Archive pour la catégorie 'liturgia'

Prima e seconda lettura di oggi, dall’Ufficio delle Letture

Prima e seconda lettura dall’Ufficio delle Letture (Liturgia delle ore), dal sito:  http://www.maranatha.it/Ore/solenfeste/1227letPage.htm 

Prima Lettura
Dalla prima lettera di san Giovanni, apostolo 1, 1 – 2, 3

Il Verbo della vita e la luce di Dio
Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita (poiché la vita si è fatta visibile, noi l’abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi), quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia perfetta.
Questo è il messaggio che abbiamo udito da lui e che ora vi annunziamo: Dio è luce e in lui non ci sono tenebre. Se diciamo che siamo in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, mentiamo e non mettiamo in pratica la verità. Ma se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato.
Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se riconosciamo i nostri peccati, egli che è fedele e giusto ci perdonerà i peccati e ci purificherà da ogni colpa. Se diciamo che non abbiamo peccato, facciamo di lui un bugiardo e la sua parola non è in noi.
Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo giusto.
Egli è vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo.
Da questo sappiamo d’averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. 

Seconda Lettura
Dai «Trattati sulla prima Lettera di Giovanni» di sant’Agostino, vescovo
(Tratt. 1, 1. 3; Pl 35, 1978. 1980)

La Vita si è manifestata nella carne 

«Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi e ciò che le nostre mani hanno toccato del Verbo della vita» (cfr. 1 Gv 1, 1). Chi è che tocca con le mani il Verbo, se non perché «il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi?» (cfr. Gv 1, 14).
Il Verbo che si è fatto carne, per poter essere toccato con mano, cominciò ad essere carne dalla Vergine Maria; ma non cominciò allora ad essere Verbo, perché è detto: «Ciò che era fin da principio». Vedete se la lettera di Giovanni non conferma il suo vangelo, dove ora avete udito: «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio» (Gv 1, 1).
Forse qualcuno prende l’espressione «Verbo della vita» come se fosse riferita a Cristo, ma non al corpo di Cristo toccato con mano. Ma fate attenzione a quel che si aggiunge: «La Vita si è fatta visibile» (1 Gv 1, 2). E’ Cristo dunque il Verbo della vita.
E come si è fatta visibile? Esisteva fin dal principio, ma non si era ancora manifestata agli uomini; si era manifestata agli angeli ed era come loro cibo. Ma cosa dice la Scrittura? «L’uomo mangiò il pane degli angeli» (Sal 77, 25).
Dunque la vita stessa si è resa visibile nella carne; si è manifestata perché la cosa che può essere visibile solo al cuore diventasse visibile anche agli occhi e risanasse i cuori. Solo con il cuore infatti può essere visto il Verbo, la carne invece anche con gli occhi del corpo. Si verificava dunque anche la condizione per vedere il Verbo: il Verbo si è fatto carne, perché la potessimo vedere e fosse risanato in noi ciò che ci rende possibile vedere il Verbo.
Disse: «Noi rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile» (1 Gv 1, 2), ossia, si è resa visibile fra di noi; o meglio, si è manifestata a noi.
«Quello dunque che abbiamo veduto e udito, lo annunziamo anche a voi» (1 Gv 1, 3). Comprenda bene il vostro amore: «Quello che abbiamo veduto e udito, lo annunziamo anche a voi». Essi videro il Signore stesso presente nella carne e ascoltarono le parole dalla bocca del Signore e lo annunziarono a noi. Anche noi perciò abbiamo udito, ma non abbiamo visto.
Siamo dunque meno fortunati di coloro che hanno visto e udito? E come mai allora aggiunge: «Perché anche voi siate in comunione con noi»? (1 Gv 1, 3). Essi hanno visto, noi no eppure siamo in comunione, perché abbiamo una fede comune.
«La nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la vostra gioia sia perfetta» (cfr. 1 Gv. 1, 3-4). Afferma la pienezza della gioia nella stessa comunione, nello stesso amore, nella stessa unità. 

Publié dans:liturgia |on 27 décembre, 2007 |Pas de commentaires »

2 Novembre – Commemorazione di tuti i fedeli defunti

dal sito:

http://www.santiebeati.it/dettaglio/20550 

Commemorazione di tutti i fedeli defunti 

2 novembre 

Fino a quando il Signore Gesù verrà nella gloria, e distrutta la morte gli saranno sottomesse tutte le cose, alcuni suoi discepoli sono pellegrini sulla terra, altri che sono passati da questa vita stanno purificandosi, altri infine godono della gloria contemplando Dio. Tutti però comunichiamo nella stessa carità di Dio. L’unione quindi di coloro che sono in cammino con i fratelli morti non è minimamente spezzata, anzi è conservata dalla comunione dei beni spirituali. La Chiesa fin dai primi tempi ha coltivato con grande pietà la la memoria dei defunti e ha offerto per loro i suoi suffragi. Nei riti funebri la chiesa celebra con fede il mistero pasquale, nella certezza che quanti sono diventati con il Battesimo membri del Cristo crocifisso e risorto, attraverso la morte, passano con lui alla vita senza fine. Si iniziò a celebrare la Commemorazione di tutti i fedeli defunti, anche a Roma, dal sec. XIV. (Mess. Rom.) 

E’ presente nel Martirologio Romano. Commemorazione di tutti i fedeli defunti, nella quale la santa Madre Chiesa, già sollecita nel celebrare con le dovute lodi tutti i suoi figli che si allietano in cielo, si dà cura di intercedere presso Dio per le anime di tutti coloro che ci hanno preceduti nel segno della fede e si sono addormentati nella speranza della resurrezione e per tutti coloro di cui, dall’inizio del mondo, solo Dio ha conosciuto la fede, perché purificati da ogni macchia di peccato, entrati nella comunione della vita celeste, godano della visione della beatitudine eterna. 

A quanti sono morti « nel segno della fede » la Chiesa riserva un posto importante nella liturgia: vi è il ricordo quotidiano nella Messa, con il « memento » dei morti, e nell’Ufficio divino con la breve preghiera « Fidelium animae », e vi è soprattutto la celebrazione odierna nella quale ogni sacerdote può celebrare tre Messe in suffragio delle anime dei defunti. La commemorazione dei defunti, dovuta all’iniziativa dell’abate di Cluny, S. Odilone, nel 998, non era del tutto nuova nella Chiesa, poiché, ovunque si celebrava la festa di tutti i Santi, il giorno successivo era dedicato alla memoria di tutti i defunti. Ma il fatto che un migliaio di monasteri benedettini dipendessero da Cluny ha favorito l’ampio diffondersi della commemorazione in molte parti dell’Europa settentrionale. Poi anche a Roma, nel 1311, venne sancita ufficialmente la memoria dei defunti.
Il privilegio delle tre Messe al 2 novembre, accordato alla sola Spagna nel 1748, fu esteso alla Chiesa universale da Benedetto XV nel 1915. Si è voluta così sottolineare una grande verità, che ha il suo fondamento nella Rivelazione: l’esistenza della Chiesa della purificazione, posta in uno stato intermedio tra la Chiesa trionfante e quella militante. Stato intermedio ma temporaneo, « dove l’umano spirito si purga e di salire al ciel diventa degno », secondo l’efficace immagine dantesca. Nella prima lettera ai Corinti S. Paolo usa l’immagine di un edificio in costruzione. 



