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Martedì Santo – San Giovanni B. De La Salle: A ciascuno la sua croce

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http://www.meditazione-quotidiana.com/2009_04_05_archive.html

Martedì Santo – San Giovanni B. De La Salle

(Martedì, 7 aprile 2009)

A ciascuno la sua croce

Ogni uomo che nasce ha già accanto a sé, fin dalla nascita, una croce, che Dio ha stabilito per lui sin dall’eternità.

Pensare, pertanto, a un uomo senza croce è un assurdo.

È ovvio che le croci non sono tutte uguali, anzi, sono tutte distinte l’una dall’altra. E tutte fatte su misura: ogni croce si adatta bene a colui per il quale è stabilita.

Sapendo di dover portare necessariamente ciascuno una croce, vorremmo sceglierla nelle dimensioni e nel peso.

È un fatto umano, questo, ma insipiente, perché, se ci fosse dato di procedere a tale scelta, presto o tardi resteremmo delusi.

Accettiamo, allora, la croce che Dio, nella sua infinita sapienza, ha disposto per ciascuno di noi, e crediamo fermamente che il dolore della croce scaturisce dal suo amore.

Questo atteggiamento di fede alleggerisce il peso della croce, non ci consente di disprezzarla, ma ci aiuta ad amarla, nella consapevolezza che, se essa è un dono della sapienza e della bontà di Dio, non è durezza di cuore da parte sua metterla e lasciarla sulle nostre spalle.

San Paolo squarcia il velo che copre questo mistero quando scrive: «… completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo a favore del suo corpo, che è la Chiesa» (Col. 1,24); «Stiamo che le sofferenze del tempo presente non possano essere paragonate alla gloria futura che si rivelerà in noi» (Rom. 8,18); «… soffriamo con lui [Cristo], per essere con Lui glorificati» (Rom. 8,17).

Approfondiamo ognor più queste considerazioni e convinzioni e aiutiamo gli altri a entrare nell’intimo di tali verità: sarà per tutti la soluzione di uno dei più grandi e misteriosi problemi della vita.

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L’uomo immerso nel mistero pasquale

dal sito:

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L’uomo immerso nel mistero pasquale
 
