Archive pour la catégorie 'Liturgia: Avvento'

AVVENTO: GIOIA, ATTESA, VIGILANZA

dal sito:

http://www.prayerpreghiera.it/banca/anno.htm

AVVENTO: GIOIA, ATTESA, VIGILANZA

L’Avvento è il glorioso tempo liturgico “ecumenico’, per così dire, ossia quello in cui tutte ­le Chiese, anche se divise, si ritrovano in singo­lare sinfonia a celebrare il Signore Gesù Cristo per la sua “Venuta” di misericordia vivificante per gli uomini. Esso sta sia all’inizio dell’Anno liturgico proprio, sia dentro il suo scorrere. Così nel Rito romano e nei Riti siri (Caldeo, Malabarese, Siro occidentale, Malankarese, Maronita) inaugura; nel Rito bizantino ed etiopico è racchiuso preziosamente. È tempo liturgico di contemplazione, non di tristezza, e nell’Oriente è anche accompagnato dall’apposita “quaresima di 40 giorni, con digiuno gaudioso. Nei Riti siri l’Avvento corrisponde al “tempo del Subbara”, ossia dell’Annunciazione ai personaggi intorno alla Nascita del Signore: a Zaccaria, a Maria, ad Elisabetta, a Giuseppe, con la nascita del Precursore. E l’irruzione del Signore nelle genealogie degli uomini, in vista della Redenzione. Nel Rito bizantino in previsione del Natale si comincia a cantare il Kontàkion “La ­Vergine oggi” con le sue stanze progressive, e la contemplazione delle Genealogie dei Padri. Nel Rito etiopico 4 Domeniche “del tempo di Tahsas” cantano le profezie gioiose della Venuta. Se il Natale sta in prospettiva necessaria, l’Avvento tuttavia conserva una sua fisionomia. Qui si dispiega la tipica teologia dell’Avvento romano. Per comprenderla, occorre considerare che la Domenica 34a del Tempo ordinario, dedi­cata alla Solennità di Cristo Re, nei tre Cicli riveste carattere escatologico: la Venuta ultima del Re della gloria (Ciclo A), la rivelazione della Regalità del Signore (Ciclo B), l’iscrizione della Croce su questa Regalità salvifica. Ora, precisamente la Domenica I d’Avvento si salda strettamente con tale prospettiva: la preparazione alla Venuta ultima (Ciclo A), la vigilanza per essa (Ciclo B), il comparire davanti al Signore che viene per chiudere la storia (Ciclo C). È la tipica “lettura Omega” della Storia, della stessa vita del Signore. Il Risorto è il centro di questa contemplazione, Egli occupa l’intero spazio-tempo, ormai redenti e donati come l’ambito dell’accettazione o del rifiuto della divina gratuita Redenzione. Il Risorto infatti manifesta il suo “venire” salvifico. La Liturgia, mentre lo legge “teologicamente” (lettura Omega), lo pone tuttavia anche in ordine cronologico, e si obbliga così alla duplice lettura, Omega-Alfa. E così si deve dire della quadruplice e costante Venuta del Signore tra gli uomini.Egli venne. Per assumere la carne ‘dallo Spi­rito Santo e da Maria Vergine” (Mt 1,18-25, ri­letto dal “Credo”). Per operare l’intera Econo­mia del Padre nello Spirito Santo, dunque per vivere tra gli uomini, morire, risorgere e donare lo Spirito Santo, promettendo la Presenza perenne mediata dallo Spirito Santo, e la Venu­ta ultima mediata dallo Spirito Santo. Egli Risorto viene sempre. Se invocato, “Si­gnore, vieni!”, è la divina mozione dello Spirito Santo alla Sposa orante che invoca (Ap 22,17). Viene ai suoi, nei Misteri che donano l’efficacia propria dello Spirito Santo. Viene però anche nella figura dei suoi fratelli poveri, sofferenti, oppressi, da amare come suo Volto sfigurato dal dolore. Egli Risorto viene per restare. Se amato co­me lo Sposo divino dalla sua Sposa diletta. Per occupare la “dimora” preparata dallo Spirito Santo, dove porta sempre con sé l’indivisibile Padre suo. Egli Risorto verrà nella gloria. Per riprendersi i suoi, a trasporli con sé nella Patria, chieden­do preparazione, vigilanza, preghiera, tremore e gioia. La santa Liturgia della Chiesa è lo spazio­-tempo privilegiato tra tutti e sopra tutti, di questa Venuta nelle Venute. L’anamnesi della Prece eucaristica, le acclamazioni del popolo lo confermano. La partecipazione ai Misteri vivificanti lo sigillano per l’eternità.Risaltano allora di più i testi che accompa­gnano ed illustrano gli Evangeli della Venuta nelle Venute: le Profezie antiche, severe e struggenti, innegabili e trascinanti. I Salmi con la loro scelta sapiente, dove la Regalità divina è cantata ed esaltata dossologicamente. Le Epi­stole, con le dottrine divine e la “paraclesi”, esortazione e consolazione insieme, per la Comunità raccolta che “attende”. Il Natale, che secondo scoperte recenti è data storica, diventa insieme il prezioso primo traguardo, e l’indispensabile “osservatorio”, stori­co e liturgico. Da esso contempliamo il tenero divino Bambino perseguitato, che cresce, è bat­tezzato, passa con l’Evangelo e le opere del Regno, è trasfigurato, è crocifisso e sepolto, ma risorge nello Spirito Santo, e così il Padre può donare lo Spirito suo e del Figlio… “Quante feste! esclama nella sua celeberrima Omelia per la Na­scita del Salvatore il grande Gregorio il Teologo (Nazianzeno) – tutte per me!”.“Per noi uomini e la nostra salvezza” è la Venuta.

