Archive pour la catégorie 'Santi'

Dalle «Opere» di santa Teresa di Gesù, Vergine : Ricordiamoci sempre dell’amore di Cristo

 dal sito:

http://www.maranatha.it/Feriale/santiProprio/1015Text.htm

 

Ricordiamoci sempre dell’amore di Cristo

 

Dalle «Opere» di santa Teresa di Gesù, Vergine 
(Opusc. «Il libro della vita», cap. 22, 6-7, 14)


Chi ha come amico Cristo Gesù e segue un capitano così magnanimo come lui, può certo sopportare ogni cosa; Gesù infatti aiuta e dà forza, non viene mai meno ed ama sinceramente. Infatti ha sempre riconosciuto e tuttora vedo chiaramente che non possiamo piacere a Dio e da lui ricevere grandi grazie, se non per le mani della sacratissima umanità di Cristo, nella quale egli ha detto di compiacersi.
Ne ho fatto molte volte l’esperienza, e me l’ha detto il Signore stesso. Ho visto nettamente che dobbiamo passare per questa porta, se desideriamo che la somma Maestà ci mostri i suoi grandi segreti. Non bisogna cercare altra strada, anche se si è raggiunto il vertice della contemplazione, perché per questa via si è sicuri. E’ da lui, Signore nostro, che ci vengono tutti i beni. Egli ci istruirà.
Meditando la sua vita, non si troverà modello più perfetto. Che cosa possiamo desiderare di più, quando abbiamo al fianco un così buon amico che non ci abbandona mai nelle tribolazioni e nelle sventure, come fanno gli amici del mondo? Beato colui che lo ama per davvero e lo ha sempre con sé! Guardiamo il glorioso apostolo Paolo che non poteva fare a meno di avere sempre sulla bocca il nome di Gesù, perché l’aveva ben fisso nel cuore. Conosciuta questa verità, ho considerato e ho appreso che alcuni santi molto contemplativi, come Francesco, Antonio da Padova, Bernardo, Caterina da Siena, non hanno seguito altro cammino. Bisogna percorrere questa strada con grande libertà, abbandonandoci nelle mani di Dio. Se egli desidera innalzarci fra i principi della sua corte, accettiamo volentieri tale grazia.
Ogni volta poi, che pensiamo a Cristo, ricordiamoci dell’amore che lo ha spinto a concederci tante grazie e dell’accesa carità che Dio ci ha mostrato dandoci in lui un pegno della tenerezza con cui ci segue: amore infatti domanda amore. Perciò sforziamoci di considerare questa verità e di eccitarci ad amare. Se il Signore ci facesse la grazia, una volta, di imprimerci nel cuore questo amore, tutto ci diverrebbe facile e faremmo molto, in breve e senza fatica.   

 

Publié dans:Santi |on 15 octobre, 2007 |Pas de commentaires »

S.Teresa d’Avila – biografia

dal sito:

http://www.ocds.it/S.Teresa%20d’Avila.htm 

S.Teresa d’Avila 

Donna di una ricchezza femminile eccezionale -
- Mistica dalle esperienze spirituali uniche – i suoi Scritti l’hanno resa Dottore della Chiesa -
- Fondatrice delle Monache e Frati Carmelitani Scalzi 
(riforma Teresiana) – 

 

 

Avila (Spagna) 1534. Una giovane donna di 19 anni bussa alle porte del monastero delle carmelitane. Veste in modo elegante e raffinato. E’ bella. Tutte le riesce bene. Non le manca nulla apparentemente. L’aspetta un brillante avvenire ed è guardata da tutti con ammirazione. 

    *  E perché dunque vuol entrare al Carmelo?

Perché ha sete, una sete profonda, che nessuna acqua al mondo è capace di soddisfare. Si è convinta che solo Gesù può donarle quest’acqua viva, che disseta. Era già capitato alla Samaritana e sembra ora un luogo comune: ma, davvero, d’allora in poi è capitato, e capita ancora, a milioni di persone. 

E’ un amore che è nato, e cresce dentro di lei, irresistibile, praticando ciò che lei chiama orazione. 

E altro non è che « una conversazione intima d’amicizia frequentemente promossa e sostenuta nel silenzio e nella solitudine con Colui da cui sa di essere amata ». Questo Gesù, sempre più esigente e geloso, che le fa capire di non più tollerare che il cuore di Teresa resti ancora troppo coinvolto con certe amicizie umane, che per quanto siano irreprensibili, occupano troppo il suo amore, impedendole di mettersi completamente a disposizione di Colui che non ha esitato a dare la sua vita per lei.
E’ necessario che la brillante Donna Teresa de Ahumada y Cepeda, come la chiamano ancora nel monastero, diventi la bruciante tutta innamorata Teresa di Gesù. Ed è proprio ciò che capita un giorno di primavera del 1554, mentre prega davanti a Cristo tutto coperto di piaghe. D’allora si sente addosso lo sguardo di Lui accorato e quasi implorante d’amore. 

Da quel momento, la sua vita più non le appartiene, non è più sua, ma Gesù in lei. Un Gesù che le si fa sempre più presente e così pressante da sognarlo anche di notte. Rivelerà al suo confessore un giorno che sembrava impossibile che si potesse amare più di così: « Non smetteva mai di parlare a Lui o di parlare di Lui! ». Non ricordava di essersi dimenticata di Lui per più di tre minuti, anche in mezzo agli affari e alle preoccupazioni delle sue fondazioni. Un tale amore la porta progressivamente a non ricercare altro che l’onore e l’interesse di Lui. 

