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San Lorenzo Diacono e martire – 10 agosto Martire a Roma

San Lorenzo Diacono e martire – 10 agosto Martire a Roma

 10 agosto 258

Fin dai primi secoli del cristianesimo, Lorenzo viene generalmente raffigurato come un giovane diacono rivestito della dalmatica, con il ricorrente attributo della graticola o, in tempi più recenti, della borsa del tesoro della Chiesa romana da lui distribuito, secondo i testi agiografici, ai poveri. Gli agiografi sono concordi nel riconoscere in Lorenzo il titolare della necropoli della via Tiburtina a Roma È certo che Lorenzo è morto per Cristo probabilmente sotto l’imperatore Valeriano, ma non è così certo il supplizio della graticola su cui sarebbe stato steso e bruciato. Il suo corpo è sepolto nella cripta della confessione di san Lorenzo insieme ai santi Stefano e Giustino. I resti furono rinvenuti nel corso dei restauri operati da papa Pelagio II. Numerose sono le chiese in Roma a lui dedicate, tra le tante è da annoverarsi quella di San Lorenzo in Palatio, ovvero l’oratorio privato del Papa nel Patriarchio lateranense, dove, fra le reliquie custodite, vi era il capo. (Avvenire) Patronato:Diaconi, Cuochi, Pompieri Etimologia:Lorenzo = nativo di Laurento, dal latino Emblema:Graticola, Palma E’ presente nel Martirologio Romano. Forse da ragazzo ha visto le grandiose feste per i mille anni della città di Roma, celebrate nel 237-38, regnando l’imperatore Filippo detto l’Arabo, perché figlio di un notabile della regione siriana. Poco dopo le feste, Filippo viene detronizzato e ucciso da Decio, duro persecutore dei cristiani, che muore in guerra nel 251. L’impero è in crisi, minacciato dalla pressione dei popoli germanici e dall’aggressività persiana. Contro i persiani combatte anche l’imperatore Valeriano, salito al trono nel 253: sconfitto dall’esercito di Shapur I, morirà in prigionia nel 260. Ma già nel 257 ha ordinato una persecuzione anticristiana. Ed è qui che incontriamo Lorenzo, della cui vita si sa pochissimo. E’ noto soprattutto per la sua morte, e anche lì con problemi. Le antiche fonti lo indicano come arcidiacono di papa Sisto II; cioè il primo dei sette diaconi allora al servizio della Chiesa romana. Assiste il papa nella celebrazione dei riti, distribuisce l’Eucaristia e amministra le offerte fatte alla Chiesa. Viene dunque la persecuzione, e dapprima non sembra accanita come ai tempi di Decio. Vieta le adunanze di cristiani, blocca gli accessi alle catacombe, esige rispetto per i riti pagani. Ma non obbliga a rinnegare pubblicamente la fede cristiana. Nel 258, però, Valeriano ordina la messa a morte di vescovi e preti. Così il vescovo Cipriano di Cartagine, esiliato nella prima fase, viene poi decapitato. La stessa sorte tocca ad altri vescovi e allo stesso papa Sisto II, ai primi di agosto del 258. Si racconta appunto che Lorenzo lo incontri e gli parli, mentre va al supplizio. Poi il prefetto imperiale ferma lui, chiedendogli di consegnare “i tesori della Chiesa”. Nella persecuzione sembra non mancare un intento di confisca; e il prefetto deve essersi convinto che la Chiesa del tempo possieda chissà quali ricchezze. Lorenzo, comunque, chiede solo un po’ di tempo. Si affretta poi a distribuire ai poveri le offerte di cui è amministratore. Infine compare davanti al prefetto e gli mostra la turba dei malati, storpi ed emarginati che lo accompagna, dicendo: « Ecco, i tesori della Chiesa sono questi ». Allora viene messo a morte. E un’antica “passione”, raccolta da sant’Ambrogio, precisa: « Bruciato sopra una graticola »: un supplizio che ispirerà opere d’arte, testi di pietà e detti popolari per secoli. Ma gli studi (v. Analecta Bollandiana 51, 1933) dichiarano leggendaria questa tradizione. Valeriano non ordinò torture. Possiamo ritenere che Lorenzo sia stato decapitato come Sisto II, Cipriano e tanti altri. Il corpo viene deposto poi in una tomba sulla via Tiburtina. Su di essa, Costantino costruirà una basilica, poi ingrandita via via da Pelagio II e da Onorio III; e restaurata nel XX secolo, dopo i danni del bombardamento americano su Roma del 19 luglio 1943. Autore: Domenico Agasso

