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LA MADONNA DI GUADALUPE

http://www.donbosco-torino.it/ita/Maria/forum/GUADALUPE-Madonna_di_Guadalupe.html

dal sito Don Bosco, Torino

Ho letto recentemente su una rivista della visita del Papa in Messico, e in particolare al Santuario di Guadalupe per la canonizzazione del protagonista di quelle apparizioni. Potrei sapere qualcosa di più preciso sulle apparizioni della Madonna e quindi sul perchè della costruzione di quel grande santuario, che è così famoso da meritare la solenne visita di Giovanni Paolo II nel luglio 2002? Grazie.
Anna Maria Palmas – Genova

LA MADONNA DI GUADALUPE:

La devozione a Maria, nel corso dei secoli, si è arricchita con l’evoluzione e i cambiamenti culturali della società, e si è espressa in tanti luoghi, mediante un culto continuo e costante, pieno di fervore, che ha manifestato l’autenticità di tutte le espressioni di fede e di amore verso Maria. Ci sono però, luoghi privilegiati che spiccano per l’intensità che suscitano e le moltitudini che attirano.

Sintesi storica della devozione guadalupana
Uno di questi luoghi è Guadalupe, qui Maria è venerata sotto la figura di una ragazza mite, umile e semplice, che appartiene al popolo. Questo rappresenta un felice incontro di due razze: la spagnola e l’atzeca. Maria, è l’Immacolata che appare all’indigeno Juan Diego ai piedi di una collina, vicino all’allora Gran Tenochtitlan, capitale del popolo azteco, oggi Città del Messico, capitale della Nuova Spagna.
Maria si presenta a Juan Diego come la Madre del Dio vivente, il Dio che dà la vita, il creatore, e chiede a Juan di andare dal Vescovo per manifestargli che è sua volontà che si costruisca un gran tempio nel quale mostrare e dare tutto il suo amore, compassione, aiuto e difesa. La donna si autodefinisce Maria: “Io sono la vostra madre pietosa… a te e a tutti gli abitanti di questa terra che mi invocano e in me confidano, io esaudirò le loro preghiere, asciugherò le lacrime, rimedierò le miserie e i dolori e vi farò vedere la mia clemenza”.
Il Vescovo, il francescano Fray Juan De Zumarraga, alle parole di Juan non crede. Allora, Juan, mortificato, torna da Maria e la supplica di inviare qualcuno di più importante. La Madonna, invece, lo prega di recarsi di nuovo in quel posto il giorno seguente… Juan Diego arrivando a casa sua trova lo zio Juan Bernardino in punto di morte, e dovendo tornare in città alla ricerca di un sacerdote, per l’unzione degli infermi, allunga il giro per evitare di attraversare il posto dove lo attende la Madonna. Maria, allora, gli viene incontro, ed inizia con lui un dialogo meraviglioso, d’ispirazione biblica, dove il povero, il semplice, l’umile indigeno dialoga con Maria che afferma essere sua madre: “Non sono io forse tua Madre? Non sei tu forse sotto la mia protezione? Non deve turbarsi il tuo cuore, non ti spaventare né deve preoccuparti cosa alcuna… Non sei forse nel mio grembo? Di che hai bisogno?” (dal Nican Mopohua, testo originale scritto in Náhuatl, contiene la narrazione più antica delle apparizioni guadalupane).
Maria chiede a Juan Diego di recarsi sul monte vicino a prendere delle rose, rose fresche di Castiglia; mai viste in quella terra. Juan Diego sale sulla collina del Tepeyac, trova i fiori, li prende e li colloca nella sua tilma, – il tipico mantello dei contadini di quella zona –, la Madonna tocca i fiori e invia Juan dal Vescovo. Quando Juan Diego giunge davanti al Vescovo, lascia cadere le rose e in quel momento… compare impressa sul mantello, l’immagine miracolosa della Madonna di Guadalupe.
Questa immagine non è né dipinta, né stampata, ma è un’impressione molto simile a quella della Sindone di Torino; è stata studiata con tutti i mezzi tecnologici più avanzati, e mai si è potuta trovare una spiegazione naturale alla formazione dell’immagine della Madonna sulla tilma di Juan Diego.
Dal 1531, l’immagine si conserva miracolosamente su un mantello, fatto di un tessuto vegetale, che dovrebbe avere una vita di non più di 10 o al massimo 15 anni, perché prodotto da una fibra di agave.
In 470 anni, il fenomeno guadalupano è diventato il fenomeno mariano che costituisce il cuore del Messico, della sua storia e della sua cultura. Le persecuzioni non sono riuscite a fare allontanare il popolo dalla sua devozione, anzi nel nome di Cristo Re e della Madonna di Guadalupe sono stati massacrati e martirizzati innumerevoli messicani.
Maria ha chiesto a Juan Diego la costruzione di un tempio. Questo tempio ormai non è più solo un tempio materiale, anche se questo esiste ed è bellissimo con una capienza di circa 15 mila fedeli, è in realtà un tempio spirituale che è la Chiesa viva.

