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AKATHISTOS – VII STANZA
COMMENTO AL TESTO DELLA VII STANZA
I PASTORI SENTIRONO GLI ANGELI CANTARE LA VENUTA DI CRISTO NELLA CARNE
« C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: « Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia ». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: « Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama ».(Lc 2,8-14). « E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi »(Gv 1,14). Farsi carne, nel linguaggio biblico, ha un significato molto più ampio che assumere un corpo, significa divenire uno di noi, con tutti i risvolti che questo implica: le debolezze, la caducità ed infine la morte. Gesù infatti « pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. »(Fil 2,6-7). e correndo verso il Pastore, lo contemplarono come Agnello innocente nutrirsi al seno di Maria e inneggiando dissero:
Nella tradizione biblica l’immagine del pastore indica la relazione fra Dio e il suo popolo. « Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. »(Gv 10,11) « Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. »(Gv 10,27). I pastori all’annuncio degli angeli gioirono ed accorsero ad adorare il Salvatore. Trovarono il Bambino in fasce, nutrirsi al seno di Maria, vero trono di Dio ed il loro cuore sussultò di gioia. « Non avranno più fame né avranno più sete, non li colpirà il sole né arsura alcuna, perché l’Agnello, che sta in mezzo al trono, sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi »(Ap 7,16-17). Gesù viene dunque al mondo; « come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri »(Is 40.11). « Io sono venuto perché (le mie pecore) abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. »(Gv 10,11). Gesù si offre come vero sacrificio di comunione, ma la legge biblica vuole che la vittima sacrificale sia perfetta, senza alcuna macchia perché « nel caso che la sua offerta sia un sacrificio di comunione, si offre un capo di bestiame grosso, maschio o femmina, lo si presenterà senza difetto davanti al Signore »(Lev 3,1). « Voi sapete che non a prezzo di cose effimere, come argento e oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta, ereditata dai padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia. »(1Pt 1, 18-19). Ed « i pastori contemplano la gloria dell’Agnello e del Pastore »(Gregorio Nazanzieno, Oratio 2)
Gioisci Madre dell’Agnello e del Pastore; gioisci ovile delle pecorelle spirituali.
« E’ lui l’agnello muto; è lui l’agnello sgozzato. E’ lui che nacque da Maria, l’Agnella pura. »(Melitone, Omelia sulla Pasqua). Maria, vera Madre di Dio, è compartecipe del progetto di Salvezza ed è anch’essa Agnella sacrificale tutta pura e senza macchia. « Mi fu rivolta questa parola del Signore: ‘Figlio dell’uomo, profetizza contro i pastori d’Israele, profetizza e riferisci ai pastori: Così dice il Signore Dio: Guai ai pastori d’Israele, che pascono se stessi! I pastori non dovrebbero forse pascere il gregge? Vi nutrite di latte, vi rivestite di lana, ammazzate le pecore più grasse, ma non pascolate il gregge. Non avete reso forti le pecore deboli, non avete curato le inferme, non avete fasciato quelle ferite, non avete riportato le disperse. Non siete andati in cerca delle smarrite, ma le avete guidate con crudeltà e violenza. Per colpa del pastore si sono disperse e sono preda di tutte le bestie selvatiche: sono sbandate. »(Ez 34 1-5). « Gregge di pecore sperdute era il mio popolo, i loro pastori le avevano sviate, le avevano fatte smarrire per i monti; esse andavano di monte in colle, avevano dimenticato il loro ovile. Quanti le trovavano, le divoravano, e i loro nemici dicevano: ‘Non ne siamo colpevoli, perché essi hanno peccato contro il Signore, sede di giustizia e speranza dei loro padri’. »(Ger 50,6-7). Maria è la Stella Odigitria, il rifugio sicuro: « O tu che nell’instabilità continua della vita presente t’accorgi di essere sballottato tra le tempeste senza punto sicuro dove appoggiarti, tieni ben fisso lo sguardo al fulgore di questa stella se non vuoi essere travolto dalla bufera. »(S. Bernardo). La Tutta Santa Deipara è il vero Ovile delle pecore spirituali, fertile pascolo sicuro e recintato. « Giardino chiuso tu sei, sorella mia, mia sposa, sorgente chiusa, fontana sigillata. »(Ct 4,12). Maria è l’Ovile la cui porta è Gesù: « Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. »(Gv 10, 9-10)
Gioisci difesa dai nemici invisibili; gioisci chiave delle porte del paradiso.
