Archive pour la catégorie 'Padri della Chiesa e Dottori'

26 gennaio, SS Timoteo e Tito: Ho combattuto la buona battaglia

26 GENNAIO: SS. TIMOTEO E TITO (m)


UFFICIO DELLE LETTURE

Seconda Lettura
Dalle «Omelie» di san Giovanni Crisostomo, vescovo
(Om. 2, Panegirico di san Paolo; PG 50, 480-484)

Ho combattuto la buona battaglia


Paolo se ne stava nel carcere come se stesse in cielo e riceveva percosse e ferite più volentieri di coloro che ricevono il palio nelle gare: amava i dolori non meno dei premi, perché stimava gli stessi dolori come fossero ricompense; perciò li chiamava anche una grazia divina. Ma sta’ bene attento in qual senso lo diceva: Certo era un premio essere sciolto dal corpo ed essere con Cristo (cfr. Fil 1, 23), mentre restare nel corpo era una lotta continua; tuttavia per amore di Cristo rimandava il premio per poter combattere: cosa che giudicava ancor più necessaria.
L’essere separato da Cristo costituiva per lui lotta e dolore, anzi assai più che lotta e dolore. Essere con Cristo era l’unico premio al di sopra di ogni cosa. Paolo per amore di Cristo preferì la prima cosa alla seconda.
Certamente qui qualcuno potrebbe obiettare che Paolo riteneva tutte queste realtà soavi per amore di Cristo. Certo, anch’io ammetto questo, perché quelle cose che per noi sono fonti di tristezza, per lui erano invece fonte di grandissimo piacere. Ma perché io ricordo i pericoli e i travagli? Poiché egli si trovava in grandissima afflizione e per questo diceva: «Chi è debole, che anch’io non lo sia? Chi riceve scandalo che io non ne frema?» (2 Cor 11, 29).
Ora, vi prego, non ammiriamo soltanto, ma anche imitiamo questo esempio così magnifico di virtù. Solo così infatti potremo essere partecipi dei suoi trionfi.
Se qualcuno si meraviglia perché abbiamo parlato così, cioè che chiunque avrà i meriti di Paolo avrà anche i medesimi premi, può ascoltare lo stesso Apostolo che dice: «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno, e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione» (2 Tm 4, 7-8). Puoi vedere chiaramente come chiama tutti alla partecipazione della medesima gloria.
Ora, poiché viene presentata a tutti la medesima corona di gloria, cerchiamo tutti di diventare degni di quei beni che sono stati promessi.
Non dobbiamo inoltre considerare in lui solamente la grandezza e la sublimità delle virtù e la tempra forte e decisa del suo animo, per la quale ha meritato di arrivare ad una gloria così grande, ma anche la comunanza di natura, per cui egli è come noi in tutto. Così anche le cose assai difficili ci sembreranno facili e leggere e, affaticandoci in questo tempo così breve, porteremo quella corona incorruttibile ed immortale, per grazia e misericordia del Signore nostro Gesù Cristo, a cui appartiene la gloria e la potenza ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.

Dalle «Omelie» di san Giovanni Crisostomo, vescovo: Paolo sopportò ogni cosa per amore il Cristo

dal sito:

http://liturgia.silvestrini.org/santo/148.html

Dalle «Omelie» di san Giovanni Crisostomo, vescovo
Paolo sopportò ogni cosa per amore il Cristo

Che cosa sia l’uomo e quanta la nobiltà dela nostra natura, di quanta forza sia capace questo essere pensante, lo mostra in un modo del tutto particolare Paolo. Ogni giorno saliva più in alto, ogni giorno sorgeva più ardente e combatteva con sempre maggior coraggio contro le difficoltà che incontrava. Alludendo a questo diceva: Dimentico il passato e sono proteso verso il futuro (cfr. Fil 3, 13). Vedendo che la morte era ormai imminente, invita tutti alla comunione di quella sua gioia dicendo: «Gioite e rallegratevi con me» (Fil 2, 18). Esulta ugualmente anche di fronte ai pericoli incombenti, alle offese e a qualsiasi ingiuria e, scrivendo ai Corinzi, dice: Sono contento delle mie infermità, degli affronti e delle persecuzioni (cfr. 2 Cor 12, 10). Aggiunge che queste sono le armi della giustizia e mostra come proprio di qui gli venga il maggior frutto, e sia vittorioso dei nemici. Battuto ovunque con verghe, colpito da ingiurie e insulti, si comporta come se celebrasse trionfi gloriosi o elevasse in alto trofei. Si vanta e ringrazia Dio, dicendo: Siano rese grazie a Dio che trionfa sempre in noi (cfr. 2 Cor 2, 14). Per questo, animato dal suo zelo di apostolo, gradiva di più l’altrui freddezza e le ingiurie che l’onore, di cui invece noi siamo così avidi. Preferiva la morte alla vita, la povertà alla ricchezza e desiderava assai di più la fatica che non il riposo. Una cosa detestava e rigettava: l’offesa a Dio, al quale per parte sua voleva piacere in ogni cosa.
Godere dell’amore di Cristo era il culmine delle sue aspirazioni e, godendo di questo suo tesoro, si sentiva più felice di tutti. Senza di esso al contrario nulla per lui significava l’amicizia dei potenti e dei principi. Preferiva essere l’ultimo di tutti, anzi un condannato, però con l’amore di Cristo, piuttosto che trovarsi fra i più grandi e i più potenti del mondo, ma privo di quel tesoro. Il più grande ed unico tormento per lui sarebbe stato perdere questo amore. Ciò sarebbe stato per lui la geenna, l’unica sola pena, il più grande e il più insopportabile dei supplizi.
Il godere dell’amore di Cristo era per lui tutto: vita, mondo, condizione angelica, presente, futuro, e ogni altro bene. All’infuori di questo, niente reputava bello, niente gioioso. Ecco perché guardava alle cose sensibili come ad erba avvizzita. Gli stessi tiranni e le rivoluzioni di popoli perdevano ogni mordente. Pensava infine che la morte, la sofferenza e mille supplizi diventassero come giochi da bambini quando si trattava di sopportarli per Cristo.(Om. 2, Panegirico di san Paolo, apostolo; PG 50, 477-480)

