Archive pour la catégorie 'Padri della Chiesa – Sant’Ambrogio'

LA PREDICA DEL SOLE – AMBROGIO, ESAMERONE, 4,1.2.4

http://www.vatican.va/spirit/documents/spirit_20030107_ambrogio_it.html

LA PREDICA DEL SOLE – AMBROGIO, ESAMERONE, 4,1.2.4

« Con grande splendore il sole procede nel giorno, inonda la terra di luce e la riscalda. Guardati, uomo, dal fissare lo sguardo nella sua grandezza, perché l’immenso splendore della sua luce non abbacini l’occhio del tuo spirito, come a colui che ha il sole allo zenit e vi fissa lo sguardo: offeso dalla sua luce, subito perde la vista. Se non rivolge altrove il viso e l’occhio, crede di non poter più affatto vedere e di essersi giocato la vista; ma se, invece, distoglie lo sguardo, può ancora godere della sua potenza visiva. Guardati dunque che il suo raggio sorgente non confonda anche il tuo sguardo! …Non fidarti ciecamente del suo magnifico splendore!
Il sole è l’occhio del mondo, la gioia del giorno, la bellezza del cielo, la leggiadria della natura, il gioiello della creazione. Pensa sempre, quando lo guardi, al suo Fattore! Loda sempre, quando lo ammiri, il suo autore. Se già questo sole che ha essere e sorte comune con tutte le creature, splende tanto benefico, come deve essere buono il «sole della giustizia»! Se questo sole è così veloce, che nel suo impetuoso corso tra giorno e notte, tutto illumina, come deve essere grande quello che è sempre ovunque, e tutto riempie con la sua maestà! Se è meraviglioso questo che sorse al suo comando, come è meraviglioso al di fuori di ogni misura colui che comanda al sole di arrestarsi, ed esso non avanza più (Gb 9,7), come si legge. Se è grande questo che, ogni giorno nel corso delle ore, se ne viene e se ne va su ogni regione, come deve essere quello che anche quando si umiliò, perché noi potessimo vederlo visibilmente, era la luce vera che illumina ogni uomo che viene in questo mondo (Gv 1,9). Se è incomparabilmente eccellente questo, che pur spesso impallidisce quando la terra si interpone, come deve essere grande la maestà di colui che dice: Ancora una volta farò scuotere la terra! (Ag 2,6). La terra nasconde questo sole, mentre non potrebbe reggere quando l’altro sole la scuote, se non fosse sostenuta dalla sua volontà. E se è un danno per il cieco non vedere la dolce luce di questo sole, quale danno sarà per il peccatore, privato delle opere della «luce vera», patire le tenebre di una notte eterna!…
Con la voce dei suoi doni, così sembra che gridi la natura: buono è il sole, ma è solo mio servo, non mio padrone. È buono, perché è il promotore, ma non il creatore della mia fecondità. È buono perché nutre, ma non causa i miei frutti. A volte addirittura esso brucia i miei prodotti; spesso addirittura mi è dannoso, e mi lascia a mani vuote. Non per ciò io sono ingrata a questo mio collaboratore: mi è stato dato a vantaggio e utilità, con me è sottoposto alla fatica, con me è soggetto alla caducità, con me è sottomesso alla schiavitù della corruzione; con me sospira, con me si duole aspettando che venga l’adozione in figli e la redenzione del genere umano, che renda possibile anche a noi la liberazione dalla schiavitù. Al mio fianco esso loda il Creatore, al mio fianco inneggia al Signore Dio nostro. E quando più ricchi sono i suoi benefici, io ne partecipo insieme con lui. Se il sole è benedizione, è benedizione pure la terra, sono benedizione anche i miei alberi da frutto, benedizione le bestie, benedizione gli uccelli. Il navigante sul mare si lagna del sole, e aspira a me. Il pastore sul monte si protegge da lui sotto le mie fronde, si affretta ai miei alberi, le cui ombre lo proteggono nella calura; alle mie sorgenti accorre assetato e stanco. »

DAL « COMMENTO SUL SALMO 118″ DI SANT’AMBROGIO, VESCOVO (NN. 12. 13-14;

http://www.meditazionecristiana.it/meditare-con-i-padri-dela-chiesa/stAmbrogio.docx/view

DAL « COMMENTO SUL SALMO 118″ DI SANT’AMBROGIO, VESCOVO (NN. 12. 13-14;

Santo è il tempio di Dio, che siete voi »Io e il Padre verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui » (Gv 14, 23).

