vi parliamo, né per voi, che ci ascoltate, rinnovare cento volte il proposito di adempiere in perfezione questa legge di amore evangelico; e non sarà inutile perciò che anche di questa fedeltà, di questo carisma supremo della carità, noi facciamo oggi preghiera all’Apostolo, che sull’invito e sul favore di Cristo, ebbe l’audacia di rispondere che sì, alla domanda di Gesù se egli lo amava di più degli altri. Lo amava di più! Aveva il primato dell’amore a Cristo, e perciò quello pastorale verso il suo gregge.
O San Pietro! ottieni anche a noi di essere forti nella fede e di amare di più. Fa’ che questa tua Roma, in codesti doni si affermi ed anche a beneficio, ad esempio dei fratelli che sono nel mondo essa si distingua.

O Santi Pietro e Paolo («ipse consors sanguinis et diei» S. AG., Serm. 296; P.L. 38, 1354) «in mente habete»! Ricordatevi di noi! Così sia!

SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO (2013) – OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

CAPPELLA PAPALE NELLA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO (2013)

SANTA MESSA E IMPOSIZIONE DEL PALLIO AI NUOVI METROPOLITI

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Basilica Vaticana
Sabato, 29 giugno 2013

Signori Cardinali,
Sua Eminenza Metropolita Ioannis,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle!

Celebriamo la Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, patroni principali della Chiesa di Roma: una festa resa ancora più gioiosa per la presenza di Vescovi da tutto mondo. Una grande ricchezza che ci fa rivivere, in un certo modo, l’evento di Pentecoste: oggi, come allora, la fede della Chiesa parla in tutte le lingue e vuole unire i popoli in un’unica famiglia.
Saluto di cuore e con gratitudine la Delegazione del Patriarcato di Costantinopoli, guidata dal Metropolita Ioannis. Ringrazio il Patriarca ecumenico Bartolomeo I per questo rinnovato gesto fraterno. Saluto i Signori Ambasciatori e le Autorità civili. Un grazie speciale al Thomanerchor, il Coro della Thomaskirche [Chiesa di San Tommaso] di Lipsia – la chiesa di Bach – che anima la Liturgia e che costituisce un’ulteriore presenza ecumenica.
Tre pensieri sul ministero petrino, guidati dal verbo “confermare”. In che cosa è chiamato a confermare il Vescovo di Roma?
1. Anzitutto, confermare nella fede. Il Vangelo parla della confessione di Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,16), una confessione che non nasce da lui, ma dal Padre celeste. Ed è per questa confessione che Gesù dice: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» (v. 18). Il ruolo, il servizio ecclesiale di Pietro ha il suo fondamento nella confessione di fede in Gesù, il Figlio del Dio vivente, resa possibile da una grazia donata dall’alto. Nella seconda parte del Vangelo di oggi vediamo il pericolo di pensare in modo mondano. Quando Gesù parla della sua morte e risurrezione, della strada di Dio che non corrisponde alla strada umana del potere, in Pietro riemergono la carne e il sangue: «si mise a rimproverare il Signore: …questo non ti accadrà mai» (16,22). E Gesù ha una parola dura: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo» (v. 23). Quando lasciamo prevalere i nostri pensieri, i nostri sentimenti, la logica del potere umano e non ci lasciamo istruire e guidare dalla fede, da Dio, diventiamo pietra d’inciampo. La fede in Cristo è la luce della nostra vita di cristiani e di ministri nella Chiesa!
2. Confermare nell’amore. Nella seconda Lettura abbiamo ascoltato le commoventi parole di san Paolo: «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede» (2 Tm 4,7). Di quale battaglia si tratta? Non quella delle armi umane, che purtroppo insanguina ancora il mondo; ma è la battaglia del martirio. San Paolo ha un’unica arma: il messaggio di Cristo e il dono di tutta la sua vita per Cristo e per gli altri. Ed è proprio l’esporsi in prima persona, il lasciarsi consumare per il Vangelo, il farsi tutto a tutti, senza risparmiarsi, che lo ha reso credibile e ha edificato la Chiesa. Il Vescovo di Roma è chiamato a vivere e confermare in questo amore verso Cristo e verso tutti senza distinzioni, limiti e barriere. E non solo il Vescovo di Roma: tutti voi, nuovi arcivescovi e vescovi, avete lo stesso compito: lasciarsi consumare per il Vangelo, farsi tutto a tutti. Il compito di non risparmiare, uscire di sé al servizio del santo popolo fedele di Dio.
3. Confermare nell’unità. Qui mi soffermo sul gesto che abbiamo compiuto. Il Pallio è simbolo di comunione con il Successore di Pietro, «principio e fondamento perpetuo e visibile dell’unità della fede e della comunione» (Conc. Ecum Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 18). E la vostra presenza oggi, cari Confratelli, è il segno che la comunione della Chiesa non significa uniformità. Il Vaticano II, riferendosi alla struttura gerarchica della Chiesa afferma che il Signore «costituì gli Apostoli a modo di collegio o gruppo stabile, a capo del quale mise Pietro, scelto di mezzo a loro» (ibid., 19). Confermare nell’unità: il Sinodo dei Vescovi, in armonia con il primato. Dobbiamo andare per questa strada della sinodalità, crescere in armonia con il servizio del primato. E continua, il Concilio: «questo Collegio, in quanto composto da molti, esprime la varietà e universalità del Popolo di Dio» (ibid., 22). Nella Chiesa la varietà, che è una grande ricchezza, si fonde sempre nell’armonia dell’unità, come un grande mosaico in cui tutte le tessere concorrono a formare l’unico grande disegno di Dio. E questo deve spingere a superare sempre ogni conflitto che ferisce il corpo della Chiesa. Uniti nelle differenze: non c’è un’altra strada cattolica per unirci. Questo è lo spirito cattolico, lo spirito cristiano: unirsi nelle differenze. Questa è la strada di Gesù! Il Pallio, se è segno della comunione con il Vescovo di Roma, con la Chiesa universale, con il Sinodo dei Vescovi, è anche un impegno per ciascuno di voi ad essere strumenti di comunione.
Confessare il Signore lasciandosi istruire da Dio; consumarsi per amore di Cristo e del suo Vangelo; essere servitori dell’unità. Queste, cari Confratelli nell’episcopato, le consegne che i Santi Apostoli Pietro e Paolo affidano a ciascuno di noi, perché siano vissute da ogni cristiano. Ci guidi e ci accompagni sempre con la sua intercessione la santa Madre di Dio: Regina degli Apostoli, prega per noi! Amen.