Scopo della commemorazione di tutti i defunti in passato era quello di suffragare i morti; di qui le Messe, la novena, l’ottavario, le preghiere al cimitero. Questo scopo naturalmente rimane; ma oggi ne avvertiamo un altro altrettanto urgente: creare nel corso dell’anno un’occasione per pensare religiosamente, cioè con fede e speranza, alla propria morte. Spezzare la congiura del silenzio riguardo a essa.
Quando nasce un uomo, diceva sant’Agostino, si possono fare tutte le ipotesi: forse sarà bello, forse sarà brutto; forse sarà ricco, forse sarà povero, forse vivrà a lungo, forse no. Ma di nessuno si dice: forse morirà, forse non morirà. Questa è l’unica cosa assolutamente certa della vita. Quando sentiamo che qualcuno è malato di idropisia (al tempo del santo, questa era la malattia incurabile), diciamo: « Poveretto, deve morire; è condannato, non c’è rimedio! « . Ma non dovremmo, aggiunge, dire la stessa cosa di ogni uomo che nasce: « Poveretto, deve morire, non c’è rimedio »? Un poeta spagnolo dell’Ottocento, Gustavo Bécquer, paragona la vita umana all’onda che il vento spinge sul mare e che avanza vorticosamente senza sapere su quale spiaggia andrà a infrangersi; a una candela prossima a esaurirsi, che brilla in cerchi tremolanti, ignorando quale di essi per ultimo brillerà; e conclude: « Così sono io che mi aggiro per il mondo, senza pensare, da dove vengo, né dove i miei passi mi condurranno ».

Questa percezione mesta, a volte tragica, della morte è comune a tutti, credenti e non, ma la fede cristiana ha una parola nuova e risolutiva, che oggi dovrebbe risuonare nella Chiesa e nei cuori, una cosa semplice e grandiosa: che la morte c’è, che è il più grande dei nostri problemi, ma che Cristo ha vinto la morte! La morte non è più la stessa di prima, un fatto decisivo è intervenuto. Essa ha perso il suo pungiglione, come un serpente il cui veleno è capace solo di addormentare la vittima per qualche ora, ma non di ucciderla. « La morte è stata ingoiata per la vittoria. Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione? » (1Cor 15,55).
Il cristianesimo non si fa strada nelle coscienze con la paura della morte, ma con la morte di Cristo. Gesù è venuto a liberare gli uomini dalla paura della morte (cfr. Eb 12,14), non ad accrescerla. Ai cristiani angustiati per la morte di alcuni cari, san Paolo scriveva: « Fratelli, non vogliamo lasciarvi nell’ignoranza circa quelli che sono morti, perché non continuiate ad affliggervi come gli altri che non hanno speranza. Noi crediamo infatti che Gesù è morto e risuscitato; così anche quelli che sono morti, Dio li radunerà per mezzo di Gesù insieme con lui… Confortatevi, dunque, a vicenda con queste parole » (1Tes 4,13ss).
Ma come ha vinto la morte Gesù? Non evitandola o ricacciandola indietro, come un nemico da sbaragliare. Ma subendola, assaporandone tutta l’amarezza. Non abbiamo davvero un sommo sacerdote che non sappia compatire la nostra paura della morte! Tre volte nei vangeli si legge che Gesù pianse e, di queste, due furono per un morto. Nel Getsemani egli ha provato, come noi, “paura e angoscia” di fronte alla morte.

Che cosa è successo, una volta che Gesù ha varcato la soglia della morte? L’uomo mortale nascondeva dentro di sé il Verbo di Dio, che non può morire. Una breccia è stata aperta per sempre attraverso il muro della morte. Grazie a Cristo, la morte non è più un muro davanti al quale tutto si infrange; è un passaggio, cioè una Pasqua. È una specie di “ponte dei sospiri”, attraverso il quale si entra nella vita vera, quella che non conosce la morte. Confortiamoci a vicenda, anche noi, con queste parole. 


Autore:
Domenico Agasso 

 

 

 

Publié dans:liturgia |on 1 novembre, 2007 |Pas de commentaires »

seconda lettura dell’Ufficio delle letture di oggi 10.9.07

seconda lettura dell’Ufficio delle letture di oggi, dal sito: 

 

http://www.maranatha.it/Ore/ord/LetLun/23LUNpage.htm

 

Seconda Lettura
Dal «Discorso sulle beatitudini» di san Leone Magno, papa
(Disc. 95, 8-9; PL 54, 465-466)

Grande pace per chi ama la legge di Dio

È giusto che la beatitudine della visione di Dio venga promessa ai puri di cuore. L’occhio ottenebrato infatti non potrebbe sostenere lo splendore della vera luce: ciò che formerà la delizia per le anime pure, sarà causa di tormento per quelle macchiate dal peccato. Evitiamo dunque l’oscura caligine delle vanità terrene, e gli occhi dell’anima si lavino da ogni sozzura di peccato, perché il nostro sguardo limpido possa pascersi della sublime visione di Dio.
Proprio perché ci adoperassimo a meritare questa visione il Signore disse: «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9). Questa beatitudine, fratelli, non si riferisce ad una qualsiasi intesa o accordo, ma a quello di cui parla l’Apostolo: Abbiate pace con Dio (cfr. Rm 5,1), e di cui il profeta dice: «Grande pace per chi ama la tua legge, nel suo cammino non trova inciampo» (Sal 118,165).
Non possono pretendere di possedere questa pace né i vincoli più stretti di amicizia, né la somiglianza più perfetta di carattere se non sono in armonia con la volontà di Dio. Fuori di questa sublime pace troviamo soltanto connivenze e associazioni a delinquere, alleanze malvage e i patti del vizio.
L’amore del mondo empio non si concilia con quello di Dio. Colui che non si distacca dalla generazione secondo la carne non arriva a far parte della comunità dei figli di Dio. Coloro invece che hanno la mente fissa in Dio, «cercando di conservare l’unità dello spirito, per mezzo del vincolo della pace» (Ef 4,3), non si discostano mai dalla legge eterna. Essi dicono con sincera fede la preghiera: «Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra» (Mt 6,10).
Questi sono gli operatori di pace, questi sono veramente unanimi e santamente concordi, degni di essere chiamati in eterno figli di Dio e coeredi di Cristo (Rm 8,17). Infatti l’amore di Dio e l’amore del prossimo li renderà meritevoli del grande premio. Non sentiranno più nessuna avversità, non temeranno più ostacoli o insidie, ma, terminata la lotta e tutte le tribolazioni, riposeranno nella più tranquilla pace di Dio. Per il Signore nostro, che con il Padre e lo Spirito Santo vive e regna per tutti i secoli dei secoli. Amen.
 

Publié dans:liturgia |on 10 septembre, 2007 |Pas de commentaires »

da: In Cammino verso Gesù Cristo (stralcio)

 

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(foto di Papa Benedetto su legno che comperai subito dopo l’elezione, non ha ancora lo stemma)

Papa Benedetto XVI/ Joseph Ratzinger

da In Cammino verso Gesù Cristo, San Paolo Ed. 2004, 56.57,

La decisione per Dio è una decisione del pensiero  insieme della vita: le due realtà si richiamano a vicenda: Questo nesso lo descrive con drammaticamente Agostino nella storia dell propria conversione, laddove parla delle ingannevoli forme di vita di un’esistenza totalmente orientata alla materialità…Agostino riferisce come egli, per così dire, si fosse nascosto dietro le proprie spalle, e come Dio attraverso la parola dell’amico lo abbia tratto fuori da quel nascondiglio, cosicché egli potesse guardarsi in volto1

Perciò la Chiesa antica considerava il camino verso la fede precisamente come un tragitto intellettivo, nel quale l’uomo si confronta con la « dottrina della verità » ed i suoi argomenti, ma si trova anche inserito in una nuova comunità dove sono per lui possibili nuove esperienze e intime speranze.