La celebrazione
Questa celebrazione, già presente in Italia nel sec. VIII, entrò nel calendario Romano sul finire del sec. X. Coclude in modo significativo la settimana dell’unità dei cristaini, ricordando che non c’è vero ecumenesimo senza conversione.
La conversione di Paolo rivela la potenza della grazia che sovrabbonda dove abbonda il peccato. La svolta decisiva della sua vita si compie sulla via di Damasco, dove egli scopre il mistero della passione di Cristo che si rinnova nelle sue membra. Egli stesso perseguitato per Cristo diraà: «Completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa».

San Basilio : Bellezza del mare

dal sito:

http://www.vatican.va/spirit/documents/spirit_20030114_basilio_it.html

Basilio il Grande, Esamerone, 4,6-7
Bellezza del mare

« E Dio vide che era bello ». La Scrittura non intende affermare che il mare abbia offerto agli occhi di Dio uno spettacolo affascinante. Il Creatore, infatti, non contempla con gli occhi la bellezza della creazione, ma osserva i fenomeni con la sua ineffabile sapienza.

È davvero uno spettacolo magnifico quello offerto dalla distesa del mare biancheggiante di spuma, mentre vi regna una calma sovrana; ovvero quando la superficie delle acque, increspata da un venticello leggero, mostra a chi guarda un colore purpureo o azzurro. Gradevole è anche contemplare il mare, non quando flagella con violenza la terra vicina, ma quando l’abbraccia con pacifici amplessi.

Ciò nondimeno, non è da ritenersi, secondo quanto afferma la Scrittura, che la vista del mare fu per Dio bella e gradevole: lì, invece, il mare è giudicato bello in rapporto all’insieme della creazione. Anzitutto perché l’acqua del mare costituisce la fonte e l’origine di tutta l’umidità della terra… Essa, infatti, riscaldata dai raggi del sole, si trasforma in vapore acqueo che, levandosi sempre più in alto e raffreddandosi quando manchi la rifrazione dei raggi dal suolo, producendo nello stesso tempo la fresca ombra delle nubi, genera la pioggia e rende più fertile la terra. Di ciò, nessuno che abbia visto riscaldare dei recipienti, può dubitare. Questi infatti, in origine pieni di liquido, spesso rimangono vuoti quando tutto ciò che veniva riscaldato si sia dissolto sotto forma di vapore. Anzi, si può anche vedere come l’acqua del mare venga bollita dai marinai che, raccogliendone il vapore a mezzo di spugne, provvedono in qualche modo, ove fosse necessario, alla carenza d’acqua.

Il mare è anche bello (ma in modo diverso secondo il punto di vista di Dio) perché circonda le isole, offrendo loro ornamento e sicurezza; e perché congiunge terre assai distanti fornendo ai naviganti spostamenti veloci. Dalla loro bocca ci fa conoscere storie di avvenimenti, prima ignorati, procura ricchezze ai mercanti, facilmente rimedia alle necessità della vita: infatti, a coloro che posseggono in sovrabbondanza una quantità di cose, offre la possibilità di esportare quelle superflue in un altro luogo; per coloro che, invece, ne scarseggiano, fa sì che possano procurarsi ciò che manca loro.

Donde proviene a me la possibilità di ammirare attentamente tutta la bellezza del mare, quale si manifestò in origine all’occhio del Creatore? D’altronde, se al cospetto di Dio il mare è bello e gradevole quanto gli apparirà più bella questa assemblea in cui la voce confusa di uomini, di donne e di fanciulli, simile a quella dell’onda che s’infrange sulla riva, si rivolge a Dio nelle nostre preghiere?