Maria fin dal principio ha avuto da Dio il potere e la missione di schiacciare la testa di Satana, « questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno. »(Gen 3,5). Nelle rivelazioni che la Madonna stessa farà a san Domenico ed al Beato Allamano dirà: « A tutti quelli che reciteranno devotamente il mio Rosario, io prometto la mia protezione speciale e grandissime grazie. (…)Il Rosario sarà una difesa potentissima contro l’inferno; distruggerà i vizi, libererà dal peccato, dissiperà le eresie. (…) Il Rosario farà fiorire le virtù e le buone opere e otterrà alle anime le più abbondanti misericordie divine; sostituirà nei cuori l’amore di Dio all’amore del mondo, elevandoli al desiderio dei beni celesti ed eterni. Quante anime si santificheranno con questo mezzo! ». Molti secoli dopo il Santo Curato d’Ars affermerà: « Una sola Ave Maria ben detta fa tremare l’inferno ». Ritornando indietro fino al IV secolo, così Sant’Efrem il Siro saluterà la Tutta Santa Deipara: « Ave, porta coelestis, clavis in coelum nos introducens »(Sermo de SS Dei Genitricis Virginis Mariae laudibus)
Gioisci perché tu i cieli unisci alla terra; gioisci perché con il Cristo la creazione giubila.
« Dall’Agnella nacque l’Agnello »(Proclo di Costantinopoli, XXIX sulla crocifissione). Per mezzo di Maria l’essere Divino si fece terreno, il Cielo si unì alla terra, « veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo »(Gv 1,9). Per l’Ineffabile Amore « la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele »(Is 7,14) e « per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli. »(Col 1,20). « Io, Giuseppe, camminavo e non camminavo. Guardai nell’aria e vidi l’aria colpita da stupore; guardai verso la volta del cielo e la vidi ferma, e immobili gli uccelli del cielo; guardai sulla terra e vidi un vaso giacente e degli operai coricati con le mani nel vaso: ma quelli che masticavano non masticavano, quelli che prendevano su il cibo non l’alzavano dal vaso, quelli che lo stavano portando alla bocca non lo portavano; i visi di tutti erano rivolti a guardare in alto. Ecco delle pecore spinte innanzi che invece stavano ferme: il pastore alzò la mano per percuoterle, ma la sua mano restò per aria. Guardai la corrente del fiume e vidi le bocche dei capretti poggiate sull’acqua, ma non bevevano. Poi, in un istante, tutte le cose ripresero il loro corso. »(Protovangelo di Giacomo 18,2-3). La stessa natura circostante era come in uno stato di grande giubilo, attonita assisteva all’unione del Cielo con la terra. « E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: ‘Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama »(Lc 2, 13-14). « Ti saluto o Madre di Dio Maria, per mezzo della quale gli angeli danzano e gli arcangeli cantano inni possenti »(S. Cirillo Alessandrino, Omelia XI)
Gioisci degli Apostoli voce perenne; gioisci dei Martiri indomito coraggio.