…per conoscere Cristo è necessaria la sequela. Soltanto allora si può sperimentare dove egli abita. La domanda « Dove abiti? » (Tu chi sei?), riceve sempre la medesima risposta: « Venite e vedrete » (Gv 1,38ss)

1 cfr. Confessiones VIII 5,12 e VIII 7,16

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METTO IL LINK AL SITO “EAQ” TROVERETE LE LETTURE DEL GIORNO, IL COMMENTO ALLE LETTURE E, VOLENDO, POTETE SCORRERE E LEGGERE LE LETTURE DEI GIORNI PRECEDENTI E QUELLI SUCCESSIVI A QUELLO DEL GIORNO IN CORSO, TROVERETE LA VERSIONE FRANCESE, A DESTRA C’È IL COLLEGAMENTO ALLE VERSIONI IN ALTRE LINGUE COMPRESO L’ITALIANO:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php

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vangelo dai siti: 

http://levangileauquotidien.org/ 

http://www.maranatha.it/

ENCICLICA « LAUDATO SII » DEL SANTO PADRE FRANCESCO:

http://w2.vatican.va/content/francesco/it/encyclicals/documents/papa-francesco_20150524_enciclica-laudato-si.html

 

 

Commemorazione in Vaticano dei protomartiri romani

dal sito:

http://www.zenit.org/article-11351?l=italian

Commemorazione in Vaticano dei protomartiri romani

 

 CITTA’ DEL VATICANO, giovedì, 5 luglio 2007 (ZENIT.org).- Anche quest’anno, sabato 30 giugno,
la Pontificia Accademia Culturom Martyrum ha organizzato in Vaticano la commemorazione dei santi protomartiri della Chiesa romana, con una celebrazione eucaristica e una processione con il Santissimo.

La tradizionale cerimonia si è tenuta nella Piazza dei Protomartiri Romani all’interno della Città del Vaticano, che sicure fonti storiche indicano come il circo ideato da Caio Caligola, successivamene detto “neroniano”, al cui centro è ubicata Santa Maria in Camposanto Teutonico, l’antica schola francorum fondata da Carlo Magno.

Il Collegium Cultorum Martyrum fu fondato il 2 febbraio 1879 da M. Armellini, A. Hytreck, O. Marucchi ed E. Stevenson, insigni studiosi di antichità sacra, con lo scopo di promuovere il culto dei santi martiri e di incrementare e approfondire l’esatta storia dei testimoni della fede e dei monumenti ad essi collegati, fin dai primi secoli del cristianesimo.
Già nel 1904, il Collegium Cultorum Martyrum, divenuto sotto Giovanni Paolo II una Pontificia Accademia, iniziò a venerare liturgicamente i protomartiri romani che l’imperatore Nerone fece perseguitare e suppliziare ferocemente, con l’accusa di aver appiccato l’incendio a Roma nel luglio 64.

A eterna memoria di questa persecuzione, una lapide posta a ridosso del muro esterno di Santa Maria in Camposanto Teutonico ricorda che “questo suolo già villa e circo di Nerone oggi faro di luce nel mondo conquistarono con il sangue Duce l’Apostolo Pietro i primi martiri romani ascesi di qui moltitudine ingente per offrire a Cristo le palme del nuovo trionfo”.

Il rito è iniziato con la concelebrazione eucaristica, presieduta dall’Arcivescovo Angelo Comastri, Vicario Generale di Sua Santità per
la Città del Vaticano.

Terminata
la Santa Messa l’Arcivescovo, assistito da monsignor Pasquale Iacobone, Sacerdos della Pontificia Accademia, ha iniziato la processione con il SS. Sacramento che si è conclusa con la benedizione.

La Banda Pontificia ha curato l’esecuzione dei brani musicali, mentre quelli canori sono stati proposti dalla Corale di Sant’Anna diretta da don Gaetano Civitillo. 

 

 

Publié dans:liturgia, testimonianze |on 6 juillet, 2007 |Pas de commentaires »

29 GIUGNO – SANTI PIETRO E PAOLO, APOSTOLI (s) – SECONDI VESPRI

dal sito « Maranathà 

29 GIUGNO
SANTI PIETRO E PAOLO, APOSTOLI (s)

SECONDI VESPRI 


V. O Dio, vieni a salvarmi.
R. Signore, vieni presto in mio aiuto.

Gloria al Padre e al Figlio
e allo Spirito Santo.
Come era nel principio, e ora e sempre
nei secoli dei secoli. Amen. Alleluia.

Inno
Esulti di gioia il cielo,
risuoni sulla terra
la lode degli apostoli.

Voi giudici del mondo,
araldi del Vangelo,
udite la preghiera.

Voi che aprite e chiudete
le porte della vita,
spezzate i nostri vincoli.

A un cenno vi obbediscono
le potenze del male:
rinnovate i prodigi.

Quando verrà il Signore
alla fine dei tempi,
ci unisca nella gloria.

Sia lode al Padre e al Figlio
e allo Spirito Santo
nei secoli dei secoli. Amen.

1^ Antifona
Ho pregato per te, Simon Pietro,
che non venga meno la tua fede;
e tu, superata la prova,
conferma i tuoi fratelli.

SALMO 115  
Ho creduto anche quando dicevo: *
«Sono troppo infelice». 
Ho detto con sgomento: *
«Ogni uomo è inganno». 

Che cosa renderò al Signore *
per quanto mi ha dato? 
Alzerò il calice della salvezza *
e invocherò il nome del Signore. 

Adempirò i miei voti al Signore, *
davanti a tutto il suo popolo. 
Preziosa agli occhi del Signore *
è la morte dei suoi fedeli. 

Sì, io sono il tuo servo, Signore, †
io sono tuo servo, figlio della tua ancella; *
hai spezzato le mie catene. 

A te offrirò sacrifici di lode *
e invocherò il nome del Signore. 

Adempirò i miei voti al Signore *
davanti a tutto il suo popolo, 
negli atri della casa del Signore, *
in mezzo a te, Gerusalemme.

Gloria al Padre e al Figlio *
e allo Spirito Santo. 
Come era nel principio, e ora e sempre, *
nei secoli dei secoli. Amen.

1^ Antifona
Ho pregato per te, Simon Pietro,
che non venga meno la tua fede;
e tu, superata la prova,
conferma i tuoi fratelli.

2^ Antifona
Mi glorio della mia debolezza,
perché abiti in me la potenza di Cristo.

SALMO 125  
Quando il Signore ricondusse i prigionieri di Sion, *
ci sembrava di sognare. 
Allora la nostra bocca si aprì al sorriso, *
la nostra lingua si sciolse in canti di gioia.

Allora si diceva tra i popoli: *
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro». 
Grandi cose ha fatto il Signore per noi, *
ci ha colmati di gioia. 

Riconduci, Signore, i nostri prigionieri, *
come i torrenti del Negheb. 
Chi semina nelle lacrime *
mieterà con giubilo. 

Nell’andare, se ne va e piange, *
portando la semente da gettare, 
ma nel tornare, viene con giubilo, *
portando i suoi covoni.


Gloria al Padre e al Figlio *
e allo Spirito Santo. 
Come era nel principio, e ora e sempre, *
nei secoli dei secoli. Amen.

2^ Antifona
Mi glorio della mia debolezza,
perché abiti in me la potenza di Cristo.

3^ Antifona
Tu sei pastore del gregge di Cristo,
e primo degli apostoli:
a te sono affidate le chiavi del regno.

CANTICO Ef 1, 3-10 
Benedetto sia Dio, 
Padre del Signore nostro Gesù Cristo, *
che ci ha benedetti 
con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo. 

In lui ci ha scelti *
prima della creazione del mondo,
per trovarci, al suo cospetto, *
santi e immacolati nell’amore. 

Ci ha predestinati *
a essere suoi figli adottivi 
per opera di Gesù Cristo, *
secondo il beneplacito del suo volere, 

a lode e gloria 
della sua grazia, *
che ci ha dato 
nel suo Figlio diletto.

In lui abbiamo la redenzione 
mediante il suo sangue, *  
la remissione dei peccati 
secondo la ricchezza della sua grazia. 

