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LA LAICITÀ NEL CRISTIANESIMO E NELL’ISLAM

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LA LAICITÀ NEL CRISTIANESIMO E NELL’ISLAM

(la laicità nell’islam la potete leggere nel sito)

Un terreno di dialogo e di confronto tra religioni e culture

sintesi delle relazioni di Adel Jabbar e Brunetto Salvarani Verbania Pallanza, 21 maggio 2006 la laicità nel cristianesimo

(Brunetto Salvarani) da una storiella irlandese Un prete, un imam e un rabbino hanno una vivace discussione teologica, durante la quale ciascuno cerca di convincere l’altro della bontà delle proprie opinioni. La discussione diventa sempre più accesa, perfino violenta. Ad un certo punto, dall’alto appare un angelo, che li interrompe, e dice loro: « Signori! Signori! Esprimete ciascuno un augurio, un desiderio, e io lo realizzerò ». Una proposta magnifica. Il prete non ha bisogno di riflettere a lungo e dice: « Per me è semplice: eliminate tutti i musulmani da questo paese e sarò contento ». L’imam, a sua volta, non si sofferma molto a riflettere e dice: « Per me è chiaro, eliminate tutti i cattolici da questo paese e sarò strafelice ». Il rabbino invece non dice nulla. Allora l’angelo, incuriosito, si volge verso di lui e chiede: « Ma voi ebrei non avete nulla da dire? » E il rabbino risponde: « No, no, io non ho nessun desiderio, ma, mi raccomando, signor angelo, realizzi pure i desideri di questi due … e sarò soddisfattissimo! » Se riteniamo che la suesposta soluzione « scontro di civiltà » non sia la preferibile, proviamo a percorrere altre strade.

la laicità secondo le Scritture La laicità, per il cristiano, è in primo luogo un dato fondante della rivelazione biblica, già chiaramente presente nel Primo Testamento. Nasce con la creazione narrata nel Genesi, con la netta distinzione fra il Dio creatore e il mondo sua creatura, quale contestazione della sacralizzazione della terra che era caratteristica dei culti della fertilità cananei; viene confermata dalla linea strategica della fedeltà alla terra, che però non deve diventare idolo, che trova il suo culmine, a mio parere, nella Lettera agli esiliati di Babilonia di Geremia 29; e trova un’ulteriore radicalizzazione nell’incarnazione di Gesù di Nazaret, fino alla straordinaria pagina del suo colloquio con la donna di Samaria (Gv 4), in cui egli annuncia l’approssimarsi del tempo in cui Dio sarà adorato in Spirito e verità, e non più negli spazi sacri di questa o quella religione. Lo stesso Paolo farà sua tale indicazione a più riprese, e soprattutto nella Prima Lettera ai cristiani di Corinto (7,29-31), dove – in ragione del fatto che il tempo ormai si è accorciato (letteralmente, ha imbrigliato le vele) – i credenti sono chiamati a comportarsi nel mondo come se non ne usassero appieno, poiché la sua scena sta passando. Questa visione della laicità propria delle Scritture ebraico-cristiane è stata poco vissuta e praticata nella storia del cristianesimo, nella quale hanno spesso prevalso occupazione del potere, commistione e competizione tra potere religioso e altri poteri. Così in realtà la distanza, la distinzione, il rispetto della diversità, sono rimaste molto più nella lettera che nella sostanza del vivere da cristiani. Il laicismo da una parte, teso a espungere l’ambito delle religioni dall’ambito pubblico, e il clericalismo dall’altra hanno poi prodotto una diffusa ignoranza sulle religioni e sullo stesso cristianesimo. Secondo un’indagine Eurisko dello scorso anno il 60 per cento degli italiani non sa mettere in sequenza cronologica Abramo, Mosé, Gesù, Mohammad. Nello stesso tempo però si invocano le radici cristiane e l’identità cattolica, magari anche da parte di atei devoti. Nell’attuale stagione in cui i tempi sacri, gli spazi sacri, i ricordini e le madonnine tornano prepotentemente alla ribalta questa visione della laicità è ancora più difficile da accogliere. Ha prevalso una visione della laicità per sottrazione, al negativo: togliere il religioso dallo spazio pubblico. Occorre invece una laicità in positivo, per addizione, per arricchire lo spazio pubblico con il contributo di tutti. E’ necessario il passaggio ad una laicità non di pura garanzia o di pura distinzione, ad una laicità capace di riconoscere particolari tradizioni che nel loro impiantarsi non ledano i diritti di nessuno, ma semmai, arricchiscano la comunità di nuovi valori e nuovi costumi: una laicità fondata su un patto in cui sogetti diversi, portatori di tradizioni e valori diversi, accettano di convivere nella stessa comunità civile, liberi di esprimere la propria identità ma anche tenuti a riconoscere e a rispettare le norme che quella comunità si è liberamente data.

