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FESTA DELL’ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE – CUSTODIA DI TERRA SANTA

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CUSTODIA DI TERRA SANTA

PEREGRINAZIONE AL SANTO CALVARIO

FESTA DELL’ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE

14 Settembre 2012

La Vera Croce ha attratto sempre con forza ai cristiani, e il desiderio di vederla, di toccarla o di bacciarla è stato irresistibile. La Croce è il simbolo cristiano per eccelenza, la manifestazione visibile della nostra identità. La Roccia del Calvario e la Tomba Vuota di Cristo sono i punti di attrazione per tutti i cristiani. Anche per noi, oggi.
Le feste della Croce
I cristiani celebriamo diverse feste della Croce: 1) Il “Ritrovamento della Croce” (“Inventio crucis”), il 7 maggio; 2) La festa della “ristituzione della Santa Croce” per Eraclio, il quale recupera il “Lignum Crucis” che era stato portato como botino il 20 maggio 614 da Cosroe. I cattolici non la celebriamo, ma sí gli ortodossi; 3) “L’adorazione della Santa Croce”, il Venerdì Santo al Calvario, mentre si canta: “Ecce Lignum crucis…” dove è stata inchiodata la salvezza del mondo. Venite ad adorarlo”. 4) La festa dell’Esaltazione della Santa Croce: E’ la Dedicazione della Basílica del Santo Sepolcro, costruita dall’Imperatore Costantino nei Luoghi Santi del Calvario e nel Sepolcro glorioso di Cristo, il 13 e 14 settembre del 335.
Cosa significa per me oggi la Croce di Cristo?
L’assurdo e lo scandalo della Croce
Noi celebriamo la festa della croce di Cristo, cantiamo il “Vexilla Regis”; tutti i giorni orniamo la croce, la baciamo, la portiamo al collo… Noi cristiani, siamo matti? Lo aveva annunciato Paolo: la croce è “scandalo per i giudei e stoltezza per i greci”. Il “Vangelo della Croce” è “assurdo” per il mondo (cf. 1Cor 1,18-25). La fede nel Dio crocifisso « asso¬miglia straordinariamente ad un continuo suicidio della ragione » ( Nietz¬sche). E Giovanni Paolo II costatava che la vera sfida ad ogni filosofia “è la morte in croce di Gesù Cristo”. Come possiamo onorare la Croce se il Crocifisso era un maledetto (Dt 21.23), se Cristo morì qui, sul Calvario, disprezzato da tutti, senza compassione da nessuno, e con l’apparente abbandono da Dio, suo Padre: “Dio Mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mt 27,46). La morte di Cristo sul Calvario è “il mysterium iniquitatis” (2Tes 2,7), il peccato più grande commesso dall’umanità.
La Croce, centro della nostra fede
E tuttavia, per noi la Croce di Gesù è il centro e il fondamento della nostra fede. Dice Pietro: siamo stati liberati dal peccato “con il sangue prezioso di Cristo” (1Pt 1,19). E l’ha fatto affinché noi abbiamo la vita: la vita eterna » (GV 3,16). “Per riscattare lo schiavo – cantiamo nell’Exultet, nel Annuncio Pasquale, – hai consegnato il Figlio”. E’ quello che vogliono esprimere i due mosaici del Calvario: il sacrificio di Isacco e la Crocifissione di Cristo.
E così Croce di Cristo diventa “il grande mistero della pietà” (Mysterium pietatis”) (1Tim 3,15s) ed è il segno della Vita. Per i cristiani la Croce non è stoltezza; è potenza e sa¬pienza di Dio: « poiché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini » (1Cor 1,25). San Francesco diceva a chi lo vedeva piangere: “Piango la Passione del mio Signore. Per amore di lui non dovrei vergognarmi di andare gemendo ad alta voce per tutto il mondo” (3Com V,14: FF 1413).
Gli antiqui cristiani consideravano Gerusalemme e il Calvario come il centro, “l’ombelico” del mondo. Scriveva S. Cirillo di Gerusalemme: “Cristo estese le sue braccia sulla croce per abbracciare tutto il mondo, giacché il Golgota è il centro della terra”.
La croce: manifestazione dell’amore di Dio. Dio è Amore
Dice il Vangelo: « Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito…, (Gv 3,16)). E Paolo aggiunge: “mi ha amato e ha consegnato se stesso per me » (Gal 2,20). Sul Calvario l’uomo può imparare che cosa è l’Amore e chi è Dio, perché “dove c’è Amore lì c’è Dio”. Diceva il Papa Benedetto XVI, alla fine della Via Crucis al Colisseo, il Venerdì Santo, 22 aprile 2011: “Guardiamo bene questo uomo crociffiso… scopriremo che la Croce è il segno luminoso dell’amore; ancora di più, dell’immensità dell’amore di Dio, di ciò che mai potevamo immaginare…”. Infatti: “Nessuno ha amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete i miei amici…” (Gv 15,13). Sul Golgota appare chiaramente che “Dio è Amore” (1Jn 4,16). L’amore dimentica il male, perdona tutto. Semplicemente ama.
La croce di Cristo è la “buona notizia”
La croce è la “buona notizia” per il mondo, quella che illumina tutte le altre, quella che importa veramente. Lo scrive Paolo ai Corinzi: “Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso” (2Cor 2,2). San Francesco, diceva ad un frate: “Non ho bisogno di molte cose: conosco a Cristo povero e crocifisso” (2Cel 105). Dio muore per noi e per la nostra salvezza sul Calvario. Ecco la “buona notizia”.
Sulla Croce del Calvario non c’è un malfattore, ma “Gesù il Nazareno, il Re dei giudei” (Gv 19,19). Pilato, senza volerlo, proclama la regalità di Cristo. Ripetiamo oggi le parole che San Cirillo di Gerusalemme diceva ai suoi ascoltatori, precisamente qui: “Non ci vergogniamo di confessare la nostra fede nel Crocifisso”. Oggi, continua San Cirillo, celebriamo “la vittoria che il Signore ha riportato qui, in questo Santo Golgota, che noi vediamo e tocchiamo con la mano… Non ti vergognare di confessare la Croce, perché … colui che è stato crocifisso è adesso sopra in cielo!”. Egli è il Re del mondo. “E’ giunta l’ora che sia glorificato il Figlio dell’uomo” (Gv 12,23), diceva Gesù.
Soltanto così cominceremo a capire che la Croce eretta sul Calvario non è l’annuncio di un fallimento, di una vita di sofferenza e di morte, ma essa è un messaggio trionfale di vita. E possiamo cantare con convinzione: “Salve, o Croce, unica nostra speranza!”. Dio “regna dal legno”. La croce è il suo trono di gloria. Nonostante le cattiverie degli uomini, Gesù il Nazareno continua ad essere “il Re dei Giudei” (Gv 19,19). E’ allora che scopriamo il senso delle parole di Gesù: “Quando sarò stato elevato da terra attirerò tutto a me”(Gv 12,32). E capiremo che Cristo è il punto centrale verso il quale tutta l’umanità deve guardare: “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto” (Gv 19,37).
Gesù crocifisso, modello del discepolo
Lo aveva detto Gesù: “Chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me” (Mt 10,38). Non è facile essere cristiano! Per esserlo, è necessario imitare Gesù, seguirlo, prendere ogni giorno la propria croce, offrire anche la nostra vita in amore a Dio e ai fratelli, come fecce Gesù, il quale “patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme” (1Pt 2,21).
Soltanto così il cristiano, come Gesù, diventa « un essere per gli altri e per il mondo ». E’ quello che appare nella parabola del chicco di grano, che porta frutto solo se cade nel terreno e muore (cf. Gv 12,24), giacché « chi perde la sua vita la guadagnerà » (cf. Mc 8,35). L’esse¬re per gli altri di Gesù, special¬mente per i poveri e i peccatori, deve pro¬lungarsi nei cristiani, solidali l’uno con l’altro, forti nella speranza che ci dà la risurre¬zione di Gesù.
Scendere dal Golgota al mondo
Oggi, qui, sul Golgota, abbiamo capito il valore della morte di Cristo in Croce: il suo amore crocifisso è stato la nostra salvezza. Oggi, qui, in ginocchio, ripetiamo le parole di San Francesco: “Ti adoriamo, Signore Gesù Cristo,… e ti benediciamo, perché per la tua Santa Croce hai redento il mondo”. Amen.
Bisogna però ritornare al mondo partendo da questo Calvario. Francesco, nella Chiesetta di San Damiano, “pregando inginocchiato davanti all’immagine del Crocifisso, udì queste parole per tre volte: “Francesco, va e ripara la mia chiesa che, come vedi, è tutta in rovina!” (FF 1038). Si trattava della Chiesa che “Cristo acquistò col suo sangue”, dice il testo. E così Francesco, “munendosi col segno della croce”, incominciò la sua missione. Dice la Dichiarazione del Concilio sulle religioni non cristiane: “Il dovere della Chiesa, nella sua predicazione, è di annunciare la croce di Cristo come segno dell’amore universale di Dio e come fonte di ogni grazia” (NAe 4).
Non bastano però le parole. Paolo afferma: “Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca i patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1,24). E tutti siamo stati salvati dalla Croce di Cristo. Francesco d’Assisi va dal Sultano Maelk el-Kamel, rischiando la vita, anzi offrendo la propia vita per la salvezza di lui e di tutti i musulmani. Perché non servono “i crociati” ma “i crocifissi”, non si proclama il vangelo “con la spada”, ma con l’amore totale di Cristo. Diceva Francesco Suriano, un antico Custode di Terra Santa, che se i frati hanno la grazia di servire il Calvario è per merito di San Francesco per “essere stato tanto innamorato della Passione di Cristo perpetrata in questi santi luoghi” (Trattato…p. 65)
Maria, la Madonna Addolorata, la cui festa celebreremo domani, che ci fu data per Madre qui, quando stava presso la Croce, sarà sempre al nostro servizio!
Ecco, fratelli e sorelle, il significato della festa odier¬na ed è per questo che fu costruita la Basilica dove oggi noi celebriamo questa festa.