    *   »Il mondo è in fiamme »

Eresie, scismi e guerre affliggono la Chiesa in Europa. Fame, pestilenze, ignoranza… « quante anime che si perdono ».
Che fare per arrestare questo disastro? « Avrei dato mille volte la vita pur di salvare anche una sola di queste anime… Ma, essendo donna e imperfetta, mi vedevo impossibilitata a realizzare ciò che avrei voluto per la gloria di Dio. Il mio grande desiderio era, ed è tuttora, che, dato che Egli ha tanti nemici e così pochi amici, questi almeno gli fossero devoti. Mi decisi dunque di fare quel poco che dipendeva da me: seguire i consigli evangelici con tutta la perfezione possibile e indurre a questo impegno le religiose di questo monastero ». 

Questo monastero è quello di San Giuseppe ad Avila, fondato un po’ fuori le mura il 24 agosto 1562.
Sarà sarà seguito da una quindicina di altri, impostati sullo stesso modulo. Un modulo di vita rigorosamente evangelica, praticando strettamente la povertà, la semplicità, il distacco, nella solitudine e nella preghiera, in condizione fraterna. 

La Carmelitana non si ripara dietro le grate per godervi egoisticamente la presenza del suo Gesù.
E’ impossibile. Lui stesso non lo permetterebbe.
La Carmelitana intende lì, tra quattro mura, fare della sua vita un sacrificio di lode, d’amore, di gioia, partecipando totalmente al mistero di Cristo e della Chiesa.
Proprio come dirà più tardi Edith Stein una  delle più commoventi figlie di Santa Teresa, morta in un campo di concentramento hitleriano: « La sposa di Cristo sta ritta al suo fianco, come la Chiesa e come la Madre di Dio, che è la Chiesa nella sua forma perfetta. Il dono totale del suo essere e della sua vita la fanno entrare nella Vita e nella Passione di Cristo, permettendole di patire e di morire con Lui di una morte che diventa per l’umanità sorgente di vita. Così la sposa di Cristo arriva a sperimentare una maternità spirituale che abbraccia l’umanità intera, sia che prenda parte attiva alla conversione delle anime, sia che ottenga per l’immolazione sua frutti di grazia per coloro che umanamente non incontrerà mai ».
Mentre un’altra sua gloriosa figlia,
S.Teresa di Lisieux entusiasticamente e appassionatamente si identificherà con la missione: « …nel cuore della Chiesa, mia Madre, sarò l’Amore ». E getterà la sua vita, come si gettano i petali di una rosa, giorno per giorno…, per amore. 

 Per la realizzazione di un’opera così prodigiosa, Teresa trova un aiuto inappagabile in un altro gigante di santità, San Giovanni della Croce, capofila del ramo maschile della riforma teresiana. 

Come quest’ultimo, la Santa del Carmelo ci ha lasciato il suo pensiero e la sua grande riconosciuta esperienza mistica in libri che sono considerati veri gioielli della letteratura spagnola e cristiana. L’orazione è l’argomento dominante, indispensabile per una seria, progressiva, esaltante esperienza di Dio. Parte da una considerazione molto elementare: ciascuno di noi, fin dal battesimo, porta in sé, nel profondo del proprio cuore, il Creatore del mondo.
Che ci pensiamo o no, che noi ci rifiutiamo o che l’amiamo, è Lui che ci dona la Vita e la Luce, è Lui che ci fa il dono di respirare e di cantare. Fare orazione è esporre la propria anima ai raggi di questo Sole per lasciarci da Lui riscaldare e illuminare. 

Praticare tali autorevoli insegnamenti porta ad una trasformazione della propria vita. 

 Teresa di Gesù muore a 67 anni, consumata dalle fatiche per la fondazione dei suoi 17 monasteri.
Prima di spirare esclama: « Signore mio e Sposo mio, è arrivata finalmente l’ora in cui potrò saziarmi di Te, che ho tanto desiderato!« . 

 

Publié dans:Santi |on 15 octobre, 2007 |Pas de commentaires »

San Callisto I Papa

 dal sito:

http://www.santiebeati.it/dettaglio/29550 

San Callisto I Papa 14 ottobre – Memoria Facoltativa 

 

naturalmente oggi, liturgicamente, la domenica passa avanti alla festa del santo 

per le catacombe, vedere anche: 

http://www.catacombe.roma.it/it/cal.html

Papa dal 217 al 222)
Ebbe molti avversari tra i cristiani dissidenti di Roma, e proprio da uno scritto del capo di questi cristiani separati, un antipapa, abbiamo quasi tutte le notizie sul suo conto, presentate però in modo tendenzioso. Vi si legge che, prima di diventare papa, era stato schiavo e frodatore. Fuggito in Portogallo, venne arrestato e ricondotto a Roma, dove subì una condanna ai lavori forzati nelle miniere della Sardegna. Tornato a Roma in occasione di un’amnistia, venne inviato ad Anzio. Papa Zeffirino, però, lo richiamò a Roma, affidandogli la cura dei cimiteri della Chiesa. Iniziò così lo scavo del grande sepolcreto lungo la via Appia che porta il suo nome. Alla morte di Zeffirino, Callisto venne eletto papa. Ma il suo pontificato attirò le inimicizie di un’ala della comunità cristiana di Roma che lo accusò, falsamente, di eresia. Il riscatto definitivo su questa figura controversa venne dal suo martirio. Callisto, infatti, fu gettato in un pozzo di Trastevere, forse in una sommossa popolare contro i cristiani nel 222. (Avvenire) 