Stiamo entrando nella Settimana Santa. In essa la liturgia della Chiesa celebra i grandi eventi della nostra salvezza. Centrati sulla passione, morte per crocifissione, sepoltura e risurrezione di Gesù Cristo. Questi quattro eventi, cui va aggiunta l’ascensione al cielo, con il conseguente invio dello Spirito, vissuti da Gesù in strettissima connessione tra di loro in conformità allo svolgimento del progetto redentivo di Dio, costituiscono il mistero della Pasqua (cfr la Costituzione conciliare Sacrosantum Concilium, 6). L’evangelista Giovanni lo traduce con un solo termine, di forte spessore salvifico: “L’Ora” di Gesù. In proposito così ad esempio si esprime: “Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua Ora di passare da questo mondo al Padre, Gesù, avendo amato i suoi che erano nel mondo li amò fino alla fine” (Gv 13, 1).
In che cosa consiste il mistero pasquale?
Pasqua dunque, nella terminologia del quarto evangelista, traduce il senso del “passare da questo mondo al Padre”. Una inedita definizione del morire che non costituisce l’azzeramento e la polverizzazione dell’essere umano, ma il suo approdo, magari travagliato, nelle braccia di Dio. Nella pienezza della vita.
Tuttavia, sarebbe riduttivo pensare alla Pasqua di Cristo unicamente in questa ottica, cioè solo come il suo ritorno al Padre. La sua Pasqua, il suo passaggio da questo mondo al Padre, è un vero Mistero. Per Mistero intendiamo una Realtà carica di risorse divine, sovrabbondanti ed inesauribili, a cui ogni uomo credente può attingere. Si tratta dunque di una Realtà divina. Immensa e incommensurabile. Sta oltre la possibilità di pensarla da parte dell’uomo e, soprattutto, di impossessarsene. Eppure da Dio è messa interamente a disposizione dell’uomo, che ne ha necessità vitale.
Qual è infatti il senso e il valore salvifico delle tappe pasquali di Cristo?
Partiamo dalla passione, avviata nell’orto degli olivi e conclusa sulla croce. Gesù ha portato nel suo cuore tutto il peso dei tradimenti e dei rifiuti dell’uomo, rappresentati dal gesto folle del tradimento di Giuda. Su di Lui si sono addensate tutte le malvagità dell’intera umanità, come per dichiarare su di Lui la loro sentenza di morte. Per vincere alla radice il sistema delle malvagità, cioè dell’opposizione radicale a Dio, che tanta colluvie di mali ha riversato sull’umanità, non gli restava che accogliere in sé il progetto di fedeltà al Padre. Nonostante l’avversità, scatenata su di Lui, di chi lo rifiutava e lo voleva morto. E Gesù: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia, non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Lc 22, 42). Ecco il nuovo Adamo! Dalla disobbedienza dei progenitori, che sfiduciava Dio, all’obbedienza come atto di consegna al Padre. In perfetta sintonia. L’ordine creaturale è riportato: l’uomo in obbedienza a Dio! La sua passione è carica di risorse di adesione alla volontà del Padre.
E la crocifissione? Una fedeltà fino al martirio. Certo la croce non è stata preparata dal Padre. Chi l’ha preparata è stato il sistema del peccato, sotto la regia di satana. Ma il peccato, come rifiuto di obbedire a Dio, è stato sconfitto alla radice dal dono della propria vita, sacrificata, al Padre: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23, 46). Paolo dirà: “Cristo è stato consegnato alla morte a causa delle nostre colpe” (Rm 4, 25). Il peccato dunque è la vera causa della morte di Cristo. Ma a sua volta la morte di Cristo ha demolito la potenza del peccato in noi. Con Cristo l’umanità ha detto “sì” al Padre. Ad ogni costo. Per amore dell’uomo da salvare. Come atto dell’amore assoluto di Dio, nel Figlio, per l’umanità: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito” (Gv 3, 16). La morte per crocifissione è carica di risorse che crocifiggono in noi l’uomo vecchio, schiavo del peccato.
Segue la sepoltura. È l’evento del chicco di grano: “Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gn 12, 24). È la fase per così dire invernale. Tutto sembra soggiacere alla legge della morte. In realtà quell’apparente annientamento nasconde in sé il germe della vita. La speranza sembra tramortita, spenta. È solo in fase di incubazione. Per dire che in Cristo, nel suo Mistero pasquale, nulla è insignificante. Nulla è fallimentare. Tutto ha un senso. Tutto è direzionato al suo obiettivo: la vittoria della vita. Mediante la risurrezione. La sepoltura è carica di risorse di germinazioni che susseguono il morire.
Ecco dunque l’approdo del travaglio articolato tra passione, morte e sepoltura: la risurrezione di Cristo! Il fatto più inedito e impensabile che fa da spartiacque tra la creazione primordiale che detta i confini del tempo e dello spazio, e la nuova creazione che è lo spazio teologico fuori del tempo e dello spazio fisico. Potremmo definire la risurrezione di Cristo come il big bang della nuova creazione. Da Lui si espande a tutti i credenti che si lasciano raggiungere dalla potenza di tutte le risorse divine contenute nel Mistero pasquale. La risurrezione è carica di risorse di vita nuova in Cristo.
Quali sono pertanto le risorse messe a disposizione dal Mistero pasquale?
Di che cosa infatti l’uomo ha bisogno per una qualità di vita degna del suo essere persona e del suo essere in relazione sociale con tutti gli altri esseri umani?
Per rispondere a questa domanda, conviene che ci avvaliamo almeno di due delle più significative espressioni di Paolo: “Uno è morto per tutti. Ed egli è morto per tutti perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro.. Se uno è in Cristo, è una creatura nuova” (2 Cor 5, 15.17).
L’uomo ha bisogno di inserirsi nel Mistero pasquale di Cristo per ridare senso e valore al suo agire umano. Un senso e un valore nuovi rispetto a quelli, falsi, prospettati da una cultura interamente mondanizzata, idolatra, atea. Esemplifichiamo. All’ideale di una bella vita, spensierata e godereccia, chi si inserisce nel Mistero pasquale di Cristo, sostituisce una vita donata. Alla cattiveria sostituisce la benevolenza; alla falsità la lealtà; all’egoismo la solidarietà; all’individualismo la responsabilità sociale; alla menzogna la fedeltà; all’intolleranza la pazienza lungimirante.. A queste condizioni all’uomo è ancora lecito sperare. Certo con lo sguardo oltre la morte. Ma anche con passi di speranza compiuti nel tragitto terreno. A patto però che l’uomo diventi credente e non viva più per se stesso, ma viva “per Colui che è morto e risorto per lui”; viva Gesù, lasciandolo crescere in noi, nel nostro cuore: “sono stato crocifisso con Cristo. E non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio che ha amato me e ha consegnato se stesso per me” (Gal 2, 19-20). Allora ha in noi il sopravvento l’uomo nuovo, la creatura nuova in Cristo. Allora è un’altra vita. Anche se ci facessero passare dal crogiolo di inaudite sofferenze procurate dalla cattiveria umana, magari perpetrate contro il credente perché discepolo di Cristo; sofferenze che ci angosciano e ci crocifiggono, specialmente quando rasentano l’assurdità. Anche se su di noi scendesse una pietra tombale che ci cancella dal vivere che conta e fossimo annoverati tra i morti per la società, l’alba della risurrezione si sta preparando.
Uniti, perché immersi, al mistero pasquale diamo senso a tutto ciò che ci accade. Persino al dramma del morire. Morire nel Signore vuol dire unirsi alla sua morte per essere partecipi della sua risurrezione. Ce lo ricorda anche il Concilio: “Il cristiano, associato al mistero pasquale, assimilato alla morte di Cristo, andrà incontro alla risurrezione confortato dalla speranza” (GS 22).
In estrema sintesi, potremmo definire il cristiano come l’uomo del mistero pasquale, interamente immerso nel mistero pasquale come nel suo grembo vitale, pronto a vivere in sé il mistero pasquale in conformità alle sue esigenze e facendo conto delle sue risorse.
Come si entra in contatto con il mistero pasquale?
Non c’è dubbio che lo Spirito dà a tutti la possibilità di venire in contatto, nel modo che Dio conosce, con il mistero pasquale (cfr GS 22). Tuttavia, la via ordinaria di venir immersi nel mistero pasquale, alla radice del nostro essere, è il sacramento del Battesimo. Sicché il vero credente in Cristo fondamentalmente è un battezzato che, senza meriti previ, è stato salvato nella fede della Chiesa espressa dai genitori i quali hanno deciso di affidare al ministero della Chiesa la rinascita in Cristo del proprio figlio. Al dono ricevuto il battezzato risponde poi con senso di grande responsabilità impegnandosi a condurre una vita in linea di crescita secondo la logica battesimale.
Oltre al Battesimo, ogni celebrazione sacramentale compiuta dalla Chiesa attraverso i ministeri adeguati è un mettere in contatto diretto e salvifico con il mistero pasquale. In modo specialissimo realizza tale contatto la celebrazione dell’Eucaristia, soprattutto domenicale. In essa si attua in sommo grado il mistero pasquale, nel quale i fedeli edificano il Corpo di Cristo (cfr CD 15).
Per essere più riassuntivi: tutto l’anno liturgico celebra il mistero pasquale (cfr SC 102). Ma la sua fonte e il suo vertice è costituito dalla Pasqua di morte e di risurrezione (cfr SC 102). I giorni liturgici che ci attendono ne celebrano il mistero, mettendo a disposizione dei fedeli le specifiche risorse contenute nell’insieme del mistero pasquale e in ogni sua dimensione. Va da sé che un vero credente fa il possibile per celebrarne i misteri. E si premura di essere presente, a tutti i costi, e con adeguata preparazione, soprattutto alla Veglia pasquale, nella quale la Chiesa, nella sua azione liturgica, celebra, come abbiamo già detto, il big bang della nuova creazione, dei cieli nuovi e della terra nuova. Grazie al vigore di novità in essa contenuto, tutto nella storia dell’uomo è sotto la potenza della risurrezione del Signore che, espandendosi nel divenire, in tutti immette germi di vita, sorreggendo la speranza nella storia che verrà, fino all’approdo nel mondo dei risorti.
Immersi come siamo nel dinamismo del mistero pasquale, con l’apostolo Paolo non ci resta che “correre verso la meta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù” (Fil 3, 14).