MESSA DELLA ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE – OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

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VIAGGIO APOSTOLICO IN CANADA

MESSA DELLA ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE – OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Central Commons (Halifax)

Venerdì, 14 settembre 1984

Ti adoriamo o Cristo e ti lodiamo, perché con la tua croce hai redento il mondo. Alleluia.

Cari fratelli e sorelle. 1. Come rappresentanti del popolo di Dio nell’arcidiocesi di Halifax, di Cap Breton, di tutta la Nuova Scozia e dell’Isola Principe Edward, siete riuniti in questa acclamazione della liturgia con l’arcivescovo Hayes, con gli altri vescovi e con la Chiesa in tutto il mondo. La Chiesa cattolica celebra oggi la festa dell’Esaltazione della croce di Cristo. Come il Cristo crocifisso è innalzato dalla fede nei cuori di tutti coloro che credono, così egli innalza quegli stessi cuori con una speranza che non può essere distrutta. Poiché la croce è il segno della redenzione, e nella redenzione è contenuta la promessa della risurrezione e l’inizio della nuova vita: l’elevazione dei cuori umani. All’inizio del mio ufficio nella sede di san Pietro ho cercato di proclamare questa verità con l’enciclica Redemptor Hominis. In questa stessa verità desidero oggi essere unito a tutti voi nell’adorazione della croce di Cristo: “Non dimenticate le opere di Dio” (cf. Sal 78, 7).

