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PAPA FRANCESCO, OMELIA PER L’ASSUNTA

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PAPA FRANCESCO, OMELIA PER L’ASSUNTA

Maria canta con i cristiani il Magnificat della speranza
L’omelia di Papa Francesco nella Messa di ieri per la Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, in piazza della Libertà a Castelgandolfo

Citta’ del Vaticano, 16 Agosto 2013 (Zenit.org)

Alle ore 9.00 di ieri, giovedì 15 agosto, Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, Papa Francesco ha lasciato in auto il Vaticano ed ha raggiunto Castel Gandolfo, recandosi subito in visita al Monastero di clausura delle Clarisse, all’interno delle Ville Pontificie. Alle 10.30, in piazza della Libertà, ha presieduto la Santa Messa per i fedeli della parrocchia pontificia di San Tommaso da Villanova. Di seguito, riportiamo il testo dell’omelia che il Santo Padre ha pronunciato dopo la proclamazione del Vangelo:

***

Cari fratelli e sorelle!
Al termine della Costituzione sulla Chiesa, il Concilio Vaticano II ci ha lasciato una meditazione bellissima su Maria Santissima. Ricordo soltanto le espressioni che si riferiscono al mistero che celebriamo oggi: La prima è questa: «L’immacolata Vergine, preservata immune da ogni macchia di colpa originale, finito il corso della sua vita terrena, fu assunta alla gloria celeste col suo corpo e la sua anima, e dal Signore esaltata come la regina dell’universo» (n. 59). E poi, verso la fine, vi è quest’altra: «La Madre di Gesù, come in cielo, glorificata ormai nel corpo e nell’anima, è l’immagine e la primizia della Chiesa che dovrà avere il suo compimento nell’età futura, così sulla terra brilla come segno di sicura speranza e di consolazione per il Popolo di Dio in cammino, fino a quando non verrà il giorno del Signore» (n. 68). Alla luce di questa bellissima icona di nostra Madre, possiamo considerare il messaggio contenuto nelle Letture bibliche che abbiamo appena ascoltato. Possiamo concentrarci su tre parole-chiave: lotta, risurrezione, speranza.
Il brano dell’Apocalisse presenta la visione della lotta tra la donna e il drago. La figura della donna, che rappresenta la Chiesa, è da una parte gloriosa, trionfante, e dall’altra ancora in travaglio. Così in effetti è la Chiesa: se in Cielo è già associata alla gloria del suo Signore, nella storia vive continuamente le prove e le sfide che comporta il conflitto tra Dio e il maligno, il nemico di sempre. E in questa lotta che i discepoli di Gesù devono affrontare – noi tutti, noi, tutti i discepoli di Gesù dobbiamo affrontare questa lotta – Maria non li lascia soli; la Madre di Cristo e della Chiesa è sempre con noi. Sempre, cammina con noi, è con noi. Anche Maria, in un certo senso, condivide questa duplice condizione. Lei, naturalmente, è ormai una volta per sempre entrata nella gloria del Cielo. Ma questo non significa che sia lontana, che sia staccata da noi; anzi, Maria ci accompagna, lotta con noi, sostiene i cristiani nel combattimento contro le forze del male. La preghiera con Maria, in particolare il Rosario – ma sentite bene: il Rosario. Voi pregate il Rosario tutti i giorni? Ma, non so… [i presenti gridano: Sì!] Sicuro? Ecco, la preghiera con Maria, in particolare il Rosario ha anche questa dimensione « agonistica », cioè di lotta, una preghiera che sostiene nella battaglia contro il maligno e i suoi complici. Anche il Rosario ci sostiene nella battaglia.
La seconda Lettura ci parla della risurrezione. L’apostolo Paolo, scrivendo ai Corinzi, insiste sul fatto che essere cristiani significa credere che Cristo è veramente risorto dai morti. Tutta la nostra fede si basa su questa verità fondamentale che non è un’idea ma un evento. E anche il mistero dell’Assunzione di Maria in corpo e anima è tutto inscritto nella Risurrezione di Cristo. L’umanità della Madre è stata « attratta » dal Figlio nel suo passaggio attraverso la morte. Gesù è entrato una volta per sempre nella vita eterna con tutta la sua umanità, quella che aveva preso da Maria; così lei, la Madre, che Lo ha seguito fedelmente per tutta la vita, Lo ha seguito con il cuore, è entrata con Lui nella vita eterna, che chiamiamo anche Cielo, Paradiso, Casa del Padre. Anche Maria ha conosciuto il martirio della croce: il martirio del suo cuore, il martirio dell’anima. Lei ha sofferto tanto, nel suo cuore, mentre Gesù soffriva sulla croce. La Passione del Figlio l’ha vissuta fino in fondo nell’anima. E’ stata pienamente unita a Lui nella morte, e per questo le è stato dato il dono della risurrezione. Cristo è la primizia dei risorti, e Maria è la primizia dei redenti, la prima di «quelli che sono di Cristo». E’ nostra Madre, ma anche possiamo dire è la nostra rappresentante, è la nostra sorella, la nostra prima sorella, è la prima dei redenti che è arrivata in Cielo.
Il Vangelo ci suggerisce la terza parola: speranza. Speranza è la virtù di chi, sperimentando il conflitto, la lotta quotidiana tra la vita e la morte, tra il bene e il male, crede nella Risurrezione di Cristo, nella vittoria dell’Amore. Abbiamo sentito il Canto di Maria, il Magnificat: è il cantico della speranza, è il cantico del Popolo di Dio in cammino nella storia. E’ il cantico di tanti santi e sante, alcuni noti, altri, moltissimi, ignoti, ma ben conosciuti a Dio: mamme, papà, catechisti, missionari, preti, suore, giovani, anche bambini, nonni, nonne: questi hanno affrontato la lotta della vita portando nel cuore la speranza dei piccoli e degli umili. Maria dice: «L’anima mia magnifica il Signore» – anche oggi canta questo la Chiesa e lo canta in ogni parte del mondo. Questo cantico è particolarmente intenso là dove il Corpo di Cristo patisce oggi la Passione. Dove c’è la Croce, per noi cristiani c’è la speranza, sempre. Se non c’è la speranza, noi non siamo cristiani. Per questo a me piace dire: non lasciatevi rubare la speranza. Che non ci rubino la speranza, perché questa forza è una grazia, un dono di Dio che ci porta avanti guardando il Cielo. E Maria è sempre lì, vicina a queste comunità, a questi nostri fratelli, cammina con loro, soffre con loro, e canta con loro il Magnificat della speranza.

Cari fratelli e sorelle, uniamoci anche noi, con tutto il cuore, a questo cantico di pazienza e di vittoria, di lotta e di gioia, che unisce la Chiesa trionfante con quella pellegrinante, noi; che unisce la terra con il Cielo, che unisce la nostra storia con l’eternità, verso la quale camminiamo. Così sia.

PREGHIERA DI SUA SANTITÀ PIO XII ALLA VERGINE ASSUNTA IN CIELO*

http://www.vatican.va/holy_father/pius_xii/prayers/documents/hf_p-xii_19501101_prayer-assunta_it.html

PREGHIERA DI SUA SANTITÀ PIO XII ALLA VERGINE ASSUNTA IN CIELO*

O Vergine Immacolata, Madre di Dio e Madre degli uomini.

1. — Noi crediamo con tutto il fervore della nostra fede nella vostra assunzione trionfale in anima e in corpo al cielo, ove siete acclamata Regina da tutti i cori degli Angeli e da tutte le schiere dei Santi;
e noi ad essi ci uniamo per lodare e benedire il Signore, che vi ha esaltata sopra tutte le altre pure creature, e per offrirvi l’anelito della nostra devozione e del nostro amore.
2. — Noi sappiamo che il vostro sguardo, che maternamente accarezzava l’umanità umile e sofferente di Gesù in terra, si sazia in cielo alla vista della umanità gloriosa della Sapienza increata, e che la letizia dell’anima vostra nel contemplare faccia a faccia l’adorabile Trinità fa sussultare il vostro cuore di beatificante tenerezza;
e noi, poveri peccatori, noi a cui il corpo appesantisce il volo dell’anima, vi supplichiamo di purificare i nostri sensi, affinchè apprendiamo, fin da quaggiù, a gustare Iddio, Iddio solo, nell’incanto delle creature.
3. Noi confidiamo che le vostre pupille misericordiose si abbassino sulle nostre miserie e sulle nostre angosce, sulle nostre lotte e sulle nostre debolezze; che le vostre labbra sorridano alle nostre gioie e alle nostre vittorie; che voi sentiate la voce di Gesù dirvi di ognuno di noi, come già del suo discepolo amato: Ecco il tuo figlio;
e noi, che vi invochiamo nostra Madre, noi vi prendiamo, come Giovanni, per guida, forza e consolazione della nostra vita mortale.
4. — Noi abbiamo la vivificante certezza che i vostri occhi, i quali hanno pianto sulla terra irrigata dal sangue di Gesù, si volgono ancora verso questo mondo in preda alle guerre, alle persecuzioni, alla oppressione dei giusti e dei deboli ;
e noi, fra le tenebre di questa valle di lacrime, attendiamo dal vostro celeste lume e dalla vostra dolce pietà sollievo alle pene dei nostri cuori, alle prove della Chiesa e della nostra Patria.
5. — Noi crediamo infine che nella gloria, ove voi regnate, vestita di sole e coronata di stelle, voi siete; dopo Gesù, la gioia e la letizia di tutti gli Angeli e di tutti i Santi;
e noi, da questa terra, ove passiamo pellegrini, confortati dalla fede nella futura risurrezione, guardiamo verso di voi, nostra vita, nostra dolcezza, nostra speranza; attraeteci con la soavità della vostra voce, per mostrarci un giorno, dopo il nostro esilio, Gesù, frutto benedetto del vostro seno, o clemente, o pia, o dolce Vergine Maria.