Sia aperta a colui che viene la tua porta, apri la tua anima, allarga il seno della tua mente perché il tuo spirito goda le ricchezze della semplicità, i tesori della pace, la soavità della grazia. Dilata il tuo cuore, va` incontro al sole dell’eterna luce « che illumina ogni uomo » (Gv 1, 9).  Per certo quella luce vera splende a tutti. Ma se uno avrà chiuso le finestre, si priverà da se stesso della luce eterna. Allora, se tu chiudi la porta della tua mente, chiudi fuori anche Cristo. Benché possa entrare, nondimeno non vuole introdursi da importuno, non vuole costringere chi non vuole. Nato dalla Vergine, uscì dal suo grembo irradiando la sua luce sulle cose dell’universo intero, per risplendere a tutti. Quelli che lo desiderano ricevono la chiarezza dell’eterno fulgore che nessuna notte riesce ad alterare. A questo sole che vediamo ogni giorno tiene dietro la notte tenebrosa. Ma il sole di giustizia non tramonta mai perché la sua luce di sapienza non viene mai offuscata da alcuna ombra. Beato colui alla cui porta bussa Cristo. La nostra porta è la fede la quale, se è forte, rafforza tutta la casa. E’ questa la porta per la quale entra Cristo. Perciò anche la Chiesa dice nel cantico dei Cantici: « Un rumore! E` il mio diletto che bussa » (Ct 5, 2). Ascolta colui che bussa, ascolta colui che desidera entrare: « Aprimi, sorella mia, mia amica, mia colomba, perfetta mia; perché il mio capo è bagnato di rugiada, i miei riccioli di gocce notturne » (Ct 5, 2) Rifletti sul tempo nel quale il Dio Verbo bussa più che mai alla tua porta: allorché il suo capo è pieno di rugiada notturna. Infatti egli si degna di visitare quelli che si trovano nella tribolazione e nelle tentazioni perché nessuno, vinto per avventura dall’affanno, abbia a soccombere. Il suo capo dunque si riempie di rugiada, ovvero di gocce, quando il suo corpo soffre. E’ allora che bisogna vegliare, perché quando lo Sposo verrà non si ritiri, vistosi chiuso fuori. Infatti, se dormi e il tuo cuore non veglia, egli bussa e domanda che gli si apra la porta. Abbiamo dunque la porta della nostra anima, abbiamo anche le porte delle quali è scritto: « Sollevate, porte, i vostri frontali, alzatevi, porte antiche, ed entri il re della gloria » (Sal 23, 7).  Se vorrai alzare queste porte della tua fede, entrerà da te il re della gloria, recando il trionfo della sua passione. Anche la giustizia ha le sue porte. Infatti anche di queste leggiamo scritto quanto il Signore Gesù ha detto per mezzo del profeta: « Apritemi le porte della giustizia » (Sal 117, 19). L’anima dunque ha le sue porte, l’anima ha il suo ingresso. Ad esso viene Cristo e bussa, egli bussa alle porte. Aprigli, dunque; egli vuole entrare, vuol trovare la sposa desta. Responsorio Cfr. Ap 3, 20; Mt 24, 46R. Ecco, sto alla porta e busso. se uno ascolta la mia voce e mi apre, * verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me.V. Beato quel servo che il padrone al suo ritorno troverà ad agire in questo modo:R. verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me.