Una tranquillità profonda la conserva nella pace non potendo gli spiriti della malizia turbarlo con le loro dottrine eretiche. Diventate dunque, degni della approvazione del Signore, osservando rigorosamente questa disciplina, nel nostro Signore Gesù Cristo. » 

Publié dans:Padri della Chiesa e Dottori |on 23 janvier, 2009 |Pas de commentaires »

Dalle « Omelie » di san Giovanni Crisostomo: La preghiera è luce per l’anima

dal sito:

http://www.vatican.va/spirit/documents/spirit_20010302_giovanni-crisostomo_it.html

La preghiera è luce per l’anima

« La preghiera, o dialogo con Dio, è un bene sommo. È, infatti, una comunione intima con Dio. Come gli occhi del corpo vedendo la luce ne sono rischiarati, così anche l’anima che è tesa verso Dio viene illuminata dalla luce ineffabile della preghiera. Deve essere, però, una preghiera non fatta per abitudine, ma che proceda dal cuore. Non deve essere circoscritta a determinati tempi od ore, ma fiorire continuamente, notte e giorno.

Non bisogna infatti innalzare il nostro animo a Dio solamente quando attendiamo con tutto lo spirito alla preghiera. Occorre che, anche quando siamo occupati in altre faccende, sia nella cura verso i poveri, sia nelle altre attività, impreziosite magari dalla generosità verso il prossimo, abbiamo il desiderio e il ricordo di Dio, perché, insaporito dall’amore divino, come da sale, tutto diventi cibo gustosissimo al Signore dell’universo. Possiamo godere continuamente di questo vantaggio, anzi per tutta la vita, se a questo tipo di preghiera dedichiamo il più possibile del nostro tempo.

La preghiera è luce dell’anima, vera conoscenza di Dio, mediatrice tra Dio e l’uomo. L’anima, elevata per mezzo suo in alto fino al cielo, abbraccia il Signore con amplessi ineffabili. Come il bambino, che piangendo grida alla madre, l’anima cerca ardentemente il latte divino, brama che i propri desideri vengano esauditi e riceve doni superiori ad ogni essere visibile.

La preghiera funge da augusta messaggera dinanzi a Dio, e nel medesimo tempo rende felice l’anima perché appaga le sue aspirazioni. Parlo, però, della preghiera autentica e non delle sole parole.

Essa è un desiderare Dio, un amore ineffabile che non proviene dagli uomini, ma è prodotto dalla grazia divina. Di essa l’Apostolo dice: Non sappiamo pregare come si conviene, ma lo Spirito stesso intercede per noi con gemiti inesprimibili (cfr. Rm 8, 26b). Se il Signore dà a qualcuno tale modo di pregare, è una ricchezza da valorizzare, è un cibo celeste che sazia l’anima; chi l’ha gustato si accende di desiderio celeste per il Signore, come di un fuoco ardentissimo che infiamma la sua anima.

Abbellisci la tua casa di modestia e umiltà mediante la pratica della preghiera. Rendi splendida la tua abitazione con la luce della giustizia; orna le sue pareti con le opere buone come di una patina di oro puro e al posto dei muri e delle pietre preziose colloca la fede e la soprannaturale magnanimità, ponendo sopra ogni cosa, in alto sul fastigio, la preghiera a decoro di tutto il complesso. Così prepari per il Signore una degna dimora, così lo accogli in splendida reggia. Egli ti concederà di trasformare la tua anima in tempio della sua presenza. »

Dalle « Omelie » di san Giovanni Crisostomo, vescovo (Om. 6 sulla preghiera; PG 64, 462-466)

LUNEDÌ 8 DICEMBRE – IMMACOLATA CONCEZIONE DI MARIA – DISCORSI DI SANT’ANSELMO

LUNEDÌ 8 DICEMBRE 2008

IMMACOLATA CONCEZIONE DI MARIA (Solennità)

UFFICIO DELLE LETTURE

Seconda Lettura
Dai «Discorsi» di sant’Anselmo, vescovo (Disc. 52; PL 158, 955-956)