 

FESTIVITÀ DEI SANTI PIETRO E PAOLO – GIOVANNI XXIII

https://w2.vatican.va/content/john-xxiii/it/homilies/1961/documents/hf_j-xxiii_hom_19610629_pietro-paolo.html

FESTIVITÀ DEI SANTI PIETRO E PAOLO – GIOVANNI XXIII

OMELIA DEL SANTO PADRE

Basilica Vaticana

Giovedì, 11 maggio 1961

Diletti figli!

In tutti i punti della terra i santi patroni delle varie Chiese raccolgono venerazione nella ricorrenza festiva di ciascuno.
San Pietro e San Paolo sono venerati dappertutto nel mondo per la più alta dignità del loro compito quale si è manifestato nel disegno di Cristo.
Di fatto, San Leone Magno — le cui spoglie mortali riposano qui, presso la Confessione, come a corona insieme coi Papi più insigni dell’antichità — San Leone Magno dice che i due Apostoli Pietro e Paolo, araldi precipui del Vangelo, sono giustamente oggetto di culto straordinario in quest’Urbe gloriosa, centro della cristianità, per aver consumato qui il loro sacrificio, e segnato per ciò da Roma l’inizio della loro universale esaltazione.
Che belle parole per questa loro festa, in die martyrii laetitiae principatus! (S. Leonis Papae – Sermo I in natali App. Petri et Pauli).
« Questi sono in verità i grandi personaggi che hanno fatto splendere innanzi a te, o Roma, il Vangelo di Cristo; e da maestra che tu eri di errore, sei divenuta discepola della verità ».
Ed ancora aggiunge S. Leone :
« Pietro e Paolo sono veramente i tuoi padri e pastori. Essi hanno inserito il tuo nome nei regni celesti e ti hanno edificato Chiesa di Cristo assai meglio e con successo più felice, o Roma, di coloro che hanno costruito le tue mura. È al loro merito apostolico che si intitolano la gloria singolare della tua storia e l’onore di essere proclamata gente santa, popolo eletto, città sacerdotale e regia, posta in condizione di presiedere dalla cattedra di Pietro ad una dominazione spirituale nel mondo intero più carica di vittorie e con diritto di impero sulla terra e sui mari, e con più vasta fortuna che non quella degli antichi conquistatori (ibid.) ».
Che confronto, che fremito, o Roma, tra le monumentali parole : bellicus labor et pax christiana, che rappresentano la tua massima gloria e il tuo più luminoso destino. Esse contengono il mistero ed il monito dei tempi nuovi : l’aut aut del prossimo o non lontano avvenire dei popoli e dei secoli.
Diletti figli, il Signore per la intercessione dei Santi suoi ci preservi da ogni male e ci conservi la sua pace.
È nella soavità di questa pace cristiana che il buon popolo di Roma ama onorare San Pietro, principe e capo della Chiesa universale nella festa sua.
Questa basilica, rifulgente di maestà, unica al mondo, riceve oggi l’omaggio più familiare dei figli di Roma, a cui si uniscono i visitatori e pellegrini innumerevoli che qui convengono da tutte le genti.
Roma è grande e fascinatrice : ma soprattutto grande è il tempio del Principe degli Apostoli.
L’umile successore di San Pietro — il 261° della serie — sino dal pomeriggio di ieri ha compiuto il suo sacro dovere di iniziare la celebrazione della grande festività presiedendo ai vesperi placidi e melodiosi della liturgia, seguito dallo splendore della sua religiosa famiglia : sacro Collegio dei Cardinali e diversi ordini della prelatura, a cui si sono unite alte rappresentanze e folla nobile e devota di popolo dalle fogge e dalle lingue diverse.