+ Giuseppe Zenti

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Benedetto XVI: la Domenica delle Palme, inno alla sequela di Gesù

dal sito:

http://www.zenit.org/article-21911?l=italian

Benedetto XVI: la Domenica delle Palme, inno alla sequela di Gesù

Presiede la solenne celebrazione eucaristica in Piazza San Pietro

CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 28 marzo 2010 (ZENIT.org).- La sequela di Cristo, via per la vera gioia, è il tema che guida la Domenica delle Palme, ha ricordato Benedetto XVI questa domenica mattina presiedendo la solenne celebrazione liturgica in Piazza San Pietro.

Il Pontefice ha benedetto le palme e gli ulivi, e al termine della processione ha celebrato la Santa Messa della Passione del Signore. Hanno preso parte alla celebrazione giovani di Roma e di altre Diocesi in occasione della XXV Giornata Mondiale della Gioventù, sul tema « Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna? » (Mc 10, 17).

« Essere cristiani significa considerare la via di Gesù Cristo come la via giusta per l’essere uomini – come quella via che conduce alla meta, ad un’umanità pienamente realizzata e autentica », ha spiegato il Papa nella sua omelia.

« Essere cristiani è un cammino, o meglio: un pellegrinaggio, un andare insieme con Gesù Cristo. Un andare in quella direzione che Egli ci ha indicato e ci indica ».

Ascesa a Dio

« Di quale direzione si tratta? Come la si trova? », ha chiesto, rispondendo che si tratta di « un’ascesa alla vera altezza dell’essere uomini ».

Gesù, infatti, « cammina avanti a noi, e va verso l’alto », conducendoci « fino alle altezze di Dio, alla comunione con Dio, all’essere-con-Dio. È questa la vera meta, e la comunione con Lui è la via ».

Questo camminare con Cristo « è al contempo sempre un camminare nel ‘noi’ di coloro che vogliono seguire Lui », introduce nella « comunità ».