Dio l’ha abbondantemente riversata su di noi 
con ogni sapienza e intelligenza, *
poiché egli ci ha fatto conoscere 
il mistero del suo volere, 

il disegno di ricapitolare in Cristo 
tutte le cose, *
quelle del cielo 
come quelle della terra.

Nella sua benevolenza
lo aveva in lui prestabilito *
per realizzarlo
nella pienezza dei tempi.

Gloria al Padre e al Figlio *
e allo Spirito Santo. 
Come era nel principio, e ora e sempre, *
nei secoli dei secoli. Amen.

3^ Antifona
Tu sei pastore del gregge di Cristo,
e primo degli apostoli:
a te sono affidate le chiavi del regno.

Lettura breve 
1 Cor 15, 3-5. 8
Vi ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. Ultimo fra tutti apparve anche a me.

Responsorio Breve
R. Con grande franchezza * annunziarono la parola di Dio.
Con grande franchezza annunziarono la parola di Dio.
V. Testimoni della risurrezione di Cristo,
annunziarono la parola di Dio.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Con grande franchezza annunziarono la parola di Dio.

Antifona al Magnificat
Pietro, il primo degli apostoli,
e Paolo, il maestro dei pagani,
ci insegnano, Signore, la tua legge.

CANTICO DELLA BEATA VERGINE (Lc 1, 46-55)

Esultanza dell’anima nel Signore

L’anima mia magnifica il Signore *
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,

perché ha guardato l’umiltà della sua serva. *
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente *
e Santo è il suo nome:

di generazione in generazione la sua misericordia *
si stende su quelli che lo temono.

Ha spiegato la potenza del suo braccio, *
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;

ha rovesciato i potenti dai troni, *
ha innalzato gli umili;

ha ricolmato di beni gli affamati, *
ha rimandato i ricchi a mani vuote.

Ha soccorso Israele, suo servo, *
ricordandosi della sua misericordia,

come aveva promesso ai nostri padri, *
ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre.

Gloria al Padre e al Figlio *
e allo Spirito Santo.

Come era nel principio, e ora e sempre *
nei secoli dei secoli. Amen.

Antifona al Magnificat
Pietro, il primo degli apostoli,
e Paolo, il maestro dei pagani,
ci insegnano, Signore, la tua legge.

Intercessioni

Rivolgiamo la nostra preghiera umile e fiduciosa al Cristo Signore, che ha fondato la sua Chiesa sul fondamento degli apostoli e dei profeti:
Assisti il tuo popolo, Signore.

Hai chiamato Simone il pescatore, perché divenisse pescatore di uomini,
- non cessare di scegliere operai del Vangelo, perché siano salve tutte le genti.

Hai placato il lago in tempesta, perché i tuoi discepoli non fossero sommersi,
- difendi la tua Chiesa dagli errori e dalle inquietudini che sconvolgono la faccia della terra.

Dopo la risurrezione hai radunato i discepoli intorno a Pietro,
- proteggi il nostro papa Benedetto XVI e raccogli il tuo popolo nell’unità e nella pace.

Hai mandato l’apostolo Paolo ad annunziare il Vangelo ai pagani,
- fa’ che la parola di salvezza sia predicata ad ogni creatura.

Hai affidato all’apostolo Pietro le chiavi del tuo regno,
- apri le porte del cielo a coloro che in vita si sono affidati alla tua misericordia.

Padre nostro.
Padre nostro, che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
 
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male.

Orazione
O Dio, che ci allieti con la solenne celebrazione dei santi Pietro e Paolo, fa’ che la tua Chiesa segua sempre l’insegnamento degli apostoli dai quali ha ricevuto il primo annunzio della fede. Per il nostro Signore.

Il Signore ci benedica, ci preservi da ogni male e ci conduca alla vita eterna.
R. Amen.
 

 

Publié dans:liturgia |on 29 juin, 2007 |Pas de commentaires »

Papa Paolo VI – Il Credo del popolo di Dio

dal sito Maranathà :

http://www.maranatha.it/Pensieri/PaoloVIPage.htm

Papa Paolo VI 

Il Credo del popolo di Dio 

 Il testo della Professione di Fede che Paolo VI pronunciò il 30 giugno 1968,  al termine dell’Anno Anno della fede  indetto per il XIX centenario del martirio degli apostoli Pietro e Paolo a Roma   Professione di Fede    Noi crediamo in un solo Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, creatore delle cose visibili, come questo mondo ove trascorre la nostra vita fuggevole, delle cose invisibili quali sono i puri spiriti, chiamati altresì angeli (1), e Creatore in ciascun uomo dell’anima spirituale e immortale.  

Noi crediamo che questo unico Dio è assolutamente uno nella sua essenza infinitamente santa come in tutte le sue perfezioni, nella sua onnipotenza, nella sua scienza infinita, nella sua provvidenza, nella sua volontà e nel suo amore. Egli è Colui che è, come Egli stesso lo ha rivelato a Mosè (2); ed Egli è Amore, come ce lo insegna l’Apostolo Giovanni (3): cosicché questi due nomi, Essere e Amore, esprimono ineffabilmente la stessa realtà divina di Colui che ha voluto darsi a conoscere a noi, e che “abitando in una luce inaccessibile” (4) è in Se stesso al di sopra di ogni nome, di tutte le cose e di ogni intelligenza creata. Dio solo può darci la conoscenza giusta e piena di Se stesso, rivelandosi come Padre, Figlio e Spirito Santo, alla cui eterna vita noi siamo chiamati per grazia di Lui a partecipare, quaggiù nell’oscurità della fede e, oltre la morte, nella luce perpetua, l’eterna vita.  I mutui vincoli, che costituiscono eternamente le tre Persone, le quali sono ciascuna l’unico e identico Essere divino, sono la beata vita intima di Dio tre volte santo, infinitamente al di là di tutto ciò che noi possiamo concepire secondo l’umana misura (5).       Intanto rendiamo grazie alla Bontà divina per il fatto che moltissimi credenti possono attestare con noi, davanti agli uomini, l’Unità di Dio, pur non conoscendo il mistero della Santissima Trinità.   Noi dunque crediamo al Padre che genera eternamente il Figlio; al Figlio, Verbo di Dio, che è eternamente generato; allo Spirito Santo, Persona increata che procede dal Padre e dal Figlio come loro eterno Amore. In tal modo, nelle tre Persone divine, coaeternae sibi et coaequales (6), sovrabbondano e si consumano, nella sovreccellenza e nella gloria proprie dell’Essere increato, la vita e la beatitudine di Dio perfettamente uno; e sempre « deve essere venerata l’Unità nella Trinità e la Trinità nell’Unità » (7).   