*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XII,
 Dodicesimo anno di Pontificato, 2 marzo 1950 – 1° marzo 1951, pp. 281 – 282
 Tipografia Poliglotta Vaticana

 A.A.S., vol. XXXXII (1950), n. 15, pp. 781 – 782.

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MARIA, « PROFEZIA VIVENTE »

http://www.stpauls.it/madre03/0308md/0308md11.htm

PENSIERI MARIANI DI FERRAGOSTO

di BRUNO SIMONETTO

MARIA, « PROFEZIA VIVENTE »  

La festa ferragostana dell’Assunta aiuta a colmare la ‘giara vuota’ della carenza di profezia. – La Vergine glorificata « in anima e corpo » provoca al futuro l’uomo moderno, indicandogli l’orizzonte escatologico.
Nel numero della rivista dello scorso mese di Luglio ricordavamo, tra le sei « giare vuote » del mondo d’oggi immaginate da Michele Giulio Masciarelli, anche quella della « carenza di profezia ».
Riportando il pensiero di P. Prini, Masciarelli osserva come nello spazio della post-modernità si sono ristrette le strade dell’umanesimo plenario e paiono chiuse quelle che portano alla trascendenza e all’escatologia: « Queste strade si aprono e si chiudono insieme, benché le prime vadano verso l’alto e le seconde rechino verso l’orizzonte ultimo: ‘la dialettica del finito, nel suo farsi religiosa, si pone kierkegaardianamente come il salto nella trascendenza: la dialettica della ‘distanza infinita’ tra l’uomo e Dio, tra la ‘miseria’ del presente umano e ‘l’assolutamente nuovo’ del regnum venturum’ » (cfr. « Cristianesimo e ideologia », Fossano (CN), 1974, p. 57), cit. in « La maestra – Lezioni mariane a Cana, LEV, 2002, pag. 63).
Più avanti il Masciarelli osserva che « anche in territorio cristiano si nota un vistoso sintomo di crisi, ed è lo smarrimento pratico-esistenziale della dimensione escatologica »; concludendo giustamente con Salvatore Natoli che se non siamo escatologici, siamo i ‘nuovi pagani’, poiché « ora, proprio nella fine della cristianità, mentre il Cristianesimo si riformula per gli uomini come problema, il paganesimo riaffiora di nuovo come un possibile modello: una vita lunga, non una vita eterna »(cfr. « I nuovi pagani », Milano 1955, pp. 15-16, cit. in ibid., pag. 64).
Di fronte a questo problema, sentito come domanda del « principio di speranza » cristiana, Michele Giulio Masciarelli afferma che il Cristianesimo non si limita solo a parlare di futuro ultimo, ma lo costruisce anche: evangelizzando, celebrando l’Eucaristia (« pegno della gloria futura ») e testimoniando la carità, animata dai dinamismi escatologici posti in essa dall’evento eucaristico, celebrato particolarmente ogni domenica, « giorno del Signore ».
A questo punto la riflessione cade sulla Vergine, « profezia vivente dell’orizzonte escatologico » in quanto « Maria si pone nell’onda del mistero escatologico dell’Eucaristia con la sua condizione di glorificata, di creatura che già gode del frutto della profezia eucaristica, ossia della gloria irradiata dal Dio trinitario […]. Maria glorificata provoca al futuro l’uomo senza radici e senza promesse. L’uomo contemporaneo consuma la sua esistenza nel quotidiano; egli pone ormai le sue scelte nella breve terra dell’oggi, senza pretendere che esse debbano venire da lontano (= assenza della tradizione) o debbano portare lontano (= assenza dell’escatologia). All’uomo dei nostri giorni sembra bastare quanto entra nelle strette stive di una ‘nave’ che solca un mare senza orizzonti lunghi » (cfr. ibid., pp. 66-67).
Come si vede, Masciarelli preferisce – nella sua trattazione delle ‘lezioni mariane’ dell’evento di Cana – limitarsi ad uno specifico accenno ‘eucaristico’ a Maria glorificata, senza sviluppare il tema dell’Assunta in Cielo, « profezia vivente dell’orizzonte escatologico » e icona di speranza cristiana.

Spigolature sull’Assunta
Noi ripartiamo da qui, accostandoci ancora una volta alla più caratteristica festa mariana dell’estate, senza la pretesa di riproporre analisi mariologiche del dogma dell’Assunta ma per fare una lettura popolare e devozionistica di questa ricorrenza tanto cara e suggestiva, raccogliendo comunque l’invito della Chiesa a guardare a Maria Assunta che « come in Cielo, glorificata ormai nel corpo e nell’anima, è immagine e inizio della Chiesa che dovrà avere il suo compimento nell’età futura, così sulla terra brilla ora innanzi al peregrinante Popolo di Dio quale segno di sicura speranza » (cfr. Lumen gentium, n. 68). Così sulla Vergine Assunta in Cielo spigoliamo pensieri sparsi.
1. – « Credere nell’Assunzione di Maria – ricorda Guy Gilbert – è una conclusione logica di ciò che il Vangelo ci insegna sulla Madre di Gesù. E anche di ciò che ci promette. Se Gesù ci chiama tutti e tutte alla vita eterna, come avrebbe potuto sua Madre non beneficiare per prima di questo favore? ».
Segue un’osservazione scontata per ogni devoto della Vergine: « Maria non è inattiva lassù, scende spesso da noi, ancora dopo duemila anni, perché lei rimane ‘serva’ come ai tempi in cui era sulla terra ». E qui il discorso cade sui tanti Santuari mariani sparsi per il mondo, luoghi privilegiati dalle apparizioni della Madonna: « Chi non è mai stato colto dall’indicibile clima di elevazione che trasuda dai Santuari mariani? Un soffio misterioso avvolge questi luoghi visitati nel mondo intero; e qui si avverte che Maria, Regina dell’universo, rimane ‘serva’ del Signore e dei poveri di Jawhè… ».

2. – L’Autore dell’opuscolo Il Rosario degli ultimi, don Giovanni Valassina, commenta il quarto Mistero glorioso con alcune stupende ‘enunciazioni’:
Tutti rincorrono un sogno: l’eterno femminino;
Come per Maria, c’è una divina promessa: ‘Nostro corpo, cattedrale dell’Amore’ (p. David Turoldo);
Una preghiera letteraria trasfigurata: ‘Mamma, dammi il sole!’;
Il desiderio di ognuno: essere immortale: ‘Quando andrò in Cielo, allora sarò veramente uomo’ (Sant’Ignazio di Antiochia);
La scelta annuale estiva: festa dell’Assunta o ferragosto?;
Maria è la donna del futuro: « Il Magnificat conclude il Miserere e il De profundis nel Te Deum ascende » (Clemente Rebora);
Con l’Assunta, nello splendore, tutta la femminilità: Ecco la Donna!
Enunciazioni che sono spazio di meditazione o, come suggerisce don Giovanni, « una preghiera povera per i poveri, per gli anonimi, per i povericristi del nostro tempo; per gli ‘ultimi’ che non sanno parole di preghiera devota: che salmeggiano la vita con silenzi, pianti, urla ».
3. – Riferendosi al senso dell’Anno Mariano indetto da Papa Giovanni Paolo II dalla Pentecoste del 1987 alla festa dell’Assunta del 1988, il Card. Ratzinger commentava: « L’Anno Mariano si conclude con la festa dell’Assunzione corporea di Maria in Cielo e orienta così al grande segno della speranza, all’umanità già salvata in Maria, in cui diventa contemporaneamente visibile il luogo della salvezza, di ogni salvezza » (cfr. Ibid., pag. 50).
Maria Assunta in Cielo, in altri termini, è sì « immagine e inizio della Chiesa che dovrà avere il suo compimento nell’età futura »; ma è anche la Madre dell’umanità che « sulla terra brilla ora innanzi al peregrinante Popolo di Dio quale segno di sicura speranza » (cfr. Lumen gentium, n. 68). È la devozione del popolo fedele a sentire la Vergine Assunta non lontana, « nell’alto dei Cieli », ma vicina, compagna di viaggio, qui sulla terra.
4. – L’Assunta rimane « donna dei nostri giorni », per dirla con Tonino Bello, che specifica: donna feriale, donna del pane, donna coraggiosa, donna in cammino, donna del silenzio, donna di servizio, donna vera, donna del popolo…
Ogni attributo – litanico o no che sia – ci fa sentire la Vergine assunta in Cielo come una di noi, ancora presente qui sulla terra.
Donna dei nostri giorni. « Maria – scriveva il santo Vescovo di Molfetta – la vogliamo sentire così. Di casa. Mentre parla il nostro dialetto…Vogliamo vederla così. Immersa nella cronaca paesana. Con gli abiti del nostro tempo. Che non mette soggezione a nessuno. Che si guadagna il pane come le altre… Donna di ogni età: a cui tutte le figlie di Eva, quale che sia la stagione della loro vita, possano sentirsi vicine ».