Allo stesso modo, « è sempre anche un essere portati »: « ci troviamo, per così dire, in una cordata con Gesù Cristo – insieme con Lui nella salita verso le altezze di Dio », che « ci tira e ci sostiene ».

« Fa parte della sequela di Cristo che ci lasciamo integrare in tale cordata; che accettiamo di non potercela fare da soli. Fa parte di essa questo atto di umiltà, l’entrare nel ‘noi’ della Chiesa »:

L’importanza della croce

La Croce, ha proseguito Benedetto XVI, è parte integrante dell’ascesa.

« Come nelle vicende di questo mondo non si possono raggiungere grandi risultati senza rinuncia e duro esercizio », « così la via verso la vita stessa, verso la realizzazione della propria umanità è legata alla comunione con Colui che è salito all’altezza di Dio attraverso la Croce ».

La Croce, dunque « è espressione di ciò che l’amore significa: solo chi perde se stesso, si trova ».

Gerusalemme

Se il nostro pellegrinaggio alla sequela di Cristo non va verso una città terrena, ma « verso la nuova Città di Dio che cresce in mezzo a questo mondo », il pellegrinaggio alla Gerusalemme terrestre può essere « un elemento utile per tale viaggio più grande », ha constatato il Papa ricordando il viaggio che ha compiuto in Terra Santa nel maggio scorso.

A quel pellegrinaggio, ha aggiunto, ha collegato tre significati, innanzitutto l’importanza di poter « vedere e toccare con le nostre mani » quello che si ascolta.

« La fede in Gesù Cristo non è un’invenzione leggendaria – ha constatato -. Essa si fonda su di una storia veramente accaduta ».

« Seguire le vie esteriori di Gesù deve aiutarci a camminare più gioiosamente e con una nuova certezza sulla via interiore che Egli ci ha indicato e che è Lui stesso », ha rilevato.

Quando si va in Terra Santa come pellegrini, ha aggiunto, vi si va anche « come messaggeri della pace, con la preghiera per la pace; con l’invito forte a tutti di fare in quel luogo » « veramente un luogo di pace ».

« Così questo pellegrinaggio è al tempo stesso – come terzo aspetto – un incoraggiamento per i cristiani a rimanere nel Paese delle loro origini e ad impegnarsi intensamente in esso per la pace ».

Supplica per la pace

Il Papa ha quindi richiamato l’acclamazione con cui i pellegrini salutano Gesù alle porte di Gerusalemme, « Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli! ».

« Sanno troppo bene che in terra non c’è pace. E sanno che il luogo della pace è il cielo – sanno che fa parte dell’essenza del cielo di essere luogo di pace ». Questa acclamazione è così « espressione di una profonda pena e, insieme, è preghiera di speranza », come oggi.

« Preghiamo il Signore affinché porti a noi il cielo: la gloria di Dio e la pace degli uomini », ha esortato il Santo Padre.

« Sappiamo che il cielo è cielo, luogo della gloria e della pace, perché lì regna totalmente la volontà di Dio. E sappiamo che la terra non è cielo fin quando in essa non si realizza la volontà di Dio – ha concluso -. Salutiamo quindi Gesù che viene dal cielo e lo preghiamo di aiutarci a conoscere e a fare la volontà di Dio. Che la regalità di Dio entri nel mondo e così esso sia colmato con lo splendore della pace ».

Il Mistero pasquale: un Mistero vivo e vivificante

dal sito:

http://www.opusdei.it/art.php?p=33412

Il Mistero pasquale: un Mistero vivo e vivificante

Le parole e le azioni di Gesù durante la sua vita nascosta a Nazaret e nel suo ministero pubblico erano salvifiche e anticipavano la forza del suo mistero pasquale. «Venuta la sua ora (cfr. Gv 13, 1; 17, 1), Egli vive l’unico avvenimento della storia che non passa: Gesù muore, è sepolto. risuscita dai morti e siede alla destra del Padre “una volta per tutte” (Rm 6, 10; Eb 7, 27; 9, 12). È un evento reale, accaduto nella nostra storia, ma è unico: tutti gli altri avvenimenti della storia accadono una volta, poi passano, inghiottiti nel passato. Il mistero pasquale di Cristo, invece, non può rimanere soltanto nel passato, dal momento che con la sua morte egli ha distrutto la morte, e tutto ciò che Cristo è, tutto ciò che ha compiuto e sofferto per tutti gli uomini, partecipa dell’eternità divina e perciò abbraccia tutti i tempi e in essi è reso presente. L’evento della Croce e della Risurrezione rimane e attira tutto verso la Vita» (Catechismo, 1085).

Come sappiamo, «all’inizio dell’essere cristiano […] c’è l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva»[1]. Ecco perché «la sorgente della nostra fede e della liturgia eucaristica, infatti, è il medesimo evento: il dono che Cristo ha fatto di se stesso nel Mistero pasquale»[2].