Noi crediamo in Nostro Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio. Egli è il Verbo eterno, nato dal Padre prima di tutti i secoli, e al Padre consustanziale, homoousios to Patri (8), e per mezzo di Lui tutto è stato fatto. Egli si è incarnato per opera dello Spirito nel seno della Vergine Maria, e si è fatto uomo: eguale , pertanto al Padre secondo la divinità, e inferiore al Padre secondo l’umanità, ed Egli stesso uno, non per una qualche impossibile confusione delle nature, ma per l’unità della persona (9).   Egli ha dimorato in mezzo a noi, pieno di grazia e di verità. Egli ha annunciato e instaurato il Regno di Dio, e in Se ci ha fatto conoscere il Padre. Egli ci ha dato il suo Comandamento nuovo, di amarci gli altri com’Egli ci ha amato. Ci ha insegnato la via delle Beatitudini del Vangelo: povertà in spirito, mitezza, dolore sopportato nella pazienza, sete della giustizia, misericordia, purezza di cuore, volontà di pace, persecuzione sofferta per la giustizia. Egli ha patito sotto Ponzio Pilato, Agnello di Dio che porta sopra di sé i peccati del mondo, ed è morto per noi sulla Croce, salvandoci col suo Sangue redentore. Egli è stato sepolto e, per suo proprio potere, è risorto nel terzo giorno, elevandoci con la sua Resurrezione alla partecipazione della vita divina, che è la vita della grazia. Egli è salito al Cielo, e verrà nuovamente, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, ciascuno secondo i propri meriti; sicché andranno alla vita eterna coloro che hanno risposto all’Amore e alla Misericordia di Dio, e andranno nel fuoco inestinguibile coloro che fino all’ultimo vi hanno opposto il loro rifiuto.   E il suo Regno non avrà fine,   Noi crediamo nello Spirito Santo, che è Signore e dona la vita; che è adorato e glorificato col Padre e col Figlio. Egli ci ha parlato per mezzo dei profeti, ci è stato inviato da Cristo dopo la sua Resurrezione e la sua Ascensione al Padre; Egli illumina, vivifica, protegge e guida
la Chiesa, ne purifica i membri, purché non si sottraggano alla sua grazia. La sua azione, che penetra nell’intimo dell’anima, rende l’uomo capace di rispondere all’invito di Gesù: « Siate perfetti com’è perfetto il Padre vostro celeste » (10). 
  

Noi crediamo che Maria è
la Madre, rimasta sempre Vergine, del Verbo Incarnato, nostro Dio e Salvatore Gesù Cristo (11), e che, a motivo di questa singolare elezione, Ella, in considerazione dei meriti di suo Figlio, è stata redenta in modo più eminente (12), preservata da ogni macchia del peccato originale (13) e colmata del dono della grazia più che tutte le altre creature (14). 
Associata ai Misteri della Incarnazione e della Redenzione con un vincolo stretto e indissolubile (15),
la Vergine Santissima, l’Immacolata, al termine della sua vita terrena è stata elevata in corpo e anima alla gloria celeste (16) e configurata a suo Figlio risorto, anticipando la sorte futura di tutti i giusti: e noi crediamo che
la Madre Santissima
di Dio, Nuova Eva, Madre della Chiesa (17), continua in Cielo il suo ufficio materno riguardo ai membri di Cristo, cooperando alla nascita e allo sviluppo della vita divina nelle anime dei redenti (18). 
  
Noi crediamo che in Adamo tutti hanno peccato: il che significa che la colpa originale da lui commessa ha fatto cadere la natura umana, comune a tutti gli uomini, in uno stato in cui essa porta le  conseguenze di quella colpa, e che non è più lo stato in cui si trovava all’inizio nei nostri progenitori, costituiti nella santità e nella giustizia, e in cui l’uomo non conosceva né il male né la morte. E’ la natura umana così decaduta spogliata della grazia che la rivestiva, ferita nelle sue proprie forze naturali e sottomessa al dominio della morte, che viene trasmessa a tutti gli uomini; ed è in tal senso che ciascun uomo nasce nel peccato. Noi dunque professiamo, col Concilio di Trento, che il peccato originale viene trasmesso con la natura umana, « non per imitazione, ma per propagazione », e che esso pertanto è « proprio a ciascuno » (19).   Noi crediamo che Nostro Signor Gesù Cristo mediante il Sacrificio della Croce ci ha riscattati dal peccato originale e da tutti i peccati personali commessi da ciascuno di noi, in maniera tale che – secondo la parola dell’Apostolo – “là dove aveva abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia ».   

Noi crediamo in un solo Battesimo istituito da Nostro Signor Gesù Cristo per la remissione dei peccati. Il Battesimo deve essere amministrato anche ai bambini che non hanno ancor potuto rendersi colpevoli di alcun peccato personale, affinché essi  nati privi della grazia soprannaturale, rinascono « dall’acqua e dallo Spirito Santo » alla vita divina in Gesù Cristo (21).   Noi crediamo nella Chiesa una, santa, cattolica e apostolica, edificata da Gesù Cristo sopra questa pietra, che è Pietro. Essa è il Corpo mistico di Cristo insieme società visibile, costituita di organi gerarchici, e comunità spirituale; essa e
la Chiesa terrestre, Popolo di Dio pellegrinante quaggiù, e
la Chiesa, ricolma dei beni celesti; essa è germe e la primizia del Regno di Dio, per mezzo del quale continuano, nella trama della storia umana, l’opera e i dolori della Redenzione, e che aspira al suo compimento perfetto al di là del tempo, nella gloria (22). Nel corso del tempo, il Signore Gesù forma la sua Chiesa mediante i Sacramenti, che emanano dalla sua pienezza (23). E’ con essi che
la Chiesa rende i propri membri partecipi del Mistero della Morte e della Resurrezione di Cristo, nella grazia dello Spirito Santo, che le dona vita e azione (24). Essa è dunque santa, pur comprendendo nel suo seno dei peccatori, giacché essa non possiede altra vita se non quella della grazia: appunto vivendo della sua vita, i suoi membri si santificano, come, sottraendosi alla sua vita, cadono nei peccati e nei disordini, che impediscono l’irradiazione della sua santità. Perciò
la Chiesa soffre e fa penitenza per tali peccati, da cui peraltro ha il potere di guarire i suoi figli con il Sangue di Cristo e il dono dello Spirito Santo. 
  
Erede delle promesse divine e figlia di Abramo secondo lo spirito, per mezzo di quell’Israele di cui custodisce con amore le Scritture e venera i Patriarchi e i Profeti; fondala sugli Apostoli e trasmettitrice, di secolo in secolo, della loro parola sempre viva e dei loro poteri di Pastori nel Successore di Pietro e nei Vescovi in comunione con lui; costantemente assistita dallo Spirito Santo,
la Chiesa ha la missione di custodire, insegnare, spiegare e diffondere la verità, che Dio ha manifestato in una maniera ancora velata per mezzo dei Profeti e pienamente per mezzo del Signore Gesù. 
  Noi crediamo a tutto ciò che è contenuto nella Parola di Dio, scritta o tramandata, e che
la Chiesa propone a credere comedivinamente

rivelata sia con un giudizio solenne, sia con il magistero ordinario e universale (25). Noi crediamo nell’infallibilità, di cui fruisce il Successore di Pietro, quando insegna ex cathedra come Pastore e Dottore di tutti i fedeli (26), e di cui è dotatoaltresì il Collegio dei vescovi, quando esercita con lui il magistero supremo (27).   Noi crediamo che la Chiesa, che Gesù ha fondato e per la quale ha pregato, e  defettibilmente una nella fede, nel culto e nel vincolo della comunione gerarchica. Nel seno di questa Chiesa, sia la ricca varietà dei riti liturgici, sia la legittima diversità dei patrimoni teologici e spirituali Riconoscendo poi, al di fuori dell’organismo della Chiesa di Cristo, l’esistenza di numerosi elementi di verità e di santificazione che le appartengono in proprio e tendono all’unita cattolica (29), e credendo all’azione dello Spirito Santo che nel cuore dei discepoli di Cristo suscita l’amore per tale unità (30), noi nutriamo la speranza che i cristiani, i quali non sono ancora nella piena comunione con l’unica Chiesa, si riuniranno un giorno in un solo gregge con un solo Pastore.   