Publié dans:Santi |on 10 août, 2007 |Pas de commentaires »

santa Teresa Benedetta della Croce, Edith Stein, vergine e martire

dal sito:

http://liturgia.silvestrini.org/santo/239.html

Santa Teresa Benedetta della Croce 

Edith Stein, Vergine e Martire, Patrona

BIOGRAFIA 
Edith Stein, santa Teresa Benedetta della Croce (1891-1942)
Edith Stein nasce a Breslavia, nella Slesia tedesca, il 12 ottobre 1891, undicesima figlia di una coppia di ebrei molto religiosa. Fin dall’infanzia Edith manifesta un’intelligenza vivace e brillante. Subito dopo gli esami di maturità, nel 1911, s’iscrive alla facoltà di Germanistica, Storia e Psicologia dell’università di Breslavia. In questo periodo scopre la corrente fenomenologica di Edmund Husserl (1859-1938) e nel 1913 si trasferisce all’università di Gottinga per seguirne le lezioni. Dopo la conversione, segue l’invito di padre Przywara a occuparsi in modo sistematico della dottrina e dell’opera di san Tommaso d’Aquino (1225 ca.-1274), di cui tradurrà in tedesco le Questioni sulla verità. L’incontro con i mistici l’orienta verso la vita contemplativa nell’ordine carmelitano; potrà tuttavia realizzare la propria vocazione solo nel 1933 quando, allontanata dall’insegnamento dall’introduzione delle leggi razziali di Norimberga, non sarà più trattenuta dal suo padre spirituale, dom Raphael Walzer O.S.B. (1886-1966), arciabate di Beuron, che aveva voluto mettesse a frutto, come docente, le sue grandi capacità intellettuali.. Alle cinque pomeridiane del 2 agosto 1942, Edith Stein viene prelevata insieme alla sorella Rosa dal convento, e una testimone la sente dire alla sorella: « Vieni, andiamo per il nostro popolo ». Il 7 agosto sono assegnate a un trasporto in partenza quel giorno stesso per Auschwitz-Birkenau, che giunge a destinazione due giorni dopo. Non è stato possibile stabilire con certezza il momento della morte di Edith dopo l’arrivo ad Auschwitz, ma è probabile che sia stata subito
destinata alla camera a gas. Papa Giovanni Paolo II nel motu proprio del 1° ottobre 1999 l’ha proclamata compatrona d’Europa insieme a santa Brigida di Svezia (1303 ca.-1373) e a santa Caterina da Siena (1347-1380). 

dal sito:

http://www.maranatha.it/Ore/solenfeste/0809letPage.htm

Seconda Lettura dell’ufficio di questa mattina: 

Dall’opera «Scientia Crucis» di santa Teresa Benedetta della Croce, Edith Stein, vergine e martire (Edizioni OCD, Roma 1998, pp. 38-39)

La porta della vita si apre ai credenti in Cristo Cristo s’era addossato lui stesso il giogo della legge, osservandola e adempiendola perfettamente, tanto da morire per la Legge e vittima della Legge. Nello stesso tempo, tuttavia, Egli ha esonerati dalla Legge tutti quelli che avrebbero accettata la vita da Lui. I quali però avrebbero potuto riceverla solo disfacendosi della propria. Infatti «quanti sono stati battezzati in Cristo sono stati battezzati nella morte di Lui». Essi si immergono nella sua vita per divenire membri del suo corpo, e sotto questa qualifica soffrire e morire con Lui; ma anche per risuscitare con Lui alla eterna vita divina. Questa vita sorgerà per noi nella sua pienezza soltanto nel giorno della glorificazione. Tuttavia, sin da adesso «nella carne noi vi partecipiamo, in quanto crediamo»: crediamo che Cristo è morto per noi, per dare la vita a noi. Ed è proprio questa fede che ci fa diventare un tutto unico con Lui, membra collegate al capo, rendendoci permeabili alle effusioni della sua vita. Così la fede nel Crocifisso — la fede viva, accompagnata dalla dedizione amorosa — è per noi la porta di accesso alla vita e l’inizio della futura gloria. Per di più, la croce è il nostro unico vanto: «Quanto a me sia lungi il gloriarmi d’altro che della croce del Signore nostro Gesù Cristo, per la quale il mondo è stato per me crocifisso, ed io per il mondo». Chi si è messo dalla parte del Cristo risulta morto per il mondo, come il mondo risulta morto per lui. Egli porta nel suo corpo le stimmate del Signore; è debole e disprezzato nell’ambiente degli uomini, ma appunto per questo è forte in realtà, perché nelle debolezze risalta potentemente la forza di Dio. Profondamente convinto di questa verità il discepolo di Gesù non solo abbraccia la croce che gli viene offerta, ma si crocifigge da sé: «I seguaci di Cristo hanno crocifisso la carne con le sue passioni e le sue concupiscenze». Essi hanno ingaggiato una lotta spietata contro la loro natura, per liquidare in se stessi la vita del peccato e far posto alla vita dello spirito. È quest’ultima sola quella che importa. La croce non è fine a se stessa. Essa si staglia in alto e fa richiamo verso l’alto. Quindi non è soltanto un’insegna, è anche l’arma potente di Cristo, la verga da pastore con cui il divino Davide esce incontro all’infernale Golia, il simbolo trionfale con cui Egli batte alla porta del cielo e la spalanca. Allora ne erompono i fiotti della luce divina, sommergendo tutti quelli che marciano al seguito del Crocifisso.