5. – Commentando il quarto Mistero della gloria, Hans Urs von Balthasar nel suo aureo libro « Il Rosario – La salvezza del mondo nella preghiera mariana » (Ed. Jaca Book, 19912, pp. 77-80) scrive fra l’altro:
« Maria, grazie all’opera del Figlio suo si trasforma nella Chiesa, che egli crea da sé come sua sposa immacolata (cfr. Ef 5, 27), ma essa non scompare come individuo, bensì entra, nello stesso tempo, in questa Chiesa come membro. È la parte ed è il tutto che viene delineato secondo il suo modello e in virtù della sua santità. È la singola donna ed è anche il manto sotto cui i Cristiani si riuniscono per formare la Chiesa. È la singola santa in Cielo ed è, nel medesimo tempo, la Gerusalemme celeste che sta già lassù, « pronta come una sposa adorna per il suo sposo » (Ap 21, 2), per permettere a coloro che giungono in Cielo di entrarvi. Come Maria è stata redenta preventivamente perché il Verbo potesse diventare carne, così d’ora innanzi – poiché con la morte e la risurrezione di Cristo il Cielo è divenuto accessibile agli uomini – la santa Città, la Chatolica, la Communio sanctorum è già perfetta lassù, in modo che i santi possono esservi incorporati […].
Con Cristo e con Maria il mondo creato è già incamminato verso la trasformazione e la glorificazione; l’ultimo giorno è già iniziato… ».
Ecco alcune riflessioni sulla festa dell’Assunta, pensieri di Cielo qui sulla terra, dove talvolta ci sorprendiamo a guardare con nostalgia la ‘giara vuota’ della carenza di profezia. E la Vergine Maria, « profezia vivente dell’orizzonte escatologico », ci aiuta a colmare questo vuoto.

Preghiera alla Vergine Assunta
Sentire, vedere, immaginare Maria così. E pregarla come insegnava Tonino Bello: « Santa Maria, donna dei nostri giorni, vieni ad abitare in mezzo a noi. Tu hai predetto che tutte le generazioni ti avrebbero chiamata beata. Ebbene, tra queste generazioni c’è anche la nostra, che vuole cantarti la sua lode non solo per le cose grandi che il Signore ha fatto in te nel passato, ma anche per le meraviglie che egli continua a operare in te nel presente. Fa’ che possiamo sentirti vicina ai nostri problemi… ».
Ma forse, collegando l’immagine della Vergine Assunta in Cielo al nostro insopprimibile bisogno di sentirla qui vicino a noi, l’attributo più proprio con il quale invocare Maria è: ‘Compagna di viaggio’, nel senso che a tale attribuzione dava Tonino Bello: « Santa Maria, madre tenera e forte, nostra compagna di viaggio sulle strade della vita, ogni volta che contempliamo le cose grandi che l’Onnipotente ha fatto in te, proviamo una così viva malinconia per le nostre lentezze, che sentiamo il bisogno di allungare il passo per camminarti vicino… ».
Sì, o Maria Assunta in Cielo, ripeti ancora oggi il canto del Magnificat, e annuncia straripamenti di giustizia a tutti gli oppressi della terra. Non ci lasciare soli nella notte a salmodiare le nostre paure. Anzi, se nei momenti dell’oscurità ti metterai vicino a noi e ci sussurrerai che anche tu, Vergine dell’Attesa, con noi stai aspettando la luce, le sorgenti del nostro pianto si dissecheranno sul nostro volto. E sveglieremo insieme l’aurora che non conosce tramonto negli spazi infiniti del Cielo dove ci hai preceduto e « brilli ora innanzi al peregrinante Popolo di Dio quale segno di sicura speranza » (cfr. Lumen gentium, n. 68).

Bruno Simonetto

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PAPA BENEDETTO: SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DELL’ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA (2009)

http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/homilies/2009/documents/hf_ben-xvi_hom_20090815_assunzione_it.html

SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DELL’ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Parrocchia di San Tommaso da Villanova, Castel Gandolfo

Sabato, 15 agosto 2009

Venerati fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle

L’odierna solennità corona il ciclo delle grandi celebrazioni liturgiche nelle quali siamo chiamati a contemplare il ruolo della Beata Vergine Maria nella Storia della salvezza. Infatti, l’Immacolata Concezione, l’Annunciazione, la Divina Maternità e l’Assunzione sono tappe fondamentali, intimamente connesse tra loro, con cui la Chiesa esalta e canta il glorioso destino della Madre di Dio, ma nelle quali possiamo leggere anche la nostra storia. Il mistero della concezione di Maria richiama la prima pagina della vicenda umana, indicandoci che, nel disegno divino della creazione, l’uomo avrebbe dovuto avere la purezza e la bellezza dell’Immacolata. Quel disegno compromesso, ma non distrutto dal peccato, attraverso l’Incarnazione del Figlio di Dio, annunciata e realizzata in Maria, è stato ricomposto e restituito alla libera accettazione dell’uomo nella fede. Nell’Assunzione di Maria, contempliamo, infine, ciò che siamo chiamati a raggiungere nella sequela di Cristo Signore e nell’obbedienza alla sua Parola, al termine del nostro cammino sulla terra.
La tappa ultima del pellegrinaggio terreno della Madre di Dio ci invita a guardare al modo in cui Ella ha percorso il suo cammino verso la meta dell’eternità gloriosa.
Nel brano del Vangelo appena proclamato, san Luca racconta che Maria, dopo l’annuncio dell’Angelo, “si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa” per fare visita ad Elisabetta (Lc 1, 39). L’evangelista, dicendo questo, vuole sottolineare che per Maria seguire la propria vocazione, nella docilità allo Spirito di Dio, che ha operato in Lei l’incarnazione del Verbo, significa percorrere una nuova strada ed intraprendere subito un cammino fuori della propria casa, lasciandosi condurre solamente da Dio. Sant’Ambrogio, commentando la “fretta” di Maria, afferma: “la grazia dello Spirito Santo non comporta lentezze” (Expos. Evang. sec. Lucam, II, 19: PL 15,1560). La vita della Madonna è condotta da un Altro – “Ecco la serva del Signore: avvenga in me secondo la tua parola” (Lc 1,38) – è modellata dallo Spirito Santo, è segnata da eventi ed incontri, come quello con Elisabetta, ma soprattutto dalla particolarissima relazione con il suo figlio Gesù. E’ un cammino nel quale Maria, serbando e meditando nel cuore gli avvenimenti della propria esistenza, scorge in essi in modo sempre più profondo il misterioso disegno di Dio Padre, per la salvezza del mondo.
Seguendo poi Gesù da Betlemme all’esilio in Egitto, nella vita nascosta e in quella pubblica, fino ai piedi della Croce, Maria vive la sua costante ascesa verso Dio nello spirito del Magnificat, aderendo pienamente, anche nel momento dell’oscurità e della sofferenza, al progetto d’amore di Dio e alimentando nel cuore l’abbandono totale nelle mani del Signore, così da essere paradigma per la fede della Chiesa (cfr Lumen gentium, 64-65)
Tutta la vita è un’ascensione, tutta la vita è meditazione, obbedienza, fiducia e speranza, anche nelle oscurità; e tutta la vita è questa “sacra fretta”, che sa che Dio è sempre la priorità e nient’altro deve creare fretta nella nostra esistenza.
E, finalmente, l’Assunzione ci ricorda che la vita di Maria, come quella di ogni cristiano, è un cammino alla sequela, la sequela di Gesù, un cammino che ha una meta ben precisa, un futuro già tracciato: la vittoria definitiva sul peccato e sulla morte e la comunione piena con Dio, perché – come dice Paolo nella Lettera agli Efesini – il Padre “ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli in Cristo Gesù” (Ef 2,6). Ciò vuol dire che con il Battesimo siamo fondamentalmente già risuscitati e sediamo nei cieli in Cristo Gesù, ma dobbiamo corporalmente raggiungere quanto già cominciato e realizzato nel Battesimo. In noi l’unione con Cristo, la risurrezione, è incompiuta, ma per la Vergine Maria essa è compiuta, nonostante il cammino che anche la Madonna ha dovuto fare. Ella è entrata nella pienezza dell’unione con Dio, con il suo Figlio, e ci attira e ci accompagna nel nostro cammino.
In Maria assunta in cielo contempliamo, allora, Colei che, per singolare privilegio, è resa partecipe con l’anima e con il corpo della definitiva vittoria di Cristo sulla morte. “Compiuto il corso della vita terrena – dice il Concilio Vaticano II – fu assunta alla gloria celeste in corpo e anima, ed esaltata dal Signore come Regina dell’universo, perché fosse più pienamente conformata al Figlio suo, Signore dei signori (cfr Ap 19,16) e vincitore del peccato e della morte” (Lumen gentium, 59). Nella Vergine Assunta in cielo contempliamo il coronamento della sua fede, di quel cammino di fede che Ella indica alla Chiesa e a ciascuno di noi: Colei che in ogni momento ha accolto la Parola di Dio, è assunta in cielo, cioè è accolta Lei stessa dal Figlio, in quella “dimora” che ci ha preparato con la sua morte e risurrezione (cfr Gv 14,2-3).
La vita dell’uomo sulla terra – come ci ha ricordato la prima lettura – è un cammino che si svolge, costantemente, nella tensione della lotta tra il drago e la donna, tra il bene e il male, E’ questa la situazione della storia umana: è come un viaggio in un mare spesso burrascoso; Maria è la stella, che ci guida verso il Figlio suo Gesù, sole sorto sopra le tenebre della storia” (cfr Spe salvi, 49) e ci dona la speranza di cui abbiamo bisogno: la speranza che possiamo vincere, che Dio ha vinto e che, con il Battesimo, siamo entrati in questa vittoria. Non soccombiamo definitivamente: Dio ci aiuta, ci guida. Questa è la speranza: questa presenza del Signore in noi, che diventa visibile in Maria assunta in cielo. “In Lei (…) – leggeremo tra poco nel Prefazio di questa Solennità – hai fatto risplendere per il tuo popolo pellegrino sulla terra, un segno di consolazione e di sicura speranza”.
Con San Bernardo, mistico cantore della Vergine Santa, così la invochiamo: “Ti preghiamo, o benedetta, per la grazia che tu trovasti, per quelle prerogative che tu meritasti, per la Misericordia che tu partoristi, fa’ che colui che per te s’è degnato di farsi partecipe della nostra miseria ed infermità, grazie alla tua preghiera, ci faccia partecipi delle sue grazie, della sua beatitudine ed eterna gloria, Gesù Cristo, Figlio tuo, Signore nostro, il quale è sopra tutte le cose, Dio benedetto nei secoli dei secoli. Amen” (Sermo 2 de Adventu, 5: PL 183, 43).