Etimologia: Callisto = il più bello, bellissimo, dal greco 

E’ presente nel Martirologio Romano. San Callisto I, papa, martire: da diacono, dopo un lungo esilio in Sardegna, si prese cura del cimitero sulla via Appia noto sotto il suo nome, dove raccolse le vestigia dei martiri a futura venerazione dei posteri; eletto poi papa promosse la retta dottrina e riconciliò con benevolenza i lapsi, coronando infine il suo operoso episcopato con un luminoso martirio. In questo giorno si commemaora la deposizione del suo corpo nel cimitero di Calepodio a Roma sulla via Aurelia 

 

 

A Roma sono famose le Catacombe di San Callisto, lungo la via Appia. Tra i molti cimiteri sotterranei dell’Urbe, quelle di San Callisto sono le Catacombe più note e più frequentate, celebri soprattutto per la cosiddetta  » Cripta dei Papi « .
Ma tra i moltissimi Martiri e i Pontefici deposti ivi questo sepolcreto, inutilmente si cercherebbe il corpo del Santo dal quale le Catacombe lungo la via Appia hanno preso il nome, e che è segnato oggi sul Calendario universale della Chiesa, onorato come  » Martire « .
La sorte di questo Santo, Pontefice agli inizi del III secolo, è stata veramente strana. Egli ebbe, ai suoi tempi, molti avversari tra i cristiani dissidenti di Roma, e proprio da uno scritto del capo di questi cristiani separati, cioè di un Antipapa, abbiamo quasi tutte le notizie sul conto di San Callisto. Sono, naturalmente, notizie che tendono a farlo apparire riprovevole e quasi odioso.
San Callisto viene detto, per esempio,  » uomo industrioso per il male e pieno di risorse per l’errore « . Vi si legge che, prima di diventare Papa, era stato schiavo, frodatore di un padrone troppo ingenuo, finanziere improvvisato e bancarottiere più o meno fraudolento. Fuggito in Portogallo, venne arrestato e ricondotto a Roma, dove subì una condanna ai lavori forzati, nelle miniere della Sardegna. Tornato a Roma in occasione di un’amnistia, venne inviato ad Anzio perché – sempre secondo il racconto tendenzioso del suo avversario – il Papa non volle averlo d’intorno. Ma la lunga permanenza ad Anzio dovette riscattare l’antico schiavo dai suoi difetti, se mai ne ebbe, perché un altro Papa, Zeffirino, lo richiamò a Roma, affidando alla sua intraprendenza la cura dei cimiteri della Chiesa. Fu allora che Callisto iniziò lo scavo dei grande sepolcreto lungo la via Appia che doveva portare il suo nome.
Alla morte di Zeffirino, Callisto passò dalla cura dei morti a quella dei vivi, essendo eletto Papa egli stesso. E fu proprio allora, come Papa, che il reduce dalle miniere della Sardegna e dall’ » esilio  » di Anzio, si attirò le recriminazioni di certi cristiani troppo ligi alla tradizione, troppo rigidi nella morale, troppo retrivi alle novità.
Fu accusato di eresia, nella formulazione del mistero della Trinità, che invece Callisto sosteneva secondo la tradizione ortodossa, confermata poi dai concili. Venne incolpato, inoltre, di scarso zelo mentre, in tempi di rilassatezza, istituì il digiuno delle Quattro Tempora.
Gli fu rimproverato soprattutto il  » lassismo « , cioè la scarsa severità disciplinare. Accoglieva infatti nella Chiesa i peccatori pentiti e . cristiani che debolmente avevano difeso la loro fede in tempo di pericolo.
Ma qualsiasi ombra gravasse sulla vita di San Callisto, venne riscattata alla sua morte, che fu morte di Martire, nel 222. Gettato in un pozzo di Trastevere, forse in una sommossa popolare, il suo corpo venne deposto di là dal fiume, lungo la via Aurelia, lontano dalle Catacombe da lui aperte lungo la via Appia, che di San Callisto conservano il nome ma non le reliquie. 

Fonte: Archivio Parrocchia 

 

Publié dans:Santi |on 14 octobre, 2007 |Pas de commentaires »

Sant’ Edoardo III il Confessore Re d’Inghilterra

Sant’Edoardo è festeggiato in Italia il 5 gennaio, tuttavia poiché in Francia ed in Inghilterra lo celebrano oggi e non essendoci altri santi in  memoria oggi seguo la tradizione inglese e francese e posto Sant’Edoardo, dal sito: 

http://santiebeati.it/dettaglio/74150

Sant’ Edoardo III il Confessore Re d’Inghilterra 

Normanno da parte di madre, nel primo periodo la sua vita, visse in esilio in Francia per sfuggire all’invasione danese. Incoronato re d’Inghilterra nel 1043, si trovò a far da mediatore, con grandi difficoltà ed insuccessi, fra i Normanni e i Sassoni. Per spirito di conciliazione, sposò Edith, la figlia colta e intelligente del suo principale avversario politico. Il matrimonio, nonostante inizialmente fosse stato dettato dalla ragion di Stato, fu caratterizzato da un profondo accordo. Mite e generoso, Edoardo lasciò una traccia indelebile nel popolo inglese che lo venerò non solo per alcuni saggi provvedimenti amministrativi ma, principalmente, per la sua bontà, per la carità verso coloro che avevano bisogno e per la santità della sua vita. A lui si deve la restaurazione del monastero di Westminster. 