Publié dans:Santi |on 9 août, 2007 |Pas de commentaires »

Dal «Catechismo» di san Giovanni Maria Vianney, sacerdote

dal sito:

http://liturgia.silvestrini.org/santo/233.html

Dal «Catechismo» di san Giovanni Maria Vianney, sacerdote

Fate bene attenzione, miei figliuoli: il tesoro del cristiano non é sulla terra, ma in cielo. Il nostro pensiero perciò deve volgersi dov’é il nostro tesoro. Questo é il bel compito dell’uomo: pregare ed amare. Se voi pregate ed amate, ecco, questa é la felicità dell’uomo sulla terra. La preghiera nient’altro é che l’unione con Dio. Quando qualcuno ha il cuore puro e unito a Dio, é preso da una certa saovità e dolcezza che inebria, é purificato da una luce che si diffonde attorno a lui misteriosamente. In questa unione intima, Dio e l’anima sono come due pezzi di cera fusi insieme, che nessuno piò più separare.
Come é bella questa unione di Dio con la sua piccola creatura! E’ una felicità questa che non si può comprendere. Noi eravamo diventati indegni di pregare. Dio però, nella sua bontà, ci ha permesso di parlare con lui. La nostra preghiera é incenso a lui quanto mai gradito. Figliuoli miei, il vostro cuore é piccolo, ma la preghiera lo dilata e lo rende capace di amare Dio. La preghiera ci fa pregustare il cielo, come qualcosa che discende a noi dal paradiso. Non ci lascia mai senza dolcezza. Infatti é miele che stilla nell’anima e fa che tutto sia dolce.
Nella preghiera ben fatta i dolori si sciolgono come neve al sole. Anche questo ci dà la preghiera: che il tempo scorra con tanta velocità e tanta felicità dell’uomo che non si avverte più la sua lunghezza. Ascoltate: quando ero parroco di Bresse, dovendo per un certo tempo sostituire i miei confratelli, quasi tutti malati, mi trovavo spesso a percorrere lunghi tratti di strada; allora pregavo il buon Dio, e il tempo, siatene certi, non mi pareva mai lungo.
Ci sono alcune persone che si sprofondano completamente nella preghiera come un pesce nell’onda, perché sono tutte dedite al buon Dio. Non c’é divisione alcuna nel loro cuore. O quanto amo queste anime generose! San Francesco d’Assisi e santa Coletta vedevano nostro Signore e parlavano con lui a quel modo che noi ci parliamo gli uni agli altri.
Noi invece quante volte veniamo in chiesa senza sapere cosa dobbiamo fare o domandare! Tuttavia, ogni qual volta ci rechiamo da qualcuno, sappiamo bene perché ci andiamo. Anzi vi sono alcuni che sembrano dire così al buon Dio: «Ho soltanto due parole da dirti, così mi sbrigherò presto e me ne andrò via da te». Io penso sempre che, quando veniamo ad adoperare il Signore, otterremmo tutto quello che domandiamo, se pregassimo con fede proprio viva e con cuore totalmente puro.

Publié dans:Santi |on 4 août, 2007 |Pas de commentaires »

Nel cuore di Francesco – Assisi casa del perdono

da sito on line del giornale « Avvenire »: 

Nel cuore di Francesco – Assisi casa del perdono 

Oggi la festa che ricorda la notte del 1216 in cui mentre pregava nella chiesa della Porziuncola, il santo fu «visitato» dal Signore e dalla Vergine Maria 

