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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA XXIII GIORNATA MONDIALE DEL MALATO 2015

http://w2.vatican.va/content/francesco/it/messages/sick/documents/papa-francesco_20141203_giornata-malato.html

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA XXIII GIORNATA MONDIALE DEL MALATO 2015

(è stata celebrata domenica 8 febbaio e mercoledì 11 per la B.V. di Lourdes)

Sapientia cordis.
«Io ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo zoppo»
(Gb 29,15)

Cari fratelli e sorelle,
in occasione della XXIII Giornata Mondiale del Malato, istituita da san Giovanni Paolo II, mi rivolgo a tutti voi che portate il peso della malattia e siete in diversi modi uniti alla carne di Cristo sofferente; come pure a voi, professionisti e volontari nell’ambito sanitario.
Il tema di quest’anno ci invita a meditare un’espressione del Libro di Giobbe: «Io ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo zoppo» (29,15). Vorrei farlo nella prospettiva della “sapientia cordis”, la sapienza del cuore.
1. Questa sapienza non è una conoscenza teorica, astratta, frutto di ragionamenti. Essa piuttosto, come la descrive san Giacomo nella sua Lettera, è «pura, poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, imparziale e sincera» (3,17). È dunque un atteggiamento infuso dallo Spirito Santo nella mente e nel cuore di chi sa aprirsi alla sofferenza dei fratelli e riconosce in essi l’immagine di Dio. Facciamo nostra, pertanto, l’invocazione del Salmo: «Insegnaci a contare i nostri giorni / e acquisteremo un cuore saggio» (Sal 90,12). In questa sapientia cordis, che è dono di Dio, possiamo riassumere i frutti della Giornata Mondiale del Malato.
2. Sapienza del cuore è servire il fratello. Nel discorso di Giobbe che contiene le parole «io ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo zoppo», si evidenzia la dimensione di servizio ai bisognosi da parte di quest’uomo giusto, che gode di una certa autorità e ha un posto di riguardo tra gli anziani della città. La sua statura morale si manifesta nel servizio al povero che chiede aiuto, come pure nel prendersi cura dell’orfano e della vedova (vv.12-13).
Quanti cristiani anche oggi testimoniano, non con le parole, ma con la loro vita radicata in una fede genuina, di essere “occhi per il cieco” e “piedi per lo zoppo”! Persone che stanno vicino ai malati che hanno bisogno di un’assistenza continua, di un aiuto per lavarsi, per vestirsi, per nutrirsi. Questo servizio, specialmente quando si prolunga nel tempo, può diventare faticoso e pesante. È relativamente facile servire per qualche giorno, ma è difficile accudire una persona per mesi o addirittura per anni, anche quando essa non è più in grado di ringraziare. E tuttavia, che grande cammino di santificazione è questo! In quei momenti si può contare in modo particolare sulla vicinanza del Signore, e si è anche di speciale sostegno alla missione della Chiesa.
3. Sapienza del cuore è stare con il fratello. Il tempo passato accanto al malato è un tempo santo. È lode a Dio, che ci conforma all’immagine di suo Figlio, il quale «non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mt 20,28). Gesù stesso ha detto: «Io sto in mezzo a voi come colui che serve» (Lc 22,27).
Chiediamo con viva fede allo Spirito Santo che ci doni la grazia di comprendere il valore dell’accompagnamento, tante volte silenzioso, che ci porta a dedicare tempo a queste sorelle e a questi fratelli, i quali, grazie alla nostra vicinanza e al nostro affetto, si sentono più amati e confortati. Quale grande menzogna invece si nasconde dietro certe espressioni che insistono tanto sulla “qualità della vita”, per indurre a credere che le vite gravemente affette da malattia non sarebbero degne di essere vissute!
4. Sapienza del cuore è uscire da sé verso il fratello. Il nostro mondo dimentica a volte il valore speciale del tempo speso accanto al letto del malato, perché si è assillati dalla fretta, dalla frenesia del fare, del produrre, e si dimentica la dimensione della gratuità, del prendersi cura, del farsi carico dell’altro. In fondo, dietro questo atteggiamento c’è spesso una fede tiepida, che ha dimenticato quella parola del Signore che dice: «L’avete fatto a me» (Mt 25,40).
Per questo, vorrei ricordare ancora una volta «l’assoluta priorità dell’“uscita da sé verso il fratello” come uno dei due comandamenti principali che fondano ogni norma morale e come il segno più chiaro per fare discernimento sul cammino di crescita spirituale in risposta alla donazione assolutamente gratuita di Dio» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 179). Dalla stessa natura missionaria della Chiesa sgorgano «la carità effettiva per il prossimo, la compassione che comprende, assiste e promuove» (ibid.).
5. Sapienza del cuore è essere solidali col fratello senza giudicarlo. La carità ha bisogno di tempo. Tempo per curare i malati e tempo per visitarli. Tempo per stare accanto a loro come fecero gli amici di Giobbe: «Poi sedettero accanto a lui in terra, per sette giorni e sette notti. Nessuno gli rivolgeva una parola, perché vedevano che molto grande era il suo dolore» (Gb 2,13). Ma gli amici di Giobbe nascondevano dentro di sé un giudizio negativo su di lui: pensavano che la sua sventura fosse la punizione di Dio per una sua colpa. Invece la vera carità è condivisione che non giudica, che non pretende di convertire l’altro; è libera da quella falsa umiltà che sotto sotto cerca approvazione e si compiace del bene fatto.
L’esperienza di Giobbe trova la sua autentica risposta solo nella Croce di Gesù, atto supremo di solidarietà di Dio con noi, totalmente gratuito, totalmente misericordioso. E questa risposta d’amore al dramma del dolore umano, specialmente del dolore innocente, rimane per sempre impressa nel corpo di Cristo risorto, in quelle sue piaghe gloriose, che sono scandalo per la fede ma sono anche verifica della fede (cfr Omelia per la canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, 27 aprile 2014).
Anche quando la malattia, la solitudine e l’inabilità hanno il sopravvento sulla nostra vita di donazione, l’esperienza del dolore può diventare luogo privilegiato della trasmissione della grazia e fonte per acquisire e rafforzare la sapientia cordis. Si comprende perciò come Giobbe, alla fine della sua esperienza, rivolgendosi a Dio possa affermare: «Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto» (42,5). Anche le persone immerse nel mistero della sofferenza e del dolore, accolto nella fede, possono diventare testimoni viventi di una fede che permette di abitare la stessa sofferenza, benché l’uomo con la propria intelligenza non sia capace di comprenderla fino in fondo.
6. Affido questa Giornata Mondiale del Malato alla protezione materna di Maria, che ha accolto nel grembo e generato la Sapienza incarnata, Gesù Cristo, nostro Signore.