2. Per conformarci all’acclamazione dell’odierna liturgia, seguiamo attentamente il sentiero tracciato da queste sante parole nelle quali ci viene annunciato il mistero dell’Esaltazione della croce. In primo luogo, in queste parole è contenuto il significato del Vecchio Testamento. Secondo sant’Agostino, il Vecchio Testamento contiene ciò che è pienamente rivelato nel nuovo. Qui abbiamo l’immagine del serpente di bronzo al quale si riferì Gesù nella sua conversazione con Nicodemo. Il Signore stesso ha rivelato il significato di quest’immagine dicendo: “E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il figlio dell’uomo perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna” (Gv 3, 14-15). Durante il cammino del popolo di Israele dall’Egitto alla Terra Promessa – poiché la gente si lamentava – Dio mandò un’invasione di serpenti velenosi a causa della quale molti perirono. Quando i sopravvissuti compresero la loro colpa chiesero a Mosè di intercedere presso Dio: “Prega il Signore che allontani da noi questi serpenti” (Nm 21, 7). Mosè pregò e ricevette dal Signore quest’ordine: “Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta. Chiunque dopo essere stato morso lo guarderà, resterà in vita” (Nm 21, 8). Mosè obbedì all’ordine. Il serpente di bronzo posto sull’asta rappresentò la salvezza dalla morte per tutti coloro che venivano morsi dai serpenti. Nel libro della Genesi il serpente era il simbolo dello spirito del male. Ma adesso, per una sorprendente inversione, il serpente di bronzo issato nel deserto diventa una raffigurazione del Cristo, issato sulla croce. La festa dell’Esaltazione della croce richiama alle nostre menti e, in un certo senso, rende attuale, l’elevazione di Cristo sulla croce. La festa è l’elevazione del Cristo redentore: chiunque crede nel Cristo crocifisso avrà la vita eterna. L’elevazione di Cristo sulla croce costituisce l’inizio dell’elevazione dell’umanità attraverso la croce. E il compimento ultimo dell’elevazione è la vita eterna.

3. Questo evento del Vecchio Testamento è richiamato nel tema centrale del Vangelo di san Giovanni. Perché la croce e il Cristo crocifisso sono la porta alla vita eterna? Perché in lui – nel Cristo crocifisso – è manifestato nella sua pienezza l’amore di Dio per il mondo, per l’uomo. Nella stessa conversazione con Nicodemo Cristo dice: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non muoia ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui (Gv 3, 16-17). La salvezza del Figlio di Dio attraverso l’elevazione sulla croce ha la sua sorgente eterna nell’amore. È l’amore del Padre che manda il Figlio; egli offre suo Figlio per la salvezza del mondo. Nello stesso tempo è l’amore del Figlio il quale non “giudica” il mondo, ma sacrifica se stesso per l’amore verso il Padre e per la salvezza del mondo. Dando se stesso al Padre per mezzo del sacrificio della croce egli offre al contempo se stesso al mondo: ad ogni singola persona e all’umanità intera. La croce contiene in sé il mistero della salvezza, perché nella croce l’amore viene innalzato. Questo significa l’elevazione dell’amore al punto supremo nella storia del mondo: nella croce l’amore è sublimato e la croce è allo stesso tempo sublimata attraverso l’amore. E dall’altezza della croce l’amore discende a noi. Sì: “La croce è il più profondo chinarsi della divinità sull’uomo. La croce è come un tocco dell’eterno amore sulle ferite più dolorose dell’esistenza terrena dell’uomo” (Ioannis Pauli PP. II, Dives in Misericordia, 8).

4. All’avvento del Vangelo di Giovanni la liturgia della festa di oggi aggiunge la presentazione fatta da Paolo nella sua lettera ai Filippesi. L’apostolo parla di uno svuotamento di Cristo attraverso la croce; e allo stesso tempo dell’elevazione di Cristo al di sopra di tutte le cose; e anche questo ha avuto il suo inizio nella stessa croce: “Gesù Cristo . . . spogliò se stesso assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini, e apparso in forma umana, umiliò se stesso ancora di più facendosi obbediente fino alla morte, e alla morte di croce. Per questo Dio lo ha esaltato e gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni altro nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi, nei cieli, sulla terra e sotto terra e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre” (Fil 2, 6-11). La croce è il segno della più profonda umiliazione di Cristo. Agli occhi del popolo di quel tempo costituiva il segno di una morte infamante. Solo gli schiavi potevano essere puniti con una morte simile, non gli uomini liberi. Cristo, invece, accetta volentieri questa morte, la morte sulla croce. Eppure questa morte diviene il principio della risurrezione. Nella risurrezione il servo crocifisso di Jahvè viene innalzato: egli viene innalzato su tutto il creato. Nello stesso tempo anche la croce è innalzata. Essa cessa di essere il segno di una morte infamante e diventa il segno della risurrezione, cioè della vita. Attraverso il segno della croce, non è il servo o lo schiavo che parla, ma il Signore di tutta la creazione.

5. Questi tre elementi dell’odierna liturgia, il Vecchio Testamento, l’inno cristologico di Paolo e il Vangelo di Giovanni, formano assieme la grande ricchezza del mistero del trionfo della croce. Trovandoci immersi in questo mistero con la Chiesa, che attraverso il mondo celebra oggi l’Esaltazione della santa croce, desidero dividere con voi, in una maniera speciale, le sue ricchezze, cari fratelli e sorelle dell’arcidiocesi di Halifax, caro popolo della Nuova Scozia, dell’Isola Edward e di tutto il Canada. Sì, desidero dividere con voi tutte le ricchezze di quella croce santa – che, quale stendardo di salvezza – fu piantata sul vostro suolo 450 anni fa. Da allora la croce ha trionfato in questa terra e, attraverso la collaborazione di migliaia di canadesi, il messaggio di liberazione e di salvezza della croce, è stato diffuso ai confini della terra.

6. Nello stesso tempo desidero rendere omaggio al contributo missionario dei figli e delle figlie del Canada che hanno dato la loro vita così “perché la parola del Signore si diffonda, e sia glorificata come lo è anche tra voi” (2 Ts 3,1). Rendo omaggio alla fede e all’amore che li ha motivati, e al potere della croce che ha dato loro la forza di andare avanti ed eseguire il comando di Cristo: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt 28, 20). E nel rendere omaggio ai vostri missionari, rendo parimenti omaggio alle comunità sparse per il mondo che hanno accolto il loro messaggio e segnato le loro tombe con la croce di Cristo. La Chiesa è grata per l’ospitalità loro concessa di un luogo di sepoltura, da dove essi attendono la definitiva esaltazione della croce santa nella gloria della risurrezione e della vita eterna. Esprimo profonda gratitudine per lo zelo che ha caratterizzato la Chiesa in Canada e vi ringrazio per le preghiere, i contributi e le varie attività attraverso le quali voi sorreggete la causa missionaria. In particolare vi ringrazio per la vostra generosità verso la missione di aiuto delle società da parte della Santa Sede.