Da Assisi Romano Carloni  

Nell’anno che ricorda l’800° anniversario della conversione di Francesco, il Perdono di Assisi assume ancora più significato anche perché cade a poco distanza della visita di Benedetto XVI nei luoghi della tradizione francescana. «Il Perdono è nato dal cuore di Francesco, un grande tuffo sanante e salvante – sottolinea monsignor Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino – e si colloca in un anno in cui la visita del Pontefice ha ricordato la scelta radicale del santo». La richiesta per l’indulgenza per tutti i peccati per
la Porziuncola di Santa Maria degli Angeli si spiega solamente con lo spirito particolare di Francesco, considerato che un tempo veniva concessa solo attraverso il pellegrinaggio nei luoghi storici della cristianità (Roma,
la Terra Santa, Santiago di Compostela). La tradizione fa risalire il tutto alla notte del 1216. Francesco era immerso nella preghiera e nella contemplazione nella chiesetta della Porziuncola, quando improvvisamente dilagò nella chiesina una fortissima luce e Francesco vide l’altare rivestito di luce e alla sua destra
la Sua Madre Santissima, circondati da una moltitudine di angeli. Francesco adorò in silenzio con la faccia a terra il suo Signore. Gli chiesero allora che cosa desiderasse per la salvezza delle anime. La risposta di Francesco fu immediata: «Santissimo Padre, benché io sia misero peccatore, ti prego che a tutti quanti, pentiti e confessati verranno a visitare questa chiesa, gli conceda ampio e generoso perdono, con una completa remissione di tutte le colpe». «Quello che tu chiedi, o frate Francesco, è grande – gli disse il Signore – ma di maggiori cose sei degno e di maggiori ne avrai. Accolgo quindi la tua preghiera, ma a patto che tu domandi al mio vicario in terra, da parte mia questa indulgenza» E Francesco si presentò subito dal Pontefice, Onorio III, che in quei giorni si trovava a Perugia e con candore gli raccontò la visione avuta. Il Papa lo ascoltò con attenzione e dopo qualche dif ficoltà – i cardinali ritenevano che questa concessione avrebbe arrecato danno a quella di Terra Santa e a quella degli apostoli Pietro e Paolo – dette la sua approvazione. Poi disse: «Per quanti anni vuoi questa indulgenza?». Francesco scattando rispose: «Padre Santo, non domando anni, ma anime». E felice si avviò verso la porta, ma il Pontefice lo richiamò: «Come non vuoi nessun documento?». E Francesco: «Santo Padre, a me basta la vostra parola! Se questa indulgenza è opera di Dio, Egli penserà a manifestare l’opera sua; io non ho bisogno di alcun documento, questa carta deve essere
la Santissima Vergine Maria, Cristo il notaio e gli angeli i testimoni». E qualche giorno più tardi insieme ai vescovi dell’Umbria, al popolo convenuto alla Porziuncola, disse tra le lacrime: «Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso». Nel tempo l’indulgenza ha mantenuto la sua identità anche se è cambiato qualcosa nella sua durata. Ora è riservata a tutte le chiese francescane e parrocchiali, dal mezzogiorno del 1° agosto fino al giorno successivo, proprio in onore della chiesa della Porziuncola. A Santa Maria degli Angeli l’indulgenza plenaria può essere invece acquisita quotidianamente e Francesco la volle così, quindi nella forma più estesa, perché rimette ogni pena temporale se chi la chiede è realmente pentito e lontano dal male. I pellegrini, che un tempo provenivano per lo più dall’Abruzzo, «passano» sotto la porta della piccola chiesa, custodita nella Basilica, per ottenere la grazia, frutto di pace interiore con Dio e con se stessi. La solennità del Perdono apertasi ieri, vive oggi il suo momento più atteso (alle 11) con la solenne celebrazione presieduta dal cardinale Attilio Nicora, legato pontificio per basilica patriarcale della Porziuncola. Seguirà la supplica alla Madonna degli Angeli e il canto dei pellegrini. Nel pomeriggio è previsto l’arrivo alla Porziuncola della XXVI marcia francescana «Illumina le tenebre del cuor mio» con la presenza di tanti giovani, con un forte collegamento ideale con i coetanei che avevano accolto Papa Ratzinger il 17 giugno scorso. 