O Maria, Sede della Sapienza, intercedi quale nostra Madre per tutti i malati e per coloro che se ne prendono cura. Fa’ che, nel servizio al prossimo sofferente e attraverso la stessa esperienza del dolore, possiamo accogliere e far crescere in noi la vera sapienza del cuore.

Accompagno questa supplica per tutti voi con la mia Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 3 dicembre 2014

Memoria di San Francesco Saverio

 

PAPA BENEDETTO: «VA’ E ANCHE TU FA’ LO STESSO» – Messaggio del Papa per la Giornata Mondiale del Malato 2013

http://www.zenit.org/article-34888?l=italian

«VA’ E ANCHE TU FA’ LO STESSO»

Messaggio del Papa per la Giornata Mondiale del Malato 2013

CITTA’ DEL VATICANO, Tuesday, 8 January 2013 (Zenit.org).
Pubblichiamo di seguito il messaggio di papa Benedetto XVI per la XXI Giornata Mondiale del Malato, in programma l’11 febbraio prossimo, memoria liturgica della Madonna di Lourdes. Quest’anno, la Giornata verrà celebrata in forma solenne presso il santuario mariano di Altötting, in Baviera (Germania).
***
«Va’ e anche tu fa’ lo stesso» (Lc 10, 37)
Cari fratelli e sorelle!
1. L’11 febbraio 2013, memoria liturgica della Beata Vergine Maria di Lourdes, si celebrerà in forma solenne, presso il Santuario mariano di Altötting, la XXI Giornata Mondiale del Malato. Tale giornata è per i malati, per gli operatori sanitari, per i fedeli cristiani e per tutte le persone di buona volontà «momento forte di preghiera, di condivisione, di offerta della sofferenza per il bene della Chiesa e di richiamo per tutti a riconoscere nel volto del fratello infermo il Santo Volto di Cristo che, soffrendo, morendo e risorgendo ha operato la salvezza dell’umanità» (Giovanni Paolo II, Lettera istitutiva della Giornata Mondiale del Malato, 13 maggio 1992, 3). In questa circostanza, mi sento particolarmente vicino a ciascuno di voi, cari ammalati che, nei luoghi di assistenza e di cura o anche a casa, vivete un difficile momento di prova a causa dell’infermità e della sofferenza. A tutti giungano le parole rassicuranti dei Padri del Concilio Ecumenico Vaticano II: «Non siete né abbandonati, né inutili: voi siete chiamati da Cristo, voi siete la sua trasparente immagine» (Messaggio ai poveri, ai malati e ai sofferenti).
2. Per accompagnarvi nel pellegrinaggio spirituale che da Lourdes, luogo e simbolo di speranza e di grazia, ci conduce verso il Santuario di Altötting, vorrei proporre alla vostra riflessione la figura emblematica del Buon Samaritano (cfr Lc 10,25-37). La parabola evangelica narrata da san Luca si inserisce in una serie di immagini e racconti tratti dalla vita quotidiana, con cui Gesù vuole far comprendere l’amore profondo di Dio verso ogni essere umano, specialmente quando si trova nella malattia e nel dolore. Ma, allo stesso tempo, con le parole conclusive della parabola del Buon Samaritano, «Va’ e anche tu fa’ lo stesso» (Lc 10,37), il Signore indica qual è l’atteggiamento che deve avere ogni suo discepolo verso gli altri, particolarmente se bisognosi di cura. Si tratta quindi di attingere dall’amore infinito di Dio, attraverso un’intensa relazione con Lui nella preghiera, la forza di vivere quotidianamente un’attenzione concreta, come il Buon Samaritano, nei confronti di chi è ferito nel corpo e nello spirito, di chi chiede aiuto, anche se sconosciuto e privo di risorse. Ciò vale non solo per gli operatori pastorali e sanitari, ma per tutti, anche per lo stesso malato, che può vivere la propria condizione in una prospettiva di fede: «Non è lo scansare la sofferenza, la fuga davanti al dolore, che guarisce l’uomo, ma la capacità di accettare la tribolazione e in essa di maturare, di trovare senso mediante l’unione con Cristo, che ha sofferto con infinito amore» (Enc. Spe salvi, 37).
3. Vari Padri della Chiesa hanno visto nella figura del Buon Samaritano Gesù stesso, e nell’uomo incappato nei briganti Adamo, l’Umanità smarrita e ferita per il proprio peccato (cfr Origene, Omelia sul Vangelo di Luca XXXIV, 1-9; Ambrogio, Commento al Vangelo di san Luca, 71-84;  Agostino,  Discorso 171). Gesù è il Figlio di Dio, Colui che rende presente l’amore del Padre, amore  fedele, eterno, senza barriere né confini. Ma Gesù è anche Colui che “si spoglia” del suo “abito divino”, che si abbassa dalla sua “condizione” divina, per assumere forma umana (Fil 2,6-8) e accostarsi al dolore dell’uomo, fino a scendere negli inferi, come recitiamo nel Credo, e portare speranza e luce. Egli non considera un tesoro geloso il suo essere uguale a Dio, il suo essere Dio (cfr Fil 2,6), ma si china, pieno di misericordia, sull’abisso della sofferenza umana, per versare l’olio della consolazione e il vino della speranza.