GIOVANNI DAMASCENO E L’ASSUNZIONE DI MARIA

http://www.donbosco-torino.it/ita/Maria/studi/08-09/10-Assunzione-di-Maria.html

STUDI MARIANI: MARIA E I PADRI DELLA CHIESA -

GIOVANNI DAMASCENO E L’ASSUNZIONE DI MARIA

Una delle più importanti feste della Madonna è la sua Assunzione in Cielo. I lettori più anziani ricorderanno ancora il 1º novembre 1950: durante l’Anno Santo, circondato da centinaia di Vescovi, tra la gioia di tutti i cattolici del mondo, l’augusta figura del Papa Pio XII proclamò ufficialmente che l’Assunzione della Madonna in cielo, con la sua anima e il suo corpo, è un dogma, una verità che appartiene alla Rivelazione cristiana.
Nella costituzione apostolica Munificentissimus Deus, Papa Pacelli chiariva che questo articolo della nostra fede, implicitamente contenuto nella Bibbia, era progressivamente emerso alla coscienza della Chiesa, soprattutto grazie alle spiegazioni date da alcuni illustri Padri della Chiesa.

Firme false contro Giovanni
Tra essi eccelleva Giovanni di Damasco, nato verso il 650 in questa città, capitale della Siria, dove i Musulmani, oramai padroni pressoché di tutto il Medio Oriente, permettavano ancora ai cristiani di professare quasi del tutto liberamente la loro fede. Per comprendere la grandissima devozione di questo santo alla Madonna, occorre ricordare un episodio. Egli, per l’intelligenza di cui era dotato e i meriti acquisiti da suo padre, era stato nominato ministro dal califfo musulmano.
Purtroppo, l’Imperatore cristiano di Costantinopoli, per gettare discredito su Giovanni di Damasco, che si opponeva alla sua politica di distruggere le immagine sacre, falsificò un documento, in cui, imitando la grafia e la firma del santo, lo faceva apparire come un traditore del califfo.
Quest’ultimo, venuto in possesso di questa lettera, persuaso dell’inaffidabilità di Giovanni di Damasco, gli fece tagliare la mano destra, secondo la legge coranica. La notte stessa, però, per intervento miracoloso della Madonna, la mano fu riattaccata. Nonostante la riconciliazione con il califfo, Giovanni di Damasco preferì partire e ritirarsi in un monastero nei pressi di Gerusalemme, ove ancora oggi il suo corpo è venerato dai monaci che vi abitano.

Il principio della convenienza
Qui Giovanni scrisse delle opere di teologia tuttora ammirate e studiate. In esse espone il motivo per cui occorre credere che la Beata Vergine Maria, a differenza di tutte le altre creature, non deve attendere il giudizio finale, al ritorno glorioso di Gesù sulla terra, perché il suo corpo risorga, in quanto esso, che non ha conosciuto alcuna corruzione, è stato già assunto e glorificato in cielo.
L’argomento è legato ad una legge che in teologia è molto importante: il principio della convenienza. In altre parole, nelle cose che riguardano Dio e la sua azione, c’è una sorta di intrinseca esigenza che collega cause ed effetti.
Era conveniente – notava Giovanni di Damasco – che la Madonna, voluta da Dio sempre vergine nel corpo, non conoscesse la dissoluzione di quel corpo santo ed immacolato. Come si dirà in seguito: assumpta quia immaculata.
Era conveniente che la Madonna, in tutto associata a suo Figlio, lo fosse anche nel suo trionfo sulla morte. Ed ecco questo privilegio mariano: la glorificazione del suo corpo.
I teologi successivi, soprattutto negli ultimi anni, hanno definito questo evento della vita della Madonna un’anticipazione. Di che cosa? Del futuro che attende tutti gli uomini perché Dio ha predisposto per ognuno di noi di vivere in eterno in Paradiso con la nostra anima e con il nostro corpo. Per questo motivo, l’Assunzione della Madonna è motivo di speranza e di consolazione per tutti noi, soprattutto quando la mestizia per la morte di qualcuno dei nostri cari ci affligge.

Una strana convergenza
L’arte, che è una sorella della teologia, ha raffigurato spesso, in icone e affreschi, questo evento, dipingendo lo stupore degli apostoli, che ritrovano vuota la tomba, nella quale avevano deposto il corpo della Madonna, quando Ella si era addormentata ed essi l’avevano ritenuta morta.
Alcuni mistici, nelle loro visioni, hanno comunicato altri dettagli, nei quali la Chiesa non ci chiede di credere ma permette che essi siano diffusi per il nostro profitto spirituale.
Caterina Emmerich, per esempio, una suora agostiniana tedesca, pur senza essersi mai allontanata dal suo convento, riferì che il luogo dell’Assunzione era stato Efeso e non Gerusalemme, come si credeva. Qualche anno dopo, gli archeologi hanno scoperto, proprio nel posto indicato dalle visioni di Caterina Emmerich, i resti di un’abitazione e di una chiesa dedicata alla Madonna, perfettamente corrispondente ai particolari dati da lei! Teologia, arte, mistica: tutto converge nel glorificare Maria Santissima.

La mediazione di Maria
Il nostro Giovanni Damasceno, inoltre, asserì un’altra verità incontestabile: la Madonna esercita una mediazione efficacissima a favore di tutti. Con un’affermazione che non lascia spazio ad alcun dubbio, questo insigne Dottore della Chiesa afferma: “Essa è diventata per noi mediatrice di tutti i beni”. La paragona alla scala su cui il patriarca Giacobbe, secondo il racconto della Genesi, vide gli angeli salire e scendere tra cielo e terra:
“Allo stesso modo tu sei diventata mediatrice e scala per la quale Dio discende verso di noi, allorché assume la fragilità della nostra sostanza, abbracciandola e unendola intimamente a sé”.
Del resto, tutti i fedeli, sia quelli che vanno sempre in chiesa sia quelli che non ci vanno mai, si rivolgono sempre alla Madre di Dio per ottenere grazie e favori. Persino i non cristiani, come i missionari raccontano pieni di meraviglia, volentieri pregano la Madonna.
Il poeta Dante ha scritto: “Qual vuol grazia e a te non ricorre, sua disïanza vuol volar senz’ali”. Cioè, com’è impossibile volare senza ali, così è impossibile ottenere una grazia senza affidarsi alla mediazione della Madonna.
I teologi latini, sempre bravi a sintetizzare in poche parole lunghi ragionamenti teologici, hanno sentenziato: “Quod Deus natura, tu gratia potes”.
Dio è onnipotente per natura, la Madonna lo è per grazia, cioè per volere di Dio stesso che l’ha scelta come Madre.
I protestanti si preoccupano che, in questo modo, l’unica mediazione di Cristo, asserita nel Nuovo Testamento (Uno solo è il mediatore fra Dio e gli uomini, leggiamo nella Prima Lettera di san Paolo a Timoteo), verrebbe oscurata. Al contrario! Dalla grazia sovrabbondante di Gesù sgorga questa fontana purissima che riversa con liberale e sovrana bontà grazie su grazie, attingendo alla inesauribile sorgente, che è suo Figlio. È un vero peccato che il Concilio Vaticano II (1962-1965), nonostante la richiesta di moltissimi vescovi che vi presero parte, non abbia proclamato come dogma la mediazione universale di Maria Santissima.
Questa verità di fede, oltre ad essere patrimonio comune tra i teologi, è scolpita nel cuore di tutti i fedeli, i quali, con le parole di Giovanni di Damasco, provano tanta gioia e pace nel dire alla Madonna: “O sovrana, Madre di Dio e vergine.
Leghiamo le nostre anime alla tua speranza come ad un’ancora saldissima e del tutto intangibile, consacrandoti mente, anima, corpo e tutto il nostro essere e onorandoti, per quando ci è possibile, con salmi, inni e cantici spirituali”.