O Vergine, per la tua benedizione è benedetta ogni creatura
Cielo, stelle, terra, fiumi, giorno, notte e tutte le creature che sono sottoposte al potere dell’uomo o disposte per la sua utilità si rallegrano, o Signora, di essere stati per mezzo tuo in certo modo risuscitati allo splendore che avevano perduto, e di avere ricevuto una grazia nuova inesprimibile. Erano tutte come morte le cose, poiché avevano perduto la dignità originale alla quale erano state destinate. Loro fine era di servire al dominio o alle necessità delle creature cui spetta di elevare la lode a Dio. Erano schiacciate dall’oppressione e avevano perso vivezza per l’abuso di coloro che s’erano fatti servi degli idoli. Ma agli idoli non erano destinate. Ora invece, quasi risuscitate, si rallegrano di essere rette dal dominio e abbellite dall’uso degli uomini che lodano Dio.
Hanno esultato come di una nuova e inestimabile grazia sentendo che Dio stesso, lo stesso loro Creatore non solo invisibilmente le regge dall’alto, ma anche, presente visibilmente tra di loro, le santifica servendosi di esse. Questi beni così grandi sono venuti dal frutto benedetto del grembo benedetto di Maria benedetta.
Per la pienezza della tua grazia anche le creature che erano negl’inferi si rallegrano nella gioia di essere liberate, e quelle che sono sulla terra gioiscono di essere rinnovate. Invero per il medesimo glorioso figlio della tua gloriosa verginità, esultano, liberati dalla loro prigionia, tutti i giusti che sono morti prima della sua morte vivificatrice, e gli angeli si rallegrano perché è rifatta nuova la loro città diroccata.
O donna piena e sovrabbondante di grazia, ogni creatura rinverdisce, inondata dal traboccare della tua pienezza. O vergine benedetta e più che benedetta, per la cui benedizione ogni creatura è benedetta dal suo Creatore, e il Creatore è benedetto da ogni creatura.
A Maria Dio diede il Figlio suo unico che aveva generato dal suo seno uguale a se stesso e che amava come se stesso, e da Maria plasmò il Figlio, non un altro, ma il medesimo, in modo che secondo la natura fosse l’unico e medesimo figlio comune di Dio e di Maria. Dio creò ogni creatura, e Maria generò Dio: Dio, che aveva creato ogni cosa, si fece lui stesso creatura di Maria, e ha ricreato così tutto quello che aveva creato. E mentre aveva potuto creare tutte le cose dal nulla, dopo la loro rovina non volle restaurarle senza Maria.
Dio dunque è il padre delle cose create, Maria la madre delle cose ricreate. Dio è padre della fondazione del mondo, Maria la madre della sua riparazione, poiché Dio ha generato colui per mezzo del quale tutto è stato fatto, e Maria ha partorito colui per opera del quale tutte le cose sono state salvate. Dio ha generato colui senza del quale niente assolutamente è, e Maria ha partorito colui senza del quale niente è bene.
Davvero con te è il Signore che volle che tutte le creature, e lui stesso insieme, dovessero tanto a te.

san Giovanni Crisostomo : La preghiera è luce per l’anima

dal sito:

http://www.vatican.va/spirit/documents/spirit_20010302_giovanni-crisostomo_it.html

La preghiera è luce per l’anima

« La preghiera, o dialogo con Dio, è un bene sommo. È, infatti, una comunione intima con Dio. Come gli occhi del corpo vedendo la luce ne sono rischiarati, così anche l’anima che è tesa verso Dio viene illuminata dalla luce ineffabile della preghiera. Deve essere, però, una preghiera non fatta per abitudine, ma che proceda dal cuore. Non deve essere circoscritta a determinati tempi od ore, ma fiorire continuamente, notte e giorno.

Non bisogna infatti innalzare il nostro animo a Dio solamente quando attendiamo con tutto lo spirito alla preghiera. Occorre che, anche quando siamo occupati in altre faccende, sia nella cura verso i poveri, sia nelle altre attività, impreziosite magari dalla generosità verso il prossimo, abbiamo il desiderio e il ricordo di Dio, perché, insaporito dall’amore divino, come da sale, tutto diventi cibo gustosissimo al Signore dell’universo. Possiamo godere continuamente di questo vantaggio, anzi per tutta la vita, se a questo tipo di preghiera dedichiamo il più possibile del nostro tempo.

La preghiera è luce dell’anima, vera conoscenza di Dio, mediatrice tra Dio e l’uomo. L’anima, elevata per mezzo suo in alto fino al cielo, abbraccia il Signore con amplessi ineffabili. Come il bambino, che piangendo grida alla madre, l’anima cerca ardentemente il latte divino, brama che i propri desideri vengano esauditi e riceve doni superiori ad ogni essere visibile.

La preghiera funge da augusta messaggera dinanzi a Dio, e nel medesimo tempo rende felice l’anima perché appaga le sue aspirazioni. Parlo, però, della preghiera autentica e non delle sole parole.

Essa è un desiderare Dio, un amore ineffabile che non proviene dagli uomini, ma è prodotto dalla grazia divina. Di essa l’Apostolo dice: Non sappiamo pregare come si conviene, ma lo Spirito stesso intercede per noi con gemiti inesprimibili (cfr. Rm 8, 26b). Se il Signore dà a qualcuno tale modo di pregare, è una ricchezza da valorizzare, è un cibo celeste che sazia l’anima; chi l’ha gustato si accende di desiderio celeste per il Signore, come di un fuoco ardentissimo che infiamma la sua anima.