educare al dialogo interreligioso e al pluralismo religioso La laicità di relazione, di apertura ha bisogno per affermarsi di un assiduo impegno nell’educare al pluralismo religioso e al dialogo interreligioso. Solo questa laicità può produrre un dialogo efficace, e nello stesso tempo soltanto un dialogo interreligioso serio può aiutarci a costruire delle relazioni di laicità. Il dialogo è difficile, ha bisogno di un investimento importante in termini di conoscenza e di educazione. In gioco sono scelte pastorali di fondo. Purtroppo nei documenti preparatori del quarto convegno ecclesiale di Verona non si trova traccia di questi argomenti. Il dubbio che il dialogo non sia fra le priorità della chiesa cattolica italiana è perfettamente legittimo. Sembra che tutto sia relegato alla settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Buone pratiche di dialogo invece esistono, di cui i giornali ufficiali parlano poco. Per esempio, l’esperienza della giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico: senza benedizioni dall’alto, l’ultimo venerdì di Ramadan, ormai da quattro anni, ci sono almeno un centinaio di chiese locali e di comunità musulmane locali, che riflettono, pensano, discutono, festeggiano l’ « Iftar », la rottura del digiuno, o organizzano una conferenza o una festa o una preghiera, o comunque qualche cosa che esprime un bisogno di dialogo, non intercettato dalle istituzioni ecclesiali. Molte esperienze di dialogo sono raccontate nel sito benemerito , sito di Monteforte Irpino provincia di Avellino, che raccoglie materiali, documenti, iniziative su questo tema. Occorre poi educare al pluralismo religioso, questione molto complicata. Sino al Vaticano II l’ecclesiologia dominante sul tema della salvezza era quella esclusivista (fuori della chiesa non c’è salvezza). Poi si è fatta strada quella inclusivista, che afferma che Gesù Cristo, unico mediatore di salvezza, in modo misterioso permea tutte le vie religiose. La strada del pluralismo religioso, che cerca di evitare annessioni e inclusioni, è più delicata e dibattuta. Nel mio libro Educare al pluralismo religioso. Bradford chiama Italia (EMI, Bologna, 2006), sostengo che l’educazione interculturale deve fare i conti con le religioni e con il pluralismo religioso e propongo un curricolo integrale, che Cem Mondialità ha recuperato da una città inglese vicina a Leeds, Bradford, dove è stato predisposto, con la collaborazione di tutti, del materiale che, in maniera comparativistica, presenta le diverse religioni presenti sul territorio, nell’interessante prospettiva di imparare le religioni, ma anche di imparare dalle religioni. La conoscenza intellettuale è il punto di partenza per aprirsi ai confronti. Se non si persegue questa prospettiva si corre il rischio di una balcanizzazione dell’ora di religione nelle nostre scuole, dove accanto all’ora di religione cattolica, ci sarà quella musulmana e così via, favorendo non il dialogo, ma la chiusura identitaria. La scuola dovrebbe favorire il confronto fra idee differenti, lo scambio di pareri e di visioni del mondo, la riflessione critica sulla realtà in trasformazione. Quindi dovremmo andare non tanto nella direzione dell’ora di bibbia o dell’ora di corano, ma nella direzione della formazione degli insegnanti, che devono sapere che cos’è la bibbia e cosa sono le religioni, per insegnare anche le altre materie, da lettere a storia dell’arte. E’ necessario fare entrare esplicitamente l’interpretazione a-confessionale della bibbia intesa come grande codice della cultura occidentale, e l’approfondimento – antropologico, fenomenologico, sociologico, storico, ecc – delle varie religioni, da coniugare rigorosamente al plurale. Chiudo con un racconto, che è una specie di sintesi di quello che ho cercato di dirvi all’inizio sul tema della laicità nella Scrittura, una sottolineatura di come la Scrittura e la sua laicità stiano in piedi se noi riusciamo a vivere questa doppia fedeltà, alla santità di Dio da una parte e alla santità dell’uomo dall’altra. E’ rischioso sottolineare solo una delle due dimensioni, perché la santità di Dio contro l’uomo, porta ai fondamentalismi, e la santità dell’uomo contro Dio porta ai relativismi. Un giorno Yehuda Amichai, grande poeta israeliano, stava seduto con due panieri di frutta, sui gradini accanto alla porta della cittadella di Gerusalemme. Ad un certo punto sentì una guida turistica che diceva: « Lo vedete quell’uomo con i panieri? proprio a destra della sua testa c’è un arco dell’epoca romana, proprio a destra della sua testa. » Scrive Amichai: « Io mi dissi: la redenzione verrà soltanto quando la loro guida dirà: « Vedete quell’arco dell’epoca romana? Non è molto importante. Ma lì vicino, più in basso, a sinistra, sta seduto un uomo che ha comprato la frutta e la verdura per la sua famiglia ».

la laicità nell’islam (sul sito)

(Adel Jabbar)

Publié dans:FEDE E CULTURA, LAICITÀ |on 25 février, 2016 |Pas de commentaires »

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