T Federici

Da: “La Vita in Cristo e nella Chiesa”, p.5, n.10, dicembre 2002

Publié dans:liturgia, Liturgia: Avvento |on 26 novembre, 2011 |Pas de commentaires »

AVVENTO: IL PORTIERE VIGILANTE (I domenica anno B)

dal sito:

http://www.zenit.org/article-28764?l=italian

AVVENTO: IL PORTIERE VIGILANTE

I Domenica d’Avvento

di padre Angelo del Favero*

Is 63,16b-17.19b; 64,2-7
“Tu, Signore, sei nostro padre, da sempre ti chiami nostro redentore. Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, così che non ti tema? Ritorna per amore dei tuoi servi, per amore delle tribù, tua eredità. Se tu squarciassi i cieli e scendessi! (…)
Ma, Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani.”.
Mc 13,33-37
“In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: “Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. E’ come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.
Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati.
Quello che dico a voi lo dico a tutti: vegliate!”.
“Dobbiamo rimettere al centro la relazione, sull’esempio di Dio che in Cristo ci ha incontrato nel nostro dolore, nelle molte fragilità della vita e nelle stesse gioie, facendo sentire che nessuno è solo, e che assolutamente nessuno sarà abbandonato” (card. A. Bagnasco, VIII Convegno Nazionale di “Scienza e Vita”, 18 novembre 2011).
Questo autorevole richiamo a ravvivare le nostre relazioni personali, ad imitazione del Verbo fatto carne, sintetizza bene il messaggio generale del Tempo liturgico dell’Avvento, centrato in questa prima Domenica sul tema della vigilanza cristiana: “vegliate!” (Mc 13,37).
Sappiamo che il grido di speranza del profeta: “Se tu squarciassi i cieli e scendessi!” (Is 63,19), cifra esistenziale di ogni uomo, contiene già l’annunzio dell’evento ardentemente desiderato: Dio ha realmente squarciato i cieli, è già sceso ad abitare in mezzo a noi, “e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità” (Gv 1,14b).
Gesù di Nazaret ha rivelato in se stesso che, in principio, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo hanno messo al centro la relazione con l’uomo, decidendo di incontrarlo nel suo dolore, in tutte le fragilità della sua vita e nelle stesse gioie, dandoci così prova che nessuno è solo e che nessuno, mai, sarà abbandonato.
Sì, ma ancora e sempre: “Se tu squarciassi i cieli e scendessi!” (Is 63,19).
Ecco, i cieli che si squarciano specialmente in certe regioni d’Italia, non cessano di essere di drammatica attualità in quest’autunno inoltrato: la parola “nubi-fragio” significa “rottura di nubi” e, quando il cielo si ricopre di nuvole minacciose, grande è il timore che l’acqua scenda ancora una volta a seminare distruzione e morte.

