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LA DORMIZIONE DELLA THEOTOKOS – di sua santità Bartolomeo I

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LA MADRE DI DIO – LA TUTTASANTA

LA DORMIZIONE DELLA THEOTOKOS

Approfondimenti mariologici su vita, morte e risurrezione

di sua santità Bartolomeo I

Ricorrendo i sessant’anni dalla proclamazione del dogma dell’Assunzione della Beata Vergine Maria alla gloria del Paradiso in anima e corpo (1° novembre 1950), abbiamo chiesto a Bartolomeo I, patriarca ecumenico di Costantinopoli, un commento.
Lo scritto inviatoci è occasione di gratitudine per la fede che insieme professiamo e di domanda al Signore che doni la piena comunione
Bartolomeo I, patriarca ecumenico di Costantinopoli, durante la liturgia della festa della Dormizione della Santa Madre di Dio, nel monastero di Sumela, nella provincia turca di Trabzon, il 15 agosto 2010 <BR>[© Reuters/Contrasto]
Bartolomeo I, patriarca ecumenico di Costantinopoli, durante la liturgia della festa della Dormizione della Santa Madre di Dio, nel monastero di Sumela, nella provincia turca di Trabzon, il 15 agosto 2010
La Chiesa ortodossa venera intensamente la Madre di Dio – ovvero Theotokos (la Madre di Dio), ovvero Panaghia (la Tuttasanta), come noi preferiamo riferirci a lei – esaltandola non come una pia eccezione ma proprio come un esempio concreto del modo cristiano di affidarsi e rispondere alla vocazione a essere discepoli di Cristo. Maria è straordinaria solo nella sua virtù ordinariamente umana, che noi siamo chiamati a rispettare e imitare come devoti cristiani. La sua morte è commemorata il 15 di agosto, una delle dodici Grandi feste del calendario ortodosso.
E nel comprendere la “sacra alleanza” o mistero di Maria, che «nessuno può avvicinare con mani non esperte», la teologia ortodossa guarda alla Scrittura ma soprattutto alla Tradizione, in particolare alla liturgia e all’iconografia. A questo riguardo, i cristiani ortodossi collegano Maria prima di tutto al suo ruolo nella divina incarnazione come Madre del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, mentre allo stesso tempo la connettono a una lunga serie di esseri umani – e non divini – che implica la continuità della storia sacra conducendo fino alla nascita del Figlio di Dio, Gesù di Nazareth, duemila anni fa. Isolare Maria da questa stirpe preparatoria o “economica” la separa dalla nostra realtà e la mette al margine rispetto alla nostra salvezza. Anche Maria ha bisogno della salvezza – come tutti gli esseri umani; anche se ella è stata considerata “senza peccati personali”, nondimeno ella resta soggetta alla servitù del peccato originale. Anche se ella è «più onorabile dei Cherubini e incomparabilmente più gloriosa dei Serafini», ciò che vale per noi vale anche per Maria. Benché sia stata «benedetta tra tutte le donne», ella incarna l’unica cosa necessaria tra tutti gli esseri umani, ossia la dedizione alla Parola di Dio e l’affidarsi alla Sua volontà.
Così, mentre i cristiani ortodossi stanno in chiesa e guardano in alto verso il Pantokrator («colui che contiene tutto»), ossia Cristo, che sovrasta le loro teste durante il culto, essi si trovano direttamente di fronte la Platytera («colei che è più spaziosa di tutto»), ossia la Madre di Dio, che sta immediatamente davanti a loro, proprio nella vasta abside che unisce l’altare con il cielo. Dal momento che, nel dare la nascita a Dio Verbo e «concependo l’inconcepibile» nel suo grembo, ella fu capace di contenere l’incontenibile e di rendere descrivibile colui che non può essere circoscritto.