4. L’Anno della fede che stiamo vivendo costituisce un’occasione propizia per intensificare la diaconia della carità nelle nostre comunità ecclesiali, per essere ciascuno buon samaritano verso l’altro, verso chi ci sta accanto. A questo proposito, vorrei richiamare alcune figure, tra le innumerevoli nella storia della Chiesa, che hanno aiutato le persone malate a valorizzare la sofferenza sul piano umano e spirituale, affinché siano di esempio e di stimolo. Santa Teresa del Bambino Gesù e del Volto Santo, “esperta della scientia amoris” (Giovanni Paolo II, Lett. ap., Novo Millennio ineunte, 42), seppe vivere «in unione profonda alla Passione di Gesù» la malattia che la condusse «alla morte attraverso grandi sofferenze». (Udienza Generale, 6 aprile 2011). Il Venerabile Luigi Novarese, del quale molti ancora oggi serbano vivo il ricordo, nell’esercizio del suo ministero avvertì in modo particolare l’importanza della preghiera per e con gli ammalati e i sofferenti, che accompagnava spesso nei Santuari mariani, in speciale modo alla grotta di Lourdes. Mosso dalla carità verso il prossimo, Raoul Follereau ha dedicato la propria vita alla cura delle persone affette dal morbo di Hansen sin nelle aree più remote del pianeta, promuovendo fra l’altro la Giornata Mondiale contro la Lebbra. La beata Teresa di Calcutta iniziava sempre la sua giornata incontrando Gesù nell’Eucaristia, per uscire poi nelle strade con la corona del Rosario in mano ad incontrare e servire il Signore presente nei sofferenti, specialmente in coloro che sono “non voluti, non amati, non curati”. Sant’Anna Schäffer di Mindelstetten seppe, anche lei, in modo esemplare unire le proprie sofferenze a quelle di Cristo: «il letto di dolore diventò… cella conventuale e la sofferenza costituì il suo servizio missionario… Confortata dalla Comunione quotidiana, ella diventò un’instancabile strumento di intercessione nella preghiera e un riflesso dell’amore di Dio per molte persone che cercavano il suo consiglio» (Omelia per la canonizzazione, 21 ottobre 2012). Nel Vangelo emerge la figura della Beata Vergine Maria, che segue il Figlio sofferente fino al supremo sacrificio sul Golgota. Ella non perde mai la speranza nella vittoria di Dio sul male, sul dolore e sulla morte, e sa accogliere con lo stesso abbraccio di fede e di amore il Figlio di Dio nato nella grotta di Betlemme e morto sulla croce. La sua ferma fiducia nella potenza divina viene illuminata dalla Risurrezione di Cristo, che dona speranza a chi si trova nella sofferenza e rinnova la certezza della vicinanza e della consolazione del Signore.
5. Vorrei infine rivolgere il mio pensiero di viva riconoscenza e di incoraggiamento alle istituzioni sanitarie cattoliche e alla stessa società civile, alle diocesi, alle comunità cristiane, alle famiglie religiose impegnate nella pastorale sanitaria, alle associazioni degli operatori sanitari e del volontariato. In tutti possa crescere la consapevolezza che «nell’accoglienza amorosa e generosa di ogni vita umana, soprattutto se debole e malata, la Chiesa vive oggi un momento fondamentale della sua missione» (Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Christifideles laici, 38).
Affido questa XXI Giornata Mondiale del Malato all’intercessione della Santissima Vergine Maria delle Grazie venerata ad Altötting, affinché accompagni sempre l’umanità sofferente, in cerca di sollievo e di ferma speranza, aiuti tutti coloro che sono coinvolti nell’apostolato della misericordia a diventare dei buoni samaritani per i loro fratelli e sorelle provati dalla malattia e dalla sofferenza, mentre ben volentieri imparto la Benedizione Apostolica.
Dal Vaticano, 2 gennaio 2013

XII GIORNATA MONDIALE DEL MALATO – CARD. BARRAGAN, LOURDES 11.2.2004

dal sito:

http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/hlthwork/documents/rc_pc_hlthwork_doc_20040211_barragan-lourdes_it.html
 