Commovente è stata ier sera per il Nostro spirito la benedizione dei sacri pallii, e poi la visita alla cripta preziosa che raccoglie le sacre memorie dell’Apostolo Pietro, alla cui statua di bronzo abbiamo infine baciato religiosamente il sacro piede. Stamane Ci è piaciuto tanto di tornare a questo altare benedetto, elevando la divina oblazione pro universo mundo. Seguiranno, prima e dopo il meriggio, altre e solenni cerimonie in onore di San Pietro e San Paolo, et more solito le visite dei fedeli qui convenienti da tutta Roma.
Ah! questo pellegrinaggio popolare dei figli dell’Urbe, certo lieto e imponente, quanto piacerebbe ammirarlo non come spettacolo di semplice abitudine tradizionale di sciolti passi, e di visi aperti alle magnificenze del tempio massimo della cristianità, ma come spettacolo di sacra penetrazione di spirito, di cuori silenziosi e ardenti. Il culto dei Santi nella tradizione cattolica non è solo accenno di rispetto e fuggevole invocazione a fior di labbra in sempre meno frequenti occasioni della vita; ma conversazione viva dell’anima, ascolto attento delle lezioni preziose, degli insegnamenti che dai Santi ci vengono a luce, a letizia, a incoraggiamento. Sancti tui, Domine, benedicent Te!
Sì, i Santi benedicono Dio e ci ottengono la benedizione di Dio. Questa benedizione però vuol essere esercizio di buon magistero per il nostro progresso spirituale : soprattutto se noi lo chiediamo a quelli che sono i più grandi della Chiesa, e che per la grazia del Signore hanno assolto ai compiti più eccelsi : apostoli primi dell’Evangelo, difensori e illustratori della dottrina celeste, luce del secolo in cui sono vissuti e che son venuti di poi.
San Pietro troneggia sempre dalla sua cattedra augusta del Vaticano; ma egli anche ha insegnato e continua ad insegnare per mezzo dei suoi successori, i Papi della Chiesa universale. Vi diremo, di più. Finché è vissuto sulla terra, assolvendo il suo mandato apostolico, San Pietro ha colto tutte le buone occasioni da Roma di predicare in città, e di scrivere ai primi fedeli lontani, come erano quelli sparsi o pellegrini della diaspora del Ponto, della Galazia, della Cappadocia, dell’Asia e della Bitinia, a cui si è rivolto con le sue lettere; oppure approfittava di Giovanni Marco, che abitava con lui in Roma e che del Vangelo di Pietro fu l’interprete e il portavoce autorizzato nella stesura del medesimo.
Oh! meraviglia e consolazione per noi, a tanta distanza di secoli poter ascoltare ancora l’insegnamento di Pietro.
A vostra edificazione, diletti figli, ed a vostro incoraggiamento, vogliate ascoltare alcune delle espressioni di San Pietro, che nel suono delle sue parole pone prezioso ornamento alla esultanza delle nostre anime nella festa sua :
« Carissimi, io vi supplico, stranieri e pellegrini quali voi siete su questa terra, ad astenervi dalle cupidigie carnali che fanno guerra all’anima. Comportatevi bene in mezzo ai pagani, affinché se essi ora sparlano di voi come di malfattori, glorifichino poi il Signore, rendendosi conto delle opere buone nel giorno della sua visita.
Siate sottomessi ad ogni istituzione umana per amore del Signore : sia al re in quanto sovrano, sia ai suoi ministri in quanto inviati per correggere e punire chi fa male e approvare chi fa bene. È volontà di Dio che operando il bene riduciate al silenzio l’ignoranza degli uomini insensati; da veri uomini liberi che non si servono della libertà come velo della malizia, ma sono servitori di Dio. Onorate tutti; amate i fratelli; temete Iddio; onorate il re. — (San Pietro parlava naturalmente secondo la condizione di quei tempi, ma la dottrina vale per tutti i tempi).