Patronato: Inghilterra 

Etimologia: Edoardo = che si cura della proprietà, dal tedesco 

Emblema: Corona, Anello 

E’ presente nel Martirologio Romano. A Londra 

Edoardo III il Confessore, re d’Inghilterra, è il santo più celebre a portare tale nome, insieme con il suo avo, Sant’Edoardo II il Martire. Il futuro Edoardo III nacque nei pressi di Oxford tra il 1004 ed il 1005 da Etelredo II lo Sconsigliato e dalla sua seconda moglie, la principessa normanna Emma. A causa dello stato di agitazione che regnava nel paese, all’età di soli dieci anni fu mandato in esilio in Normania, ove rimase sino al 1041. Richiamato poi in Inghilterra, l’anno seguente ascese al trono. Proprio durante l’esilio il futuro re aveva appreso molte delle qualità che gli tornarono più utili, come ricorda il suo biografo Barlow: “opportunismo e flessibilità, pazienza, cautela, capacità di evitare di evitare lo scontro frontale [...] sapienza terrena [...] disponibilità ad accettare qualunque sorte gli fosse riservata”. Regnò per un periodo abbastanza lungo, riuscendo a tenere sotto controllo i molteplici nemici, sia interni che esterni. Il suo successore Aroldo, ventidue anni dopo, si trovò a governare un paese ben più tranquillo, unito e stabile di quanto non lo fosse stato all’incoronazione di Edoardo.
La santità di Edoardo non è data esclusivamente da alcune azioni eroiche, bensì è frutto del suo comportametno complessivo quale sovrano. Resta tuttavia difficile conoscere con certezza molti aspetti del suo governo, del suo carattere e delle sue motivazioni. Con lo sviluppo del suo culto, la fama del suo regno si accrebbe tanto da giudicarlo quasi un’epoca d’oro e per sua la grande popolarità Sant’Edoardo divenne uno dei principali patrono d’Inghilterra. Le numerose “Vite” scritto in seguito sul suo conto misero in evidenza la santità di questo grande sovrano, i miracoli ottenuti per sua intercessione, la castità custodita integra per tutta la vita, la carità verso i poveri, verso la Chiesa ed in particolare verso i monaci.
Occorre però sottolineare come qualcuno nutrisse non pochi interessi dall’incentivare il culto di Sant’Edoardo: in primis i monaci dell’abbazia di Westminster, che ne conservavano la tomba e fecero proliferare i racconti circa la santità e la potenza taumaturgica del re, al fine di incrementare l’afflusso di pellegrini; in seguito la venerazione nei confronti di Edoardo, normanno per parte materna, risultò di aiuto agli invasori normanni per tentare di ottenere un’indiretta legittimazione al loro potere sull’isola. Parecchi leggendari elementi sulla sua esistenza terrena non sono certi, come la scelta fatta con la moglie Edith di condurre una vita di castità ed il matrimonio bianco, forse pure supposizione volte a giustificare il fatto che non lasciò discendenza. Anche la maggior parte dei racconti sui miracoli è assai dubbia: la “Vita” più anica, scritta pochissimi anni dopo la sua morte, narra di alcune guarigioni avvenute con l’acqua in cui il santo re si era lavato le mani. Fu allora invocato contro le malattie della pelle e l’epilessia e secondo la tradizione fu il primo sovrano inglese a contrarre la cosiddetta “malattia del re”, cioè la scrofola. Abolì la tassa dell’heregeld, destinata al mantenimento dell’esercito, per devolvere il ricavato ai poveri, ma forse si trattò solo di un provvedimento temporaneo.
Analizzando invece le qualità di Edoardo come sovrano, ci si può rifare a notizie più certe: difese il paese dagli attacchi stranieri e protesse la propria autorità dai sudditi troppo ambiziosi. Tentò sempre in ogni modo di evitare le guerre, ma fu sempre risoluto nel dispiegare un esercito o una flotta contro la minaccia di invasione. Per rafforzare la propria posizione non mancò di stringere numerose alleanze straniere. In patria la più seria minaccia al suo potere era costituita dal conte Godwin del Wessex: ne sposò allora la figlia, Edith, ma quando nel 1051 Godwin minacciò una rivolta, ad Edoardo non restò che esiliarlo insieme all’intera sua famiglia, facendo rinchiudere anche Edith in un convento. Già l’anno seguente il re permise a Godwin di fare ritorno in patria, evitando così il rischio di una guerra civile e nel regno continuò dunque a regnare la pace.
Indipendentemente dalla fama acquisita in seguito, pare che non fu un grande benefattore della Chiesa, ad eccezione di Westminster. Una saggia amministrazione delle nomine ecclesiastiche costituiva una parte essenziale per affermare l’autorità regio ed un buon governo. Il giudizio di Edoardo in queste questioni si rivelo sempre oculato, salvo il caso di Stigand, arcivescovo di Canterbury che si rivelò certo un abile amministratore, ma poco animato da spirito religioso. Edoardo nominò anche degli stranieri alle sedi episcopali inglesi, non per distruggere la matrice nazionale della Chiesa, quanto più per il desiderio di scegliere degli uomini di qualità. Durante il suo regno furono applicate importanti riforme locali, non vi furono scandali e vennero rafforzati i rapporti con Roma.
La decisione di rifondare l’abbazia di Westminster, monumento che perpetuò indefinitamente il suo ricordo, nacuqe da un voto che Edoardo aveva fatto quando in gioventù era esule in Normandia: se Dio avesse reintegrato nei suoi diritti la sua famiglia, si sarebbe recato a Roma in pellegrinaggio. Asceso poi al trono, si trovò impossibilitato a lasciare l’Inghilterra e chiese perciò al papa di essere dispensato dal voto. Il pontefice acconsentì, commutando l’obbligo nella fondazione di un monastero dedicato all’apostolo Pietro. Edoardo scelse allora un convento già esistente presso Thorney, ad ovest di Londra, al quale fece ingenti donazioni di terreni e in denaro, dando inizio all’edificazione di una magnifica chiesa romanica, che fu l’embrione dell’odierna abbazia di Westminster.
Le sue condizioni di salute, purtroppo, si aggravarono prima di poter partecipare all’innaugurazione del coro della basilica. Morì dopo pochi giorni, il 5 gennaio 1066, e venne sepolto proprio nell’abbazia. Nel 1102 il suo corpo, riesumato e trovato incorrotto, venne traslato in un nuovo sito. Aocora in seguito fu soggetto ad alcune traslazioni e le sacre reliquie sopravvissero alla Riforma ed ancora oggi sono oggetto di venerazione. Nel 1161 papa Alessandro III canonizzo Sant’Edoardo III, detto “il Confessore” per distinguerlo dal suo predecessore Edoardo II “il Martire”, dietro interessamento del re Enrico II. Nel 1689 la sua festa fu estesa alla Chiesa universale e fissata in data 13 ottobre, anniversario della prima traslazione. Oggi però il nuovo Marturologium Romanum ha spostato la commemorazione alla data della morte. 