                                                                                                         

2. Il Mistero pasquale nel tempo della Chiesa: liturgia e sacramenti

«Quest’opera della Redenzione umana e della perfetta glorificazione di Dio […] è stata compiuta da Cristo Signore, specialmente per mezzo del Mistero pasquale della sua beata Passione, Risurrezione da morte e gloriosa Ascensione»[3]. «Questo Mistero di Cristo la Chiesa annunzia e celebra nella sua liturgia» (Catechismo, 1068).

«Giustamente la Liturgia è ritenuta quell’esercizio dell’ufficio sacerdotale di Gesù Cristo mediante il quale con segni sensibili viene significata e, in modo proprio a ciascuno, realizzata la santificazione dell’uomo, e viene esercitato dal corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal capo e dalle sue membra, il culto pubblico integrale»[4]. «Tutta la vita liturgica della Chiesa gravita attorno al Sacrificio eucaristico e ai sacramenti» (Catechismo, 1113).

«Assiso alla destra del Padre da dove effonde lo Spirito Santo nel suo Corpo che è la Chiesa, Cristo agisce ora attraverso i sacramenti, da Lui istituiti per comunicare la sua grazia» (Catechismo, 1084).

2.1. I sacramenti: natura, origine e numero

«I sacramenti sono segni efficaci della grazia, istituiti da Cristo e affidati alla Chiesa, attraverso i quali ci viene elargita la vita divina. I riti visibili con i quali i sacramenti sono celebrati significano e realizzano le grazie proprie di ciascun sacramento» (Catechismo, 1131). «I sacramenti sono segni sensibili (parole e azioni), accessibili alla nostra attuale umanità» (Catechismo, 1084).

«Attenendoci alla dottrina delle Sacre Scritture, alle tradizioni apostoliche e all’unanime pensiero … dei Padri, noi professiamo che i sacramenti della nuova Legge sono stati istituiti tutti da Gesù Cristo, nostro Signore»[5].

«Nella Chiesa vi sono sette sacramenti: il Battesimo, la Confermazione o Crismazione, l’Eucaristia, la Penitenza, l’Unzione degli infermi, l’Ordine, il Matrimonio» (Catechismo, 1113). «I sette sacramenti toccano tutte le tappe e tutti i momenti importanti della vita del cristiano: grazie ad essi, la vita di fede dei cristiani nasce e cresce, riceve la guarigione e il dono della missione. In questo si dà una certa somiglianza tra le tappe della vita naturale e quelle della vita spirituale» (Catechismo, 1210). Costituiscono un insieme ordinato, nel quale l’Eucaristia occupa il centro, perché contiene l’Autore stesso dei sacramenti (cfr. Catechismo, 1211).

I sacramenti significano tre cose: la causa santificante, che è la Morte e Risurrezione di Cristo; l’effetto santificante o grazia; il fine della santificazione, che è la gloria eterna. «Il sacramento è segno commemorativo del passato, ossia della Passione del Signore; è segno dimostrativo del frutto prodotto in noi dalla sua passione, cioè dalla grazia; è segno profetico, che preannunzia la gloria futura»[6].

Il segno sacramentale, proprio di ogni sacramento, è costituito da cose (elementi materiali – acqua, olio, pane, vino – e da gesti umani – abluzione, unzione, imposizione delle mani, ecc.), che si chiamano materia; e da parole pronunciate dal ministro del sacramento, che costituiscono la forma. In realtà, «ogni celebrazione sacramentale è un incontro dei figli di Dio con il loro Padre, in Cristo e nello Spirito Santo, e tale incontro si esprime come un dialogo, attraverso azioni e parole» (Catechismo, 1153).

Nella liturgia dei sacramenti c’è una parte immutabile (quello che Cristo stesso stabilì intorno al segno sacramentale) e altre parti che la Chiesa può cambiare, per il bene dei fedeli e una maggiore venerazione dei sacramenti, adattandole alle circostanze di tempo e di luogo[7] . «Nessun rito sacramentale può essere modificato o manipolato dal ministro o dalla comunità a loro piacimento» (Catechismo, 1125).

2.2. Effetti e necessità dei sacramenti

Tutti i sacramenti conferiscono la grazia santificante a coloro che non frappongono ostacolo[8]. Questa grazia è «il dono dello Spirito che ci giustifica e ci santifica» (Catechismo, 2003). Inoltre i sacramenti conferiscono la grazia sacramentale, che è la grazia «propria di ciascun sacramento» (Catechismo, 1129): un aiuto divino per ottenere il fine di quel sacramento.

Non solo riceviamo la grazia santificante, ma lo stesso Spirito Santo. «Per mezzo dei sacramenti della Chiesa, Cristo comunica alle membra del suo Corpo il suo Spirito, Santo e santificatore» (Catechismo, 739)[9]. Il frutto della vita sacramentale è che lo Spirito Santo deifica i fedeli unendoli vitalmente a Cristo (cfr. Catechismo, 1129).