XII GIORNATA MONDIALE DEL MALATO

OMELIA DEL CARDINALE JAVIER LOZANO BARRAGÁN

Basilica di san Pio X, Lourdes

Mercoledì, 11 febbraio 2004

Le utopie divengono pericolose perché, benché significhino ardenti desideri del cuore, restano nell’ambito della fantasia e ci allontanano dalla realtà. Ma, comunque, servono come stimolo per avanzare ed a loro modo riflettono l’asse teleologica di ogni cultura. Quando l’utopia più meravigliosa diventa una stupenda realtà, allora quest’utopia diventata « topia », vita, realtà nuda, costituisce effettivamente l’asse autentica culturale, unica degna di questo nome, vera teleologia culturale universale.
Questo accade con la morte e risurrezione di Cristo: la cultura è la vita, la anticultura, la morte; l’unica finalità della cultura è la vita; quando sulla vita incombe lo spavento quotidiano della morte, la vera cultura consisterà nel trovare l’antidoto della morte. L’uomo d’ogni tempo e d’ogni luogo ha cercato sempre questo rimedio, ma nei nostri giorni, stanco di una ricerca che gli è sembrata inutile, si rifugia in uno scetticismo paralizzante insieme con l’epicureismo concomitante di una globalizzazione predominante economica, secondo quello del « beviamo e mangiamo che domani moriremo ». E, inebriato dal progresso tecnologico, reagisce fortemente contro qualsiasi cosa che gli indichi levare il volto, trascendere il quotidiano e guardare l’orizzonte vero della vita nell’approfondimento storico del Dio fatto uomo che in beneficio di Lui vince la morte con la sua risurrezione. Se accetta quest’orizzonte, allora la cultura riceve il suo vero senso nel mistero fecondo d’insaziabili novità, che colloca la virtù della speranza nel centro motore di una storia che avanza in linea progressiva verso una novità insospettabile.
Proprio in questo contesto abbiamo pensato di celebrare la XII Giornata Mondiale del Malato a Lourdes partendo dal Dogma dell’Immacolata Concezione nel suo rapporto con la salute, inserita nelle radici cristiane dell’Europa. Così intendiamo rinnovare la Pastorale della Salute nel mondo ed in particolare in Europa, attraverso la celebrazione del 150° anniversario della proclamazione del suddetto Dogma.
Il Santo Padre Giovanni Paolo II, nel Suo Messaggio per questa Giornata mondiale del malato che poco fa abbiamo ascoltato, appunto ci dice che « L’Immacolata Concezione prelude all’intreccio armonioso tra il « sì » di Dio e il « sì » che Maria pronuncerà… Questo suo « sì », a nome dell’umanità, riapre al mondo le porte del Paradiso, grazie all’incarnazione del Verbo di Dio nel suo seno ad opera dello Spirito Santo (Cfr Lc 1, 35). L’originario progetto della creazione viene così restaurato e potenziato in Cristo, ed in tale progetto trova posto anche lei, la Vergine Madre. È qui la chiave di volta della storia: con l’Immacolata Concezione di Maria ha avuto inizio la grande opera della Redenzione, che si è attuata nel sangue prezioso di Cristo. In Lui ogni persona è chiamata a realizzarsi in pienezza fino alla perfezione della santità (cfr Col 1, 28). L’Immacolata Concezione è, pertanto, l’alba promettente del giorno radioso di Cristo, il quale con la sua morte e risurrezione ristabilirà la piena armonia fra Dio e l’umanità. Se Gesù è la sorgente della vita che vince la morte, Maria è la madre premurosa che viene incontro alle attese dei suoi figli, ottenendo per loro la salute dell’anima e del corpo. È questo il messaggio che il Santuario di Lourdes costantemente ripropone a devoti e pellegrini. Questo è anche il significato delle guarigioni corporali e spirituali che si registrano alla grotta di Massabielle » (Messaggio del Santo Padre al Presidente del Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari per la Giornata mondiale del malato, nn 2-3, Vaticano, 1 dicembre 2003).
La cultura cristiana d’Europa porta nei suoi elementi più importanti il desiderio di capire la natura nella sua intima costituzione e trasformarla per la propria utilità; l’anelito della convivenza universale, appoggiata nella obiettiva ordinazione sociale espressa da leggi appropriate; la riconoscenza ed il rispetto del creato come dono che Iddio fa agli uomini; e come il fatto chiave ed unica teleologia valida di tutta la Storia dell’umanità: l’Incarnazione del Figlio di Dio e la sua morte e risurrezione salvifiche alle quali ci incorporiamo per vincere il male ed ottenere la salvezza.
I due ultimi elementi radicali si sono profondamente inculturati nei due primi, facendo della somma dei quattro la radice più profonda della cultura europea. Ma allo stesso tempo constatiamo che questi, nella modernità e specialmente nella post modernità, sono contestati. In particolare si rifiuta il fatto centrale, vale a dire, Cristo come unica salvezza e come teleologia decisiva della storia e della cultura.
Nella negazione della Trascendenza cristiana non desta meraviglia che la salute sia definita come « uno stato di benessere perfetto, fisico, mentale e sociale, e non soltanto la carenza di malattie », cadendo così in una mera utopia, dato che questo genere di salute è soltanto un’illusione.
Nel Messaggio giubilare per la Giornata Mondiale del Malato del 2000, Giovanni Paolo II si avvale piuttosto di una distinta descrizione della salute: è d’accordo che non consista soltanto nella carenza di malattie, però non la ritiene come uno stato di benessere perfetto, ma come una tensione verso l’armonia, non soltanto fisica, mentale e sociale, ma anche psichica e spirituale (Cf. Messaggio giubilare per la Giornata Mondiale del Malato, 6 agosto 1999, n. 13).
Quando nel Messaggio odierno il Papa ci parla dell’intreccio tra il « sì » di Dio nel progetto originale che aveva per creare l’uomo, ed il « sì » che pronuncia Maria, a nome di tutta l’umanità, per diventare Madre di Dio, allora si realizza la pienezza dell’armonia distorta anticamente dal peccato del primo uomo, e nasce il secondo Adamo, il vero primo uomo, in totale armonia con Dio, Cristo Signore; Figlio della seconda Eva, la vera Madre dei viventi, Maria, in piena armonia con il Signore Dio fin dal primo momento del suo concepimento: dalla sua Immacolata Concezione.
Questa armonia mariana dovrà essere molto dolorosa, significherà la Passione e la Croce insieme a Cristo: è la spada di dolore profetizzata da Simeone; sarà un’armonia sofferente, è vero, ma vittoriosa nella risurrezione ed Ascensione di Cristo: questa vittoria significherà la Assunzione di Maria.
L’Immacolata Concezione ha portato Maria fino alla piena armonia e alla piena salute nell’Assunzione attraverso il cammino doloroso della croce. In Lei si è dipinto il modello cristiano della vera salute che nel suo Figlio pendeva dalla croce ed è fiorita nella Risurrezione. Da allora, la vera tensione verso l’unica armonia possibile è la croce gioiosa. Perciò possiamo dire che la salute non è soltanto la carenza di malattie, ma la croce gioiosa, fisica, psichica, sociale e spirituale, che è propriamente l’unica tensione accettabile verso la vera armonia. Qui la croce si « spiritualizza », vale a dire, lo Spirito Santo, per il suo Amore Onnipotente fa sì che la croce, da essere l’orrenda morte, diventi gioiosa e fonte di vita e di felicità, vera armonia e vera salute: « Ubi salus mundi pependit ».
Questa gioia ci spinge a procrastinare e fare presente oggi la solida speranza della risurrezione, perché l’Amore dello Spirito esige la guarigione come annunzio della presenza ormai del Regno di Dio. Questo è il senso dei miracoli di guarigione che Cristo realizza, e questo è il senso del paradigma cristiano della salute, Logo del nostro Dicastero: il Buon Samaritano.
Capire l’Immacolata Concezione come pienezza d’armonia, sarebbe ritornare con vera novità alle radici della cultura cristiana europea. E sarebbe anche capire Lourdes come luogo nel quale Dio, per intercessione della Madonna, concede tante volte la guarigione applicando la redenzione che Cristo ci offre. Così Lourdes diventa un centro privilegiato della Nuova Evangelizzazione della cultura europea, come presenza attuale del Regno di Dio che è armonia, pace e salute, nella nascita di una nuova comunità di nazioni che voglia sorgere vigorosa e piena, al di là di una menomazione dovuta ad una riduzione di meri interessi economici.
Voglia il Signore Gesù, attraverso l’Immacolata Concezione di Sua Madre Maria, dare nuovo vigore alla cultura europea, propiziare una nuova evangelizzazione che, partendo dalla salute di questo Santuario di Lourdes, veramente inculturi il Messaggio evangelico nelle radici più profonde della Nuova Europa. Che la salute, intesa come armonia, pace, gioia, felicità e progresso medico tecnico e scientifico, rispettoso della vita umana, posto a beneficio di tutti, sia il mantello materno con il quale l’Immacolata Concezione, Nostra Signora di Lourdes, copra tutti i suoi figli che con tanto amore la venerano.