 Roberto SPATARO sdb

31 MAGGIO: VISITAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA (f) – UFFICIO DELLE LETTURE

31 MAGGIO: VISITAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA (f)

UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura
Dal Cantico dei cantici 2, 8-14; 8, 6-7

La visita del Diletto
Una voce! Il mio diletto!
Eccolo, viene
saltando per i monti,
balzando per le colline.
Somiglia il mio diletto a un capriolo
o ad un cerbiatto.
Eccolo, egli sta
dietro il nostro muro;
guarda dalla finestra,
spia attraverso le inferriate.
Ora parla il mio diletto e mi dice:
«Alzati, amica mia,
mia tutta bella, e vieni!
Perché, ecco, l’inverno è passato,
è cessata la pioggia, se n’è andata;
i fiori sono apparsi nei campi,
il tempo del canto è tornato
e la voce della tortora ancora si fa sentire
nella nostra campagna.
Il fico ha messo fuori i primi frutti
e le viti fiorite spandono fragranza.
Alzati, amica mia,
mia tutta bella, e vieni!
O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia,
nei nascondigli dei dirupi,
mostrami il tuo viso,
fammi sentire la tua voce,
perché la tua voce è soave,
il tuo viso è leggiadro.
Mettimi come sigillo sul tuo cuore,
come sigillo sul tuo braccio;
perché forte come la morte è l’amore,
tenace come gli inferi è la gelosia:
le sue vampe sono vampe di fuoco,
una fiamma del Signore!
Le grandi acque non possono spegnere l’amore
né i fiumi travolgerlo.
Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa
in cambio dell’amore, non ne avrebbe che dispregio».

Seconda Lettura
Dalle «Omelie» di san Beda il Venerabile, sacerdote
(Lib. 1, 4; CCL 122, 25-26, 30)

Maria magnifica il Signore che opera in lei
«L’anima mia magnifica il Signore ed il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore» (Lc 1, 46). Con queste parole Maria per prima cosa proclama i doni speciali a lei concessi, poi enumera i benefici universali con i quali Dio non cessò di provvedere al genere umano per l’eternità.
Magnifica il Signore l’anima di colui che volge a lode e gloria del Signore tutto ciò che passa nel suo mondo interiore, di colui che, osservando i precetti di Dio, dimostra di pensare sempre alla potenza della sua maestà.
Esulta in Dio suo salvatore, lo spirito di colui che solo si diletta nel ricordo del suo creatore dal quale spera la salvezza eterna.
Queste parole, che stanno bene sulle labbra di tutte le anime perfette, erano adatte soprattutto alla beata Madre di Dio. Per un privilegio unico essa ardeva d’amore spirituale per colui della cui concezione corporale ella si rallegrava. A buon diritto ella poté esultare più di tutti gli altri santi di gioia straordinaria in Gesù suo salvatore. Sapeva infatti che l’autore eterno della salvezza, sarebbe nato dalla sua carne, con una nascita temporale e in quanto unica e medesima persona, sarebbe stato nello stesso tempo suo figlio e suo Signore.
«Cose grandi ha fatto a me l’onnipotente e santo è il suo nome».
Niente dunque viene dai suoi meriti, dal momento che ella riferisce tutta la sua grandezza al dono di lui, il quale essendo essenzialmente potente e grande, è solito rendere forti e grandi i suoi fedeli da piccoli e deboli quali sono. Bene poi aggiunse: «E Santo è il suo nome», per avvertire gli ascoltatori, anzi per insegnare a tutti coloro ai quali sarebbero arrivate le sue parole ad aver fiducia nel suo nome e a invocarlo. Così essi pure avrebbero potuto godere della santità eterna e della vera salvezza, secondo il detto profetico: «Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato» (Gl 3, 5).
Infatti è questo stesso il nome di cui sopra si dice: «Ed esultò il mio spirito in Dio, mio salvatore».
Perciò nella santa Chiesa è invalsa la consuetudine bellissima ed utilissima di cantare l’inno di Maria ogni giorno nella salmodia vespertina. Così la memoria abituale dell’incarnazione del Signore accende di amore i fedeli, e la meditazione frequente degli esempi di sua Madre, li conferma saldamente nella virtù. Ed è parso bene che ciò avvenisse di sera, perché la nostra mente stanca e distratta in tante cose, con il sopraggiungere del tempo del riposo si concentrasse tutta in se medesima.

ANNUNCIAZIONE DEL SIGNORE -25 MARZO (2013: 8 aprile) – SULL’ESEMPIO DI MARIA – Enrico dal Covolo SDB

http://www.donbosco-torino.it/ita/Maria/feste/2000-2001/Sull’esempio%20di%20Maria.html

SULL’ESEMPIO DI MARIA

ANNUNCIAZIONE DEL SIGNORE  -25 MARZO (2013: 8 aprile)

Enrico dal Covolo SDB

Nei suoi primi inizi l’Incarnazione si è realizzata nel grembo di Maria, quando l’umile ancella del Signore ha formulato liberamente il suo assenso dinanzi al misterioso piano di Dio, che le veniva svelato.
Grazie a quel fiat di Maria, scrive san Leone Magno, “il Figlio di Dio fa il suo ingresso in mezzo alle miserie di questo mondo, scendendo dal suo trono celeste, ma senza lasciare la gloria del Padre. Entra in una condizione nuova. Nasce in un modo nuovo”. Proprio con quel fiat ha avuto inizio la nuova storia dell’umanità, di cui abbiamo celebrati i duemila anni.
Con il racconto dell’Annunciazione Luca illustra in maniera efficace l’intera storia della vocazione di Maria, utilizzando uno schema a cinque punti (che in verità ritorna di norma nelle storie bibliche di vocazione). I cinque punti sono i seguenti:
– la chiamata-elezione da parte di Dio;
– la risposta di Maria;
– la missione, che Dio stesso le affida;
– il turbamento di Maria;
– infine, la conferma rassicurante da parte di Dio.
Riflettendo su ognuno di questi momenti potremo avviare un utile confronto tra la storia della vocazione di Maria e la storia della nostra vocazione, così da renderci sempre più disponibili e generosi alla chiamata del Signore e conformare più decisamente a Cristo la nostra vita.
Scriveva nel XII secolo un monaco famoso, sant’Isacco, abate del Monastero della Stella: “Ciò che la Bibbia dice di Maria va riferito singolarmente a ogni anima credente”.
Non è dunque una presunzione confrontare la nostra storia di vocazione con quella di Maria: è invece una precisa esigenza della vita spirituale di ogni cristiano.
La chiamata-elezione da parte di Dio
“L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea di nome Nazaret, da una vergine chiamata Maria”.
Ecco il primo tratto di questa splendida storia, la storia della vocazione di Maria: è la chiamata-elezione da parte di Dio.
È lui il vero protagonista del racconto. A ben guardare, anche la storia della vocazione di Maria, come ogni storia di vocazione, è anzitutto dono e mistero (per usare una suggestiva espressione del Papa, allorché, nel cinquantesimo della sua ordinazione sacerdotale, ha inteso rileggere con sguardo di fede la storia della propria vocazione).
È Dio che manda Gabriele, è Dio che riempie di grazia… Così l’umile ancella, vuota di sé, è piena di grazia, e in lei si compiono le “grandi cose” di Dio.
È una lezione per tutti noi. Solo alla luce della grazia, solo assicurando il primato di Dio nella nostra vita potremo capire noi stessi, e decifrare la storia della nostra vocazione. “Che io conosca te, che io conosca me”, implorava sant’Agostino nei Soliloqui, alla vigilia del suo Battesimo.

LA RISPOSTA DI MARIA
Davanti all’intervento gratuito di Dio, Maria conclude il proprio discernimento con una parola di totale disponibilità: “Eccomi, sono la serva del Signore. Dio faccia con me come tu hai detto”. Ha conosciuto Dio e ha riconosciuto se stessa, umile serva nella quale la grazia viene ad operare grandi cose.
Ecco il secondo tratto dei racconti biblici di vocazione: la risposta del chiamato.
Si tratta di una risposta che in Maria è totalmente positiva: vuota di sé, la vergine è piena di grazia. Ma la risposta del chiamato può essere anche negativa: si pensi al giovane ricco. Non ha voluto svuotarsi delle sue ricchezze, non ha lasciato spazio alla grazia, e se n’è andato via triste.
A ciascuno di noi, in ogni giorno della nostra vita, è data la possibilità di rispondere come Maria o come il giovane ricco.
E io, che cosa devo ancora lasciare, per seguire Gesù?