I sacramenti del Battesimo, della Confermazione e dell’Ordine sacro, oltre la grazia, conferiscono il cosiddetto carattere sacramentale, che è un segno spirituale indelebile che si imprime nell’anima[10], col quale il cristiano partecipa del sacerdozio di Cristo e fa parte della Chiesa secondo stati e funzioni diversi. Il carattere sacramentale nel cristiano rimane per sempre come disposizione positiva alla grazia, come promessa e garanzia della protezione divina e come vocazione al culto divino e al servizio della Chiesa. Pertanto questi tre sacramenti non possono essere ripetuti (cfr. Catechismo, 1121).

I sacramenti che Cristo ha affidato alla sua Chiesa sono necessari – almeno il desiderio di riceverli – per la salvezza, per ottenere la grazia santificante. Nessuno è superfluo, anche se alla singola persona non sono tutti necessari[11].

2.3. L’efficacia dei sacramenti

I sacramenti «sono efficaci perché in essi agisce Cristo stesso: è Lui che battezza, è Lui che opera nei suoi sacramenti per comunicare la grazia che il sacramento significa» (Catechismo, 1127). L’effetto sacramentale si produce ex opere operato (per il fatto stesso che il segno sacramentale è compiuto)[12]. «Il sacramento non agisce in virtù della giustizia dell’uomo che lo dà o che lo riceve, ma attraverso il potere di Dio»[13]. «Quando un sacramento viene celebrato in conformità all’intenzione della Chiesa, la potenza di Cristo e del suo Spirito agisce in esso e per mezzo di esso, indipendentemente dalla santità personale del ministro» (Catechismo, 1128).

L’uomo che amministra il sacramento si mette al servizio di Cristo e della Chiesa, e per questo si chiama ministro del sacramento; non può essere un qualunque fedele, normalmente ha bisogno della speciale configurazione con Cristo Sacerdote che dà il sacramento dell’Ordine[14].

L’efficacia dei sacramenti è dovuta a Cristo stesso, che opera in essi; «tuttavia i frutti dei sacramenti dipendono anche dalle disposizioni di colui che li riceve» (Catechismo, 1128): quanto migliori disposizioni egli ha di fede, di conversione del cuore e di adesione alla volontà di Dio, più abbondanti saranno gli effetti della grazia che riceve (cfr. Catechismo, 1098).

«La Santa Madre Chiesa ha inoltre istituito i sacramentali. Questi sono segni sacri per mezzo dei quali, con una certa imitazione dei sacramenti, sono significati e, per impetrazione della Chiesa, vengono ottenuti effetti soprattutto spirituali. Per mezzo di essi gli uomini vengono disposti a ricevere l’effetto principale dei sacramenti e vengono santificate le varie circostanze della vita»[15]. «Non conferiscono la grazia dello Spirito Santo alla maniera dei sacramenti; però mediante la preghiera della Chiesa preparano a ricevere la grazia e dispongono a cooperare con essa» (Catechismo, 1670). «Fra i sacramentali ci sono innanzi tutto le benedizioni (di persone, della mensa, di oggetti, di luoghi)» (Catechismo, 1671).

3. La liturgia

La liturgia cristiana «è essenzialmente actio Dei che ci coinvolge in Gesù per mezzo dello Spirito»[16], e possiede una duplice dimensione: ascendente e discendente[17]. «La Liturgia è azione di Cristo tutto intero (Christus totus)» (Catechismo, 1136); perciò «è tutta la Comunità, il Corpo di Cristo unito al suo Capo, che celebra» (Catechismo, 1140). Al centro dell’assemblea, pertanto, si trova lo stesso Gesù Cristo (cfr. Mt 18, 20), ormai risuscitato e glorioso. Cristo precede l’assemblea che celebra. Egli – che opera unito inseparabilmente allo Spirito Santo – la convoca, la riunisce e insegna. Egli, Sommo ed Eterno Sacerdote è il protagonista principale dell’atto rituale, sebbene si serva dei suoi ministri per ri-presentare (per fare presente, realmente nella celebrazione liturgica) il suo sacrificio di redenzione e farci partecipi dei doni conviviali della sua Eucaristia.

Senza dimenticare che formando con Cristo-Capo «quasi un’unica persona mistica»[18], la Chiesa opera nei sacramenti come “comunità sacerdotale”, “organicamente strutturata”: grazie al Battesimo e alla Confermazione, il popolo sacerdotale diventa atto a celebrare la liturgia. Perciò «le azioni liturgiche non sono azioni private, ma celebrazioni della Chiesa […], appartengono all’intero corpo della Chiesa, lo manifestano e lo implicano; i singoli membri poi vi sono interessati in diverso modo, secondo la diversità degli stati, degli uffici e dell’attuale partecipazione»[19].