Diritto alla vita o alla morte? (L’11 febbraio si celebrerà la 19°Giornata del malato)

dal sito:

http://www.zenit.org/article-25427?l=italian

Diritto alla vita o alla morte?

L’11 febbraio si celebrerà la 19°Giornata del malato

di Felice Previte*

ROMA, mercoledì, 2 febbraio 2011 (ZENIT.org).- L’11 febbraio di ogni anno viene ricordata la “Giornata del malato”, soprattutto quello debole ed indifeso che come tale viene riconfermato anche dalla Costituzione Europea promulgata recentemente.
In questo giorno, peraltro, non può essere disatteso il pensiero anche nei riguardi di tutti quei malati che portano nel loro corpo i segni di una grande sofferenza psico-fisica.
Ma non possono essere disconosciuti i familiari, le loro ansie, speranze, necessità, mentre la società civile, malgrado tutto anche se in una solidarietà esteriore, continua a chiudersi nel guscio del proprio egoismo.
Nella nostra storia contemporanea si vuole introdurre con il termine eutanasia non più l’assistenza affettuosa al malato, ma un’azione con la quale per una qualunque ragione si vuol porre fine alla sofferenza per una morte indolore.
Per fare qualche esempio: l’eutanasia neonatale, cioè quella autorizzazione ad “eliminare” bambini sotto i 12 anni portatori di gravi malattie o di infinite malformazioni, mali incurabili (vedi legge in Olanda); l’eutanasia sociale, cioè quella autorizzazione ad “eliminare” anziani con gravi malattie che comportano una spesa sociale per una lunga degenza o una lunga cura; l’eutanasia sanitaria, cioè quella autorizzazione ad “eliminare” pazienti mediante somministrazione di sostanze tossiche, come esecrabili fatti su cui una cruda cronaca, anche recente, ci informa.
Per i cristiani l’uomo è creatura di Dio, Magistero della Chiesa rinnovato dal beato Giovanni Paolo II nell’Enciclica “Evangelium Vitae” che sull’eutanasia afferma essere “…uccisione deliberata moralmente, inaccettabile di una persona umana”.
Per il mondo civile l’essere umano, la persona, la ragione e la logica non chiedono di morire, ma di vivere.
Spesso, però, la cronaca ci porta a conoscenza drammi che si consumano nella solitudine delle famiglie.
Quando la malattia pone nella situazione di sofferenza fisica, ma soprattutto nella patologia psichica, il compito della comunità (= Istituzioni) devono concorrere ad un maggiore impegno di tutela del “malato” ormai “dimenticato e defraudato del proprio diritto”.
La patologia mentale, spesso cronica, costituisce uno stato di emergenza latente perché il sofferente spesso è un elemento disgregante della famiglia stessa, ma soprattutto della società. Mentre quest’ultima deve anelare alla speranza di risoluzione di questo disagio sociale e non all’emarginazione che di fatto avviene malgrado ogni affermazione anche di natura istituzionale.
Il “malato” deve uscire dal lungo buio tunnel della disperazione e della sofferenza che da ben 33 anni non vede uno spiraglio di luce.
Per le famiglie il vero dramma è costituito dalle varie malattie, e sono molte e gravi, ma sopratutto dalla solitudine in cui spesso vengono a trovarsi.
Nel campo della solidarietà la Costituzione Europea rinnova e garantisce nel Titolo 4° art. II-94-95 la sicurezza sociale e la protezione della salute con “un livello di protezione della salute umana” che ci auguriamo sia per tutti i malati degli Stati d’Europa.
Solo in questa maniera possiamo considerare la celebrazione di questa Giornata un evento che non sia solo rievocazione, ma anche un fatto costruttivo, denso e pieno di significati.