 

Publié dans:Approfondimenti, Santi |on 2 août, 2007 |Pas de commentaires »

Sant’Ignazio da Loyola

Sant'Ignazio da Loyola dans Santi

http://santiebeati.it/immagini/?mode=album&album=23800&dispsize=Original

Publié dans:Santi |on 31 juillet, 2007 |Pas de commentaires »

La Chiesa ricorda Sant’Ignazio di Loyola. Il Papa: è stato un uomo di Dio, fedele servitore della Chiesa. Con noi, il rettore della Gregoriana, padre Gianfranco Ghirlanda

dal sito: 

http://www.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=147502

La Chiesa ricorda Sant’Ignazio di Loyola. Il Papa: è stato un uomo di Dio, fedele servitore della Chiesa. Con noi, il rettore della Gregoriana, padre Gianfranco Ghirlanda 

Un uomo che “pose al primo posto nella sua vita Dio, la sua maggior gloria e il suo maggior servizio”: così, Benedetto XVI ha definito Sant’Ignazio di Loyola, incontrando
la Compagnia di Gesù lo scorso 22 aprile, in occasione del 450.mo centenario dalla morte del Santo fondatore dell’ordine dei gesuiti. Parole che risuonano particolarmente vive oggi, nel giorno in cui
la Chiesa celebra la memoria liturgica di Sant’Ignazio di Loyola. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Un Santo “fedele servitore della Chiesa, nella quale vide e venerò la sposa del Signore”. Così Benedetto XVI mette l’accento sullo spirito di servizio alla Verità, che contraddistinse la vita di Sant’Ignazio. Un uomo che visse intensamente tutte le sfide del suo tempo. Sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, che oggi, forte di 19 mila religiosi, è l’ordine più grande nella Chiesa si spense il 31 luglio del 1556, all’età di 65 anni. Lungo tutta la sua esistenza, fu un pellegrino instancabile alla ricerca della volontà di Dio e un testimone coraggioso del Vangelo, animato da zelo missionario. Stasera, alle ore 19, nella chiesa romana del Gesù dove è venerato il corpo del Santo, il preposito generale dei gesuiti, padre Peter-Hans Kolvenbach, presiederà una solenne celebrazione. A 5 secoli dalla fondazione della Compagnia di Gesù, Sant’Ignazio è ancora oggi una figura quanto mai attuale che sa affascinare persone lontane dalla Chiesa, grazie anche alla sua lealtà d’animo. Un carisma, questo, sul quale si sofferma padre Gianfranco Ghirlanda, rettore della Pontificia Università Gregoriana, voluta fortemente da Sant’Ignazio:

 
R. – Sant’Ignazio è stato un uomo che nella sua vita ha vissuto il senso della lealtà. Quando era al servizio del re di Spagna cercava di distinguersi in tale servizio, cioé di compierlo secondo gli obblighi che esso gli imponeva, di portare fino in fondo ciò che doveva compiere. Senza Sant’Ignazio, Pamplona sarebbe probabilmente caduta prima. Si arrese quando Sant’Ignazio fu ferito. Dopo la conversione, Sant’Ignazio si mette alla ricerca della volontà di Dio. Quella lealtà che lo ha contraddistinto nel suo servizio al re umano la rivolge al Re eterno, Gesù Cristo. La ricerca della volontà di Dio per adempierla fedelmente è certo opera della grazia, ma si innesta su una dote naturale: la sincerità, la lealtà. Non si può dire di servire Dio cercando di fare la propria volontà. E’ una menzogna. La ricerca della volontà di Dio durerà anni e anni. In un primo momento, pensa di poter servire Dio secondo degli schemi o dei modelli di santità precostituiti, ma le circostanze della vita gli fanno prendere coscienza che Dio vuole altro da lui. Dio ha stabilito per lui la via che deve seguire e lui docilmente si mette in ascolto dello Spirito e attua il progetto di Dio. Sant’Ignazio si autodefinisce come il pellegrino. Non lo è solo perché ha percorso le strade d’Europa a piedi, ma perché anche quando si è fermato fisicamente a Roma, ha continuato a cercare la volontà di Dio fino alla sua morte. Possiamo dire che è il pellegrino in continuo cammino nella ricerca della volontà di Dio. Questo, penso, che possa attirare ancora oggi, in quanto la lealtà e la ricerca della volontà di Dio fa appello alla libertà e alla dignità della persona.

 
D. – Gli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio sono un’opera che ha accompagnato il percorso spirituale di generazioni e generazioni di fedeli. Cosa possono offrire gli Esercizi ai fedeli di oggi, specie ai giovani?

 
R. – Gli Esercizi Spirituali sono una scuola di preghiera, discernimento, libertà e amore. Tutta la persona viene chiamata in causa, con tutte le sue facoltà. L’attualità degli Esercizi e della spiritualità che ne scaturisce consiste nell’apprendimento di un metodo che interpella fino in fondo la libertà e la responsabilità della persona, che si pone davanti a Dio nella sincerità e nella trasparenza. Quanto mai alieno dagli Esercizi è ogni tipo di indottrinamento o di induzione da parte di chi li dà ad una o all’altra scelta. I giovani che vogliono prendere sul serio le proprie scelte sono attratti dagli Esercizi di Sant’Ignazio. Sentono che la risposta a Dio non può che essere nell’amore e l’amore si ha solo nella libertà della scelta. Oggi molti seminaristi o religiosi e religiose in formazione, fanno l’intero mese, anche se faticoso. Seminaristi o religiosi e religiose che prima di ricevere gli ordini sacri o di fare i voti, responsabili del passo che vanno facendo, si mettono sinceramente alla ricerca della volontà di Dio. Anche laici si impegnano in questa esperienza o nella forma dei 30 giorni continuati oppure per tappe, mettendosi alla scuola dello Spirito per impostare la loro vita secondo il Vangelo.