In ogni celebrazione liturgica compartecipa la Chiesa intera, i cieli e la terra, Dio e gli uomini (cfr. Ap 5). La liturgia cristiana, anche quando si celebra in un determinato momento, in un determinato luogo ed è espressione di una comunità particolare, è per sua natura cattolica, proviene dal tutto e conduce al tutto, in unità con il Papa, con i vescovi in comunione col Romano Pontefice, con i credenti di tutte le epoche e di tutti i luoghi «perché Dio sia tutto in tutti» (1 Cor 15, 28). Da questa prospettiva, è estremamente importante il principio secondo cui il vero soggetto della liturgia è la Chiesa, concretamente la communio sanctorum di tutti i luoghi e di tutti i tempi[20]. Quanto più una celebrazione è animata da questa coscienza, tanto più si realizza in essa il significato della liturgia. Espressione della coscienza di unità e universalità della Chiesa è l’uso del latino e del canto gregoriano in alcune parti della celebrazione liturgica[21].

Partendo da queste considerazioni, possiamo dire che l’assemblea che celebra è la comunità dei battezzati, i quali, «per la rigenerazione e l’unzione dello Spirito Santo, […] vengono consacrati a formare una dimora spirituale e un sacerdozio santo per offrire, mediante tutte le opere del cristiano, spirituali sacrifici»[22]. Questo “sacerdozio comune” è quello di Cristo unico Sacerdote, partecipato da tutti i suoi membri[23]. «In questo modo, nella celebrazione dei sacramenti, tutta l’assemblea è “liturga”, ciascuno secondo la propria funzione, ma nella “unità dello Spirito” che agisce in tutti» (Catechismo, 1144). Per questo la partecipazione alle celebrazioni liturgiche, anche se non abbraccia tutta la vita soprannaturale dei fedeli, costituisce per essi, come lo è per tutta la Chiesa, il culmine al quale tende tutta la loro attività e la sorgente da cui scaturisce la loro forza[24]. In realtà, «la Chiesa si riceve e insieme si esprime nei sette Sacramenti, attraverso i quali la grazia di Dio influenza concretamente l’esistenza dei fedeli affinché tutta la vita, redenta da Cristo, diventi culto gradito a Dio»[25].

Quando ci riferiamo all’assemblea come soggetto della celebrazione, vogliamo dire che ognuno, come attore opera come membro dell’assemblea, fa tutto e solo quello che gli compete. Le «membra non hanno tutte la medesima funzione» (Rm 12, 4). Alcuni sono chiamati da Dio nella e per la Chiesa a un servizio particolare della comunità. Questi servitori sono scelti mediante il sacramento dell’Ordine, col quale lo Spirito Santo li rende idonei ad agire in rappresentanza di Cristo-Capo per il servizio di tutti i membri della Chiesa[26]. Come ha chiarito in diverse occasioni Giovanni Paolo II, «in persona Christi vuol dire più che “a nome” oppure “nelle veci” di Cristo. In persona Christi, cioè nella specifica, sacramentale identificazione col sommo ed eterno sacerdote, che è l’autore e il principale soggetto di questo suo proprio sacrificio, nel quale in verità non può essere sostituito da nessuno»[27]. Possiamo dire graficamente, come indicato dal Catechismo, che «il ministro ordinato è come l’icona di Cristo Sacerdote» (Catechismo, 1142).

«Il Mistero celebrato nella Liturgia è uno, ma variano le forme nelle quali esso è celebrato». «È tale l’insondabile ricchezza del Mistero di Cristo che nessuna tradizione liturgica può esaurirne l’espressione» (Catechismo, 1200-1201). «Le tradizioni liturgiche, o riti, attualmente in uso nella Chiesa sono il rito latino (principalmente il rito romano, ma anche i riti di certe Chiese locali, come il rito ambrosiano o di certi Ordini religiosi) e i riti bizantino, alessandrino o copto, siriaco, armeno, maronita e caldeo» (Catechismo, 1203). «La santa Madre Chiesa considera con uguale diritto e onore tutti i riti legittimamente riconosciuti, e vuole che in avvenire essi siano conservati e in ogni modo incrementati»[28].


Juan José Silvestre

Bibliografia di base

Catechismo della Chiesa Cattolica, 1066-1098; 1113-1143; 1200-1211; 1667-1671.


Letture raccomandate

San Josemaría, Omelia L’Eucaristia, mistero di fede e d’amore, in È Gesù che passa, 83-94; anche nn. 70 e 80; Colloqui con Monsignor Escrivá, 115.

J. Ratzinger, Introduzione allo spirito della liturgia, Ed. San Paolo, 2001

J.L. Gutiérrez-Martín, Belleza y misterio. La liturgia, vida de la Iglesia, EUNSA (Astrolabio), Pamplona 2006, pp. 53-84, 113-126.

————————————— 
[1] Benedetto XVI, Enc. Deus caritas est, 25-XII-2005, 1.

[2] Benedetto XVI, Es. Ap., Sacramentum caritatis, 22-II-2007, 34.

[3] Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 5; cfr. Catechismo, 1067.