Noi crediamo che
la Chiesa è necessaria alla salvezza, perché Cristo, che è il solo mediatore e la sola via di salvezza, si rende presente per noi nel suo Corpo, che é
la Chiesa (31). Ma il disegno divino della salvezza abbraccia tutti gli uomini: e coloro che, senza propria colpa, ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa, ma cercano sinceramente Dio e sotto l’influsso della sua grazia si sforzano di compiere la sua volontà riconosciuta nei dettami della loro coscienza, anch’essi, in un numero che Dio solo conosce, possono conseguire la salvezza (32)
  Noi crediamo che
la Messa, celebrata dal Sacerdote che rappresenta la persona di Cristo in virtù del potere ricevuto nel sacramento dell’Ordine, e da lui offerta nel nome di Cristo e dei membri del suo Corpo mistico, è il Sacrificio del Calvario reso sacramentalmente presente sui nostri altari. Noi crediamo che, come il pane e il vino consacrati dal Signore nell’Ultima Cena sono stati convertiti nel suo Corpo e nel suo Sangue che di lì a poco sarebbero stati offerti per noi sulla Croce, allo stesso modo il pane e il vino consacrati dal sacerdote sono convertiti nel Corpo e nel Sangue di Cristo gloriosamente regnante nel Cielo; e crediamo che la misteriosa presenza del Signore, sotto quello che continua ad apparire come prima ai nostri sensi, è una presenza vera, reale e sostanziale (33). 
  
Pertanto Cristo non può essere presente in questo Sacramento se non mediante la conversione nel suo Corpo della realtà stessa del pane e mediante la conversione nel suo Sangue della realtà stessa del vino, mentre rimangono immutate soltanto le proprietà del pane e del vino percepite dai nostri sensi. Tale conversione misteriosa è chiamata dalla Chiesa, in maniera assai appropriata, transustanziazione. Ogni spiegazione teologica, che tenti di penetrare in qualche modo questo mistero, per essere in accordo con la fede cattolica deve mantenere fermo che nella realtà obiettiva, indipendentemente dal nostro spirito, il pane e il vino ha cessato di  esistere dopo la consacrazione, sicché da quel momento sono il Corpo e il Sangue adorabili del Signore Gesù a essere realmente dinanzi a noi sotto la specie sacramentale del pane e del vino (34), proprio come il Signore ha voluto, per donarsi a noi in nutrimento e per associarci all’unità del suo Corpo mistico (35).  L’unica e indivisibile esistenza del Signore glorioso nel Cielo non è moltiplicata, ma è resa presente dal Sacramento nei numerosi luoghi della terra dove si celebra
la Messa. Dopo il Sacrificio, tale esistenza rimane presente nel Santo Sacramento, che è, nel tabernacolo, il cuore vivente di ciascuna
delle nostre chiese. Ed è per noi un dovere dolcissimo onorare e adorare nell’Ostia santa, che vedono i nostri occhi, il Verbo Incarnato, che essi non possono vedere e che, senza lasciare il Cielo, si è reso presente dinanzi a noi. 
 

Noi confessiamo che il Regno di Dio, cominciato quaggiù nella Chiesa di Cristo, non è di questo mondo, la cui figura passa; e che la sua vera crescita non può essere confusa con il progresso della civiltà, della scienza e della tecnica umane, ma consiste nel conoscere sempre più profondamente le imperscrutabili ricchezze di Cristo, nello sperare sempre più fortemente i beni eterni, nel rispondere sempre più ardentemente all’amore di Dio, e nel dispensare sempre più abbondantemente la grazia e la santità tra gli uomini. Ma è questo stesso amore che porta la Chiesa a preoccuparsi costantemente del vero bene temporale degli uomini. Mentre non cessa di ricordare ai suoi figli che essi non hanno quaggiù stabile dimora, essa li spinge anche a contribuire – ciascuno secondo la propria vocazione e i propri mezzi – al bene della loro città terrena, a promuovere la giustizia, la pace e la fratellanza tra gli uomini, a prodigare il loro aiuto ai propri fratelli, soprattutto ai più poveri e ai più bisognosi. L’intensa sollecitudine della Chiesa, Sposa di Cristo, per le necessità degli uomini, per le loro gioie e le loro speranze, i loro sforzi e i loro travagli, non è quindi altra cosa che il suo grande desiderio di esser loro presente per illuminarli con la luce di Cristo e adunarli tutti in Lui, unico loro Salvatore. Tale sollecitudine non può mai significane che la Chiesa conformi se stessa alle cose di questo mondo, o che diminuisca l’ardore dell’attesa del suo Signore e del Regno eterno.  Noi crediamo nella vita eterna. Noi crediamo che le anime di tutti coloro che muoiono nella grazia di Cristo, sia che debbano ancora esser purificate nel Purgatorio, sia che dal momento in cui lasciano il proprio corpo siano accolte da Gesù in Paradiso, come Egli fece per il Buon Ladrone, costituiscono il Popolo di Dio nell’aldilà della morte, la quale sarà definitivamente sconfitta nel giorno della resurrezione, quando queste anime saranno riunite ai propri corpi.   Noi crediamo che la moltitudine delle anime, che sono riunite intorno a Gesù e a Maria in Paradiso, forma
la Chiesa del Cielo, dove esse nella beatitudine eterna vedono Dio così com’è (36) e dove sono anche associate in diversi gradi, con i santi Angeli al governo divino esercitato da Cristo glorioso, intercedendo per noi e aiutando la nostra debolezza con la loro fraterna sollecitudine (37).
  Noi crediamo alla comunione tra tutti i fedeli di Cristo, di coloro che sono pellegrini su questa terra, dei defunti che compiono  la propria purificazione e dei beati del Cielo, i quali tutti insieme formano una sola Chiesa; noi crediamo che in questacomunione l’amore misericordioso di Dio e dei suoi Santi ascolta costantemente le nostre preghiere, secondo la parola di Gesù:  Chiedete e riceverete(38).  E con la fede e nella speranza, noi attendiamo la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà.  Sia benedetto Dio Santo, Santo, Santo. Amen.  

 NOTE  (1) Cfr. Denzinger-Schónmetzer 3002. 

(2) Cfr. Es 3, 14. (3) Cfr. I Gv 4, 8. (4) Cfr. 1 Tm 616. (5) Cfr. Denzinger-Schónmetzer 804. 

(6) Cfr. Denzinger-Schónmetzer 75. (7) Cfr. Denzinger-Schónmetzer 75. (8) Cfr. Denzinger-Schónmetzer 150. (9) Cfr. Denzinger-Schónmetzer 76. 

      (10)             Cfr. Mi: 5, 48.       (11)              Cfr. Denzinger-Schónmetzer 251-252.       (12)              Cfr. Concilio Vaticano  II, costituzione dogmatica Lumen gentium, 53.       (13)              Cfr. Denzinger-Schónmetzer 2803. 

      (14)              Cfr. Concilio Vaticano  II, costituzione dogmatica Lumen gentium,53.       (15)              Cfr. Concilio Vaticano  II, costituzione dogmatica Lumen gentium, 53,                 58,61.        (16)              Cfr. Denzinger-Schónmetzer 3903. 

      (17)             Cfr. Concilio Vaticano  II, costituzione dogmatica Lumen gentium.                    53, 56,61. 63: cfr. Paolo VI, Allocutio in conclusione III Sessionis Concilii                    Vaticani II, in Acta Apostolicae Sedis 56, 1964, p. 1016; esortazione                   apostolica Signum magnum, Introduzione.       (18)              Cfr. Concilio Vaticano II, costituzione dogmnatica Lumen gentium, 62;                   PaoloVI, esortazione apostolica Signum magnum, p. 1, n. 1.        (19)              Cfr. Denzinger-Schónmetzer 1513.  

      (20)             Cfr. Rm 5, 20. 

(21)   Cfr. Denzinger-Schónmetzer 1514.        (22)             Cfr. Concilio Vaticano  II, costituzione dogmatica Lumen gentium8 e 50.  (23)   Cfr. Concilio Vaticano  II, costituzione dogmatica Lumen gentium, 7, li.        (24)             Cfr. Concilio Vaticano  II, costituzione Sacrosanctum Concilium, 5, 6;                   Concilio Vaticano  II, costituzione dogmatica Lumen gentium, 7,12,50.                  Denzinger-Schónmetzer  (25)   Cfr. Denzinger-Schónmetzer 3011.  (26)   Cfr. Denzinger-Schónmetzer 3074. (27)   Cfr. Concilio Vaticano  II, costituzione dogmatica Lumen gentium, 25.        (28)             Cfr. Concilio Vaticano  II, costituzione dogmatica Lumen gentium, 23; cfr.                   Concilio Vaticano  II, decreto Orientalium  Ecclesiarum, 2,3,5,6. 