Domestici, siate sottomessi con ogni rispetto ai padroni, non soltanto a quelli buoni e ragionevoli, ma anche a quelli duri. Questo infatti è gradito : sopportare pene in omaggio a Dio soffrendo ingiustamente : Haec est enim gratia in Christo Iesu Domino nostro (cfr. 1 Petr. 2, 11-19) ».
Come sentite, diletti figli, il primo Vescovo di Roma tocca qui un aspetto della questione sociale. L’esortazione alla obbedienza ed alla pazienza è tutta ispirata a motivo soprannaturale. Si tratta sempre di quella obbedienza che è perfezione di conformità all’esempio di Cristo, ingiustamente trattato, eppur obbediente. La dottrina cattolica contenuta in questo brano della pri ma Lettera di San Pietro non ha sùbito la contropartita di precetti diretti ai ricchi ed ai superiori, di alcuni dei quali la condotta, in questo capitolo secondo, viene apertamente definita ingiusta. Di questa dottrina si parla altrove, e non solo da San Pietro, ma da San Paolo, da San Giacomo e ancor prima in molteplici passi dei Vangeli e del Testamento antico.
Figliuoli di Roma! Coraggio. Teniamoci fedeli a questa dottrina : dottrina apostolica : dottrina di Cristo. Ameremmo davvero fornirvi qualche saggio più diffuso del la buona dottrina sociale contenuta nelle lettere di San Pietro in rapporto ai vari aspetti della convivenza umana, per la quale l’Apostolo si è occupato con zelo, con molto garbo, secondo le circostanze di quei tempi. Ma basta così. Il grande documento in forma di Lettera Enciclica — ne pronunciamo il titolo per la prima volta in pubblico — Mater et Magistra, per cui si stanno allestendo le varie traduzioni nelle principali lingue del mondo, formerà pascolo ubertoso al vostro spirito, come abbiamo già avuto il compiacimento di dire con solennità nella celebrazione della Rerum novarum dello scorso maggio.
In onore di San Pietro, ed a prontezza di ossequio all’apostolica dottrina che sta per essere promulgata, Ci accontentiamo di citare ancora un pensiero della prima Lettera di lui, che è preparazione alla lettura del più vasto documento sociale di data recentissima.
Trattasi di una raccomandazione diretta a tutti i cristiani senza distinzione, e che si riassume nell’invito alla unione dei cuori ed allo spirito di mutua comprensione e di perdono :
« Siate tutti, o fratelli, di uno stesso sentimento; compassionevoli, amanti dei fratelli, misericordiosi, umili.
Non rendete male per male, né ingiuria per ingiuria. Al contrario rispondete benedicendo, perchè siete stati chiamati a ereditare benedizione. Infatti :
Chi vuole amare la vita — e vedere giorni beati distolga la lingua dal male — e le labbra dal parlare bugiardo — si allontani dal male e operi il bene — ricerchi e persegua la pace.
Gli occhi del Signore si rivolgono ai giusti e le sue orecchie alle loro preghiere » (1 Petr. 3, 8-12).
Diletti figli. Sopra questa dottrina poniamo di gran cuore il suggello della preghiera Nostra di umile successore di San Pietro, perchè ciascuno di voi ne faccia tesoro per il presente e per l’avvenire; e sopra le vostre persone, in special modo sui figliuoli di questa diletta Roma, si effonda oggi particolarmente commossa ed esultante la Nostra Apostolica Benedizione.

 

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