7. L’evangelizzazione resta per sempre il sacro retaggio del Canada, che vanta realmente una storia gloriosa dell’attività missionaria in patria e all’estero. L’evangelizzazione deve continuare ad essere esercitata attraverso l’impegno personale, predicando la speranza nelle promesse di Gesù e con la proclamazione dell’amore fraterno. Sarà sempre connessa con l’impianto e l’edificazione della Chiesa e avrà una profonda relazione con lo sviluppo e la libertà come espressione del progresso umano. Al centro di questo messaggio, tuttavia, c’è un’esplicita proclamazione di salvezza in Gesù Cristo, quella salvezza determinata dalla croce. Ecco le parole di Paolo VI: “L’evangelizzazione conterrà sempre – anche come base, centro e insieme vertice del suo dinamismo – una chiara proclamazione che, in Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, morto e risorto, la salvezza è offerta ad ogni uomo, come dono di grazia e misericordia di Dio stesso” (Pauli VI, Evangelii Nuntiandi, 27). La Chiesa in Canada sarà se stessa se proclamerà fra tutti i suoi membri, con parole e fatti, l’esaltazione della croce, e sempre che, in patria e all’estero, essa sia una Chiesa evangelizzante. Anche se queste parole vengono da me, c’è un altro che parla ovunque ai cuori dei giovani. È lo stesso Spirito Santo, ed è lui che fa pressione su ciascuno di noi, come membro di Cristo, per indurci ad abbracciare e a portare la buona novella dell’amore di Dio. Ma ad alcuni lo Spirito Santo sta proponendo il comando di Gesù nella sua forma specifica missionaria: andate a reclutare discepoli di tutte le nazioni. Dinanzi alla Chiesa intera, io, Giovanni Paolo II, proclamo ancora una volta l’assoluto valore della vocazione missionaria. E assicuro tutti i chiamati alla vita ecclesiastica e religiosa che nostro Signore Gesù Cristo è pronto ad accettare e rendere fruttuoso il sacrificio speciale delle loro vite, nel celibato, per l’esaltazione della croce.

8. Oggi la Chiesa, annunciando il Vangelo, rivive in un certo qual modo tutto il periodo che ha inizio il mercoledì delle Ceneri, raggiunge il suo apice durante la Settimana Santa e a Pasqua e prosegue nelle settimane successive fino alla Pentecoste. La festa dell’Esaltazione della santa croce è come il compendio di tutto il mistero pasquale di nostro Signore Gesù Cristo. La croce è gloriosa perché su di essa il Cristo si è innalzato. Attraverso di essa, il Cristo ha innalzato l’uomo. Sulla croce ogni uomo è veramente elevato alla sua piena dignità, alla dignità del suo fine ultimo in Dio. Attraverso la croce, inoltre, è rivelata la potenza dell’amore che eleva l’uomo, che lo esalta. Veramente tutto il disegno di Dio sulla vita cristiana è condensato qui in un modo meraviglioso: il disegno di Dio e il suo senso! Diamo la nostra adesione al disegno di Dio e al suo senso! Ritroviamo il posto della croce nella nostra vita e nella nostra società. Parliamo della croce in modo particolare a tutti coloro che soffrono, e trasmettiamo il suo messaggio di speranza ai giovani. Continuiamo a proclamare fino ai confini della terra il suo potere salvifico: “Exaltatio Crucis!”: la gloria della santa croce! Fratelli e sorelle: “Non dimenticate mai le opere del Signore”! Amen.

MESSA DELLA ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE – OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II (1984)

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VIAGGIO APOSTOLICO IN CANADA

MESSA DELLA ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Central Commons (Halifax)

Venerdì, 14 settembre 1984

Ti adoriamo o Cristo e ti lodiamo,
perché con la tua croce hai redento il mondo. Alleluia.