Noi impariamo dalla Scrittura che quando Nostro Signore era appeso alla croce, vide sua madre e il suo discepolo Giovanni e si volse alla Vergine Maria dicendo: «Donna, ecco tuo figlio», e a Giovanni dicendo: «Ecco tua madre!» (Gv 19, 25-27). Da quel momento, l’apostolo ed evangelista dell’Amore si prese cura della Theotokos nella sua propria casa. In aggiunta al riferimento negli Atti degli apostoli (At 2, 14), che conferma che la Vergine Maria era con gli apostoli del Signore nella festa della Pentecoste, la Tradizione della Chiesa tiene fermo che la Theotokos rimase nella casa di Giovanni a Gerusalemme, dove ella continuò il suo ministero in parole e opere.
La tradizione iconografica e liturgica della Chiesa professa anche che al momento della sua morte, i discepoli si trovavano sparsi nel mondo ad annunciare il Vangelo, ma ritornarono a Gerusalemme per rendere omaggio alla Theotokos. A eccezione di Tommaso, tutti gli altri – compreso l’apostolo Paolo – si ritrovarono al suo capezzale. Al momento della sua morte, Gesù Cristo discese per portare la sua anima in cielo. Dopo la sua morte, il corpo della Theotokos fu portato in processione per essere deposto in una tomba vicino al Giardino del Getsemani; quando l’apostolo Tommaso arrivò tre giorni dopo e volle vedere il suo corpo, la tomba era vuota. L’assunzione corporea della Theotokos fu confermata dal messaggio dell’angelo e dall’apparizione di lei agli apostoli, tutte cose che riflettono gli avvenimenti relativi alla morte, sepoltura e risurrezione di Cristo.
<I>Dormizione della Vergine</I>, mosaico della chiesa di Cristo Salvatore in Chora, 1320 circa, Museo di Kariye Camii, Istanbul, Turchia
Dormizione della Vergine, mosaico della chiesa di Cristo Salvatore in Chora, 1320 circa, Museo di Kariye Camii, Istanbul, Turchia
L’icona e la liturgia della festa della morte e sepoltura di Maria tratteggiano chiaramente un servizio funebre, sottolineando allo stesso tempo gli insegnamenti fondamentali riguardo alla risurrezione del corpo di Maria. A questo riguardo, la morte di Maria funge come una festa che afferma la nostra fede e speranza nella vita eterna. Ancora: i cristiani ortodossi si riferiscono a questo evento festivo come alla “Dormizione” (Koimisis, o “l’addormentarsi”) della Theotokos, piuttosto che alla sua “Assunzione” (o “traslazione” fisica) in cielo. Perché sottolineare che Maria è umana, che morì e fu sepolta come gli altri esseri umani, ci dà l’assicurazione che – anche se «né tomba né morte potrebbero contenere la Theotokos, nostra incrollabile speranza e sempre vigilante protezione» (dal kontakion del giorno) – Maria è in realtà molto più vicina a noi di quanto pensiamo; non ci ha abbandonato. Come rimarca l’apolytikion per la Festa: «Nella nascita, tu hai preservato la tua verginità; nella morte, tu non hai abbandonato il mondo, o Theotokos. Come madre della vita, tu sei partita verso la sorgente della vita, liberando le nostre anime dalla morte per mezzo delle tue intercessioni».
Per i cristiani ortodossi, Maria non è solo colei che fu “prescelta”. Ella simboleggia soprattutto la scelta che ciascuno di noi è chiamato a compiere in risposta alla divina iniziativa per l’incarnazione (ossia per la nascita di Cristo nei nostri cuori) e per la trasformazione (ossia per la conversione dei nostri cuori dal male al bene). Come san Simeone il nuovo teologo disse nel decimo secolo, noi siamo tutti invitati a diventare Christotokoi (generatori di Cristo) e Theotokoi (generatori di Dio).
Attraverso la sua intercessione, possiamo noi tutti diventare come Maria la Theotokos.