La domanda di sempre torna allora ad emergere nei cuori: se Dio è nostro Padre, perché ci mette in balìa degli uragani e di ogni sorta di sofferenze?
Isaia sembra oggi rispondere a questa domanda: “Nessuno invocava il tuo nome, nessuno si risvegliava per stringersi a te” (Is 64,6).
E’ la denuncia del mancato ascolto dell’appello evangelico alla vigilanza: “Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. (…); fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati” (Mc 13,36).
E’ chiaro che non si tratta del sonno fisiologico della notte, ma del sonno dell’anima, intorpidita dalla consuetudine a trascurare quella vitale relazione con Dio che è la preghiera, abituata a non “stringersi” al Signore al risveglio del mattino (Salmo 63/2,2).
Il verbo “stringere” dice intensa relazione affettiva con Dio, simile a quella del bambino in braccio a sua madre (Salmo 131/130,2).
Stretto sul cuore della mamma, un bimbo rimane sicuro sempre, qualunque cosa accada attorno a lui.
Così pregare deve essere quella relazione divina che da’ gioia e sicurezza ai figli di Dio, in modo che nessun avvenimento possa scuoterne di sorpresa le fondamenta. Sarà sempre pronto ad accettare il mistero della volontà di Dio chi è abituato ad incontrare Gesù nella fede ogni mattina.
“..e ha ordinato al portiere di vegliare” (Mc 13,34).La vigilanza del portiere (il cristiano che prega senza stancarsi mai), è dono e compito di una profonda vita di preghiera.
Benedetto XVI ha scritto al riguardo:“Proprio queste parole dimostrano chiaramente cosa s’intenda con l’espressione “vigilanza”: non un uscire dal presente, uno speculare sul futuro, un dimenticare il compito attuale – (il portiere rimane sempre al suo posto) – tutt’al contrario; vigilanza significa fare qui e ora la cosa giusta, come si dovrebbe compierla sotto gli occhi di Dio” (in Gesù di Nazaret, seconda parte, p. 60).
Ora, la prima cosa giusta da compiere sotto gli occhi di Dio ogni giorno, è proprio l’incontro con Gesù nella preghiera. Pregare è la fondamentale vigilanza della vita.
Il testo più bello sulla vigilanza cristiana è il Vangelo dell’Annunciazione a Maria. Noi non sappiamo che cosa Maria stava facendo nel momento in cui l’angelo Gabriele le parlò, ma qualunque cosa facesse si trovava nello stato per lei abituale della perfetta vigilanza, nel quale prontamente rispose: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1,38).
Maria era totalmente vigilante perché era totalmente pura di cuore, ed essendo pura di cuore vide subito Dio (Mt 5,8). Da Maria impariamo così gli elementi della vigilanza divina.
Una grazia che dipende anzitutto dalla purezza del cuore, dalla verginità dello spirito, dall’innocenza degli occhi.
La persona vigilante monta la guardia giorno e notte sopra le mura della sua città interiore, respingendo prontamente il nemico.
Lo scrive Pietro, che, per non avere vigilato, tradì il Maestro: “Fratelli, siate temperanti, vigilate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede” (1 Pt 5,8-9).
Da Maria, da Pietro e dai santi impariamo che la vigilanza non è la prontezza dei riflessi o della mente, ma è un cuore posseduto totalmente dall’amore per Gesù: “Eccomi!”.
Impariamo anche che per essere vigilanti è necessario l’esercizio della presenza di Dio, che è la meditazione della sua Parola.
“Se tu squarciassi i cieli e scendessi!” (Is 63,19). Per incontrare Dio è necessario scendere fino alla profondità del cuore, poiché “vicino a te è la Parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore” (Rm 10,8).
Chiudiamo gli occhi ed entriamo in noi stessi fino a raggiungere il cuore. Iniziamo così questo Avvento, affinché si compia quella trasformazione interiore (metànoia) che più che manifestare la venuta del Signore ne dimostra la presenza, dal momento che Egli è già qui, vivo in mezzo a noi.

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* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E’ diventato carmelitano nel 1987. E’ stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.

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