Cari fratelli e sorelle.
1. Come rappresentanti del popolo di Dio nell’arcidiocesi di Halifax, di Cap Breton, di tutta la Nuova Scozia e dell’Isola Principe Edward, siete riuniti in questa acclamazione della liturgia con l’arcivescovo Hayes, con gli altri vescovi e con la Chiesa in tutto il mondo. La Chiesa cattolica celebra oggi la festa dell’Esaltazione della croce di Cristo. Come il Cristo crocifisso è innalzato dalla fede nei cuori di tutti coloro che credono, così egli innalza quegli stessi cuori con una speranza che non può essere distrutta. Poiché la croce è il segno della redenzione, e nella redenzione è contenuta la promessa della risurrezione e l’inizio della nuova vita: l’elevazione dei cuori umani.
All’inizio del mio ufficio nella sede di san Pietro ho cercato di proclamare questa verità con l’enciclica Redemptor Hominis. In questa stessa verità desidero oggi essere unito a tutti voi nell’adorazione della croce di Cristo:
“Non dimenticate le opere di Dio” (cf. Sal 78, 7).
2. Per conformarci all’acclamazione dell’odierna liturgia, seguiamo attentamente il sentiero tracciato da queste sante parole nelle quali ci viene annunciato il mistero dell’Esaltazione della croce.
In primo luogo, in queste parole è contenuto il significato del Vecchio Testamento. Secondo sant’Agostino, il Vecchio Testamento contiene ciò che è pienamente rivelato nel nuovo. Qui abbiamo l’immagine del serpente di bronzo al quale si riferì Gesù nella sua conversazione con Nicodemo. Il Signore stesso ha rivelato il significato di quest’immagine dicendo: “E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il figlio dell’uomo perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna” (Gv 3, 14-15).
Durante il cammino del popolo di Israele dall’Egitto alla Terra Promessa – poiché la gente si lamentava – Dio mandò un’invasione di serpenti velenosi a causa della quale molti perirono. Quando i sopravvissuti compresero la loro colpa chiesero a Mosè di intercedere presso Dio: “Prega il Signore che allontani da noi questi serpenti” (Nm 21, 7).
Mosè pregò e ricevette dal Signore quest’ordine: “Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta. Chiunque dopo essere stato morso lo guarderà, resterà in vita” (Nm 21, 8). Mosè obbedì all’ordine. Il serpente di bronzo posto sull’asta rappresentò la salvezza dalla morte per tutti coloro che venivano morsi dai serpenti.
Nel libro della Genesi il serpente era il simbolo dello spirito del male. Ma adesso, per una sorprendente inversione, il serpente di bronzo issato nel deserto diventa una raffigurazione del Cristo, issato sulla croce.
La festa dell’Esaltazione della croce richiama alle nostre menti e, in un certo senso, rende attuale, l’elevazione di Cristo sulla croce. La festa è l’elevazione del Cristo redentore: chiunque crede nel Cristo crocifisso avrà la vita eterna.
L’elevazione di Cristo sulla croce costituisce l’inizio dell’elevazione dell’umanità attraverso la croce. E il compimento ultimo dell’elevazione è la vita eterna.
3. Questo evento del Vecchio Testamento è richiamato nel tema centrale del Vangelo di san Giovanni.
Perché la croce e il Cristo crocifisso sono la porta alla vita eterna?
Perché in lui – nel Cristo crocifisso – è manifestato nella sua pienezza l’amore di Dio per il mondo, per l’uomo.
Nella stessa conversazione con Nicodemo Cristo dice: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non muoia ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui (Gv 3, 16-17).
La salvezza del Figlio di Dio attraverso l’elevazione sulla croce ha la sua sorgente eterna nell’amore. È l’amore del Padre che manda il Figlio; egli offre suo Figlio per la salvezza del mondo. Nello stesso tempo è l’amore del Figlio il quale non “giudica” il mondo, ma sacrifica se stesso per l’amore verso il Padre e per la salvezza del mondo. Dando se stesso al Padre per mezzo del sacrificio della croce egli offre al contempo se stesso al mondo: ad ogni singola persona e all’umanità intera.
La croce contiene in sé il mistero della salvezza, perché nella croce l’amore viene innalzato. Questo significa l’elevazione dell’amore al punto supremo nella storia del mondo: nella croce l’amore è sublimato e la croce è allo stesso tempo sublimata attraverso l’amore. E dall’altezza della croce l’amore discende a noi. Sì: “La croce è il più profondo chinarsi della divinità sull’uomo. La croce è come un tocco dell’eterno amore sulle ferite più dolorose dell’esistenza terrena dell’uomo” (Ioannis Pauli PP. II, Dives in Misericordia, 8).
4. All’avvento del Vangelo di Giovanni la liturgia della festa di oggi aggiunge la presentazione fatta da Paolo nella sua lettera ai Filippesi. L’apostolo parla di uno svuotamento di Cristo attraverso la croce; e allo stesso tempo dell’elevazione di Cristo al di sopra di tutte le cose; e anche questo ha avuto il suo inizio nella stessa croce:
“Gesù Cristo . . . spogliò se stesso assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini, e apparso in forma umana, umiliò se stesso ancora di più facendosi obbediente fino alla morte, e alla morte di croce. Per questo Dio lo ha esaltato e gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni altro nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi, nei cieli, sulla terra e sotto terra e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre” (Fil 2, 6-11).
La croce è il segno della più profonda umiliazione di Cristo. Agli occhi del popolo di quel tempo costituiva il segno di una morte infamante. Solo gli schiavi potevano essere puniti con una morte simile, non gli uomini liberi. Cristo, invece, accetta volentieri questa morte, la morte sulla croce. Eppure questa morte diviene il principio della risurrezione. Nella risurrezione il servo crocifisso di Jahvè viene innalzato: egli viene innalzato su tutto il creato.
Nello stesso tempo anche la croce è innalzata. Essa cessa di essere il segno di una morte infamante e diventa il segno della risurrezione, cioè della vita. Attraverso il segno della croce, non è il servo o lo schiavo che parla, ma il Signore di tutta la creazione.
5. Questi tre elementi dell’odierna liturgia, il Vecchio Testamento, l’inno cristologico di Paolo e il Vangelo di Giovanni, formano assieme la grande ricchezza del mistero del trionfo della croce.
Trovandoci immersi in questo mistero con la Chiesa, che attraverso il mondo celebra oggi l’Esaltazione della santa croce, desidero dividere con voi, in una maniera speciale, le sue ricchezze, cari fratelli e sorelle dell’arcidiocesi di Halifax, caro popolo della Nuova Scozia, dell’Isola Edward e di tutto il Canada.
Sì, desidero dividere con voi tutte le ricchezze di quella croce santa – che, quale stendardo di salvezza – fu piantata sul vostro suolo 450 anni fa. Da allora la croce ha trionfato in questa terra e, attraverso la collaborazione di migliaia di canadesi, il messaggio di liberazione e di salvezza della croce, è stato diffuso ai confini della terra.
6. Nello stesso tempo desidero rendere omaggio al contributo missionario dei figli e delle figlie del Canada che hanno dato la loro vita così “perché la parola del Signore si diffonda, e sia glorificata come lo è anche tra voi” (2 Ts 3,1). Rendo omaggio alla fede e all’amore che li ha motivati, e al potere della croce che ha dato loro la forza di andare avanti ed eseguire il comando di Cristo: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt 28, 20).
E nel rendere omaggio ai vostri missionari, rendo parimenti omaggio alle comunità sparse per il mondo che hanno accolto il loro messaggio e segnato le loro tombe con la croce di Cristo. La Chiesa è grata per l’ospitalità loro concessa di un luogo di sepoltura, da dove essi attendono la definitiva esaltazione della croce santa nella gloria della risurrezione e della vita eterna.
Esprimo profonda gratitudine per lo zelo che ha caratterizzato la Chiesa in Canada e vi ringrazio per le preghiere, i contributi e le varie attività attraverso le quali voi sorreggete la causa missionaria. In particolare vi ringrazio per la vostra generosità verso la missione di aiuto delle società da parte della Santa Sede.
7. L’evangelizzazione resta per sempre il sacro retaggio del Canada, che vanta realmente una storia gloriosa dell’attività missionaria in patria e all’estero. L’evangelizzazione deve continuare ad essere esercitata attraverso l’impegno personale, predicando la speranza nelle promesse di Gesù e con la proclamazione dell’amore fraterno. Sarà sempre connessa con l’impianto e l’edificazione della Chiesa e avrà una profonda relazione con lo sviluppo e la libertà come espressione del progresso umano. Al centro di questo messaggio, tuttavia, c’è un’esplicita proclamazione di salvezza in Gesù Cristo, quella salvezza determinata dalla croce. Ecco le parole di Paolo VI: “L’evangelizzazione conterrà sempre – anche come base, centro e insieme vertice del suo dinamismo – una chiara proclamazione che, in Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, morto e risorto, la salvezza è offerta ad ogni uomo, come dono di grazia e misericordia di Dio stesso” (Pauli VI, Evangelii Nuntiandi, 27).
La Chiesa in Canada sarà se stessa se proclamerà fra tutti i suoi membri, con paole e fatti, l’esaltazione della croce, e sempre che, in patria e all’estero, essa sia una Chiesa evangelizzante.
Anche se queste parole vengono da me, c’è un altro che parla ovunque ai cuori dei giovani. È lo stesso Spirito Santo, ed è lui che fa pressione su ciascuno di noi, come membro di Cristo, per indurci ad abbracciare e a portare la buona novella dell’amore di Dio. Ma ad alcuni lo Spirito Santo sta proponendo il comando di Gesù nella sua forma specifica missionaria: andate a reclutare discepoli di tutte le nazioni. Dinanzi alla Chiesa intera, io, Giovanni Paolo II, proclamo ancora una volta l’assoluto valore della vocazione missionaria. E assicuro tutti i chiamati alla vita ecclesiastica e religiosa che nostro Signore Gesù Cristo è pronto ad accettare e rendere fruttuoso il sacrificio speciale delle loro vite, nel celibato, per l’esaltazione della croce.
8. Oggi la Chiesa, annunciando il Vangelo, rivive in un certo qual modo tutto il periodo che ha inizio il mercoledì delle Ceneri, raggiunge il suo apice durante la Settimana Santa e a Pasqua e prosegue nelle settimane successive fino alla Pentecoste. La festa dell’Esaltazione della santa croce è come il compendio di tutto il mistero pasquale di nostro Signore Gesù Cristo.
La croce è gloriosa perché su di essa il Cristo si è innalzato. Attraverso di essa, il Cristo ha innalzato l’uomo. Sulla croce ogni uomo è veramente elevato alla sua piena dignità, alla dignità del suo fine ultimo in Dio.
Attraverso la croce, inoltre, è rivelata la potenza dell’amore che eleva l’uomo, che lo esalta.
Veramente tutto il disegno di Dio sulla vita cristiana è condensato qui in un modo meraviglioso: il disegno di Dio e il suo senso! Diamo la nostra adesione al disegno di Dio e al suo senso! Ritroviamo il posto della croce nella nostra vita e nella nostra società.