(29)   Cfr. Concilio Vaticano  II, costituzione dogmatica Lumen gentium, 8.       

 (30)             Cfr. Concilio Vaticano  II, costituzione dogmatica Lumen gentium, 15.        (31)              Cfr. Concilio Vaticano  II, costituzione dogmatica Lumen gentium, 14.  (32)   Concilio Vaticano H, costituzione dogmatica Lumen gentium, 16. 

(33)   Cfr. Denzinger-Schónmetzer 1651. 

      (34)             Cfr. Denzinger-Schónmetzer 1642, 1651-1654: Paolo VI, lettera enciclica                    Mysterium fidei.       (35)             Cfr. san Tommaso, Summa Theologica 111, 73,3.        (36)             Cfr. 1 Gv 3, 2; Denzinger-Schónmetzer 1000.       (37)             Cfr. Concilio Vaticano  II , costituzione dogmatica Lumen gentium, 49. (38)                   Cfr. Lc 11, 9-10; Gv 16,24. CI 

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Quattro nuovi Santi europei per la Chiesa universale, cui guardare come i nostri ‘Fratelli maggiori’:

dal sito on line della Radio Vaticana

http://www.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=137304

03/06/2007 16.10.31Quattro nuovi Santi europei per
la Chiesa universale, cui guardare come i nostri ‘Fratelli maggiori’: così Benedetto XVI nella Messa per la canonizzazione, stamane in Piazza San Pietro. L’invocazione del Papa all’Angelus perché le armi nel mondo cedano alla pietà 

Nell’odierna Festa della Santissima Trinità, il Santo Padre ha proclamato quattro nuovi Santi. La solenne Messa si è svolta stamane in piazza San Pietro, affollata di migliaia di fedeli, costretti dalla pioggia sotto gli ombrelli. Presenti alla cerimonia i capi di Stato delle Filippine, dell’Irlanda, di Malta e della Polonia, oltre a delegazioni ufficiali del Messico, della Francia e dei Paesi Bassi. Tra gli intervenuti anche l’arcivescovo Peter Carnley, della Comunione anglicana in Australia. Tutti europei i beati oggi canonizzati: Giorgio Preca, maltese, Simone da Lipnica, polacco, Maria Eugenia di Gesù, francese, Carlo di Sant’Andrea, olandese. Il Servizio di Roberta Gisotti: “Quattro nuovi ‘Fratelli maggiori’”: cosi dobbiamo guardare tutti “a questi testimoni esemplari del Vangelo”, – ha sollecitato Benedetto XVI i fedeli – ammirando “la gloria di Dio, che si riflette nella vita dei Santi”.
 
“Ogni singolo Santo partecipa della ricchezza di Cristo ripresa dal Padre e comunicata a tempo opportuno. E’ sempre la stessa santità di Gesù, è sempre Lui, il ‘Santo’, che lo Spirito plasma nelle ‘anime sante’, formando amici di Gesù e testimoni della sua santità”.

“Un amico di Geù e testimone della santità che viene da Lui”, ha osservato il Papa fu Giorgio Preca, “anima profondamente sacerdotale e mistica”, nato nel 1880 a
La Valletta nell’isola di Malta. “Tutto dedito all’evangelizzazione: con gli scritti, con la guida spirituale e all’amministrazione dei Sacramenti e prima di tutto con l’esempio della sua vita”. Antesignano dell’apostolato dei laici, fondatore della “Società della Dottrina Cristiana”, “un’opera benemerita” – ha ricordato il Santo Padre “che mira ad assicurare alle parrocchie il servizio qualificato di catechisti ben preparati e generosi”. Spentosi all’età di 82 anni il sacerdote maltese è stato beatificato nel 2001.

“San Giorgio Preca aiuti
la Chiesa ad essere sempre, a Malta e nel mondo, l’eco fedele della voce del Cristo, Verbo incarnato”.

Si è soffermato poi il Papa sul “grande figlio della terra polacca”, Simone da Lipnica, “testimone di Cristo e seguace della spiritualità di San Francesco d’Assisi”, “vissuto in epoca lontana”, nel XV secolo, “ma proprio oggi – ha sottolineato Benedetto XVI – è proposto alla Chiesa come modello attuale di un cristiano che, animato dallo spirito del Vangelo – è pronto a dedicare la vita per i fratelli”.
“Tak też, przepełniony miłosierną miłością, którą czerpał z Eucharystii, … ».
“Colmo della misericordia che attingeva dall’Eucaristia non esitò a portare l’aiuto ai malati colpiti dalla peste”, che condusse a morte anche lui, poco più che quarantenne. Alla protezione di San Simone il Papa ha affidato oggi in modo particolare “coloro che soffrono a causa della povertà, della malattia, della solitudine e dell’ingiustizia sociale”.

Fortemente amato, negli anni del suo ministero sacerdotale nell’Inghilterra e nell’Irlanda dell’800, fu anche il sacerdote passionista olandese Carlo di Sant’Andrea. Intorno a lui accorsero le persone per cercare “il suo saggio consiglio, la sua compassionevole attenzione, il suo contatto salutare”.
In the sick and the suffering he recognized the face of the Crucified Christ,… ».

“Nella malattia e nella sofferenza San Carlo di Sant’Andrea” – beatificato nel 1988 – “riconobbe – ha evidenziato il Papa – il volto del Cristo Crocefisso, di cui fu devoto per tutta la vita”.

Infine Benedetto XVI ha reso omaggio alla beata francese Maria Eugenia di Gesù, fondatrice all’indomani della Rivoluzione francese delle Religiose dell’Assunzione,beatificata nel 1975. Ella comprese “l’importanza di trasmettere alle giovani generazioni, in particolare alle ragazze, una formazione intellettuale, orale e spirituale, che le rendesse delle adulte, capaci di prendersi in carico la vita della loro famiglia, sapendo apportare il loro contributo alla Chiesa e alla società”

“Puisse l’exemple de sainte Marie-Eugénie inviter les hommes et les femmes … ».
« Possa quindi l’esempio di Santa Maria Eugenia ispirare gli uomini e le donne di oggi a trasmettere ai giovani i valori che li aiutino a divenire degli adulti forti e dei testimoni gioiosi della Resurrezione ».

Finita la celebrazione i saluti di Benedetto XVI ai fedeli dei vari Paesi, con un accenno al tempo inclemente:
« Vi ringrazio per la vostra pazienza, ma l’acqua è un grande bene e perciò siamo anche grati per l’acqua ».
Prima della recita dell’Angelus, il pensiero del Papa è corso alle tante popolazioni sofferenti per le guerre:
“Saluto i pellegrini di lingua italiana, in particolare l’Associazione Nazionale della Sanità Militare, il cui motto recita: “Arma pietati cedant – Le armi cedano alla pietà”: possa questo realizzarsi nel mondo intero!”.
Infine ha ricordato i 750 anni dell’abolizione della schiavitù nella città di Bologna, auspicando « un rinnovato impegno » per superare le « nuove schiavitù che ancora affliggono l’umanità ».
Al termine infine della preghiera mariana Benedetto XVI ha ricevuto nella Cappella della Pietà i capi delle delegazioni dei Paesi intervenuti alla cerimonia di canonizzazione. 