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*Felice Previte è Presidente dell’associazione Cristiani per servire (http://digilander.libero.it/cristianiperservire)

Publié dans:GIORNATA MONDIALE DEL MALATO |on 4 février, 2011 |Pas de commentaires »

Santa Bernadette, un’icona della pastorale della salute

dal sito:

http://www.zenit.org/article-21354?l=italian

Santa Bernadette, un’icona della pastorale della salute

Le sue reliquie a Roma per la festa della Madonna di Lourdes

di Carmen Elena Villa

CITTA’ DEL VATICANO, giovedì, 11 febbraio 2010 (ZENIT.org).- La presenza delle reliquie di Santa Bernadette (1844 – 1879) a Roma ha attirato migliaia di fedeli provenienti da varie parti del mondo.

Il 9 e il 10 febbraio la Basilica di Santa Maria Maggiore, il più grande tempio del mondo dedicato alla Madonna, ha accolto le reliquie della Santa con una presenza moltitudinaria.

Questo giovedì, per commemorare la Giornata Mondiale del Malato e la festa della Madonna di Lourdes, si è svolta a Roma una processione da Castel Sant’Angelo a Piazza San Pietro, percorrendo tutta Via della Conciliazione.

Dopo la processione è iniziata la Messa, presieduta da Benedetto XVI, per la celebrazione della Giornata Mondiale del Malato, alla presenza dell’immagine della Madonna di Lourdes.

Che cos’ha di speciale Santa Bernadette, oltre ad essere stata testimone oculare delle apparizioni della Madonna di Lourdes 152 anni fa? Ha parlato di questo tema il Vescovo della Diocesi, Jaques Perrier, in un incontro con la stampa svoltosi nella Santa Sede durante il quale sono state rese note le iniziative per i 25 anni del Pontificio Consiglio per la Salute.

Bernadette: apostolo dei malati e degli infermieri

La figura di questa Santa ha molto da dire alla Pastorale della Salute. Per questo il dicastero vaticano che si dedica a questo settore è stato fondato proprio nel giorno della Madonna di Lourdes, e per questa ragione in questo giorno si celebra la Giornata Mondiale del Malato.

Secondo monsignor Perrier, Bernadette era la « malata » preferita di uno dei suoi medici. La Santa Contrasse il colera quando era piccola, e come conseguenza di questa malattia soffrì d’asma per tutta la vita. Dopo essere diventata religiosa ebbe anche un tumore alla gamba estremamente doloroso che la faceva zoppicare.

Monsignor Perrier ha dichiarato che la Santa « ha assunto la condizione di paziente, senza lamentele », e che umanamente « detestava la sofferenza », ma « ha accettato di soffrire in unione a Cristo », non con un senso di masochismo, ma in una vera visione di sacrificio.

Oltre a questo, Bernadette era un’ »infermiera esemplare », che si prendeva cura delle consorelle nel convento delle Figlie della Carità di Nevers (Francia), dove entrò nel 1866, otto anni dopo aver ricevuto le apparizioni della Madonna.

Monsignor Perrier ha anche ricordato il « senso dell’umorismo » della Santa, così come la sua « carità » con le consorelle malate.

Per guarire serve la fede

Durante le apparizioni, Bernadette trovò su indicazione della Vergine una fonte di acqua miracolosa. Fonte alla quale accorrono ancora oggi migliaia di persone malate provenienti da tutto il mondo.

L’acqua della fonte è stata analizzata da vari laboratori indipendenti, che hanno verificato che la sua composizione è normale. Ad ogni modo, da allora sono avvenute più di 2.500 guarigioni inspiegabili per la scienza, 67 delle quali sono state riconosciute ufficialmente come miracolose dalla Santa Sede.

Parlando di questo, monsignor Perrier ha ricordato che Gesù, prima di curare il paralitico, gli disse « Ti sono rimessi i peccati » (Mc 2, 3-12). Ma lo guarì anche.

Queste guarigioni, ha affermato, sono « in comunione con la prospettiva evangelica » e con la fede che i malati hanno quando si avvicinano alla fonte d’acqua. I pazienti che non vengono curati fisicamente « non tornano da Lourdes delusi o disperati », ha aggiunto, ma accettano la volontà di Dio.

Pontefici pellegrini a Lourdes

Monsignor Perrier ha segnalato anche la devozione speciale degli ultimi due Pontefici per il Santuario di Lourdes.

Il Vescovo ha confessato a ZENIT che Giovanni Paolo II, pur citando sempre Czestochowa e Fatima, quando parlava dei santuari mariani affermava che Lourdes era « sempre il primo della lista ».

E’ necessario, ha aggiunto il presule, che quanti sono coinvolti nella Pastorale della Salute rileggano i discorsi che Giovanni Paolo II pronunciò ai malati durante il suo viaggio a Lourdes nel 1983, due anni dopo aver subito l’attentato in Piazza San Pietro. « Il Papa parlava con cognizione di causa, i suoi discorsi non furono idealisti », ha sottolineato.

Giovanni Paolo II si recò di nuovo a Lourdes nel 2004. Fu il suo ultimo viaggio fuori dall’Italia. Questo fatto, ha rivelato monsignor Perrier, « fu un’enorme consolazione per gli handicappati e gli infermi ».