(Si ringrazia padre John Chryssavgis per la collaborazione)

IL BATTESIMO INIZIO DELLA NOSTRA DIVINIZZAZIONE PER GRAZIA (2005) DI BARTOLOMEO I

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IL BATTESIMO INIZIO DELLA NOSTRA DIVINIZZAZIONE PER GRAZIA (2005)

Dovremmo avere lo stesso dono della parola che aveva il nostro santo predecessore Gregorio il Teologo, il quale nella sua omelia sulla Santa Epifania – insuperabile sia teologicamente che letterariamente – esprime in maniera incomparabile la fede genuina della Chiesa sul santo battesimo trasmessa fin dai tempi antichi

DI BARTOLOMEO I, PATRIARCA ECUMENICO DI COSTANTINOPOLI

In queste pagine, i mosaici della prima metà dell’XI secolo del monastero
di Hosios Loukas, Daphni, Grecia; qui sopra il battesimo di Gesù
In queste pagine, i mosaici della prima metà dell’XI secolo del monastero di Hosios Loukas, Daphni, Grecia; qui sopra il battesimo di Gesù
Dovremmo avere lo stesso dono della parola che aveva il nostro santo predecessore Gregorio il Teologo, il quale nella sua omelia sulla Santa Epifania – insuperabile sia teologicamente che letterariamente – esprime in maniera incomparabile la fede genuina della Chiesa sul santo battesimo trasmessa fin dai tempi antichi, e, riferendosi alla rivelazione del Dio Trinitario al fiume Giordano, illustra con commovente magnificenza la grandezza dell’amore del Signore per gli uomini, che con la santificazione degli elementi materiali, come l’acqua, rende possibile la partecipazione alla vita divina a noi pellegrini sulla terra.
Molteplici sono le teofanie che – nelle sue svariate religioni mitiche – l’umanità ha conosciuto fin dai tempi antichi ed esse rivelano la profondissima ma inappagata sete dell’animo umano di giungere alla comunione con il suo Creatore. La Chiesa, Corpo di Cristo, che vive il compimento delle prefigurazioni e delle visioni dell’Antico Testamento, a partire dalla manifestazione del Dio Trinitario al fiume Giordano nel momento del battesimo di Gesù, non ha mai cessato di vivere manifestazioni divine di diversa intensità, grazie alla condiscendenza misericordiosa di Dio amico dell’uomo.
Dal momento in cui il Dio Logos «si è fatto uomo affinché l’uomo diventasse Dio», come diceva Atanasio il Grande, gradualmente ha rivelato il mistero della divinizzazione degli uomini, certo non per natura ma per grazia, tramite la potenza increata dello Spirito Santo, e ha consegnato ai fedeli sé stesso come esempio: «Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme» (1Pt 2, 21).
Battezzato lui stesso nel Giordano, ha insegnato così la necessità del battesimo come sacramento fondamentale e introduttivo per l’incorporazione e l’innesto dei fedeli nel bell’olivo della Chiesa e ha ripetuto, nel suo famoso dialogo notturno con il discepolo Nicodemo, che «se uno non nasce dall’acqua e dallo Spirito, non può entrare nel regno di Dio» (Gv 3, 5). Allo stesso modo ognuno di noi, quando riceve il battesimo, viene purificato in modo misterioso dalla macchia del peccato, e, rinato spiritualmente, ha da quel momento in poi la possibilità di partecipare dinamicamente alla vita della Chiesa, dove vivendo in purezza di spirito e di corpo può sperimentare già ora le manifestazioni divine e la manifestazione divina finale della quale godranno quanti diverranno partecipi del Paradiso, secondo la mirabile descrizione dell’evangelista Giovanni nella sua Apocalisse (capp. 21 e 22).