Abbellisci la tua casa di modestia e umiltà mediante la pratica della preghiera. Rendi splendida la tua abitazione con la luce della giustizia; orna le sue pareti con le opere buone come di una patina di oro puro e al posto dei muri e delle pietre preziose colloca la fede e la soprannaturale magnanimità, ponendo sopra ogni cosa, in alto sul fastigio, la preghiera a decoro di tutto il complesso. Così prepari per il Signore una degna dimora, così lo accogli in splendida reggia. Egli ti concederà di trasformare la tua anima in tempio della sua presenza. »

Dalle « Omelie » di san Giovanni Crisostomo, vescovo (Om. 6 sulla preghiera; PG 64, 462-466)

Publié dans:Padri della Chiesa e Dottori |on 28 novembre, 2008 |Pas de commentaires »

(S. Simeone il Nuovo Teologo « Inni e Preghiere » – invocazione allo Spirito Santo)

dal sito: 

http://www.gregoriopalamas.it/Preghiere.htm

(S. Simeone il Nuovo Teologo « Inni e Preghiere » – invocazione allo Spirito Santo)

Vieni, luce vera

Vieni, eterna vita

Vieni, mistero nascosto

Vieni, tesoro ineffabile

Vieni, realtà indicibile

Vieni, persona incomprensibile

Vieni, esultanza perenne

Vieni, verace attesa di quanti saranno salvati

Vieni, il rialzarsi di chi giace

Vieni, risurrezione dei morti

Vieni, o potente, che ogni cosa sempre compi, muti e trasformi con il solo volere

Vieni, invisibile e del tutto intangibile e impalpabile

Vieni, tu che sempre rimani immobile, e ad ogni istante tutto ti muovi e vieni a noi che giacciamo nell’Ade, tu che sei al di sopra di tutti i cieli

Vieni, nome desiderato e celebrato, ma del tutto impossibile a essere detto da parte nostra chi egli sia o a essere conosciuto quale e quanto sia

Vieni, gioia eterna

Vieni, corona immarcescibile

Vieni, porpora del grande Dio e Re nostro

Vieni, cintura cristallina e di pietre preziose

Vieni, calzare inaccessibile

Vieni, vera destra regale purpurea e sovrana

Vieni, tu che ha bramato e brama la mia misera anima

Vieni, solo a chi è solo – poiché io sono solo, come vedi

Vieni, tu che mi hai separato da tutto e mi hai reso solo sulla terra

Vieni, tu che sei divenuto in me desiderio e hai fatto che ti desiderassi, o del tutto inaccessibile

Vieni, mio respiro e mia vita

Vieni, consolazione della mia povera anima

Vieni, gioia e gloria e delizia senza fine.

Sant’Agostino, preghiera

dal sito:

http://www.augustinus.it/varie/preghiere/preghiere_soliloqui.htm

SANT’AGOSTINO – PREGHIERA

Dai Soliloqui 1, 1, 2-6.

O Dio, creatore dell’universo, concedimi prima di tutto che io ti preghi bene, quindi che mi renda degno di essere esaudito, ed infine di ottenere da te la redenzione.

O Dio, per la cui potenza tutte le cose che da sé non sarebbero, si muovono verso l’essere; o Dio, il quale non permetti che cessi d’essere neanche quella realtà i cui elementi hanno in sé le condizioni di distruggersi a vicenda; o Dio, che hai creato dal nulla questo mondo di cui gli occhi di tutti avvertono l’alta armonia; o Dio, che non fai il male ma lo permetti perché non avvenga il male peggiore; o Dio, che manifesti a pochi, i quali si rivolgono a ciò che veramente è, che il male non è reale.

O Dio, per la cui potenza l’universo, nonostante la parte non adatta al fine, è perfetto; o Dio, dal quale la dissimilitudine non produce l’estrema dissoluzione poiché le cose peggiori si armonizzano con le migliori; o Dio, che sei amato da ogni essere che può amare, ne sia esso cosciente o no; o Dio, nel quale sono tutte le cose ma che la deformità esistente nell’universo non rende deforme né il male meno perfetto né l’errore meno vero; o Dio, il quale hai voluto che soltanto gli spiriti puri conoscessero il vero; o Dio, padre della verità, padre della sapienza, padre della vera e somma vita, padre della beatitudine, padre del bene e del bello, padre della luce intelligibile, padre del nostro risveglio e della nostra illuminazione, padre della caparra mediante la quale siamo ammoniti di ritornare a te: ti invoco.

O Dio verità, fondamento, principio e ordinatore della verità di tutti gli esseri che sono veri.

O Dio sapienza, fondamento, principio e ordinatore della sapienza di tutti gli esseri che posseggono sapienza.

O Dio, vera e somma vita, fondamento, principio e ordinatore della vita degli esseri che hanno vera e somma vita.

O Dio beatitudine, fondamento, principio e ordinatore della beatitudine di tutti gli esseri che sono beati.

O Dio bene e bellezza, fondamento, principio e ordinatore del bene e della bellezza di tutti gli esseri che sono buoni e belli.

O Dio luce intelligibile, fondamento, principio e ordinatore della luce intelligibile di tutti gli esseri che partecipano alla luce intelligibile.