Parliamo della croce in modo particolare a tutti coloro che soffrono, e trasmettiamo il suo messaggio di speranza ai giovani. Continuiamo a proclamare fino ai confini della terra il suo potere salvifico: “Exaltatio Crucis!”: la gloria della santa croce!
Fratelli e sorelle: “Non dimenticate mai le opere del Signore”! Amen.

ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE – TESTI ED OMELIA

http://www.perfettaletizia.it/archivio/anno-A/nuove_omelie_html/esaltazione_croce.html

ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE – TESTI ED OMELIA

I Lettura (Nm 21,4-9)
Dal libro dei Numeri

In quei giorni, il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: “Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero”.
Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d’Israeliti morì. Il popolo venne da Mosè e disse: “Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti”. Mosè pregò per il popolo.
Il Signore disse a Mosè: “Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita”. Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita.

Salmo (77)

Rit. Non dimenticate le opere del Signore!

Ascolta, popolo mio, la mia legge,
porgi l’orecchio alle parole della mia bocca.
Aprirò la mia bocca con una parabola,
rievocherò gli enigmi dei tempi antichi. Rit.

Quando li uccideva, lo cercavano
e tornavano a rivolgersi a lui,
ricordavano che Dio è la loro roccia
e Dio, l’Altissimo, il loro redentore. Rit.

Lo lusingavano con la loro bocca,
ma gli mentivano con la lingua:
il loro cuore non era costante verso di lui
e non erano fedeli alla sua alleanza. Rit.

Ma lui, misericordioso, perdonava la colpa,
invece di distruggere.
Molte volte trattenne la sua ira
e non scatenò il suo furore. Rit.

II Lettura (Fil 2,6-11)
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi

Cristo Gesù,
pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
”Gesù Cristo è Signore!”,
a gloria di Dio Padre.

Rit. Alleluia, alleluia.
Noi ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo,
perché con la tua croce hai redento il mondo.
Rit. Alleluia.

Vangelo (Gv 3,13-17)
Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
“Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”.