[4] Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 7; cfr. Catechismo, 1070.

[5] Concilio di Trento: DS 1600-1601; cfr. Catechismo, 1114.

[6] San Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, III, q. 60, a. 3; cfr. Catechismo, 1130.

[7] Cfr. Catechismo, 1205; Concilio di Trento: DS 1728; Pio XII: DS 3857.

[8] Cfr. Concilio di Trento: DS 1606.

[9] L’opera dello Spirito Santo in noi «è che noi viviamo della vita del Cristo risorto» (Catechismo, 1091); «unisce la Chiesa alla vita e alla missione di Cristo» (Catechismo, 1092); «guarisce e trasforma coloro che li ricevono conformandoli al Figlio di Dio» (Catechismo, 1129).

[10] Cfr. Concilio di Trento: DS 1609.

[11] Cfr. Concilio di Trento: DS 1604.

[12] Cfr. Concilio di Trento: DS 1608.

[13] San Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, III, q. 68, a. 8.

[14] Il sacerdozio ministeriale «garantisce che, nei sacramenti, è proprio il Cristo che agisce per mezzo dello Spirito Santo a favore della Chiesa. La missione di salvezza affidata dal Padre al proprio Figlio incarnato è affidata agli Apostoli e da essi ai loro successori; questi ricevono lo Spirito di Gesù per operare in suo nome e in persona di lui (cfr. Gv 20, 21-23; Lc 24, 47; Mt 28, 18-20). Il ministro ordinato è dunque il legame sacramentale che collega l’azione liturgica a ciò che hanno detto e fatto gli Apostoli, e, tramite loro, a ciò che ha detto e operato Cristo, sorgente e fondamento dei sacramenti» (Catechismo, 1120). Anche se l’efficacia del sacramento non proviene dalle qualità morali del ministro, tuttavia la sua fede e la sua devozione, oltre a contribuire alla sua santificazione personale, favorisce molto le buone disposizioni del soggetto che riceve il sacramento e, di conseguenza, il frutto che ne ottiene.

 [15] Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 60; cfr. Catechismo, 1667.

[16] Benedetto XVI, Es. apost. Sacramentum Caritatis, 37.

[17] «Da una parte la Chiesa, unita al suo Signore e sotto l’azione dello Spirito Santo (cfr. Lc 10, 21), benedice il Padre per il “suo ineffabile dono” (2 Cor 9, 15) con l’adorazione, la lode e l’azione di grazie. Dall’altra, e fino al pieno compimento del disegno di Dio, la Chiesa non cessa di presentare al Padre “l’offerta dei propri doni” e d’implorare che mandi lo Spirito Santo sull’offerta, su se stessa, sui fedeli e sul mondo intero, affinché, per la comunione alla Morte e alla Risurrezione di Cristo Sacerdote e per la potenza dello Spirito, queste benedizioni divine portino frutti di vita “a lode e gloria della sua grazia” (Ef 1, 6)» (Catechismo, 1083).

[18]       Pio XII, Enc. Mystici Corporis, cit. in Catechismo, 1119.

[19] Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 26; cfr. Catechismo, 1140.

 [20] «Che l’offerta ridondi per la salvezza di tutti – Orate fratres, prega il sacerdote – perché questo sacrificio è mio e anche vostro, di tutta la Chiesa Santa. Pregate fratelli anche se siete pochi, voi qui riuniti, anche se non fosse materialmente presente più di un cristiano, e anche se ci fosse solo il celebrante: perché ogni Messa è l’olocausto universale, riscatto di tutte le tribù e lingue e popoli e nazioni (cfr. Ap 5, 9).

      Tutti i cristiani, per mezzo della comunione dei santi, ricevono tutte le grazie che ogni singola Messa diffonde, sia che si celebri dinanzi a migliaia di persone, sia che aiuti il sacerdote, unica persona presente, un bambino e per giunta distratto. In qualunque caso, la terra e il Cielo si uniscono per intonare con gli Angeli del Signore: Sanctus, Sanctus, Sanctus…» (San Josemaría, È Gesù che passa, 89).
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[21] Cfr. Benedetto XVI, Es. Ap. Sacramentum caritatis, 62; Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 54.
[22] Concilio Vaticano II, Cost. Lumen Gentium, 10.
[23]       Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. Lumen Gentium, 10 e 34; Decr. Presbyterorum Ordinis, 2.
[24] Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 10.
[25] Benedetto XVI, Es. Ap. Sacramentum caritatis, 16.
[26] Cfr. Concilio Vaticano II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 2 e 15.
[27]       Giovanni Paolo II, Enc. Ecclesia de Eucharistia, 29. Nelle note 59 e 60 sono ricordati gli interventi magisteriali del XX secolo su questo punto: «Il ministro dell’altare agisce in persona di Cristo in quanto capo, che offre a nome di tutte le membra».
[28]      Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 4.

Publié dans:feste - Pasqua |on 29 mars, 2010 |Pas de commentaires »
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