Publié dans:liturgia, Papa Benedetto XVI |on 3 juin, 2007 |Pas de commentaires »

ALESSANDRO MANZONI – Pentecoste

dal sito:

http://it.wikisource.org/wiki/Inni_sacri/La_Pentecoste 

ALESSANDRO MANZONI  Pentecoste 

Madre de’ Santi, immagine
Della città superna,
Del sangue incorruttibile
Conservatrice eterna;
Tu che, da tanti secoli,

Soffri, combatti e preghi,
Che le tue tende spieghi
Dall’uno all’altro mar;
Campo di quei che sperano;
Chiesa del Dio vivente,

Dov’eri mai? qual angolo
Ti raccogliea nascente,
Quando il tuo Re, dai perfidi
Tratto a morir sul colle,
Imporporò le zolle

Del suo sublime altar?E allor che dalle tenebre
La diva spoglia uscita,
Mise il potente anelito
Della seconda vita;


E quando, in man recandosi
Il prezzo del perdono,
Da questa polve al trono
Del Genitor salì;
Compagna del suo gemito,
Conscia de’ suoi misteri,
Tu, della sua vittoria
Figlia immortal, dov’eri?
In tuo terror sol vigile,
Sol nell’obblio secura,

Stavi in riposte mura,
Fino a quel sacro dì,
Quando su te lo Spirito
Rinnovator discese
E l’inconsunta fiaccola

Nella tua destra accese;
Quando, segnal de’ popoli,
Ti collocò sul monte,
E ne’ tuoi labbri il fonte
Della parola aprì.

Come la luce rapida
Piove di cosa in cosa,
E i color vari suscita
Dovunque si riposa;
Tal risonò moltiplice

La voce dello Spiro:
L’Arabo, il Parto, il Siro
In suo sermon l’udì.
Adorator degl’idoli,
Sparso per ogni lido,

Volgi lo sguardo a Solima,
Odi quel santo grido:
Stanca del vile ossequio,
La terra a Lui ritorni:
E voi che aprite i giorni

Di più felice età,Spose, che desta il subito
Balzar del pondo ascoso;
Voi già vicine a sciogliere
Il grembo doloroso;


Alla bugiarda pronuba
Non sollevate il canto
Cresce serbato al Santo
Quel che nel sen vi sta.
Perché, baciando i pargoli,
La schiava ancor sospira?
E il sen che nutre i liberi
Invidiando mira?
Non sa che al regno i miseri
Seco il Signor solleva?

Che a tutti i figli d’Eva
Nel suo dolor pensò?
Nova franchigia annunziano
I cieli, e genti nove;
Nove conquiste, e gloria

Vinta in più belle prove;
Nova, ai terrori immobile
E alle lusinghe infide,
Pace, che il mondo irride,
Ma che rapir non può.

O Spirto! supplichevoli
A’ tuoi solenni altari,
Soli per selve inospite,
Vaghi in deserti mari,
Dall’Ande algenti al Libano,

D’Erina all’irta Haiti,
Sparsi per tutti i liti,
Uni per Te di cor,
Noi T’imploriam! Placabile
Spirto, discendi ancora,

A’ tuoi cultor propizio,
Propizio a chi T’ignora;
Scendi e ricrea; rianima
I cor nel dubbio estinti;
E sia divina ai vinti

Mercede il vincitor.Discendi Amor; negli animi
L’ire superbe attuta:
Dona i pensier che il memore
Ultimo dì non muta;


I doni tuoi benefica
Nutra la tua virtude;
Siccome il sol che schiude
Dal pigro germe il fior;
Che lento poi sull’umili
Erbe morrà non còlto,
Né sorgerà coi fulgidi
Color del lembo sciolto,
Se fuso a lui nell’etere
Non tornerà quel mite

Lume, dator di vite,
E infaticato altor.
Noi T’imploriam! Ne’ languidi
Pensier dell’infelice
Scendi piacevol alito,

Aura consolatrice:
Scendi bufera ai tumidi
Pensier del violento;
Vi spira uno sgomento
Che insegni la pietà.

Per Te sollevi il povero
Al ciel, ch’è suo, le ciglia;
Volga i lamenti in giubilo,
Pensando a Cui somiglia;
Cui fu donato in copia,

Doni con volto amico,
Con quel tacer pudico,
Che accetto il don ti fa.
Spira de’ nostri bamboli
Nell’ineffabil riso;

Spargi la casta porpora
Alle donzelle in viso;
Manda alle ascose vergini
Le pure gioie ascose;
Consacra delle spose

Il verecondo amor.Tempra de’ baldi giovani
Il confidente ingegno;
Reggi il viril proposito
Ad infallibil segno;

Adorna le canizie
Di liete voglie sante;
Brilla nel guardo errante
Di chi sperando muor. 

Publié dans:liturgia |on 27 mai, 2007 |Pas de commentaires »

Festa dell’Ascensione in Vaticano:

dal sito della Radio Vaticana:

http://www.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=134205

 

Festa dell’Ascensione in Vaticano:

Gesù, salendo in Cielo, afferma il Papa, ci ha riaperto la via verso il Paradiso continuando a restare vicino a noi

Oggi in Vaticano si celebra la solennità dell’Ascensione del Signore al Cielo, che in alcuni Paesi, tra cui l’Italia, sarà festeggiata domenica prossima. Con questa festa si ricorda la conclusione della permanenza visibile di Dio fra gli uomini che ha portato alla diffusione del cristianesimo nel mondo. Il servizio di Tiziana Campisi:

Una manifestazione di congedo necessaria: questo è stata l’Ascensione di Gesù, il ritorno al Padre che ha completato la Redenzione. “Se non vado non verrà a voi il Consolatore, se invece vado ve lo manderò”, ha detto Gesù agli Aspostoli, secondo quanto riferisce Giovanni:

“In questa festa la Comunità cristiana è invitata a volgere lo sguardo a Colui che, quaranta giorni dopo la sua risurrezione, fra lo stupore degli Apostoli ‘fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo’. Salendo al Cielo, Egli ha riaperto la via verso la nostra patria definitiva, che è il paradiso. Ora, con la potenza del suo Spirito, ci sostiene nel quotidiano pellegrinaggio sulla terra”.

Con queste parole, l’8 maggio di due anni fa, Benedetto XVI ha ricordato il senso dell’Ascensione. “Dopo quaranta giorni da quando si era mostrato agli Apostoli sotto i tratti di un’umanità ordinaria, che velavano la sua gloria di Risorto – spiega il Catechismo della Chiesa Cattolica – Cristo sale al cielo e siede alla destra del Padre. Egli è il Signore, che regna ormai con la sua umanità nella gloria eterna di Figlio di Dio e intercede incessantemente in nostro favore presso il Padre. Ci manda il suo Spirito e ci dà la speranza di raggiungerlo un giorno, avendoci preparato un posto”:

“Salendo verso l’’alto’, Egli rivela in modo inequivocabile la sua divinità: ritorna là da dove è venuto, cioè in Dio, dopo aver compiuto la sua missione sulla terra. Inoltre Cristo ascende al Cielo con l’umanità che ha assunto e che ha risuscitato dai morti: quell’umanità è la nostra, trasfigurata, divinizzata, divenuta eterna: e rimane uomo in eterno. L’Ascensione, pertanto, rivela l’’altissima vocazione’ di ogni persona umana: essa è chiamata alla vita eterna nel Regno di Dio, Regno di amore, di luce e di pace”.

È quanto ha specificato il Papa durante il Regina Caeli del 21 maggio dello scorso anno, mentre qualche mese dopo, celebrando a Monaco i Vespri, il 10 settembre, ha precisato che Gesù “nell’Ascensione non è andato in qualche luogo lontano da noi”. “La sua tenda, Egli stesso con il suo corpo – ha detto il Papa – rimane tra noi come uno di noi. Possiamo dargli del Tu e parlare con Lui. Egli ci ascolta, e se siamo attenti, sentiamo anche che Egli risponde”.

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