 

UNA PREGHIERA PER L’AVVENTO DI SANT’AMBROGIO – 7 DICEMBRE

http://www.cantualeantonianum.com/2012/12/ambrogio-celebra-la-messa-assistito-dai.html#ixzz3tqQiWCTB

UNA PREGHIERA PER L’AVVENTO DI SANT’AMBROGIO – 7 DICEMBRE

Sant’Ambrogio (340-397), Vescovo e Dottore della Chiesa (una dei primi quattro grandi dottori d’Occidente), la cui festa ricorre oggi, ci ispira nel cammino dell’Avvento con questa bellissima preghiera di invocazione, tutta trapuntata di citazioni e allusioni bibliche. E’ tratta dai suoi scritti in commento ai Salmi, ma – come si vede – è un colloquio con Gesù, una richiesta ardente della sua venuta come Pastore a prendersi cura della pecorella smarrita. Il Signore, che viene « in persona » ci accoglie in Maria « vergine immune, per effetto della grazia, da ogni macchia di peccato », come la sentiamo cantare da Ambrogio in questa vigilia dell’Immacolata Concezione. Una vita antica del Santo fu scritta da Paolino, suo segretario, e si può leggere a questo link.

CERCA, O SIGNORE, LA TUA PECORA STANCA dal Commento al Salmo CXVIII 22, 28-30 di S. Ambrogio di Milano

Ps. 118, 176: Quaere servum tuum, quia mandata tua non sum oblitus…

Vieni dunque, Signore Gesù, cerca il tuo servo[Sal 118,176] cerca la tua pecora stanca. Vieni, pastore, cerca, come Giuseppe cercava le pecore[Gn 37,14]. Ha errato la tua pecora, mentre tu indugi, mentre ti aggiri sui monti. Lascia andare le tue novantanove pecore e vieni a cercare la sola pecora che ha errato[Mt 18,12 ss; Lc 15,4]. Vieni senza cani, vieni senza cattivi operai, vieni senza il servo mercenario, che non sa passare per la porta[Gv 10,1-7]. Vieni senza aiutante, senza messaggero. Già da tempo aspetto la tua venuta. Infatti so che verrai, «poiché non ho dimenticato i tuoi comandamenti»[Sal 118,176]. Vieni non «con la verga, ma con carità e in spirito di mansuetudine»[lCor 4,21]. Non esitare a lasciare sui monti le tue novantanove pecore, poiché i lupi rapaci[Mt 7,15; At 20,29] non possono attaccarle finché stanno sui monti. Nel paradiso il serpente è riuscito a nuocere solo una volta, ma dopo che Adamo ne è stato scacciato ha perduto l’esca e là non potrà più nuocere. Vieni da me, che sono tormentato dall’attacco di lupi pericolosi. Vieni da me, che sono stato scacciato dal paradiso e le cui piaghe sono da tempo penetrate dai veleni del serpente, da me che ho errato lontano dalle tue greggi su quei monti. Anche me tu avevi collocato qui, ma il lupo notturno mi ha allontanato dai tuoi ovili. Cercami, poiché io ti cerco, cercami, trovami, prendimi, portami. Tu puoi trovare colui che cerchi, ti degni di prendere colui che hai trovato, ti porti sulle spalle colui che hai preso. Non ti infastidisce un peso che ti ispira pietà, non ti pesa un trasporto di giustizia. Vieni dunque, Signore, poiché anche se ho errato, tuttavia «non ho dimenticato i tuoi comandamenti» e conservo la speranza della medicina. Vieni, Signore, perché tu solo sei in grado di far tornare indietro la pecora errante e non rattristerai quelli da cui ti sei allontanato. E anche loro si rallegreranno del ritorno del peccatore. Vieni ad attuare la salvezza sulla terra, la gioia nel cielo. Vieni, dunque, e cerca la tua pecora non per mezzo dei servitori, non per mezzo dei mercenari, ma tu in persona. Accoglimi nella carne che è caduta in Adamo. Accoglimi non da Sara[Gn 17,15], ma da Maria, perché sia non soltanto una vergine inviolata, ma una vergine immune, per effetto della grazia, da ogni macchia di peccato. Portami sulla croce che da la salvezza agli erranti, soltanto nella quale c’è riposo per gli affaticati, soltanto nella quale vivranno tutti quelli che muoiono.

Testo preso da: Una preghiera per l’Avvento di sant’Ambrogio

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