Autore:
Fabio Arduino  

Publié dans:Santi |on 13 octobre, 2007 |Pas de commentaires »

oggi San Bruno

 dal sito: Santi Beati e Testimoni: 

San Bruno (Brunone) Sacerdote e monaco 

6 ottobre – Memoria Facoltativa 

Colonia (Germania), intorno al 1030 – Serra San Bruno (Vibo Valentia), 6 ottobre 1101 

Nato in Germania nel 1030 e vissuto poi tra il suo Paese, la Francia e l’Italia, dove morì nel 1101, Bruno o Brunone, professore di teologia e filosofia, sceglie ben presto la strada della vita eremitica. Trova così sei compagni che la pensano come lui e il vescovo Ugo di Grenoble li aiuta a stabilirsi in una località selvaggia detta «chartusia» (chartreuse in francese). Lì si costruiscono un ambiente per la preghiera comune, e sette baracche dove ciascuno vive pregando e lavorando: una vita da eremiti, con momenti comunitari. Quando Bruno insegnava a Reims, uno dei suoi allievi era il benedettino Oddone di Châtillon. Nel 1090 se lo ritrova papa col nome di Urbano II, che lo sceglie come consigliere. Ottiene da lui riconoscimento e autonomia per il monastero fondato presso Grenoble, poi noto come Grande Chartreuse. In Calabria nella Foresta della Torre (ora in provincia di Vibo Valentia) fonda una nuova comunità. Più tardi, a poca distanza, costruirà un altro monastero per la vita comunitaria. È il luogo accanto al quale sorgeranno poi le prime case dell’attuale Serra San Bruno. (Avvenire) 

Etimologia: Bruno = allude al colore della carnagione 

E’ presente nel Martirologio Romano 

Nato in Germania, e vissuto poi tra il suo Paese, la Francia e l’Italia, il nobile renano Bruno o Brunone è vero figlio dell’Europa dell’XI secolo, divisa e confusa, ma pure a suo modo aperta e propizia alla mobilità. Studente e poi insegnante a Reims, si trova presto faccia a faccia con la simonia, cioè col mercato delle cariche ecclesiastiche che infetta la Chiesa.
Professore di teologia e filosofia, esperto di cose curiali, potrebbe diventare vescovo per la via onesta dei meriti, ora che papa Gregorio VII lotta per ripulire gli episcopi. Ma lo disgusta l’ambiente. La fede che pratica e che insegna è tutt’altra cosa, come nel 1083 gli conferma Roberto di Molesme, il severo monaco che darà vita ai Cistercensi.
Bruno trova sei compagni che la pensano come lui, e il vescovo Ugo di Grenoble li aiuta a stabilirsi in una località selvaggia detta “chartusia” (chartreuse in francese). Lì si costruiscono un ambiente per la preghiera comune, e sette baracche dove ciascuno vive pregando e lavorando: una vita da eremiti, con momenti comunitari. Ma non pensano minimamente a fondare qualcosa: vogliono soltanto vivere radicalmente il Vangelo e stare lontani dai mercanti del sacro.
Quando Bruno insegnava a Reims, uno dei suoi allievi era il benedettino Oddone di Châtillon. Nel 1090 se lo ritrova papa col nome di Urbano II e deve raggiungerlo a Roma come suo consigliere. Ottiene da lui riconoscimento e autonomia per il monastero fondato presso Grenoble, poi noto come Grande Chartreuse. Però a Roma non resiste: pochi mesi, ed eccolo in Calabria nella Foresta della Torre (ora in provincia di Vibo Valentia); e riecco l’oratorio, le celle come alla Chartreuse, una nuova comunità guidata col solito rigore. Più tardi, a poca distanza, costruirà un altro monastero per chi, inadatto alle asprezze eremitiche, preferisce vivere in comunità. E’ il luogo accanto al quale sorgeranno poi le prime case dell’attuale Serra San Bruno. I suoi pochi confratelli (non ama avere intorno gente numerosa e qualunque) devono essere pronti alla durezza di una vita che egli insegna col consiglio e con istruzioni scritte, che dopo la sua morte troveranno codificazione nella Regola, approvata nel 1176 dalla Santa Sede.
E’ una guida all’autenticità, col modello della Chiesa primitiva nella povertà e nella gioia, quando si cantano le lodi a Dio e quando lo si serve col lavoro, cercando anche qui la perfezione, e facendo da maestri ai fratelli, alle famiglie, anche con i mestieri splendidamente insegnati. Sempre pochi e sempre vivi i certosini: a Serra, vicino a Bruno, e altrove, passando attraverso guerre, terremoti, rivoluzioni. Sempre fedeli allo spirito primitivo. Una comunità « mai riformata, perché mai deformata ». Come la voleva Bruno, il cui culto è stato approvato da Leone X (1513-1521) e confermato da Gregorio XV (1621-1623). 
 