O Dio, il cui regno è tutto il mondo che è nascosto al senso; o Dio, dal cui regno deriva la legge per i regni della natura.

O Dio, dal quale allontanarsi è cadere, verso cui voltarsi è risorgere, nel quale rimanere è aver sicurezza; o Dio, dal quale uscire è morire, al quale avviarsi è tornare a vivere, nel quale abitare è vivere.

O Dio, che non si smarrisce se non si è ingannati, che non si cerca se non si è chiamati, che non si trova se non si è purificati.

O Dio, che abbandonare è andare in rovina, a cui tendere è amare, che vedere è possedere.

O Dio, al quale ci stimola la fede, ci innalza la speranza, ci unisce la carità.

O Dio, con la cui potenza vinciamo l’Avversario: ti scongiuro.

O Dio, che abbiamo accolto per non soggiacere a morte totale; o Dio, dal quale siamo stimolati alla vigilanza.

O Dio, col cui aiuto sappiamo distinguere il bene dal male; o Dio, col cui aiuto fuggiamo il male e operiamo il bene.

O Dio, col cui aiuto non cediamo ai perturbamenti.

O Dio, col cui aiuto siamo soggetti con rettitudine al potere e con rettitudine l’esercitiamo.

O Dio, col cui aiuto apprendiamo che sono anche di altri le cose che una volta reputavamo nostre e sono anche nostre le cose che una volta reputavamo di altri.

O Dio, col cui aiuto non ci attacchiamo agli adescamenti e irretimenti delle passioni.

O Dio, col cui aiuto la soggezione al plurimo non ci toglie l’essere uno.

O Dio, col cui aiuto il nostro essere migliore non è soggetto al peggiore.

O Dio, col cui aiuto la morte è annullata nella vittoria.

O Dio, che ci volgi verso di te.

O Dio, che ci spogli di ciò che non è e ci rivesti di ciò che è.

O Dio, che ci rendi degni di essere esauditi; o Dio, che ci unisci.

O Dio, che ci induci alla verità piena.

O Dio, che ci manifesti la pienezza del bene e non ci rendi incapaci di seguirlo né permetti che altri lo faccia.

O Dio, che ci richiami sulla via.

O Dio, che ci accompagni alla porta.

O Dio, il quale fai sì che si apra a coloro che picchiano.

O Dio, che ci dai il pane della vita 3.

O Dio, che ci asseti di quella bevanda sorbendo la quale non avremo più sete;

O Dio, che accusi il mondo sul peccato, la giustizia e il giudizio.

O Dio, col cui aiuto non ci sottraggono la convinzione coloro che non credono.

O Dio, col cui aiuto riproviamo coloro i quali affermano che le anime non possono meritare presso di te.

O Dio, col cui aiuto non diveniamo schiavi degli elementi che causano debolezza e privazione.

O Dio, che ci purifichi e ci prepari ai premi divini: viemmi incontro benevolo.

In qualsiasi modo io possa averti pensato, il Dio Uno sei tu e tu vieni in mio aiuto, una eterna e vera sussistenza, dove non ci sono discordia, oscurità, cangiamento, bisogno, morte, ma somma concordia, somma chiarezza, somma attuosità, somma ricchezza, somma vita, dove nulla manca, nulla ridonda, dove colui che genera e colui che è generato sono una medesima cosa.

O Dio, cui sono soggette tutte le cose prive di autosufficienza, cui obbedisce ogni anima buona; per le cui leggi ruotano i poli, le stelle compiono le loro orbite, il sole rinnova il giorno, la luna soffonde la notte, e tutto il mondo, mediante le successioni e i ritorni dei tempi, conserva, per quanto la materia sensibile lo comporta, la grande uniformità dei fenomeni attraverso i giorni con l’alternarsi del giorno e della notte, attraverso i mesi con le lunazioni, attraverso gli anni con i ritorni di primavera, estate, autunno e inverno, attraverso i lustri col compimento del corso solare, attraverso i secoli col ritorno delle stelle alle loro origini.

O Dio, per le cui leggi esistenti per tutta la durata della realtà non si permette che il movimento difforme delle cose mutevoli sia turbato, ma che venga ripetuto, sempre secondo uniformità, nella dimensione rotante dei tempi; per le cui leggi è libera la scelta dell’anima e sono stati stabiliti premi per i buoni e pene per i cattivi con leggi fisse e universali.

O Dio dal quale provengono a noi tutti i beni e sono allontanati tutti i mali.

O Dio, sopra del quale non c’è nulla, fuori del quale nulla e senza del quale nulla.

O Dio, sotto il quale è il tutto, nel quale il tutto, col quale il tutto.

Che hai fatto l’uomo a tua immagine e somiglianza, il che può comprendere chi conosce se stesso: ascolta, ascolta, ascolta me, mio Dio, mio signore, mio re, mio padre, mio fattore, mia speranza, mia realtà, mio onore, mia casa, mia patria, mia salvezza, mia luce, mia vita; ascolta, ascolta, ascolta me nella maniera tua, soltanto a pochi ben nota.