 
D. – Lei come Rettore di una grande università incontra tanti giovani, quotidianamente. Cosa, secondo Lei, colpisce di più della figura di Sant’Ignazio, i giovani che decidono di entrare nella Compagnia di Gesù?

 
R. – Purtroppo oggi non sono tanti i giovani che decidono di entrare nella Compagnia di Gesù, anche perché in genere
la Compagnia fa precedere al noviziato una severa selezione. Quello che può attirare un giovane alla Compagnia innanzitutto è la spiritualità della Compagnia che scaturisce dagli Esercizi Spirituali: una spiritualità che conduce alla contemplazione del Mistero di Dio e nello stesso momento impegna fino in fondo al servizio dell’uomo. Inoltre, attira l’ampiezza dell’azione apostolica della Compagnia al servizio della Chiesa, sotto la guida del Romano Pontefice. Attira tutto ciò che riguarda la propagazione della fede, che deve farsi nella ricerca della giustizia e della pace, in un’attenzione alle sfide che il mondo di oggi, nella crisi di valori, sta attraversando.

 
D. – Nel suo discorso alla Pontificia Università Gregoriana del 3 novembre scorso, il Papa ha esortato i padri gesuiti a conservare e ravvivare “lo spirito ignaziano”. Come raccogliere questa sfida?

 
R. – In ogni attività apostolica,
la Compagnia di Gesù cerca di trasfondere il metodo degli Esercizi, in modo differenziato a seconda dell’opera.
La Gregoriana è un’istituzione accademica, quindi lo spirito ignaziano si traduce nel formare integralmente delle persone, scientificamente, umanamente e religiosamente, affinché si pongano come persone libere e responsabili che ricercano la verità per aderirvi per convinzione interna e non solo perché essa è detta o imposta loro. La verità è una e oggettiva ed è quella che deve essere raggiunta, ma per formare dei cristiani adulti si debbono fornire loro gli strumenti per cercarla e quindi aderirvi con convinzione. E’ evidente che tale spirito potrà essere conservato e promosso se
la Compagnia di Gesù manterrà la responsabilità piena del governo dell’Università e se il corpo docente stabile sarà formato in stragrande maggioranza da gesuiti e se i docenti non gesuiti aderiranno sempre più profondamente alla dichiarazione d’intenti dell’Università. 

 

Publié dans:Santi |on 31 juillet, 2007 |Pas de commentaires »

Corregio, Quatre Saints (Saint Pierre, Marthe, Marie Madeleine, Léonard) 1517

Corregio, Quatre Saints (Saint Pierre, Marthe, Marie Madeleine, Léonard) 1517 dans Santi marthe3

http://perso.orange.fr/philippe.harambat/saints/marthe/marthe.htm

Publié dans:Santi |on 29 juillet, 2007 |Pas de commentaires »

San Gioacchino ed Anna

dal sito:

http://liturgia.silvestrini.org/santo/228.html

San Gioacchino ed Anna

Genitori della B.V.M.BIOGRAFIA
Secondo un’antica tradizione che risale al II secolo, ebbero questo nome i genitori della beata Vergine Maria. È il protovangelo di Giacomo, a darne i nomi. Il culto di sant’Anna esisteva in oriente già nel secolo VI e si diffuse in occidente nel secolo X. Più recente è il culto di san Gioacchino.

