dal sito:
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DI LORENZO IL MAGNIFICO – LAUDE
O Dio, o sommo Bene, or come fai.
Cantasi come Canzone del Fagiano
O Dio, o sommo Bene, or come fai,
che te sol cerco e non ti trovo mai?
Lasso, s’io cerco questa cosa o quella,
te cerco in esse, o dolce Signor mio!
Ogni cosa per te è buona e bella
e muove, come buona, il mio disio;
tu se’ pur tutto in ogni luogo, o Dio,
e in alcun luogo non ti truovo mai.
Per trovar te la trista alma si strugge,
il dì m’affliggo e la notte non poso.
Lasso, quanto più cerco, più si fugge
il dolce e desiato mio riposo!
Deh, dimmi, Signor mio, ove se’ ascoso:
stanco già son, Signor, dimmelo omai.
Se a cercar di te, Signor, mi muovo
in ricchezze, in onore o in diletto,
quanto più di te cerco, men ne truovo,
onde stanco mai posa il vano affetto.
Tu m’hai del tuo amore acceso il petto,
poi se’ fuggito, e non ti veggo mai.
La vista, in mille varie cose volta,
ti guarda e non ti vede, e sei lucente;
l’orecchio ancor diverse voci ascolta,
il tuo suono è per tutto, e non ti sente:
la dolcezza comune a ogni gente
cerca ogni senso, e non la truova mai.
Deh, perché cerchi, anima trista, ancora
beata vita in tanti affanni e pene?
Cerca quel cerchi pur, ma non dimora
nel luogo ove tu cerchi questo bene:
beata vita onde la morte viene
cerchi, e vita ove vita non fu mai.
Muoia in me questa misera vita,
acciò che io viva, o vera vita, in te;
la morte in multitudine infinita
in te sol vita sia, che vita se’;
muoio quanto te lascio e guardo me:
converso a te, io non morrò già mai.
Degli occhi vani ogni luce sia spenta,
perché vegga te, vera luce amica;
assorda e miei orecchi, acciò che io senta
la disiata voce che mi dica:
« Venite a me, chi ha peso o fatica,
ch’io vi ristori »: egli è ben tempo omai!
Allor l’occhio vedrà luce invisibile,
l’orecchio udirà suon ch’è senza voce,
luce e suon che alla mente è sol sensibile,
né il troppo offende o a tal senso nuoce.
Stando e piè fermi, correrà veloce
l’alma a quel ben che è seco sempre mai.
Allor vedrò, o Signor dolce e bello,
che questo bene o quel non mi contenta,
ma levando dal bene e questo e quello,
quel ben che resta il dolce Dio diventa.
Questa vera dolcezza e sola senta
chi cerca il ben: questo non manca mai.
La nostra eterna sete mai non spegne
l’acqua corrente di questo o quel rivo,
ma giugne al tristo foco ognor più legne:
sol ne contenta il fonte eterno e vivo.
O acqua santa, se al tuo fonte arrivo,
berrò, e sete non arò più mai.
Tanto desio non dovria esser vano,
a te si muove pure il nostro ardore.
Porgi benigno l’una e l’altra mano,
O Iesù mio: tu se’ infinito amore!
Poiché hai piagato dolcemente il core,
sana tu quella piaga che tu fai!