  LA MISSIONE
“Tu hai trovato grazia presso Dio”, prosegue l’Angelo. “Avrai un figlio, e gli darai nome Gesù”.
È questo il terzo tratto dei racconti biblici di vocazione: la missione. Maria è chiamata ad essere madre, madre di quel Figlio, e in lui di tutti gli uomini. Ma è una missione che essa scoprirà gradualmente nel corso della sua vita, fino ad afferrarne completamente il senso solo ai piedi della croce di Gesù.
Sta qui un insegnamento importante per la nostra vita: anche noi dilateremo gli spazi della missione e ne scopriremo i risvolti più fecondi, se ci disporremo – come Maria – a un pellegrinaggio di fede, che è insieme via della croce.
Solo se siamo disposti ad abbracciare ogni giorno la croce e a seguire Gesù, scopriremo in profondità la missione che ci è affidata.

IL TURBAMENTO DI MARIA
“Maria fu turbata da queste parole… «Come è possibile tutto questo?»”.
Siamo al quarto tratto dei racconti di vocazione: le resistenze, i turbamenti, le tentazioni del chiamato. Il fatto che perplessità e interrogativi ricorrano di norma nei racconti biblici di vocazione significa che il dubbio in se stesso non è deviazione colpevole, ma è una tappa di discernimento necessaria.
Il fatto è che Dio interpella una libertà, e una libertà responsabile. Tuttavia, il dubbio non deve restare la nostra ultima parola: il dubbio permanente finisce per tarpare le ali della fede e paralizza le possibilità di una risposta generosa al Signore.

LA CONFERMA DI DIO
“Non temere, Maria!”. Ed ecco finalmente l’ultimo atto della storia: la conferma rassicurante da parte di Dio.
Soltanto che, ordinariamente, questa conferma sulla storia di vocazione non la si può sperimentare in forma previa, come una garanzia, un’assicurazione preliminare, mentre ce ne stiamo a braccia incrociate a guardare.
La conferma di Dio la si esperimenta all’interno del cammino di un’esistenza donata a Gesù e agli altri.
Allora, in un’esistenza impostata così, non verranno a mancare i segni di Dio, e, volgendoci indietro a guardare, scopriremo che alla fine tutto è grazia.
“Non temere, Maria…”. Non temere, tu che ascolti la chiamata del Signore! Egli è con te.
La storia è finita… Ma è una storia che si propone a noi in ogni giorno della nostra vita.
Riferiremo alla nostra storia la storia di Maria: e se sapremo svuotarci di noi stessi e dei nostri egoismi, ci scopriremo anche noi “pieni di grazia”.

« L’UOMO NON NASCE DA SE STESSO, RICEVE LA VITA » – Omelia di monsignor Camisasca per la festa della Presentazione di Gesù al tempio

http://www.zenit.org/article-35454?l=italian

« L’UOMO NON NASCE DA SE STESSO, RICEVE LA VITA »

Omelia di monsignor Camisasca per la festa della Presentazione di Gesù al tempio

REGGIO EMILIA, Sunday, 3 February 2013 (Zenit.org).
Pubblichiamo di seguito il testo dell’omelia pronunciata ieri da monsignor Massimo Camisasca, vescovo della diocesi di Reggio Emilia–Guastalla, per la festa della Presentazione di Gesù al tempio.
***

Cari fratelli e sorelle,
la Chiesa ha significativamente legato questa giornata, memoria della presentazione di Gesù al Tempio, alla vita consacrata. Saluto e ringrazio innanzitutto mons. Gianfranco Ruffini, mio vicario per la vita consacrata e i monasteri e tutti voi religiosi e religiose, soprattutto coloro che durante quest’anno festeggiano un particolare anniversario della professione religiosa.
Vorrei guardare assieme a voi ciò che caratterizza la vostra vita e, nello stesso tempo, indicare a tutti ciò che è essenziale in ogni autentica vita cristiana.
La Tradizione ecclesiale ha visto nell’obbedienza, verginità e povertà le caratteristiche principali della persona di Gesù e di ogni uomo e donna chiamati a seguirlo.
Sono i consigli evangelici, così chiamati perché nascono da un invito di Gesù: se vuoi essere perfetto… (Mt 19,21). In realtà esprimono un ideale a cui tutti sono invitati, pur nella diversità delle forme in cui si esprime la risposta dell’uomo a Dio. Sono paragonabili ad un unico raggio di luce bianca che si rifrange in tre diversi colori.
Obbedienza, povertà e verginità ci parlano innanzitutto del rapporto che Gesù aveva col Padre, ma anche con gli uomini e con le cose. Rappresentano perciò l’itinerario compiuto della vita cristiana.
L’obbedienza
L’obbedienza è il fondamento e assieme il coronamento della vita nuova. L’uomo non nasce da se stesso, riceve la vita. E rimane in vita perché lo Spirito di Dio continuamente alimenta la sua persona. Vivere è, dunque, aderire a Colui che ci crea e ci rinnova. Il rapporto col padre e con la madre è per ogni uomo e donna il segno riassuntivo di tutto questo dinamismo di crescita verso la propria statura adulta, verso la propria maturità personale.
Ogni autorità, infatti, è soltanto una funzione vicaria, necessaria ma relativa a quell’autorità che non viene mai meno, anzi cresce di importanza col crescere della nostra figliolanza, l’autorità di Dio Padre.
Gesù ha fondato tutta la propria esistenza, la propria missione, nel rapporto col Padre. Io faccio ciò che piace a Lui (Cfr. Gv 8,29). Il dialogo, vissuto giorno e notte, col Padre era l’alimento della sua vita. Egli fu obbediente ai genitori, alla gente, alla legge mosaica, perfino alle leggi civili, per custodire l’obbedienza al Padre. Cercare la volontà del Padre, entrare in essa, era il suo pane quotidiano. Egli ha insegnato a noi a fare altrettanto. Anzi, ci ha mandato il suo Spirito che in noi grida “Padre”(cfr. Rom 8,15; Gal 4,6) perché lo conosce e lo sa riconoscere.
Nello stesso tempo, è anche vero che noi impariamo dalle autorità sulla terra a riconoscere ed amare l’autorità e la paternità di Colui che è nel cielo.
Per questo, grande è la responsabilità davanti a Dio e agli uomini di ogni autorità! I superiori possono facilitare o ostacolare il cammino dei loro fratelli verso la verità e il bene, possono svelare o offuscare il volto di Dio.
In una comunità ecclesiale, in particolare, il posto dell’autorità è proprio quello del Padre. Ogni autorità nella Chiesa deve saper coniugare accoglienza, ascolto, pazienza, capacità di perdono, con l’indicazione disinteressata della verità e del bene. Deve sapere quando comandare e quando consigliare, quando correggere apertamente e quando rimandare. Non deve lasciarsi guidare nel giudizio sulle persone da nessun interesse che non sia il bene dell’altro.
Così ha vissuto Gesù con i suoi apostoli. E noi possiamo partecipare dei raggi di questa luce. Egli ha insegnato agli apostoli la sua obbedienza chiamandoli a vivere con lui. Ascoltando le sue parole, guardandolo agire, aderendo a ciò che egli chiedeva loro, sono entrati, quasi senza accorgersi, in una vita nuova di cui lo Spirito ha rivelato loro, in modo definitivo, la realtà.
Obbedire, molto prima che eseguire un comando, significa per noi addentrarsi nell’esperienza della compagnia vocazionale, in cui ha iniziato a rivelarsi il disegno buono del Padre per noi.
Verginità e maturità affettiva
La verginità è l’altro volto dell’obbedienza. Potremmo dire che è l’obbedienza al Padre vissuta nel rapporto con gli uomini e con le donne. Essa è la modalità di rapporto che Gesù viveva con ogni persona.
La verginità non rappresenta la rinuncia ad amare. Chi segue Cristo, imitando anche la forma della sua esistenza, non vive una vita diminuita, meschina, arida. All’opposto, è raggiunto dalla promessa di Gesù di avere il centuplo sulla terra, assieme alle persecuzioni (cfr. Mc 10,30). Cento volte tanto in pienezza affettiva. Eppure Gesù non si è sposato, non ha avuto figli carnali. Come stanno insieme le due cose? Certamente egli non ha disprezzato il matrimonio: ha iniziato il suo ministero pubblico durante una festa di nozze, ha fatto dell’unione tra uomo e donna un sacramento, cioè un segno efficace della alleanza tra Dio e l’umanità. Ma ha scelto lui stesso e ha chiesto a chi lo seguiva stabilmente di non avere marito o moglie. Ha presentato sé come l’unum necessarium (Lc 10,42). Amare Cristo, seguirlo, può bastare al cuore dell’uomo: in Lui troviamo un amore che non ci chiude in noi stessi ma, al contrario, ci spalanca ad amare tanti uomini e donne con lo stesso amore disinteressato con cui Gesù ama le nostre persone. L’itinerario della verginità ci conduce alla pienezza della carità, a quei beni definitivi che resteranno quando tutto ciò che è provvisorio scomparirà.
Se la verginità non può essere frutto dei nostri sforzi o propositi, allo stesso modo esige, e quasi suscita, il cambiamento del nostro modo istintivo di possedere, segnato dalla nostra condizione di peccatori.
Gesù invita a guardare l’altro con occhio purificato (Cfr. Mt 6,22), come lo guarda Dio, nel rispetto della sua vocazione.
La verginità, prima ancora che nei rapporti con i fratelli, dev’essere vissuta con noi stessi, imparando a guardarci, corpo e anima, come ci guarda Dio. Anche i legami con i genitori, i parenti, gli amici, devono essere segnati da questa conversione.
La verginità è custodita nella preghiera, con cui chiediamo a Dio l’esperienza del suo amore. Dal silenzio, che ci aiuta ad uscire dalla distrazione. Da un uso oculato e vigilante delle fonti di immagini (libri, cinema, televisione, tecnologie…), che permetta una purificazione della memoria.
Ma soprattutto sarà l’esperienza stessa della verginità a renderla desiderabile e a far sentire come leggero ogni sacrificio che essa richiederà alla nostra umanità ferita.
Tutta la nostra vita può essere definita un cammino di purificazione, di conversione dell’amore, verso la maturità affettiva. Anche se tale itinerario non sarà mai interamente compiuto sulla terra, noi, già nel tempo, possiamo sperimentare il passaggio dall’ira alla pazienza, dalla superbia all’umiltà, dal rancore al perdono, dall’invidia alla gioia per i beni degli altri. Possiamo, soprattutto, per grazia di Dio, convertire il nostro desiderio di possedere l’altro e le cose strumentalizzandole a nostro piacere, nella gratuità che sa godere in modo puro della presenza della persona amata, che sa donarsi e sacrificarsi.
La povertà è la pienezza dell’umano
La povertà nasce dalla scoperta che io appartengo ad un Altro, a Dio. Tale coscienza è fonte di un’enorme positività: sono di un Altro perché sono stato voluto e amato da lui. Sono stato suscitato all’essere dal nulla.
Se io sono opera di un Altro, tutto mi è dato da lui. Nello stesso tempo tutto è mio perché in Gesù trovo ogni bene necessario alla vita, in misura sovrabbondante. Tutto mi è dato per conoscere il Padre e colui che egli ha mandato (Cfr. Gv 17,3).
Vedere e usare di ogni cosa per raggiungere il Padre: in questo sta il segreto affascinante della povertà. Essa non è propriamente una virtù negativa, ma un atteggiamento positivo.
Nei discorsi missionari riportati da Matteo e Luca nei loro vangeli, tutto ciò è molto chiaro. La vita è definita dalla missione ed essa necessita di uomini liberi. Gesù invita i suoi che stanno partendo a non avere due tuniche, due borse, a non rimanere troppo in una casa (cfr. Lc 9,3-5; Mt 10,9-14). Li invita cioè ad avere un rapporto leggero, libero con cose e persone. Nessun uomo e nessuna cosa è disprezzata, tutto è collocato in un disegno in cui ciascuno trova il suo giusto posto. È veramente l’inizio di quei cieli nuovi e terra nuova di cui parla san Pietro (2Pt 3,13). L’inizio di un mondo veramente umano.
La povertà è la virtù che nasce dalla resurrezione di Cristo. Tutto è vostro, ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio (cfr. 1Cor 3,21-23). Soltanto chi vive nella certezza di aver ricevuto tutto da Gesù è libero di fronte alle cose. Altrimenti cercherà la propria sicurezza in ciò che ha, stringendolo sempre più a sé. Come in un naufragio, invece di affidarsi alla leggerezza delle acque, si aggrappa agli altri trascinandoli verso il fondo.
Colui che vive la povertà è luminoso. Essa deve irraggiarsi nel nostro modo di vestire, di mangiare, di arredare la casa. Dalla nostra vita deve essere abolito ogni sfarzo e ogni sciatteria. Le nostre case mostrino a noi e a chi vi entra la bellezza della semplicità, la gioia di avere solo ciò che è necessario.
Cari fratelli e sorelle, è questo il mio augurio per tutti voi. Possa la vostra vita risplendere nel mondo come segno e testimonianza della presenza di Dio in mezzo a noi.
Amen