DAGLI SCRITTI…
Dai «Discorsi» di san Giovanni Damasceno, vescovo
Poiché doveva avvenire che
la Vergine Madre di Dio nascesse da Anna, la natura non osò precedere il germe della grazia; ma rimase senza il proprio frutto perché la grazia producesse il suo. Doveva nascere infatti quella primogenita dalla quale sarebbe nato il primogenito di ogni creatura «nel quale tutte le cose sussistono» (Col 1, 17). O felice coppia, Gioacchino ed Anna! A voi é debitrice ogni creatura, perché per voi la creatura ha offerto al Creatore il dono più gradito, ossia quella casta madre, che sola era degna del creatore. Rallégrati Anna, «sterile che non hai partorito, prorompi in grida di giubilo e di gioia, tu che non hai provato i dolori» (Is 54, 1). Esulta, o Gioacchino, poiché dalla tua figlia é nato per noi un bimbo, ci é stato dato un figlio, e il suo nome sarà Angelo di grande consiglio, di salvezza per tutto il mondo, Dio forte (cfr. Is 9, 6). Questo bambino é Dio.
O Giacchino ed Anna, coppia beata, veramente senza macchia! Dal frutto del vostro seno voi siete conosciuti, come una volta disse il Signore: «Li conoscerete dai loro frutti» (Mt 7, 16). Voi informaste la condotta della vostra vita in modo gradito a Dio e degno di colei che da voi nacque. Infatti nella vostra casta e santa convivenza avete dato la vita a quella perla di verginità che fu vergine prima del parto, nel parto e dopo il parto. Quella, dico, che sola doveva conservare sempre la verginità e della mente e dell’anima e del corpo.
O Giachino ed Anna, coppia castissima! Voi, conservando la castità prescritta dalla legge naturale, avete conseguito, per divina virtù, ciò che supera la natura: avete donato al mondo la madre di Dio che non conobbe uomo. Voi, conducendo una vita pia e santa nella condizione umana, avete dato alla luce una figlia più grande degli angeli ed ora regina degli angeli stessi.
O vergine bellissima e dolcissima! O figlia di Adamo e Madre di Dio. Beato il seno, che ti ha dato la vita! Beate le braccia che ti strinsero e le labbra che ti impressero casti baci, quelle dei tuoi soli genitori, cosicché tu conservassi in tutto la verginità! «Acclami al Signore tutta le terra, gridate, esultate con canti di gioia» (Sal 97, 4). Alzate la vostra voce, gridate, non temete.

Scrutare il piano di Dio
La memeoria dei genitori di Maria di Nazareth, non è una pia devozione, ma, seguendo la liturgia, è un modo per riflettere sulle radici della nostra salvezza. Essa, infatti, non è qualcosa che accade all’improvviso e senza nessuna preparazione, ma tutto avviene con gradualità. Scopriamo, quindi, che Dio ha educato il suo popolo ed ha chiamato persone (i re, i profeti, i sacerdoti) perché più da vicino collaborassero alla sua opera, ha cercato gente semplice perché comprendesse appieno i suoi disegni, ha ordinato tutto secondo il bene e la realizzazione del suo progetto. Capire questo, vuol dire considerare i santi, come quelli proposti oggi, nell’ottica di Dio e non in una mera propettiva umana: non sono solo intercessori, ma persone concrete che hanno vissuto la loro storia personale e sociale leggendo tutto in una prospettiva di fede, nella speranza di vedere la salvezza.

 

Publié dans:Santi |on 26 juillet, 2007 |Pas de commentaires »

San Giacomo il Maggiore Apostolo

dal sito:

http://www.santiebeati.it/dettaglio/21250

 San Giacomo il Maggiore Apostolo 

E’ detto “Maggiore” per distinguerlo dall’apostolo omonimo, Giacomo di Alfeo. Lui e suo fratello Giovanni sono figli di Zebedeo, pescatore in Betsaida, sul lago di Tiberiade. Chiamati da Gesù (che ha già con sé i fratelli Simone e Andrea) anch’essi lo seguono (Matteo cap. 4). Nasce poi il collegio apostolico: « (Gesù) ne costituì Dodici che stessero con lui: (…) Simone, al quale impose il nome di Pietro, poi Giacomo di Zebedeo e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanerghes, cioè figli del tuono » (Marco cap. 3). Con Pietro saranno testimoni della Trasfigurazione, della risurrezione della figlia di Giairo e della notte al Getsemani. Conosciamo anche la loro madre Salome, tra le cui virtù non sovrabbonda il tatto. Chiede infatti a Gesù posti speciali nel suo regno per i figli, che si dicono pronti a bere il calice che egli berrà. Così, ecco l’incidente: « Gli altri dieci, udito questo, si sdegnarono ». E Gesù spiega che il Figlio dell’uomo « è venuto non per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti » (Matteo cap. 20).
E Giacomo berrà quel calice: è il primo apostolo martire, nella primavera dell’anno 42. « Il re Erode cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa e fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni » (Atti cap. 12). Questo Erode è Agrippa I, a cui suo nonno Erode il Grande ha fatto uccidere il padre (e anche la nonna). A Roma è poi compagno di baldorie del giovane Caligola, che nel 37 sale al trono e lo manda in Palestina come re. Un re detestato, perché straniero e corrotto, che cerca popolarità colpendo i cristiani. L’ultima notizia del Nuovo Testamento su Giacomo il Maggiore è appunto questa: il suo martirio.
Secoli dopo, nascono su di lui tradizioni e leggende. Si dice che avrebbe predicato il Vangelo in Spagna. Quando poi quel Paese cade in mano araba (sec. IX), si afferma che il corpo di san Giacomo (Santiago, in spagnolo) è stato prodigiosamente portato nel nord-ovest spagnolo e seppellito nel luogo poi notissimo come Santiago de Compostela. Nell’angoscia dell’occupazione, gli si tributa un culto fiducioso e appassionato, facendo di lui il sostegno degli oppressi e addirittura un combattente invincibile, ben lontano dal Giacomo evangelico (a volte lo si mescola all’altro apostolo, Giacomo di Alfeo). La fede nella sua protezione è uno stimolo enorme in quelle prove durissime. E tutto questo ha un riverbero sull’Europa cristiana, che già nel X secolo inizia i pellegrinaggi a Compostela. Ciò che attrae non sono le antiche, incontrollabili tradizioni sul santo in Spagna, ma l’appassionata realtà di quella fede, di quella speranza tra il pianto, di cui il luogo resta da allora affascinante simbolo. Nel 1989 hanno fatto il “Cammino di Compostela” Giovanni Paolo II e migliaia di giovani da tutto il mondo.