Il presule ha anche ricordato il viaggio di Benedetto XVI nel 2008, in occasione della celebrazione dei 150 anni delle apparizioni di Lourdes. Il 15 settembre amministrò il sacramento dell’unzione degli infermi a 12 malati di varie età e condizioni. « Rimarrà nella storia come il Papa che ha dato pubblicamente l’unzione dei malati », ha concluso il Vescovo.

Publié dans:GIORNATA MONDIALE DEL MALATO, Santi |on 13 février, 2010 |Pas de commentaires »

Benedetto XVI: la Chiesa promuove un mondo che accolga i malati

dal sito:

http://www.zenit.org/article-21351?l=italian

Benedetto XVI: la Chiesa promuove un mondo che accolga i malati

Omelia nella XVIII Giornata Mondiale del Malato

CITTA’ DEL VATICANO, giovedì, 11 febbraio 2010 (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito l’omelia pronunciata da Papa Benedetto XVI durante la Messa celebrata nella Basilica di San Pietro nella XVIII Giornata Mondiale del Malato e nel XXV anniversario della fondazione del Pontificio Consiglio per la Pastorale degli Agenti Sanitari. Durante la celebrazione erano presenti le reliquie di Santa Bernadette Soubirous, testimone delle apparizioni della Madonna a Lourdes, la cui memoria liturgica si celebra questo giovedì.

* * *

Signori Cardinali,

venerati Fratelli nell’episcopato,

cari fratelli e sorelle!

I Vangeli, nelle sintetiche descrizioni della breve ma intensa vita pubblica di Gesù, attestano che egli annuncia la Parola e opera guarigioni di malati, segno per eccellenza della vicinanza del Regno di Dio. Ad esempio, Matteo scrive: « Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo » (Mt 4,23; cfr 9,35). La Chiesa, cui è affidato il compito di prolungare nello spazio e nel tempo la missione di Cristo, non può disattendere queste due opere essenziali: evangelizzazione e cura dei malati nel corpo e nello spirito. Dio, infatti, vuole guarire tutto l’uomo e nel Vangelo la guarigione del corpo è segno del risanamento più profondo che è la remissione dei peccati (cfr Mc 2,1-12). Non meraviglia, dunque, che Maria, madre e modello della Chiesa, sia invocata e venerata come « Salus infirmorum », « Salute dei malati ». Quale prima e perfetta discepola del suo Figlio, Ella ha sempre mostrato, nell’accompagnare il cammino della Chiesa, una speciale sollecitudine per i sofferenti. Ne danno testimonianza le migliaia di persone che si recano nei santuari mariani per invocare la Madre di Cristo e trovano in lei forza e sollievo. Il racconto evangelico della Visitazione (cfr Lc 1,39-56) ci mostra come la Vergine, dopo l’annuncio dell’Angelo, non tenne per sé il dono ricevuto, ma partì subito per andare ad aiutare l’anziana cugina Elisabetta, che da sei mesi portava in grembo Giovanni. Nel sostegno offerto da Maria a questa parente che vive, in età avanzata, una situazione delicata come la gravidanza, vediamo prefigurata tutta l’azione della Chiesa a sostegno della vita bisognosa di cura.

Il Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, istituito 25 anni or sono dal Venerabile Giovanni Paolo II, è senza dubbio un’espressione privilegiata di tale sollecitudine. Il pensiero va con riconoscenza al Cardinale Fiorenzo Angelini, primo Presidente del Dicastero e da sempre appassionato animatore di questo ambito di attività ecclesiale; come pure al Cardinale Javier Lozano Barragán, che fino a pochi mesi fa ha dato continuità ed incremento a tale servizio. Con viva cordialità rivolgo, poi, all’attuale Presidente, Mons. Zygmunt Zimowski, che ha assunto tale significativa ed importante eredità, il mio saluto, che estendo a tutti gli officiali ed al personale che in questo quarto di secolo hanno lodevolmente collaborato in tale ufficio della Santa Sede. Desidero, inoltre, salutare le associazioni e gli organismi che curano l’organizzazione della Giornata del Malato, in particolare l’UNITALSI e l’Opera Romana Pellegrinaggi. Il benvenuto più affettuoso va naturalmente a voi, cari malati! Grazie di essere venuti e soprattutto della vostra preghiera, arricchita dall’offerta delle vostre fatiche e sofferenze. E il saluto si dirige poi agli ammalati e ai volontari collegati con noi da Lourdes, Fatima, Czestochowa e dagli altri Santuari mariani, a quanti seguono mediante la radio e la televisione, specialmente dalle case di cura o dalle proprie abitazioni. Il Signore Iddio, che veglia costantemente sui suoi figli, dia a tutti conforto e consolazione.

Due sono i temi principali che presenta oggi la liturgia della Parola: il primo è di carattere mariano e collega il Vangelo e la prima lettura, tratta dal capitolo finale del Libro di Isaia, come pure il Salmo responsoriale, ricavato dal cantico di lode a Giuditta. L’altro tema, che troviamo nel brano della Lettera di Giacomo, è quello della preghiera della Chiesa per i malati e, in particolare, del sacramento a loro riservato. Nella memoria delle apparizioni a Lourdes, luogo prescelto da Maria per manifestare la sua materna sollecitudine per gli infermi, la liturgia riecheggia opportunamente il Magnificat, il cantico della Vergine che esalta le meraviglie di Dio nella storia della salvezza: gli umili e gli indigenti, come tutti coloro che temono Dio, sperimentano la sua misericordia, che ribalta le sorti terrene e dimostra così la santità del Creatore e Redentore. Il Magnificat non è il cantico di coloro ai quali arride la fortuna, che hanno sempre « il vento in poppa »; è piuttosto il ringraziamento di chi conosce i drammi della vita, ma confida nell’opera redentrice di Dio. È un canto che esprime la fede provata di generazioni di uomini e donne che hanno posto in Dio la loro speranza e si sono impegnati in prima persona, come Maria, per essere di aiuto ai fratelli nel bisogno. Nel Magnificat sentiamo la voce di tanti Santi e Sante della carità, penso in particolare a quelli che hanno speso la loro vita tra i malati e i sofferenti, come Camillo de Lellis e Giovanni di Dio, Damiano de Veuster e Benedetto Menni. Chi rimane a lungo vicino alle persone sofferenti, conosce l’angoscia e le lacrime, ma anche il miracolo della gioia, frutto dell’amore.