Quando parliamo di manifestazione divina, non intendiamo una condizione prodotta dalla fantasia, ma una totale partecipazione dell’intera persona umana, corpo e anima, ai doni dello Spirito Santo. In tale partecipazione, può accadere di sperimentare soltanto interiormente la presenza operante di Dio o può accadere di vivere anche corporalmente un cambiamento che non si può descrivere con parole umane. Così d’altronde capitò al santo apostolo Paolo che per primo visse questo fatto (2Cor 12), e si scoprì incapace di descriverlo, trattandosi di una pregustazione seppure di minima intensità del Paradiso.
Simili doni di grazia sono stati e sono ancora vissuti da moltissimi santi della Chiesa, sia antichi sia a noi contemporanei, che peraltro non li hanno cercati, visto che la manifestazione di Dio costituisce un evento straordinario, concepibile soltanto come dono di Dio, e non può essere il risultato di speciali sforzi tecnici che in una qualche maniera costringano Dio a rivelare sé stesso.
Una tale visione e condizione spirituale esige una vita assolutamente evangelica, secondo le promesse pronunciate al momento del nostro battesimo, quando «abbiamo rinunciato a Satana e siamo stati uniti a Cristo». E visto, comunque, che «viviamo nella carne e abitiamo nel mondo» e sporchiamo la candida veste del battesimo sia a causa della debolezza umana sia per la tentazione del demonio, il Signore misericordioso ci ha donato il secondo battesimo, cioè quello del pentimento e delle lacrime. Addirittura, riguardo al valore di questo secondo battesimo, san Gregorio di Nissa scrive che «anche la lacrima che gocciola ha la stessa forza del lavacro del battesimo, e un gemito di contrizione restituisce la grazia che si era perduta per poco tempo».
Con quel che abbiamo detto qui molto brevemente, abbiamo tentato di mostrare la fede ininterrotta che vive la Madre Santa, la Grande Chiesa di Cristo, riguardo al significato della manifestazione di Dio, in primo luogo al Giordano e poi nella vita quotidiana dei fedeli. La nostra discendenza da Adamo, il progenitore decaduto, certamente ci ha fatto ereditare anche tante conseguenze negative che ci ostacolano nel cammino per giungere alla visione diretta del volto di Dio. Il Signore misericordioso, però, con la sua ineffabile incarnazione e l’insieme della divina economia, ci concede la possibilità di spogliarci del vecchio Adamo corruttibile e di rivestirci in Lui del nuovo, secondo il detto paolino: «Quanti siamo battezzati in Cristo, ci siamo rivestiti di Cristo». Così canta la Chiesa nel giorno luminoso della festa dell’Epifania, con la gioia nel cuore, aspettando il rinnovamento di questo mondo corruttibile al momento della seconda venuta del Signore, il quale con la santificazione delle acque inaugura il ritorno alla bellezza primigenia anche della creazione stessa, che soffre con noi fino a quando Cristo sarà tutto in tutti.