« Imploriamo colei che è la Genitrice di Dio e preghiamola di intercedere per noi, lei che è onorata da tutti santi: dagli apostoli i quali hanno predicato (il Figlio); dai martiri che in lui hanno trovato il maestro delle loro lotte, il datore della corona » (Severo di Antiochia) « Maria può essere chiamata apostolo e si dirà che ella supera tutti gli apostoli… Se quelle parole che hanno udito da nostro Signore: « andate e insegnate a tutte le nazioni » hanno fatto di quelli apostoli (una nazione), quale nazione questa vergine non ha istruito e condotto alla conoscenza di Dio! Mediante il suo concepimento senza eguale, ha fatto di lei la Madre e la radice della predicazione evangelica » (Severo di Antiochia). Donando completamente se stessi a Dio ed amando con tutto il cuore il proprio prossimo ci si avvicina al Regno di Dio. Due sono i comandamenti: « Il primo è Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. Il secondo è questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c’è altro comandamento più grande di questi. »(Mc 12,29-31). « Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. »(Gv 15.13). Grande è stato l’amore dei Santi Martiri che concorrono al compimento del Regno di Dio e « grazie al sangue dell’Agnello e alla parola della loro testimonianza, e non hanno amato la loro vita fino a morire »(Ap 12,11). Maria è veramente la Regina dei Martiri: la Vergine addolorata dinanzi alla Croce del Figlio suo. Non solo perdona, ma ama di un amore così profondo persino gli uccisori del Figlio. In effetti non solo Maria accettava la Croce di Cristo, ma univa a quello del Figlio il suo dolore. « Accettare l’altro che soffre significa, infatti, assumere in qualche modo la sua sofferenza, cosicché essa diventa anche mia. Ma proprio perché ora è divenuta sofferenza condivisa, nella quale c’è la presenza di un altro, questa sofferenza è penetrata dalla luce dell’amore. La parola latina con-solatio, consolazione, lo esprime in maniera molto bella suggerendo un essere-con nella solitudine, che allora non è più solitudine. »(Benedetto XVI, Lettera Enciclica Spe Salvi). Così Maria innanzi a Cristo ed insieme a Cristo è divenuta davvero la corredentrice, la nostra mediatrice presso il Mediatore e la Regina dei Martiri. « Apostolorum exultatio, praedicatio Martyrum »(Efrem il Siro, Oratio ad Sanctissimam Dei Matrem)
Gioisci della fede possente sostegno; gioisci segno splendente di grazia.
« Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto » (Lc 1,38). Alla gratuità del dono di Dio, Maria risponde con il « Si » della fede. « Beata te che hai creduto » (Lc 1,45), la chiamerà subito dopo la cugina Elisabetta. Sant’Agostino dà pieno risalto alla fede di Maria « Maria è più grande per essere stata discepola di Gesù che non per essere sua madre ». « Mentre diceva questo, una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: ‘Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!’. Ma egli disse: ‘Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!’ »(Lc 11,27-28). « Anche sotto la croce, non era venuta meno la fede di Maria. Ella era stata colei che, come Abramo, « ebbe fede sperando contro ogni speranza » (Rm 4,18). « (…) Mediante questa fede Maria è perfettamente unita a Cristo nella sua spoliazione… E’ questa forse la più profonda kénosis della fede nella storia dell’umanità » (Giovanni Paolo II, Redemptoris Mater). « Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te » (Lc 1,28). « Piena di grazia’ – nell’originale greco kecharitoméne – è il nome più bello di Maria, nome che Le ha dato Dio stesso, per indicare che è da sempre e per sempre l’amata, l’eletta, la prescelta per accogliere il dono più prezioso, Gesù, « l’amore incarnato di Dio »"(Benedetto XVI, Deus caritas est) ». « Ave, o nube luminosa, che nel deserto della vita adombri il nuovo Israele mediante la tua intercessione. Grazie a te, vengono uditi decreti di grazia e da te è venuto il Sole di giustizia che tutto illumina con i raggi dell’incorruttibilità. Ave, o candelabro, vaso aureo e solido della verginità, il cui stoppino è la grazia dello Spirito e il cui olio è quel corpo santo preso dalla tua carne illibata. » (Teodoro Studita)
Gioisci per te fu spogliato l’inferno; gioisci per te di gloria siamo stati rivestiti. Gioisci Vergine Sposa.