Publié dans:Santi |on 6 octobre, 2007 |Pas de commentaires »

San Francesco, il rivoluzionario di Dio

dal sito:

http://www.zenit.org/article-12090?l=italian

San Francesco, il rivoluzionario di Dio

 Intervista al Preside della Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani 

ROMA, mercoledì, 3 ottobre 2007 (ZENIT.org).- Era il tramonto del 3 ottobre del 1226 quando Francesco di Assisi spirò. Il 16 luglio 1228 Papa Gregorio IX proclamò Santo il Poverello d’Assisi, alla presenza della madre, madonna Pica, del fratello Angelo e altri parenti, del Vescovo Guido di Assisi, di numerosi Cardinali e Vescovi e di una folla di popolo mai vista, fissandone la festa al 4 ottobre.

Le cronache raccontano di un uomo che visse in maniera radicale il Vangelo, innamorato di Cristo, e che incentrò nella contemplazione del Presepe e del Calvario la sua esperienza spirituale. Compì azioni straordinarie a servizio della Chiesa, morì portando nel corpo le stimmate, segni della passione di Gesù.

La sua fama e la sua testimonianza cristiana si è mantenuta così viva nella storia che Pio XII lo proclamò Patrono d’Italia, il 18 giugno 1939, indicandolo come il “più italiano dei santi e più santo degli italiani”.

Negli ultimi decenni, però, la figura di San Francesco è stata utilizzata da una cultura a metà fra quella hippy e quella new age, al fine di giustificare un ideologia pacifista ed ecologista i cui contenuti si sono mostrati molto ambigui, in alcuni casi in contrasto con la figura del Creatore e contrari alla difesa della vita.

Per cercare di conoscere più a fondo la spiritualità e la storia di questo Santo, ZENIT ha intervistato padre Pietro Messa, Preside della Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani della Pontificia Università Antonianum di Roma, che quest’anno ha dato inizio ad un master di secondo livello in « Medioevo francescano » (cfr. www.antonianum.eu).

Una certa cultura ecologista contraria alle nascite e con caratteristiche neomalthusiane sostiene che San Francesco era un ambientalista che condivideva l’amore per tutto ciò che era naturale e si opponeva alle attività umane. Qual è la realtà sulla sensibilità di San Francesco nei confronti del mondo naturale?

Messa: Innanzitutto ogni volta che ci si accosta ad una persona, anche del passato sono importanti, contrariamente a quello che solitamente si afferma, le cosiddette « barriere dell’io » per evitare una fusione con – ossia una con-fusione – con l’altro. Questo vale anche nell’approcciare a Francesco d’Assisi, a proposito del quale spesso, in nome di una ricerca di attualità, gli si attribuiscono problemi attuali, come l’ecologia, il dialogo interreligioso, la globalizzazione, estranei al suo contesto storico e religioso.

Preso atto di questo e che per conoscere la sua esperienza bisogna attenersi alle fonti, soprattutto gli scritti, dobbiamo riconoscere che la sua opera a cui ci si appella ogni volta che si parli del suo rapporto con la natura è il « Cantico di frate sole » conosciuto anche come « Cantico delle creature ». Si tratta di una preghiera al Signore in cui in contemporanea si loda l’Onnipotente per le sue creature e si invita quest’ultime a lodare il loro Creatore.

Quale ruolo svolge l’umanità nel contesto del “Cantico delle creature”? Ci sembra di capire che insieme alle lodi al Signore, i benefici del sole che scalda, dell’acqua che disseta, sono tutti riferiti al bene dell’uomo…

Messa: Il centro di tutto è l’Altissimo a cui va riferita ogni lode, gloria e onore; tuttavia non è un Dio solitario che con la sua onnipotenza « brucia » ed elimina tutto ciò che lo circonda, ma anzi dà vita e vuole che ci sia altro oltre a sé. Le creature sono menzionate per se stesse, ma pure per le loro caratteristiche delle quali anche l’uomo beneficia, come della luce del fuoco che illumina la notte, l’acqua che è utile e preziosa, la terra che nutre e sostenta tutti noi. In questo testo l’uomo è colui che, in quanto destinatario dei doni del Signore, proclama tale lode contemplando, ossia guardando con stupore, il Creatore e la sua creazione.

L’amore di San Francesco nei confronti del Creatore sembra superare anche le diffidenze umane nei confronti dei danni provocati dagli eventi naturali. Qual è il suo giudizio in proposito?

Messa: Il Cantico delle creature fu composto da frate Francesco d’Assisi in un momento di grande disagio presso la chiesa di San Damiano in Assisi, quindi si tratta di un Cantico pasquale in cui nella notte della sofferenza è riconosciuta la presenza luminosa del Signore che fa nuove tutte le cose e illumina anche le tenebre del peccato dell’uomo.