IL PATRIARCA DI COSTANTINOPOLI PREGA PER L’UNITÀ DELLE CHIESE

http://www.zenit.org/article-33132?l=italian

IL PATRIARCA DI COSTANTINOPOLI PREGA PER L’UNITÀ DELLE CHIESE

Bartolomeo I interviene al termine della celebrazione eucaristica di apertura dell’Anno della Fede

CITTA’ DEL VATICANO, giovedì, 11 ottobre 2012 (ZENIT.org) – Pubblichiamo di seguito l’indirizzo di saluto del Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, al termine della solenne Celebrazione Eucaristica, in occasione dell’Apertura dell’Anno della Fede, presieduta stamattina in piazza san Pietro da papa Benedetto XVI.
***
Diletto fratello nel Signore, Vostra Santità Papa Benedetto;
Fratelli e Sorelle;
Quando Cristo si stava preparando all’esperienza del Getsemani, ha pronunciato una preghiera per l’unità riportata nel capitolo 17, versetto 11 del Vangelo di San Giovanni: “…custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi” (*). Attraverso i secoli siamo veramente stati custoditi con la potenza e l’amore di Cristo, e nel momento adatto della storia lo Spirito Santo è disceso su di noi ed abbiamo iniziato il lungo percorso verso l’unità visibile desiderata da Cristo. Questo è stato confermato dalla Unitatis Redintegratio §1: “Moltissimi uomini in ogni dove sono stati toccati da questa grazia, ed anche tra i nostri fratelli separati è sorto per la grazia dello Spirito Santo un movimento che si allarga di giorno in giorno per il ristabilimento dell’unità tra tutti i cristiani”.
In questa piazza, una potente e significativa celebrazione ha manifestato il cuore e la mente della Chiesa Cattolica Romana, conducendola in questi cinquant’anni fino al mondo contemporaneo. L’apertura del Concilio Vaticano II, pietra miliare trasformante, fu ispirata dalla realtà fondamentale che il Figlio e il Logos incarnato di Dio è là “dove sono due o tre riuniti nel suo nome (Mt 18,20) e che lo Spirito che procede dal Padre “ci guiderà a tutta la verità” (Gv 16,13).
In questi successivi cinquant’anni, ricordiamo con chiarezza e tenerezza, ma anche con esultanza ed entusiasmo, le nostre personali discussioni con vescovi e con esperti teologi durante la nostra formazione – come giovane studente – all’Istituto Pontificio Orientale, come anche la nostra personale partecipazione a qualche sessione speciale del Concilio. Siamo testimoni oculari di come i vescovi abbiano sperimentato con rinnovata coscienza la validità – ed un rafforzato senso di continuità – della tradizione e della fede “che fu trasmessa ai santi una volta per sempre” (Giuda 1,3). È stato un periodo promettente, ricco di speranza, sia all’interno che all’esterno della vostra Chiesa.
Abbiamo notato che per la Chiesa Ortodossa questo è stato un periodo di scambi e di attese. Per esempio, la convocazione delle prime Conferenze Pan-Ortodosse a Rodi, ha condotto alle Conferenze Pre-Conciliari in preparazione del Grande Concilio delle Chiese Ortodosse. Questi scambi dimostreranno al mondo moderno la grande testimonianza di unità della Chiesa Ortodossa. Inoltre, questo periodo ha coinciso con il “dialogo dell’amore”, ed ha annunciato la Commissione Internazionale Congiunta per il Dialogo Teologico tra la Chiesa Cattolica Romana e la Chiesa Ortodossa, istaurato dai nostri venerabili predecessori Papa Giovanni Paolo II e il Patriarca Ecumenico Dimitrios.
Nel corso degli ultimi cinque decenni, le conquiste raggiunte da questa assemblea sono state varie, come e’ stato dimostrato da una serie d’importanti ed influenti costituzioni, dichiarazioni e decreti. Abbiamo contemplato il rinnovamento dello spirito e “il ritorno alle origini” attraverso lo studio liturgico, la ricerca biblica e la dottrina patristica. Abbiamo apprezzato lo sforzo graduale di liberarsi dalla rigida limitazione accademica all’apertura del dialogo ecumenico, che ha condotto alle reciproche abrogazioni delle scomuniche dell’anno 1054, lo scambio di auguri, la restituzione delle reliquie, l’inizio di dialoghi importanti e le visite reciproche nelle nostre rispettive sedi.