Omelia

Nel deserto il popolo pensò di avere un piano migliore di quello comunicatogli da Dio per mezzo di Mosè, anzi pensò che quanto diceva Mosè era profondamente errato e lo dimostrava la precarietà delle condizioni del cammino. Meglio la certezza dell’Egitto; e così decisero di ritornare, pronti a sottomettersi al faraone. Il risultato fu che ben presto si trovarono in una zona dove abbondavano le aspidi, serpenti velenossimi. Fu così chiaro che abbandonando la guida di Mosè, vero interlocutore con Dio, erano finiti nelle braccia della morte. Da qui il pentimento e la richiesta di aiuto.
Vogliamo domandarci: per gli Israeliti cosa significava immediatamente quel serpente di bronzo sull’asta?
La curiosità può essere soddisfatta se si pensa che l’imponente copricapo del faraone aveva sul fronte l’immagine di un aspide, l’ureo. L’ureo era il segno dell’abilità di governo del faraone, del suo sapere e quindi della sua capacità di dare prosperità al suo regno. Il popolo colpito dai morsi velenosi dei serpenti capì; guardare al serpente di bronzo innalzato su di un asta era far riconfluire in Dio ogni speranza. Il serpente acquistava nel deserto la simbologia della sapienza e della potenza di Dio.
Soddisfatta la domanda, si deve considerare che il punto a cui guarda Gesù è l’innalzamento del serpente di bronzo sull’asta e non il serpente di bronzo, la cui portata simbolica che aveva nel deserto non è messa in primo piano. Gesù si riferisce all’essere elevato da terra, indicando come anche lui sarà posto in alto, sulla croce; e gli uomini che vorranno essere liberati dai veleni del peccato dovranno guardare a lui, come già nel deserto per essere liberati dal morso dei serpenti gli Israeliti dovettero guardare al serpente di bronzo.
Gesù sarà innalzato da terra e gli uomini vedranno la sapienza e la potenza di Dio. L’ora della croce non è un’ora di sconfitta, ma un’ora di vittoria. Gesù sulla croce esprime una sapienza nuova, del tutto inedita, che è quella di far sì che con l’amore il dolore diventi crisma di gloria. Gesù, che nel Giordano ha visto su di lui scendere lo Spirito Santo, ha avuto come olio consacratorio il dolore. Lo Spirito Santo, con le sue vampe d’amore, l’ha condotto sulla croce così che il Cristo avesse la completezza della consacrazione a re universale. Gesù ha parlato chiaramente di questa sua consacrazione per mezzo del crisma dolore (Gv 17,19): “Per loro consacro me stesso”.
Gesù innalzato sulla croce esprime una potenza nuova, mai vista, che abbatte l’inferno e libera gli uomini; è la potenza dell’amore al Padre e agli uomini. Dolore e amore formano un binomio unitario sulla croce. L’amore accetta il dolore, e il dolore rende puro l’amore.
A questo punto possiamo considerare le parole di Gesù: “Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo”. In Gesù c’è una discesa e un’ascesa. Discesa, per l’Incarnazione. Salita al cielo perché l’anima di Gesù vedeva l’Essenza divina. La salita al cielo del Figlio dell’uomo era accompagnata dall’amore incandescente del Padre. A questo amore Gesù ha sempre corrisposto con l’obbedienza che è vertice d’amore. Ma proprio sulla croce Gesù imparò l’obbedienza. Non che prima non avesse obbedienza, ma tutta la sublime portata dell’obbedienza Gesù la imparò sulla croce (Cf. Eb 5,8). Obbedienza mentre il Cielo taceva su di lui, anzi lo respingeva spingendolo a gridare il vertice di dolore che è il silenzio del Padre (Mt 27,46): “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. L’anima di Gesù vedeva il Padre, ma vedeva il Padre che non operava moto su di lui, morente sulla croce. La beatitudine del cielo non consiste solo nel vedere Dio, ma anche nel vedere come egli sia infinitamente comunicatore d’amore verso di noi. Sappiamo infatti che egli in cielo ci servirà eternamente comunicandoci il suo amore (Lc 12,37): “Si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli”.
L’anima di Gesù vedeva il Padre, poiché aveva la visione intuitiva di lui, ma vedeva pure l’assenza della sua comunicazione d’amore: nessuna dolcezza gli veniva dal Padre, che trattava il figlio da peccato (2Cor 6,21). Questo non è visione beatifica, ma tormento nei tormenti. La gloria celeste non sta solo nell’accesso alla visione di Dio, ma nell’essere glorificati in eterno da Dio mediante il suo incessante amore.
Ci si domanda: “E’ possibile vedere Dio e non avere la sua comunicazione d’amore?”. Dico che è possibile vedere Dio e nello stesso tempo vedere che Dio fa il contrario, cioè si rifiuta: è quello che visse Gesù. Mi si dirà: “Ma il Padre non ama il Figlio?”. Rispondo che infinitamente lo ama, ma poiché il Figlio si era addossato le nostre colpe, il Padre lo trattò con rigore affinché il nostro peccato venisse espiato con un amore che vincesse il giusto sdegno del Padre per i nostri peccati.
Il Figlio dell’uomo, Verbo incarnatosi nel grembo Immacolato di Maria, fu sempre perfetto davanti agli uomini e anche davanti al Padre ma doveva, attraverso la morte di croce (Cf. Eb 2,10), diventare superperfetto.
L’essere elevato da terra sulla croce fu per il Cristo il momento vertice della crescita, in quanto uomo, del suo amore al Padre e agli uomini. Gesù sulla croce salì a vertici immisurabili d’amore, e ciò determinò la sua glorificazione nella risurrezione. Colui che, disceso dal cielo, era salito al cielo, vi doveva poi salire nella pienezza gloriosa della risurrezione (Cf. Rm 1,4). La glorificazione attraverso la croce. La glorificazione data dal Padre
Il sacrificio di Cristo fu il sacrificio di colui che, onnipotente, volle avere solo la potenza dell’amore. In nessun momento della sua vita Gesù si avvalse della sua uguaglianza con Dio, dell’essere Dio (Cf. Fil 2,6).
Di fronte all’Odio che lo tentava non lo fulminò con la sua potenza di Dio, ma lo vinse con l’obbedienza alla parola del Padre. Se avesse scacciato Satana con la sua potenza di Dio, non avrebbe ottenuto altro che dare spunto a Satana per inoculare il menzognero veleno satanico di considerare Dio un Dio altero, che offeso non sa altro che schiacciare, volle invece vincerlo. Satana si sentì stritolato quando l’Amore crocifisso emise lo spirito: aveva vinto l’Amore e lui l’Odio aveva perso.
Gesù rimase il Figlio dell’uomo sino alla fine, mite, umile e misericordioso senza limiti. Di fronte agli offensori, ai torturatori, non ha reagito maledicendo (1Pt 2,23). I suoi schernitori gli domandavano di scendere dalla croce dando così un segno della sua potenza. Non lo fece, pur potendolo fare. Non maledisse, non odiò. Amò. Così guardare a lui nel suo supremo atto d’amore è salvezza per noi, è liberarsi dal morso di Satana che iniettò il suo veleno nel genere umano, e continua a iniettarlo sempre più quando un uomo aderisce a lui.
L’esaltazione della croce è dunque esaltare il mezzo col quale Cristo ha vinto, ha espiato i nostri peccati, ha liberato i nostri cuori dal male. L’esaltazione della croce è riconoscere la potenza del crisma del dolore, che consacra l’anima a Dio in un incendio d’amore che parte dalle profondità dell’essere.
L’esaltazione della croce è riconoscere la sua fecondità apostolica.
La croce è dolore, ma è anche riposo. L’orgoglio all’anima ferita dal dolore offre un giaciglio per riposare, giaciglio che si chiama rancore, risentimento; ma l’anima che ama la croce e la esalta preferisce riposare sul duro tavolo della croce, perché solo così trova la pace. La pace che nasce dall’amore.
Viva la croce, dunque. Amen. Ave Maria. Vieni, Signore Gesù