QUELLA SERA DI NATALE DEL 1886 – PAUL CLAUDEL: COLPITO DAL CANTO DEL MAGNIFIICAT…

http://www.stpauls.it/madre/1111md/incontri.htm

(forse l’ho già messo, ma è bello e lo propongo – o ripropongo)

INCONTRI CON MARIA

 di MARIA DI LORENZO

QUELLA SERA DI NATALE DEL 1886

PAUL CLAUDEL:: COLPITO DAL CANTO DEL MAGNIFIICAT, «IN UN ISTANTE IL MIO CUORE FU TOCCATO E IO CREDETTI»…

«C’è una cosa, Dio supremo, che Tu non puoi fare. / Ed è di impedire che io Ti ami». L’amore radicale, oseremmo dire bruciante, che il poeta nutre nei confronti di Dio è espresso da due versi fulminanti in cui la supplica si fa assoluta. Paul Claudel nella primavera del 1900, all’età di 32 anni, si era presentato all’abbazia benedettina di Solesmes, e qualche mese più tardi a quella di Ligugé, per un ritiro. Maaveva compreso di non essere fatto per la vita monastica. «Fu un momento molto crudele nella mia vita», scrive a Louis Massignon nove anni dopo. «Benché non sia piaciuto a Dio di farmi uno dei suoi preti, amo profondamente le anime», dirà ad André Gide con cui, insieme a Jacques Rivière, fonderà La Nouvelle Revue française (1909).
Da questo momento Claudel decide di praticare la letteratura come una sorta di sacerdozio. Sente che è questa la sua missione. E per guadagnare le anime a Dio mette in scena le questioni morali e spirituali proprie del cattolicesimo testimoniando i piani divini attraverso le realtà terrestri. A tutt’oggi è riconosciuto come uno dei massimi autori francesi del Novecento e le sue opere teatrali sono ancora rappresentate con successo in tutto il mondo.
Una vocazione unica. Era nato a Villeneuve- sur-Fère il 6 agosto 1868 – giorno della Trasfigurazione, come lui stesso noterà anni più tardi – e alla nascita viene consacrato alla Vergine, come primo maschio. A Villeneuve resta solo due anni, poiché il padre, che era conservatore delle ipoteche, è costretto dal suo lavoro a continui trasferimenti, finché nel 1882, a 13 anni, si trasferisce a Parigi con la madre e le sorelle.
Al liceo Louis Le Grand è un allievo molto brillante: legge Baudelaire, scopre con passione Goethe, ma è verso il poeta Arthur Rimbaud che sente di avere una sorta di « filiazione spirituale », forse perché percepisce nel precoce genio letterario, sotto le apparenze di una vita da maudit, la sua stessa sete bruciante di assoluto. Anche Paul è un ribelle. Tutto gli dà noia. Tutto in quei primi anni giovanili, imbevuto com’è di idee positiviste, gli risulta intollerabile, la morte come la vita, la solitudine come la compagnia. Comincia a cercare delle risposte che sazino la sua fame esistenziale. Simpatizza con il movimento anarchico del suo tempo e inizia a frequentare i Martedì letterari di Mallarmé.
Dai quattordici ai vent’anni vive il tempo difficile della crisi adolescenziale. «Chi sono io?», si chiede il giovanissimo Paul, e non sa trovare risposta. In questo periodo, abbandonate le pratiche religiose dell’infanzia, non ha punti fermi nella sua vita. È introverso e solitario. Nessuno, in famiglia come nella cerchia di amici, sospetta la crisi profonda in cui è immerso. Legge molto, ma confusamente: i romanzi di Hugo, di Zola, La vie de Jésus di Renan. Al liceo Louis Le Grand imperversa la moda del positivismo materialista di Taine e di Renan che invece di placare acuisce la sua inquietudine interiore. Del mondo ha una visione tanto cupa e disperata che non ha il coraggio di comunicare ad anima viva. La prima luce gli viene dalla lettura dei versi di Rimbaud, poi accadrà quello che sarà l’evento decisivo della sua vita.
A diciotto anni, la sera di Natale del 1886, Paul va ad ascoltare i Vespri a Notre- Dame e lì avviene il « giro di boa », una conversione così potente che imprimerà un segno fortissimo non solo alla sua anima, ma finirà per avvolgere e racchiudere tutta la sua esperienza letteraria. Colpito dal canto del Magnificat durante la funzione dei Vespri, avverte il sentimento vivo della presenza di Dio. «In un istante – scrive – il mio cuore fu toccato e io credetti».
Claudel in quell’istante si è sentito chiamato inequivocabilmente alla scrittura. Si può dire che solo ora comincia la sua attività letteraria, che non sarà mai disgiunta dal suo percorso di fede, ma costituirà un tutt’uno con esso, divenendone per questo strumento di conoscenza e di espressione artistica.
Tre anni dopo pubblica l’opera teatrale Testa d’oro. «Certamente – gli dirà Mallarmé – il teatro è in lei». Ma Paul in quegli anni decide di impegnarsi soprattutto nel diritto e nelle scienze politiche; superato un concorso, comincia a lavorare presso il Ministero degli affari esteri. Viene nominato viceconsole e mandato a New York, successivamente a Boston (1893). Lì stabilisce quella che sarà la sua regola di vita: sveglia ogni mattina alle 6 per pregare o recarsi a Messa; lavori personali fino alle 10, il resto del tempo dedicato alla diplomazia.
Scrive due nuove pièces, La città e Lo scambio, in cui esprime la sua scoperta della città e della società del profitto. Sente di aver trovato nel poema e soprattutto nel teatro la sua personale forma espressiva. Il suo stile è impetuoso, passionale, quasi violento, a tratti impenetrabile. Pensiamo per esempio al primo abbozzo del dramma La giovane Violaine che nasce da una antitesi potente, e irrisolta, tra cielo e terra, tra l’attaccamento profondo alle cose del mondo e il desiderio ineludibile di Dio, che nessuna brama terrena, appagata o no, può mai riuscire a saziare.
Un’opera magistrale per il sì di Maria. A 27 anni s’imbarca per la Cina. Su consiglio del suo confessore, porta con sé le due « summe » di Tommaso d’Aquino, che leggerà per cinque anni. Qui scrive la prima parte di Conoscenza dell’Est, la sua prima opera in prosa, che i contemporanei definiscono come il massimo traguardo raggiunto dalla lingua francese. Nel 1909 lascia la Cina per andare a Praga: qui termina L’Annonce faite à Marie, una delle più belle pièces teatrali di tutti i tempi, che sarà rappresentata per la prima volta al Théâtre de l’Oeuvre di Parigi nel 1912, ricevendo un’accoglienza trionfale da un pubblico costituito soprattutto di giovani.
La pièce s’incentra su un tema particolarmente caro a Claudel: ogni essere umano vive nel mondo per volontà di Dio che ha affidato a ciascuno una missione specifica sulla terra. È un compito unico che ciascuno ha per sé, diverso da tutti gli altri, ma che concorre alla fine all’armonia di tutto il creato. Lo stesso titolo dell’opera ne spiega la portata: l’annuncio dell’Angelo a Maria fu il segno concreto della volontà divina che chiamava la giovane a una missione nel mondo che avrebbe non solo sconvolto la sua vita, ma cambiato radicalmente le sorti dell’intera umanità. È stato il manifestarsi, limpido e concreto, di una vocazione. L’Annuncio parte da questo dato per porre in luce l’errore che può compiere l’essere umano di fronte a questo, ritenendo che la propria vocazione dipenda in ultima analisi esclusivamente da se stessi.
Dopo la cessazione dall’attività diplomatica avvenuta nel 1935, Claudel si ritira nel suo castello di Brangues per dedicarsi intensamente all’esplorazione dei segreti e dei misteri di quella che per lui è la fonte di ogni poesia e di ogni grazia, la Bibbia, scrivendo numerosi commenti alla Sacra Scrittura: Introduction au Livre de Ruth (1937), Un poète regarde la croix (1938), Le Cantique des cantiques (1948-1954), L’Apocalypse (1952), solo per citare i più noti. Per il teatro realizza altre pièces, come La crisi meridiana, La scarpina di raso e l’oratorio drammatico Il libro di Cristoforo Colombo. Ma rimane L’Annuncio a Maria l’opera che Claudel amava di più. Quando, nel 1955, venne rappresentata alla Comédie française, si organizzò la replica nel suo appartamento. La prima ebbe luogo il 17 febbraio, di fronte al Presidente della Repubblica. Ma solo cinque giorni più tardi il cuore di Paul Claudel cedette. Morì infatti il 23 febbraio 1955, poco dopo aver ricevuto la Comunione. Le ultime parole che il figlio maggiore intese dalla sua bocca furono: «Non ho paura».