dal sito:

  http://www.maranatha.it/Ore/solenfeste/0725letPage.htm 

Ufficio delle letture – seconda Lettura

 Dalle «Omelie sul vangelo di Matteo» di san Giovanni Crisostomo, vescovo
(Om. 65, 2-4; PG 58, 619-622)
  
 

Partecipi alla passione di Cristo

 I figli di Zebedeo chiedono al Cristo: «Dì che uno di noi segga alla tua destra e l’altro alla tua sinistra» (Mc 10, 37). Cosa risponde il Signore? Per far loro comprendere che nella domanda avanzata non vi è nulla di spirituale e che, se sapessero ciò che chiedono, non lo domanderebbero, risponde: «Non sapete ciò che domandate», cioè non ne conoscete il valore, la grandezza e la dignità, superiori alle stesse potenze celesti. E aggiunge: «Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?» (Mc 10, 38). Voi, sembra dir loro, mi parlate di onori e di dignità; io vi parlo, invece di lotte e di sudori. Non è questo il tempo dei premi, né la mia gloria si manifesta ora. Il presente è tempo di morte violenta, di guerre e di pericoli.
Osservate
quindi come, rispondendo loro con un’altra domanda, li esorti e li attragga. Non chiede se sono capaci di morire, di versare il loro sangue, ma domanda: «Potete voi bere il calice» e per animarli aggiunge «che io devo bere?», in modo da renderli, con la partecipazione alle sue sofferenze, più coraggiosi. Chiama la sua passione «battesimo» per far capire che tutto il mondo ne avrebbe ricevuto una grande purificazione. I due discepoli rispondono: «Possiamo!». Promettono immediatamente, senza sapere ciò che chiedono, con la speranza che la loro richiesta sia soddisfatta. E Gesù risponde: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete» (Mc 10, 39). Preannunzia loro grandi beni: Voi, cioè, sarete degni di subire il martirio e soffrirete con me; finirete la vita con una morte eroica e parteciperete a questi miei dolori. «Ma sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato» (Mc 10, 40).
Dopo aver preparato l’animo dei due discepoli e dopo averli fortificati contro il dolore, allora corregge la loro richiesta.
«Gli altri dieci si sdegnarono con i due fratelli» (Mt 20, 24). Notate come tutti gli apostoli siano ancora imperfetti, sia i due che vogliono innalzarsi sopra i dieci, sia gli altri che hanno invidia di loro. Ma, come ho già detto, osservateli più tardi, e li vedrete esenti da tutte queste miserie. Giovanni stesso, che ora si fa avanti anche lui per ambizione, cederà in ogni circostanza il primato a Pietro, sia nella predicazione, sia nel compiere miracoli, come appare dagli Atti degli Apostoli. Giacomo, invece, non visse molto tempo dopo questi avvenimenti. Dopo
la Pentecoste infatti sarà tale il suo fervore che, lasciato da parte ogni interesse terreno, perverrà ad una virtù così elevata da essere ritenuto maturo di ricevere subito il martirio
 

Publié dans:Santi |on 25 juillet, 2007 |Pas de commentaires »

San Charbel

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Publié dans:Santi |on 24 juillet, 2007 |Pas de commentaires »
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