Ormai io te solo amo, te solo seguo, te solo cerco e sono disposto ad essere soggetto a te soltanto, poiché tu solo con giustizia eserciti il dominio ed io desidero essere di tuo diritto. Comanda ed ordina ciò che vuoi, ti prego, ma guarisci ed apri le mie orecchie affinché possa udire la tua voce.

Guarisci ed apri i miei occhi affinché possa vedere i tuoi cenni. Allontana da me i movimenti irragionevoli affinché possa riconoscerti.

Dimmi da che parte devo guardare affinché ti veda, e spero di poter eseguire tutto ciò che mi comanderai.

Riammetti, ti prego, il tuo schiavo fuggitivo, o Signore e Padre clementissimo. Dovrei ormai aver sufficientemente scontato, abbastanza dovrei esser stato schiavo dei tuoi nemici che tu conculchi sotto i tuoi piedi, abbastanza dovrei esser stato ludibrio di cose ingannevoli.

Ricevi me tuo servo che fugge da queste cose che mi accolsero non tuo mentre da te fuggivo. Sento che devo ritornare a te; a me che picchio si apra la tua porta; insegnami come si può giungere fino a te. Non ho altro che il buon volere; so soltanto che le cose caduche e passeggere si devono disprezzare, le cose immutabili ed eterne ricercare.

Ciò so, o Padre, poiché questo solo ho appreso, ma ignoro da dove si deve partire per giungere a te. Tu suggeriscimelo, tu mostrami la via e forniscimi ciò che necessita al viaggio. Se con la fede ti ritrovano coloro che tornano a te, dammi la fede; se con la virtù, dammi la virtù; se con il sapere, dammi il sapere.

Aumenta in me la fede, aumenta la speranza, aumenta la carità. O bontà tua ammirevole e singolare.

A te io anelo e proprio a te chiedo i mezzi con cui il mio anelito sia soddisfatto.

Infatti se tu abbandoni, si va in rovina; ma tu non abbandoni perché sei il sommo bene che sempre si è raggiunto se si è rettamente cercato; ed ha rettamente cercato chiunque sia stato da te reso capace di cercare rettamente.

Fa’, o Padre, che anche io ti cerchi, ma difendimi dall’errore affinché mentre io ti cerco, nessun’altra cosa mi venga incontro in vece tua.

Se non desidero altra cosa che te, ti ritrovi al fine di grazia, o Padre.

Ma se in me v’è il desiderio di qualche cosa di superfluo, purificami e rendimi degno di vederti.

Per il resto affido alle tue mani, o Padre sapientissimo ed ottimo, la salute di questo mio corpo fintantoché non so quale vantaggio posso avere da esso per me e per coloro che amo. Per esso ti chiederò ciò che secondo l’opportunità tu m’ispirerai. Prego soltanto l’altissima tua clemenza che tu mi volga tutto verso di te e che non mi si creino ostacoli mentre tendo a te e mi conceda che io, mentre ancora porto e trascino questo mio corpo, sia temperante, forte, giusto e prudente, perfetto amatore e degno di apprendere la tua sapienza e degno di abitare e abitatore del beatissimo tuo regno. Amen, amen.

Beata Maria Vergine Addolorata (memoria)

Beata Maria Vergine Addolorata (memoria) 

Ufficio delle Letture 

Seconda Lettura

Dai «Discorsi» di san Bernardo, abate (Disc. nella domenica fra l’ottava dell’Assunzione 14-15; Opera omnia, ed. Cisterc. 5 [1968] 273-274)