Maria Di Lorenzo

Omelia: 1 gennaio 2013 – Maria SS. Madre di Dio

http://www.donbosco-torino.it/ita/Domenica/03-annoC/annoC/12-13/02-Natale-2012/Omelie/03-Maria-Madre-di-Dio-C-2013-MM.html

1 gennaio 2013 – Maria SS.  Madre di Dio

Per grazia di Dio abbiamo iniziato il nuovo anno. Vogliamo porre questo nuovo momento storico della nostra esistenza sotto il segno della benedizione divina, invocando l’intercessione di Maria SS. Madre di Dio, invocando la pace che è dono del Signore e frutto dell’impegno nostro.

« Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace »; è una benedizione solenne da parte di Dio: Dio bene-dice, e la benedizione del Signore è efficace, produce quello che annunzia.
Il volto luminoso di Dio indica la sua benevolenza, la sua misericordia, il suo sorriso che è luce.
La portata della benedizione divina è tutta compendiata nell’ultima espressione: « e ti conceda pace ». La pace, nella Bibbia, è la pienezza dei doni del Signore, è il manifestarsi della presenza tra gli uomini del Dio che salva.

In questo contesto noi celebriamo oggi la Giornata Mondiale della Pace, voluta 46 anni fa dal Papa Paolo VI.
Nel suo messaggio, il Papa Benedetto XVI, ci rivolge queste parole:
« I nostri tempi, contrassegnati dalla globalizzazione, con i suoi aspetti positivi e negativi, nonché da sanguinosi conflitti ancora in atto e da minacce di guerra, reclamano un rinnovato e corale impegno nella ricerca del bene comune, dello sviluppo di tutti gli uomini e di tutto l’uomo.
Allarmano i focolai di tensione e di contrapposizione causati da crescenti diseguaglianze fra ricchi e poveri, dal prevalere di una mentalità egoistica e individualista espressa anche da un capitalismo finanziario sregolato. Oltre a svariate forme di terrorismo e di criminalità internazionale, sono pericolosi per la pace quei fondamentalismi e quei fanatismi che stravolgono la vera natura della religione, chiamata a favorire la comunione e la riconciliazione tra gli uomini.
E tuttavia, le molteplici opere di pace, di cui è ricco il mondo, testimoniano l’innata vocazione dell’umanità alla pace. In ogni persona il desiderio di pace è aspirazione essenziale e coincide, in certa maniera, con il desiderio di una vita umana piena, felice e ben realizzata. In altri termini, il desiderio di pace corrisponde ad un principio morale fondamentale, ossia, al dovere-diritto di uno sviluppo integrale, sociale, comunitario, e ciò fa parte del disegno di Dio sull’uomo. L’uomo è fatto per la pace che è dono di Dio.
Tutto ciò mi ha suggerito di ispirarmi per questo Messaggio alle parole di Gesù Cristo: « Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio » (Mt 5,9).
La realizzazione della pace dipende soprattutto dal riconoscimento di essere, in Dio, un’unica famiglia umana. … La pace è ordine vivificato ed integrato dall’amore, così da sentire come propri i bisogni e le esigenze altrui, fare partecipi gli altri dei propri beni e rendere sempre più diffusa nel mondo la comunione dei valori spirituali. È ordine realizzato nella libertà, nel modo cioè che si addice alla dignità di persone, che per la loro stessa natura razionale, assumono la responsabilità del proprio operare .
La pace non è un sogno, non è un’utopia: è possibile ».
S. Paolo nella lettera ai Galati ci ricorda: « Dio mandò suo Figlio, nato da donna ». La benedizione di Dio, il volto luminoso di Dio, la pace, hanno un solo nome: Gesù, Figlio di Dio divenuto figlio di Maria, vero uomo come noi, e vero Dio come il Padre; Egli è la nostra Pace.
Con la sua presenza tutta la storia, anche la « nostra storia » diventa « storia di salvezza ». Il nome di Gesù significa proprio: « Il Signore salva ».
Portatrice di questa benedizione è Maria, la Madre del Salvatore. Dio entra nel tempo nascendo da una donna; e questa donna è « Madre di Dio », perché non è solo madre di un corpo, ma è madre di una persona, della Seconda Persona della Trinità, il Figlio di Dio fatto uomo in lei.
Maria continua ad esercitare la sua maternità a favore di tutta l’umanità: Ella desidera generare Cristo nel cuore di ogni uomo. Se accogliamo Gesù nella nostra vita, diveniamo anche noi figli di Dio; la divina maternità di Maria si dilata così in senso universale.
« Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore »; il brano del Vangelo ci descrive lo stato d’animo di Maria di fronte agli avvenimenti che la coinvolgono. Maria è la donna del silenzio e dell’ascolto, della contemplazione e dello stupore, della ricerca e dell’accoglienza: Madre di Dio ha accolto il Figlio nel suo grembo e nel suo cuore, nel silenzio e nell’amore. Maria conserva in sé tutte queste cose; conserva gli eventi di luce e di speranza, di povertà e di buio, di rifiuto e di adorazione; conserva nel suo animo adorante la presenza amorosa del Signore. Conserva e mette insieme, compone in unità i molteplici frammenti di un mosaico che si completerà sul calvario ai piedi della Croce.
Noi abbiamo bisogno di imparare da Maria il silenzio, l’ascolto della Parola e dei fratelli, la meditazione amorosa degli eventi della storia, l’accoglienza della presenza del Signore nel nostro cuore, la capacità e la volontà di realizzare nel nostro ambiente la giustizia e la pace.
Ci accompagni la benedizione del Signore con la sua pace, ed interceda ogni giorno per noi Maria, la Vergine Madre che ci ha donato Gesù, Principe della pace ed il nostro augurio per il Nuovo Anno si realizzerà.

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