Se vogliamo attingere da tale evento della vita del Santo per il momento attuale possiamo dire che anche i danni causati dalle strutture di peccato che distruggono l’ambiente vengono redenti e che l’uomo salvato dall’incontro con il Risorto diventa capace di relazioni nuove anche con il creato.

Qual è il messaggio cristiano che San Francesco comunica sui temi dell’ambiente, e in che modo è possibile diffonderlo?

Messa: Quella di Francesco d’Assisi è un’esperienza cristiana e quindi lui legge ogni avvenimento alla luce soprattutto del Vangelo. Pertanto non usa mai termini come natura, ambiente, o altri a noi comuni, ma il termine « creature ». Gia questo ci parla di un approccio in cui si riconosce l’esistenza di un Creatore che è buono, onnipotente a cui tutti gli uomini e le creature devono guardare. Ciò significa che le creature sono un dono del Signore e che come tali vanno accolte nella gratitudine, ossia nel rendimento di grazie per poi restituirle a lui mediante l’amore per i fratelli. In questo modo si passa dalla gratitudine alla gratuità vivendo un amore ordinato che ha le caratteristiche dell’Eucaristia: « Prese il pane, rese grazie e lo spezzò ». Il peccato è appropriarsi di tali doni comportandosi da padri-padroni nei confronti delle creature con le conseguenze di morte che spesso constatiamo.

I Pontefici Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno parlato in più occasioni di San Francesco e delle sue intuizioni sui temi amabientali. A tal proposito, può indicarci qualche riflessione sul rapporto dell’umanità con il creato?

Messa: Giovanni Paolo II ha dichiarato San Francesco patrono dell’ecologia ed ha indicato Assisi come città della pace, mentre Benedetto XVI ha richiamato che ciò non significa che fosse semplicemente un ambientalista o un pacifista. In questo non ha voluto smentire l’operato del Predecessore, come mostrano i discorsi fatti ad Assisi durante la sua visita del giugno scorso, ma ne ha indicato l’origine che è la conversione al Vangelo [cfr. P. Messa, “Benedetto XVI ad Assisi. Per una ermeneutica di riforma nella continuità, anche con Giovanni Paolo II”, in Forma Sororum, 44 (2007), p. 229-235]. La ricezione di tali insegnamenti nell’ambito cattolico certamente non è terminato: infatti si avverte come una duplice posizione che vede alcuni che trattano di tali temi prescindendo da un approccio cristiano, mentre altri li evitano vedendoli strumentalizzati da ambienti a volte ostili alla fede. 

Publié dans:Santi |on 4 octobre, 2007 |Pas de commentaires »

San Francesco d’Assisi – Saluto alla Beata Vergine Maria

dal sito:

http://www.maranatha.it/Franchiara/Franc03Text.htm#Lodi 

 SAN FRANCESCO D’ASSISI

Saluto alla Beata Vergine Maria 

 

 

Ave, Signora, santa regina, santa Madre di Dio,
Maria,
che sei vergine fatta Chiesa
ed eletta dal santissimo Padre celeste,
che ti ha consacrata

insieme col santissimo suo Figlio diletto
e con lo Spirito Santo Paraclito;
tu in cui fu ed è ogni pienezza di grazia e ogni bene.
 


Ave, suo palazzo.
ave, suo tabernacolo,
ave, sua casa.
Ave, suo vestimento,
ave, sua ancella,
ave, sua Madre.
 


E saluto voi tutte, sante virtù,
che per grazia e illuminazione dello Spirito Santo
venite infuse nei cuori dei fedeli,
 

perché da infedeli 

fedeli a Dio li rendiate. 

Publié dans:Santi |on 4 octobre, 2007 |Pas de commentaires »

San Francesco D’Assisi

San Francesco D'Assisi dans Santi

http://santiebeati.it/immagini/?mode=album&album=21750&start=20

Publié dans:Santi |on 3 octobre, 2007 |Pas de commentaires »

SAN FRANCESCO – DIALOGO SULLA PERFETTA LETIZIA

dal sito: 

http://it.geocities.com/burcioit/

SAN FRANCESCO 

DIALOGO SULLA PERFETTA LETIZIA 

Venendo una volta santo Francesco da Perugia a Santa Maria degli Angioli con frate Lione a tempo di verno, e ‘l freddo grandissimo fortemente li crucciava, chiamò frate Lione il quale andava innanzi, e disse così:  » Frate Lione, avvegnadiochè li frati Minori in ogni terra dieno grande esempio di santità e di buona edificazione; nientedimeno scrivi e nota diligentemente che non è quivi perfetta letizia E andando più oltre santo Francesco, il chiamò la seconda volta:  » O frate Lione, benchè il frate Minore allumini li ciechi e distenda gli attratti, iscacci le dimonia, renda l’udir alli sordi e l’andare alli zoppi, il parlare alli mutoli e, ch’è maggir cosa, risusciti li morti di quattro dì; iscrivi che non è in ciò perfetta letizia « .
E andando un poco, santo Francesco grida forte:  » O frate Lione, se ‘i frate Minore sapesse tutte le lingue e tutte le scienze e tutte le scritture, sì che sapesse profetare e rivelare, non solamente le cose future, ma eziandio li segreti delle coscienze e delli uomini; iscrivi che non è in ciò perfetta letizia « . 