Il nostro cammino non è stato sempre facile o esente da sofferenze e sfide. Sappiamo, infatti “quanto stretta è la porta e angusta la via” (Mt 7,14). La teologia fondamentale e i temi principali del Concilio Vaticano II – il mistero della Chiesa, la sacralità della liturgia e l’autorità del vescovo – sono difficili da applicare con pratica assidua, e si assimilano con sforzi durante tutta la vita e con l’impegno dell’intera chiesa. Quindi la porta dovrebbe rimanere aperta per una più profonda accoglienza, un maggior impegno pastorale ed una interpretazione ecclesiale del Concilio Vaticano II sempre più approfondita.
Proseguendo insieme questo cammino, offriamo grazie e gloria al Dio vivente – Padre, Figlio e Spirito Santo – perché l’assemblea stessa dei vescovi ha riconosciuto l’importanza della riflessione e del dialogo sincero tra le nostre “chiese sorelle”. Ci uniamo nella “speranza che venga rimossa la barriera tra la Chiesa d’oriente e la Chiesa d’occidente, e che si abbia finalmente una sola dimora solidamente fondata sulla pietra angolare, Cristo Gesù, il quale di entrambe farà una cosa sola” (Unitatis Redintegratio §18).
Con Cristo nostra pietra angolare e con la tradizione che abbiamo in comune, saremo capaci – o, piuttosto, saremo resi capaci dal dono e dalla grazia di Dio – di raggiungere un apprezzamento migliore ed un’espressione più completa del Corpo di Cristo. Con i nostri sforzi continui conformi allo spirito della tradizione della Chiesa primitiva e alla luce della Chiesa dei Concili del primo millennio, potremmo sperimentare l’unità visibile che si trova solo oltre il nostro tempo d’oggi.
La Chiesa sempre primeggia nella sua peculiare dimensione profetica e pastorale, abbraccia la sua caratteristica mitezza e spiritualità, e serve con umile sensibilità “questi fratelli più piccoli di Cristo” (Mt 25,40).
Diletto fratello, la nostra presenza qui significa e segna il nostro impegno di testimoniare insieme il messaggio di salvezza e guarigione per i nostri fratelli più piccoli: i poveri, gli oppressi, gli emarginati nel mondo creato da Dio. Diamo inizio a preghiere per la pace e la salute dei nostri fratelli e sorelle cristiani che vivono in Medio Oriente. Nell’attuale crogiolo di violenza, separazione e divisione che va intensificandosi tra popoli e nazioni, che l’amore e il desiderio di armonia che dichiariamo qui, e la comprensione che cerchiamo con il dialogo e il reciproco rispetto, sia di modello per il nostro mondo. Che l’umanità possa stendere la mano ‘all’altro’ e che possiamo lavorare insieme per superare il dolore dei popoli dovunque, particolarmente dove si soffre a causa della fame, dei disastri naturali, di malattie e della guerra che, alla fine, colpisce la vita di noi tutti.
Alla luce di tutto quanto la Chiesa nel mondo dovrebbe ancora compiere, e con grande apprezzamento per tutto il progresso che abbiamo condiviso, siamo onorati di essere stati invitati a partecipare – e modestamente chiamati ad offrire la nostra parola – in questa solenne e festosa commemorazione del Concilio Vaticano II. Non è solo coincidenza che questa occasione segni per la vostra Chiesa la solenne inaugurazione dell’Anno della Fede, dato che è la fede che offre un segno evidente del cammino che insieme abbiamo percorso lungo il sentiero della riconciliazione e dell’unità visibile.
In conclusione, noi sentitamente ci congratuliamo con Lei, Santità, Diletto Fratello – uniti con la benedetta moltitudine dei fedeli qui radunati oggi – e l’abbracciamo fraternamente nella gioiosa occasione di questa celebrazione commemorativa. Che Dio vi benedica tutti.
*Tutte le citazioni della Scrittura vengono dalla traduzione italiana della Santa Bibbia, CEI, 2008