14 SETTEMBRE: LA FESTA DELL’ESALTAZIONE DELLA CROCE NELLA TRADIZIONE BIZANTINA – OGGI HA PORTATO L’ALTISSIMO COME GRAPPOLO PIENO DI VITA

http://www.vatican.va/news_services/or/or_quo/commenti/2009/212q01b1.html

14 SETTEMBRE: LA FESTA DELL’ESALTAZIONE DELLA CROCE NELLA TRADIZIONE BIZANTINA

OGGI HA PORTATO L’ALTISSIMO COME GRAPPOLO PIENO DI VITA

DI MANUEL NIN

La festa dell’Esaltazione della Croce – Universale esaltazione della Croce preziosa e vivificante è il suo titolo nei libri liturgici di tradizione bizantina – ha un’origine gerosolimitana collegata alla dedicazione della basilica della Risurrezione, edificata sulla tomba del Signore nel 335, e anche alla celebrazione del ritrovamento della reliquia della Croce da parte dell’imperatrice Elena e del vescovo Macario, rappresentati nell’icona della festa. La Croce ha un posto rilevante nella liturgia bizantina:  viene commemorata tutti i mercoledì e venerdì dell’anno col canto di un tropario, la terza domenica di Quaresima, il 7 maggio e il 1° agosto, sempre presentata come luogo di vittoria di Cristo sulla morte, della vita sulla morte, luogo di morte della morte. La celebrazione del 14 settembre è preceduta da una prefesta il 13, che celebra appunto la dedicazione della basilica della Risurrezione, e si prolunga  con  un’ottava  fino  al giorno 21.
I testi dell’ufficiatura mettono ripetutamente in parallelo l’albero del paradiso e quello della Croce:  « Croce venerabilissima che le schiere angeliche circondano gioiose, oggi, nella tua esaltazione, per divino volere risollevi tutti coloro che, per l’inganno di quel frutto, erano stati scacciati ed erano precipitati nella morte »; « nel paradiso un tempo un albero mi ha spogliato, perché facendomene gustare il frutto, il nemico ha introdotto la morte; ma l’albero della Croce, che porta agli uomini l’abito della vita, è stato piantato sulla terra, e tutto il mondo si è riempito di ogni gioia »; « la Croce che ha portato l’Altissimo, quale grappolo pieno di vita, si mostra oggi elevata da terra:  per essa siamo stati tutti attratti a Dio, e la morte è stata del tutto inghiottita. O albero immacolato, per il quale gustiamo il cibo immortale dell’Eden, dando gloria a Cristo! ».
Uno dei tropari dell’ufficiatura vespertina, con delle immagini toccanti e profonde, riassume tutto il mistero della salvezza:  « Venite, genti tutte, adoriamo il legno benedetto per il quale si è realizzata l’eterna giustizia:  poiché colui che con l’albero ha ingannato il progenitore Adamo, viene adescato dalla Croce, e cade travolto in una funesta caduta. Col sangue di Dio viene lavato il veleno del serpente, ed è annullata la maledizione della giusta condanna per l’ingiusta condanna inflitta al giusto:  poiché con un albero bisognava risanare l’albero, e con la passione dell’impassibile distruggere nell’albero le passioni del condannato ». In un altro tropario, l’incarnazione di Cristo, Dio nella carne, è presentata come l’esca che nella Croce attira e vince il nemico:  « Per te è caduto colui che con un albero aveva ingannato, è stato adescato da Dio che nella carne in te è stato confitto, e che dona la pace alle anime nostre ».
Diversi testi fanno una lettura cristologica dei tanti passi dell’Antico Testamento che la tradizione patristica e liturgica ha letto e interpretato come prefigurazioni del mistero della Croce del Signore:  « Ciò che Mosè prefigurò un tempo nella sua persona, mettendo così in rotta Amalek e abbattendolo, ciò che Davide cantore ordinò di venerare come sgabello dei tuoi piedi, la tua Croce preziosa, o Cristo Dio »; « tracciando una croce, Mosè, col bastone verticale, divise il Mar Rosso per Israele che lo passò a piedi asciutti, poi lo riunì su se stesso volgendolo contro i carri del faraone, disegnando, orizzontalmente, l’arma invincibile »; « nelle viscere del mostro marino, Giona stendendo le palme a forma di croce, chiaramente prefigurava la salvifica passione:  perciò uscendo il terzo giorno, rappresentò la risurrezione del Cristo Dio crocifisso nella carne che con la sua risurrezione il terzo giorno ha illuminato il mondo ».
Alla fine del mattutino si svolge il rito dell’esaltazione e della venerazione della santa Croce. Il sacerdote prende dall’altare il vassoio che contiene la Croce preziosa collocata in mezzo a foglie di basilico – l’erba profumata che, secondo la tradizione, era l’unica a crescere sul Calvario e che attorniava la Croce quando fu ritrovata – e in processione lo porta tenendo il vassoio sulla sua testa fino alla porta centrale dell’iconostasi e in mezzo alla chiesa. Lì depone il vassoio su un tavolino, fa tre prostrazioni fino a terra e, prendendo in mano la Croce con le foglie di basilico, guardando a oriente, la innalza sopra il proprio capo, poi l’abbassa fino a terra e infine traccia il segno di croce, mentre i fedeli cantano per cento volte « Kyrie eleison ». Ripetendo questa grande benedizione verso i quattro punti cardinali e di nuovo verso oriente, il sacerdote invoca la misericordia e la benedizione del Signore sulla Chiesa e sul mondo intero. Al termine, il sacerdote innalza la Croce e con essa benedice il popolo che poi passa a venerarla e riceve delle foglie di basilico, per ricordare il buon profumo del Cristo risorto che tutti i cristiani sono chiamati a testimoniare nel mondo.

(©L’Osservatore Romano 14-15 settembre 2009)

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