Andando un poco più oltre, santo Francesco chiamava ancora forte:  » O frate Lione, pecorella di Dio, benchè il frate Minore parli con lingua d’Agnolo, e sappia i corsi delle istelle e le virtù delle erbe, e fussongli rivelati tutti li tesori della terra, e conoscesse le virtù degli uccelli e de’ pesci e di tutti gli animali e delle pietre e delle acque; iscrivi che non è in ciò perfetta letizia « .
E andando ancora un pezzo, santo Francesco chiamò forte:  » O frate Lione, benchè ‘l frate Minore sapesse sì bene predicare che convertisse tutti gl’infedeli alla fede di Cristo; iscrivi che non è ivi perfetta letizia « . 

E durando questo modo di parlare bene di due miglia, frate Lione, con grande ammirazione li domandò e disse:  » Padre, io ti priego dalla parte di Dio che tu mi dica dove è perfetta letizia « .
E santo Francesco sì gli rispuose:  » Quando noi saremo a Santa Maria degli Agnoli, così bagnati per la piova e agghiacciati per lo freddo e infangati di loto e afflitti di fame, e picchieremo la porta dello luogo, e ‘l portinaio verrà adirato e dirà: Chi siete voi? E noi diremo: Noi siamo due de’ vostri frati; e colui dirà: Voi non dite vero, anzi siete due ribaldi ch’andate ingannando il mondo e rubando le limosine de’ poveri; andate via; e non ci aprirà, e faracci stare di fuori alla neve e all’acqua, col freddo e colla fame infino alla notte; allora se noi tanta ingiuria e tanta crudeltà e tanti commiati sosterremo pazientemente senza turbarcene e senza mormorare di lui, e penseremo umilmente che quello portinaio veramente ci conosca, che Iddio il fa parlare contra a noi; o frate Lione, iscrivi che qui è perfetta letizia. 

E se anzi perseverassimo picchiando, ed egli uscirà fuori turbato, e come gaglioffi importuni ci caccerà con villanie e con gotate dicendo: pentitevi quinci, ladroncelli vilissimi, andate allo spedale, chè qui non mangerete voi, nè albergherete; se noi questo sosterremo pazientemente e con allegrezza e con buono amore; o frate Lione, iscrivi che quivi è perfetta letizia.
E se noi pur costretti dalla fame e dal freddo e dalla notte più picchieremo e chiameremo e pregheremo per l’amore di Dio con grande pianto che ci apra e mettaci pure dentro, e quelli più scandolezzato dirà: Costoro sono gaglioffi importuni, io li pagherò bene come son degni; e uscirà fuori con uno bastone nocchieruto, e piglieracci per lo cappuccio e gitteracci in terra e involgeracci nella neve e batteracci a nodo a nodo con quello bastone: se noi tutte queste cose sost E però odi la conclusione, frate Lione.
Sopra tutte le grazie e doni dello Spirito Santo, le quali Cristo concede agli amici suoi, si è di vincere se medesimo e volentieri per lo amore di Cristo sostenere pene, ingiurie e obbrobri e erremo pazientemente e con allegrezza, pensando le pene di Cristo benedetto, le quali dobbiamo sostenere per suo amore; o frate Lione, iscrivi che qui e in questo è perfetta letizia. 

E però odi la conclusione, frate Lione.
Sopra tutte le grazie e doni dello Spirito Santo, le quali Cristo concede agli amici suoi, si è di vincere se medesimo e volentieri per lo amore di Cristo sostenere pene, ingiurie e obbrobri e disagi; imperò che in tutti gli altri doni di Dio noi non ci possiamo gloriare, però che non sono nostri, ma di Dio, onde dice l’Apostolo: che hai tu, che tu non abbi da Dio? E se tu l’hai avuto da lui, perchè te ne glorii, come se tu l’avessi da te?
Ma nella croce della tribolazione e dell’afflizione ci possiamo gloriare, però che dice l’Apostolo: io non mi voglio gloriare se non nella croce del nostro Signore Gesù Cristo « .

( FIORETTI DI S. FRANCESCO Capitolo VIII

Publié dans:Santi |on 3 octobre, 2007 |Pas de commentaires »

preghiera di San Francesco D’Assisi

Lodi di Dio Altissimo

Tu sei santo, Signore Dio unico,
che compi meraviglie.
Tu sei forte. Tu sei grande. Tu sei altissimo.
Tu sei Re onnipotente, tu Padre santo,
Re del cielo e della terra.

Tu sei Trino e Uno, Signore Dio degli dei,
Tu sei bene, ogni
bene, sommo bene,
Signore Dio, vivo e vero.
Tu sei amore, carità. Tu sei sapienza.
Tu sei umiltà. Tu sei pazienza.
Tu sei bellezza. Tu sei mansuetudine
Tu sei sicurezza. Tu sei quiete.
Tu sei gaudio e letizia. Tu sei speranza nostra.
Tu sei giustizia. Tu sei temperanza. 

Tu sei ogni nostra sufficiente ricchezza.
Tu sei bellezza. Tu sei mansuetudine.
Tu sei protettore. Tu sei custode e difensore nostro.
Tu sei fortezza. Tu sei refrigerio.
Tu sei speranza nostra. Tu sei fede nostra .
Tu sei carità nostra. Tu sei completa dolcezza nostra.
Tu sei nostra vita eterna, 

grande e ammirabile Signore,
Dio onnipotente, misericordioso Salvatore.

Publié dans:Santi |on 2 octobre, 2007 |Pas de commentaires »
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