« PREGANDO PER L’AMBIENTE, PREGHIAMO PER IL PENTIMENTO DI OGNUNO DI NOI » – Messaggio di Bartolomeo I per la Giornata per la salvaguardia del creato

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« PREGANDO PER L’AMBIENTE, PREGHIAMO PER IL PENTIMENTO DI OGNUNO DI NOI »

Messaggio di Bartolomeo I per la Giornata per la salvaguardia del creato

ROMA, mercoledì, 5 settembre 2012 (ZENIT.org).- Riprendiamo in traduzione italiana il messaggio del patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, per la recente Giornata per la salvaguardia del creato.
***
Fratelli e figli diletti nel Signore,
Dio che ha creato l’Universo e ha formato la terra come una perfetta abitazione dell’uomo, ha dato a lui l’ordine e la possibilità di svilupparsi e di moltiplicarsi e di riempirla e di dominare su di essa e su tutti i suoi animali e piante. (Gen.1,28)
Il mondo che ci circonda ci è stato dunque donato dal Creatore come uno stadio di attività sociale, ma anche di santificazione, in attesa della restaurata creazione nel secolo futuro. Da sempre la Santa e Grande Madre Chiesa di Cristo sostiene e vive questa posizione teologica, perciò anche la Nostra Umile Persona è stata posta, com’è noto, a capo della iniziativa ecologica, ripresa dal nostro Sacratissimo Trono Ecumenico, per la protezione del nostro pianeta assai travagliato, volontariamente e involontariamente.
La pienezza della vita, che è opera della sapienza di Dio, non fu data sicuramente all’incontrollabile potestà dell’uomo. Una dominazione totale della terra da parte dell’uomo e di tutto ciò essa contiene, significa un uso logico ed un godimento dei beni offerti e non un attingere per avidità ed un abuso catastrofico o una distruzione delle sue risorse.
Malgrado ciò, sopratutto ai nostri giorni, osserviamo un eccessivo sfruttamento delle risorse naturali, con la conseguenza della distruzione dell’equilibrio ambientale, degli ecosistemi e in genere delle condizioni ambientali, così che le condizioni di vita dell’uomo, poste da Dio, sulla terra diventano per lui più ostili. Per esempio, come osserviamo tutti, scienziati, ecclesiastici e politici responsabili e l’umanità in genere, la temperatura dell’atmosfera aumenta, si manifestano piogge terribili, vengono contaminati gli ecosistemi del sottosuolo e del mare ed in genere viene distrutta, e alcune volte anche completamente distrutta, la possibilità di continuazione della vita in alcune regioni.
Vedendo e valorizzando in pratica i pericoli per l’umanità di questo sviluppo delle condizioni ambientali, la Madre Chiesa ha istituito già dall’epoca del nostro predecessore, l’indimenticabile Patriarca Demetrio, il Primo Settembre di ogni anno quale giornata di preghiera per l’ambiente, ossia per il mondo terrestre di vita dell’uomo.
Però dobbiamo accettare che le cause degli spiacevoli cambiamenti ambientali non provengono da Dio ma dall’uomo e di conseguenza la supplica e la preghiera della Chiesa e di tutti noi a Dio, il Signore dei Signori e Colui che tutto governa, per il miglioramento delle condizioni ambientali, è essenzialmente una richiesta di pentimento dell’umanità stessa dal proprio peccato di distruzione delle cose della terra, invece di usufruirne con ragione e attenzione, in modo che si conservi per sempre la prolificazione delle sue risorse.
Pregando e chiedendo a Dio di conservare l’ambiente della terra idoneo per la vita dell’uomo su di essa, in sostanza preghiamo che Dio cambi il pensiero dei potenti della terra e li illumini di non distruggere l’ecosistema terrestre per motivi di utilità economica e interesse temporale. Però, tutto questo vale anche per ogni uomo, anche perché ognuno di noi – nella misura delle proprie piccole possibilità -, contribuisce alle piccole catastrofi ambientali, dovute alla propria stoltezza.
Di conseguenza, pregando per l’ambiente, preghiamo per il pentimento di ognuno di noi, per il nostro piccolo o grande contributo al danno ed alla distruzione dell’ambiente che viviamo globalmente, come somma di più piccoli interventi dannosi, ai grandi e importanti fenomeni catastrofici, che avvengono negli anni.
Rivolgendo questo appello, preghiera e raccomandazione dal Sacro Centro dell’Ortodossia all’ecumene e a tutta l’umanità, preghiamo che il Signore Datore di ogni bene, che ha donato a tutti noi che abitiamo sul pianeta, il paradiso terrestre, ispiri buoni sentimenti nei cuori di tutti gli uomini, in modo che rispettiamo l’equilibrio ambientale che Egli, nella Sua Sapienza e nella Sua bontà ci ha consegnato, affinché sia noi, sia le generazioni che seguono, godano le donazioni di Dio con sentimenti di ringraziamento e di glorificazione.
Preghiamo che questa Sapienza, Pace e Forza di Dio, che ha creato, che conserva e porta verso le cose ultime la creazione che attende la sua salvezza, preservi l’ambiente sempre fruttuoso e contribuisca continuamente al progresso dell’uomo e porti a buon frutto le opere buone di coloro che lavorano per questo e invochiamo la Grazia e l’infinita Misericordia su tutti gli uomini e sopratutto su coloro che rispettano e custodiscono il creato, come un altro paradiso. Così sia!
1 Settembre 2012
+ il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo,
fervente intercessore presso Dio

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