« Inneggiamo a Maria vergine, gloria dell’universo, generata dagli uomini e genitrice del Signore, porta celeste, tripudio degli Angeli, ornamento dei fedeli. Lei, infatti, apparve quale cielo e tempio della Divinità. Lei, abbattendo il muro divisorio dell’ostilità, vi sostituì la pace e spalancò la reggia. Avendo lei, ancora della fede, abbiamo per difensore il Signore, da Lei nato. Confida, dunque, confida popolo di Dio! Poiché combatterà contro i nemici Egli che è l’onnipotente. »(Troparion tratto dall’Orologion). Maria porta all’intera umanità colui che è rivestito di gloria, « E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me. Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo. »(Gv 17,22-24) « E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. »(Gv 1,14). « Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro »(Gv 17,25). « E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore. »(2Cor 3,18) « Il Signore venne in lei per farsi servo. Il Verbo venne in lei per tacere nel suo seno. Il fulmine venne in lei per non fare rumore alcuno. Il Pastore venne in lei ed ecco l’Agnello nato, che sommessamente piange. Poiché il seno di Maria ha capovolto i ruoli: Colui che creò tutte le cose ne è entrato in possesso, ma povero. L’Altissimo venne in lei (Maria), ma vi entrò umile. Lo splendore venne in lei, ma vestito con panni umili. Colui che elargisce tutte le cose conobbe la fame. Colui che abbevera tutti conobbe la sete. Nudo e spogliato uscì da lei, Egli che riveste (di bellezza) tutte le cose» (Sant’Efrem il Siro, Inno sulla Natività 11, 6-8).
ANALISI DELL’ICONA
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L’icona della settima stanza si colloca perfettamente, fatta eccezione per la mancanza dei Magi, nel modulo iconografico classico delle icone della Natività. Per comodità descrittiva possiamo considerarla divisa in tre parti essenziali: la parte alta, relativa alla sfera celeste, la mediana, riguardante il piano di salvezza di Dio e quella bassa raffigurante la natura terrena ed umana. Sullo sfondo la montagna messianica a due punte indicante la duplice natura di Gesù. Cristo è la solida roccia di cui Isaia profetizzerà: « Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà saldo sulla cima dei monti e s’innalzerà sopra i colli, e ad esso affluiranno tutte le genti. »(Is 2,2) La parte « Celeste dell’Icona » Nella parte superiore dell’icona, in un cielo dal blu profondo, molto intenso, risplende di luce dorata, visibile agli uomini, la gloria dell’altissimo da cui si dipartono i classici tre raggi. Il più lungo di questi attraversa l’Icona fino a raggiungere la grotta ove giacciono Maria ed il Bambino. Nella parte sinistra dell’Icona un Angelo si china verso un pastore e salutandolo alla maniera greca gli annuncia la venuta del Salvatore. « Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: « Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia »(Lc 2,9). Oltre la montagna messianica, nella parte destra della icona, tre angeli molto ravvicinati fra di loro richiamano la moltitudine delle schiere celesti. Le creature angeliche con gli occhi e le mani rivolte al cielo giubilando cantano incessantemente le lodi di Dio: « Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama »(Lc 2, 14). La parte centrale: « Il piano della Salvezza » Come il « Manuale dell’Iconografo » del Monaco Dionigi di Furna recita, al centro dell’icona viene rappresentata « una grotta. Dentro, sul lato destro, la madre di Dio; ella posa in una mangiatoia Cristo bambino in fasce ». Maria è distesa su di un tappeto rosso a forma di mandorla, alla destra di Gesù: « alla tua destra