La maternità della Chiesa è riflesso dell’amore premuroso di Dio, di cui parla il profeta Isaia: « Come una madre consola un figlio, / così io vi consolerò; / a Gerusalemme sarete consolati » (Is 66,13). Una maternità che parla senza parole, che suscita nei cuori la consolazione, una gioia intima, una gioia che paradossalmente convive con il dolore, con la sofferenza. La Chiesa, come Maria, custodisce dentro di sé i drammi dell’uomo e la consolazione di Dio, li tiene insieme, lungo il pellegrinaggio della storia. Attraverso i secoli, la Chiesa mostra i segni dell’amore di Dio, che continua ad operare cose grandi nelle persone umili e semplici. La sofferenza accettata e offerta, la condivisione sincera e gratuita, non sono forse miracoli dell’amore? Il coraggio di affrontare il male disarmati – come Giuditta -, con la sola forza della fede e della speranza nel Signore, non è un miracolo che la grazia di Dio suscita continuamente in tante persone che spendono tempo ed energie per aiutare chi soffre? Per tutto questo noi viviamo una gioia che non dimentica la sofferenza, anzi, la comprende. In questo modo i malati e tutti i sofferenti sono nella Chiesa non solo destinatari di attenzione e di cura, ma prima ancora e soprattutto protagonisti del pellegrinaggio della fede e della speranza, testimoni dei prodigi dell’amore, della gioia pasquale che fiorisce dalla Croce e dalla Risurrezione di Cristo.

Nel brano della Lettera di Giacomo, appena proclamato, l’Apostolo invita ad attendere con costanza la venuta ormai prossima del Signore e, in tale contesto, rivolge una particolare esortazione riguardante i malati. Questa collocazione è molto interessante, perché rispecchia l’azione di Gesù, che guarendo i malati mostrava la vicinanza del Regno di Dio. La malattia è vista nella prospettiva degli ultimi tempi, con il realismo della speranza tipicamente cristiano. « Chi tra voi è nel dolore, preghi; chi è nella gioia, canti inni di lode » (Gc 5,13). Sembra di sentire parole simili di san Paolo, quando invita a vivere ogni cosa in relazione alla radicale novità di Cristo, alla sua morte e risurrezione (cfr 1 Cor 7,29-31). « Chi è malato, chiami presso di sé i presbiteri della Chiesa ed essi preghino su di lui, ungendolo con olio nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato » (Gc 5,14-15). Qui è evidente il prolungamento di Cristo nella sua Chiesa: è ancora Lui che agisce, mediante i presbiteri; è il suo stesso Spirito che opera mediante il segno sacramentale dell’olio; è a Lui che si rivolge la fede, espressa nella preghiera; e, come accadeva alle persone guarite da Gesù, ad ogni malato si può dire: la tua fede, sorretta dalla fede dei fratelli e delle sorelle, ti ha salvato.

Da questo testo, che contiene il fondamento e la prassi del sacramento dell’Unzione dei malati, si ricava al tempo stesso una visione del ruolo dei malati nella Chiesa. Un ruolo attivo nel « provocare », per così dire, la preghiera fatta con fede. « Chi è malato, chiami i presbiteri ». In questo Anno Sacerdotale, mi piace sottolineare il legame tra i malati e i sacerdoti, una specie di alleanza, di « complicità » evangelica. Entrambi hanno un compito: il malato deve « chiamare » i presbiteri, e questi devono rispondere, per attirare sull’esperienza della malattia la presenza e l’azione del Risorto e del suo Spirito. E qui possiamo vedere tutta l’importanza della pastorale dei malati, il cui valore è davvero incalcolabile, per il bene immenso che fa in primo luogo al malato e al sacerdote stesso, ma anche ai familiari, ai conoscenti, alla comunità e, attraverso vie ignote e misteriose, a tutta la Chiesa e al mondo. In effetti, quando la Parola di Dio parla di guarigione, di salvezza, di salute del malato, intende questi concetti in senso integrale, non separando mai anima e corpo: un malato guarito dalla preghiera di Cristo, mediante la Chiesa, è una gioia sulla terra e nel cielo, è una primizia di vita eterna.

Cari amici, come ho scritto nell’Enciclica Spe salvi, « la misura dell’umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente. Questo vale per il singolo come per la società » (n. 30). Istituendo un Dicastero dedicato alla pastorale sanitaria, la Santa Sede ha voluto offrire il proprio contributo anche per promuovere un mondo più capace di accogliere e curare i malati come persone. Ha voluto, infatti, aiutarli a vivere l’esperienza dell’infermità in modo umano, non rinnegandola, ma offrendo ad essa un senso. Vorrei concludere queste riflessioni con un pensiero del Venerabile Papa Giovanni Paolo II, che egli ha testimoniato con la propria vita. Nella Lettera apostolica Salvifici doloris egli ha scritto: « Cristo allo stesso tempo ha insegnato all’uomo a far del bene con la sofferenza e a far del bene a chi soffre. In questo duplice aspetto egli ha svelato fino in fondo il senso della sofferenza » (n. 30). Ci aiuti la Vergine Maria a vivere pienamente questa missione. Amen!

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