La Madre di Gesù stava presso la croce
Il martirio della Vergine viene celebrato tanto nella profezia di Simeone, quanto nella storia stessa della passione del Signore. Egli è posto, dice del bambino Gesù il santo vegliardo, quale segno di contraddizione, e una spada, dice poi rivolgendosi a Maria, trapasserà la tua stessa anima (cfr. Lc 2,34-35)
Una spada ha trapassato veramente la tua anima, o santa Madre nostra! Del resto non avrebbe raggiunto la carne del Figlio se non passando per l’anima della Madre. Certamente dopo che il tuo Gesù, che era di tutti, ma specialmente tuo, era spirato, la lancia crudele non poté arrivare alla sua anima. Quando, infatti, non rispettando neppure la sua morte, gli aprì il costato, ormai non poteva più recare alcun danno al Figlio tuo. Ma a te sì. A te trapassò l’anima. L’anima di lui non era più là, ma la tua non se ne poteva assolutamente staccare. Perciò la forza del dolore trapassò la tua anima, e così non senza ragione ti possiamo chiamare più che martire, perché in te la partecipazione alla passione del Figlio, superò di molto, nell’intensità, le sofferenze fisiche del martirio.
Non fu forse per te più che una spada quella parola che davvero trapassò l’anima ed arrivò fino a dividere anima e spirito? Ti fu detto infatti: «Donna, ecco il tuo figlio» (Gv 19,26). Quale scambio! Ti viene dato Giovanni al posto di Gesù, il servo al posto del Signore, il discepolo al posto del maestro, il figlio di Zebedeo al posto del Figlio di Dio, un semplice uomo al posto del Dio vero. Come l’ascolto di queste parole non avrebbe trapassato la tua anima tanto sensibile, quando il solo ricordo riesce a spezzare anche i nostri cuori, che pure sono di pietra e di ferro?
Non meravigliatevi, o fratelli, quando si dice che Maria è stata martire nello spirito. Si meravigli piuttosto colui che non ricorda d’aver sentito Paolo includere tra le più grandi colpe dei pagani che essi furono privi di affetto. Questa colpa è stata ben lontana dal cuore di Maria, e sia ben lontana anche da quello dei suoi umili devoti.
Qualcuno potrebbe forse obiettare: Ma non sapeva essa in antecedenza che Gesù sarebbe morto? Certo. Non era forse certa che sarebbe ben presto risorto? Senza dubbio e con la più ferma fiducia. E nonostante ciò soffrì quando fu crocifisso? Sicuramente in modo veramente terribile. Del resto chi sei mai tu, fratello, e quale strano genere di sapienza è il tuo, se ti meravigli della solidarietà nel dolore della Madre col Figlio, più che del dolore del Figlio stesso di Maria? Egli ha potuto morire anche nel corpo, e questa non ha potuto morire con lui nel suo cuore? Nel Figlio operò l’amore superiore a ogni altro amore. Nella Madre operò l’amore, al quale dopo quello di Cristo nessun altro amore si può paragonare.

Publié dans:liturgia, Padri della Chiesa e Dottori |on 15 septembre, 2008 |Pas de commentaires »

8 DICEMBRE – NATIVITÀ DELLA VERGINE MARIA – Dai «Discorsi» di sant’Andrea di Creta, vescovo

8 DICEMBRE – NATIVITÀ DELLA VERGINE MARIA

UFFICIO DELLE LETTURE

Seconda Lettura
Dai «Discorsi» di sant’Andrea di Creta, vescovo (Disc. 1; PG 97, 806-810)

Le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove


«Il termine della legge è Cristo» (Rm 10, 4). Si degni egli di innalzarci verso lo spirito ancora più di quanto ci libera dalla lettera della legge.
In lui si trova tutta la perfezione della legge perché lo stesso legislatore, dopo aver portato a termine ogni cosa, trasformò la lettera in spirito, ricapitolando tutto in se stesso. La legge fu vivificata dalla grazia e fu posta al suo servizio in una composizione armonica e feconda. Ognuna delle due conservò le sue caratteristiche senza alterazioni e confusioni. Tuttavia la legge, che prima costituiva un onere gravoso e una tirannia, diventò, per opera di Dio, peso leggero e fonte di libertà.
In questo modo non siamo più «schiavi degli elementi del mondo» (Gal 4, 3), come dice l’Apostolo, né siamo più oppressi dal giogo della legge, né prigionieri della sua lettera morta.
Il mistero del Dio che diventa uomo, la divinizzazione dell’uomo assunto dal Verbo, rappresentano la somma dei beni che Cristo ci ha donati, la rivelazione del piano divino e la sconfitta di ogni presuntuosa autosufficienza umana. La venuta di Dio fra gli uomini, come luce splendente e realtà divina chiara e visibile, è il dono grande e meraviglioso della salvezza che ci venne elargito.
La celebrazione odierna onora la natività della Madre di Dio. Però il vero significato e il fine di questo evento è l’incarnazione del Verbo. Infatti la Maria nasce, viene allattata e cresciuta per essere la Madre del Re dei secoli, di Dio.
La beata Vergine Maria ci fa godere di un duplice beneficio: ci innalza alla conoscenza della verità, e ci libera dal dominio della lettera, esonerandoci dal suo servizio. In che modo e a quale condizione? L’ombra della notte si ritira all’appressarsi della luce del giorno, e la grazia ci reca la libertà in luogo della schiavitù della legge. La presente festa è come una pietra di confine fra il Nuovo e l’Antico Testamento. Mostra come ai simboli e alle figure succeda la verità e come alla prima alleanza succeda la nuova. Tutta la creazione dunque canti di gioia, esulti e partecipi alla letizia di questo giorno. Angeli e uomini si uniscano insieme per prender parte all’odierna liturgia. Insieme la festeggino coloro che vivono sulla terra e quelli che si trovano nei cieli. Questo infatti è il giorno in cui il Creatore dell’universo ha costruito il suo tempio, oggi il giorno in cui, per un progetto stupendo, la creatura diventa la dimora prescelta del Creatore.

Publié dans:liturgia, Padri della Chiesa e Dottori |on 8 septembre, 2008 |Pas de commentaires »
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