sta la regina, in ori di Ofir » (Sal 45,10). Il Bambino viene deposto da Maria sulla mangiatoia e sembra che questi esca dalla grotta, probabilmente illustrazione della quarta Ode del Canone della Natività: « (…) Il Bambino è uscito dalla montagna (che è) la Vergine, il Verbo per la restaurazione degli uomini ». L’oscurità della grotta simboleggia l’inferno che tenta di ingoiare il Bambino, si tratta della stessa cavità posta sotto Gesù nelle Icone della resurrezione. « Egli è entrato nelle fauci dell’inferno e come Giona nel ventre del cetaceo ha soggiornato tra i morti, non perchè vinto, ma per recuperare, quale novello Adamo, la dramma perduta: il genere umano. I cieli si inchinano fin nel profondo dell’abisso, nelle profonde tenebre del peccato. Fiaccola portatrice di luce, la carne di Dio, sottoterra dissipa le tenebre dell’inferno. La Luce risplende fra le tenebre, ma le tenebre non l’hanno vista » (Origene, Commentario su San Giovanni). Gesù è avvolto in un bendaggio a fasce incrociate ed intrecciate che rievoca quello di Lazzaro, divenendo l’anticipazione della propria morte. La forma stessa della mangiatoia, che ricorda molto da vicino un sarcofago, è un richiamo alla morte del Cristo. La condanna cui Eva ed il genere umano assieme a lei furono sottoposti, fu quella di partorire figli destinati alla morte. Anche Maria a sua volta partorisce Gesù, che come vero uomo, è anche Egli destinato alla morte, viene quindi deposto in un sepolcro. Attorno alla mangiatoia il bue e l’asino, avverarsi della profezia di Isaia: « Udite, cieli; ascolta, terra, perché il Signore dice: « Ho allevato e fatto crescere figli, ma essi si sono ribellati contro di me. Il bue conosce il proprietario e l’asino la greppia del padrone, ma Israele non conosce e il mio popolo non comprende »(Is. 1,2-3). E nello pseudo Matteo: « Si adempì allora quanto era stato detto dal profeta Abacuc, con le parole: ‘Ti farai conoscere in mezzo a due animali’. » Secondo Gregorio di Nissa, Gregorio di Nazianzo e Ambrogio di Milano, il bue rappresenta il popolo giudeo, l’asino i gentili. Leone Magno rafforza questo parallelismo intravedendolo anche nel binomio Magi-Gentili, Pastori-Giudei. Sul lato destro dell’icona tre pastori. « Accorrano i pastori per vedere il Pastore che è nato dalla Vergine Agnella. »(Proclo di Costantinopoli, Omelia IV in Nativitate Domini). Essi risalgono quella solida roccia cui nell’ultimo giorno affluiranno tutte le genti (cf. Is 2,2). Durante la salita contemplano quella grotta le cui tenebre sono rischiarate dalla Luce perchè « la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. »(Gv 1,5). La grotta « era piena di luce più bella del bagliore delle lucerne e delle candele, e più splendente della luce del sole. »(Vangelo arabo dell’Infanzia). Si legge ancora nello pseudo-Matteo « (l’angelo) comandò poi alla beata Maria di scendere dall’animale e di entrare in una grotta sotto una caverna nella quale non entrava mai la luce ma c’erano sempre tenebre, non potendo ricevere la luce del giorno. Allorché la beata Maria entrò in essa, tutta si illuminò di splendore quasi fosse l’ora sesta del giorno. La luce divina illuminò la grotta in modo tale che né di giorno né di notte, fino a quando vi rimase la beata Maria, la luce non mancò. » Parte bassa: la natura terrena ed umana In basso due donne accudiscono il Bambino lavandolo. L’origine di questo modulo è da ricercarsi nella tradizione ellenistica, prima che nei testi apocrifi. L’intenzione dell’iconografo è quella di voler pienamente rappresentare l’umanità reale e non apparente di Cristo, ricorrendo ad un atto ordinario ed assolutamente umano: « (…) pur continuando a considerare immutabile la natura divina, dice che essa si è estremamente mutata per accondiscendere alla nostra debolezza e ha assunto la somiglianza della nostra natura »(San Gregorio di Nissa). Il bagno di Gesù è allo stesso tempo prefigurazione del battesimo (Teofania) e della Sua sepoltura; il Bambino viene immerso totalmente nell’acqua, proprio come nelle Icone del Battesimo ove il Cristo appare sepolto dal liquido. Circa l’identità delle due donne, il proto vangelo di Giacomo, al capitolo 19, fornisce un racconto abbastanza dettagliato. La scena del bagno, nell’icona, è probabilmente ispirata ad una nota omelia attribuita al Patriarca Teofilo di Alessandria, che molto suggestionò gli animi durante tutto il medioevo. Teofilo narra di una visione avuta da lui stesso, in cui è la stessa Vergine a parlare: “Salimmo per il monte a questa casa deserta e vi entrammo, (…) trovammo un pozzo d’acqua perché potessi lavare mio figlio e lo condussi presso il pozzo (…). Entrammo nell’interno della casa e ci sedemmo, io e Giuseppe e Salomè e il mio figlio diletto. Salomè si aggirò e trovò così un bacino ed un olla, come se fossero stati preparati per noi. Era sempre Salomè che lavava mio figlio, mentre io gli davo il latte.” In basso, nell’angolo opposto, San Giuseppe siede pensoso, egli volge le spalle alla scena della natività affermando ancora una volta che la nascita di Gesù è un fenomeno totalmente soprannaturale, biologicamente a lui estraneo. E’ tradizione ormai consolidata nel modulo iconografico della Natività rappresentare Giuseppe fuori dalla grotta ed impegnato in un dialogo con un pastore vestito di pelli, che alcuni identificano in Tirso, nome che richiama il bastone utilizzato dalle baccanti nelle processioni dedicate al culto pagano di Bacco. Si vuole in questo modo creare un parallelo con la tradizione misterico-esoterica pagana ed il razionalismo sterile e demoniaco di chi pretende di umanizzare ciò che è divino, illudendosi di poter comprendere e gestire l’intero creato, mettendo così se stesso al centro dell’universo e sostituendosi a Dio. La composizione fortemente simmetrica dell’Icona, fa intuire una certa rilevanza lasciata al valore simbolico dei numeri 1, 2, 3. Considerando la linea mediana dell’icona e quindi il capo della vergine come centro dell’icona, è facile osservare che sul lato sinistro ci sono tre angeli e tre pastori; a destra un Angelo e un pastore; in basso due donne e due uomini. Ancora in basso, considerando come punto di simmetria l’albero posto fra San Giuseppe e l’ancella che accudisce al lavacro di Gesù, risulta evidente il contrasto fra il Dio fattosi uomo e il bastone di Tirso-Satana. La figura di Maria domina il centro esatto dell’icona, ella dolcemente accudisce il Figlio ed attira la nostra attenzione coinvolgendoci in un momento di intensa intimità. Sostando in silenzio, contemplando la gioia di Maria sembra quasi di udire le Sue parole: « Abbandonatevi a Dio. Dite a tutte le donne che hanno paura di avere figli che più figli avranno, meglio sarà! Dovrebbero piuttosto temere a non averne! Tutto ciò che fate e tutto ciò che possedete, datelo a Dio, affinché Lui possa regnare nella vostra vita come Re di tutto. Non abbiate paura, perché io sono con voi anche quando pensate che non esiste via d’uscita e che satana regna. Prego per tutti voi affinché nasca la gioia nei vostri cuori e perché anche voi nella gioia portiate la gioia che oggi io ho. Vi benedico con la benedizione della gioia, affinché Dio sia tutto per voi nella vita. Solo così il Signore potrà guidarvi attraverso me nelle profondità della vita spirituale. »