La Madonna di Guadalupe e il Papa Giovanni Paolo II
Due anni fa, Papa Giovanni Paolo II si è recato per la quarta volta nel suo Pontificato in Messico, e nella Basilica di Nostra Signora di Guadalupe ha consegnato all’episcopato di tutta l’America il documento “Ecclesia in America” sottolineando l’impegno per la Nuova Evangelizzazione del “Continente della speranza”.
In quel momento, il Papa lasciò parlare il suo cuore di Padre e Maestro della fede, di successore di Pietro, e con una bellissima preghiera alla Madonna ricordò l’inizio del suo pontificato.
Infatti, nel gennaio 1979, dopo 80 giorni di pontificato, aveva realizzato il suo primo viaggio apostolico all’estero proprio in Messico, all’assemblea del CELAM nella città di Puebla. Il Papa stesso confessava, e più volte ha confermato, che quegli incontri con milioni di persone che erano accorsi a trovarlo, lo hanno colpito così tanto, che ha capito che il Signore lo inviava per essere pastore dei popoli, e segnava per lui il carisma dell’incontro con le moltitudini. Ciò che si è verificato in tutti i suoi viaggi apostolici per il mondo. Si dice che gli incontri del ’79 nel Messico, sono diventati le concentrazioni di persone più numerose nella storia dell’umanità.
Il Papa, allora, con il candore di un figlio pieno di amore e tenerezza verso la sua Mamma, ha parlato alla Madonna di Guadalupe e le ha affidato tutta la Chiesa, il suo iniziale pontificato che avrebbe guidato l’umanità fino alle soglie del 2000. Noi che, in quel momento, eravamo attorno al Papa, abbiamo capito subito che il “Totus tuus” di Giovanni Paolo II sarebbe diventato il motivo unificante di tutto il suo Pontificato.
E oggi, 24 anni dopo, vediamo la trasformazione del corso della storia e della geografia del mondo avvenuta sotto il suo pontificato. Ci troviamo davanti alla forza della parola, della verità, della carità di Cristo, e l’umiltà del figlio che sa che è portatore del dinamismo di Cristo e del suo Vangelo che a lui è stato affidato: Tu es Petrus.
Quest’anno, il suo entusiasmo e coraggio, malgrado la malattia, lo hanno portato per la quinta volta in Messico, per la canonizzazione di Juan Diego, dopo l’incontro della gioventù a Toronto.

Due devozioni celebrando l’ausilio di Maria
In un pellegrinaggio spirituale, che collega la Basilica di Maria Ausiliatrice di Torino-Valdocco con la Basilica di Nostra Signora di Guadalupe in Messico, ci troviamo con milioni di fedeli che in questi due Santuari-Basiliche: L’Ausiliatrice a Torino e Guadalupe in Messico, ascoltano le stesse parole che Maria ha rivolto all’indigeno Juan Diego: “Io sono la Madre del vero Dio per il quale si vive, del Dio Creatore davanti al quale tutto è presente, del Signore del Cielo e della terra”.
Salutiamo Maria aurora della salvezza per l’umanità, la stella radiante del mattino che precede l’aurora, Madre del sole che porta alla terra luce, calore, amore.
Salutiamo Maria presente nella storia della salvezza e che interviene anche nella storia della Chiesa. Maria portatrice di fede e di speranza, Maria che riempie d’amore l’intera umanità, Maria assunta in cielo, Immacolata, piena di grazia, donna benedetta fra tutte le donne, Maria che è diventata la Madre, l’Ausiliatrice, l’Avvocata, il Rifugio dei credenti.
Maria presente nella nostra America, nel cuore del Messico, nei momenti che segnano una svolta nella storia del nuovo popolo di Dio. Maria che apre la strada al Vangelo del suo Figlio divino nella nostra America e segna l’incontro delle due culture: l’europea e l’indigena.
Incontro che ha favorito l’incarnazione del Vangelo in un intero Continente pieno, già allora, anche di storia, di sensibilità, di ricche e varie culture che risalendo a parecchi secoli prima hanno preparato l’arrivo del Vangelo attraverso una religiosità veemente, vissuta, profondamente radicata nel pensiero e nelle manifestazioni religiose autentiche e vere delle culture precolombiane che sono state la struttura portante sulla quale il Vangelo di Gesù si è incarnato.
Così, Maria diventa la Madre della fratellanza fra le razze. Storicamente presente – e questo è un fatto reale – su uno stendardo che riproduceva l’immagine della Madonna di Guadalupe, così come ce lo presentano alcuni dipinti della battaglia di Lepanto.

Maria madre dei poveri, dei deboli, dei lontani
Dopo 10 anni dalla conquista del Messico, la Madonna di Guadalupe si presenta come la Madre di Dio, del vero Dio, del Dio vivente, del Dio che dà l’essere e favorisce l’agire della persona, del Dio Creatore. Lei è la Madre del Logos, del Verbo del Signore che riempie di senso tutta la storia.
Maria che parla all’indigeno Juan Diego e parla colla tenerezza del linguaggio biblico, dell’incontro di Dio con gli ’anawim, con i poveri, con i più lontani, con i più piccoli, ancora oggi ci commuove nel sentire la dolcezza delle sue parole. Lo stesso Juan Diego che è stato canonizzato in questi mesi rappresenta tutti gli indigeni che hanno accolto il Vangelo di Gesù con semplicità, speranza e fiducia, diventata poi carità, coerenza morale, distacco e povertà evangelica.
Maria è per l’America la fonte dove il Vangelo di Cristo è scaturito come acqua, luce, vita, pane per dare la vita a tutti. Centinaia di vocazioni bellissime, ancorate nelle più belle tradizioni di vera devozione popolare, la rendono presente ovunque, in tutte le nazioni dell’America. Maria, come in una nuova Pentecoste per l’America, è presente e accompagna lo Spirito del Signore, ispira i più bei sentimenti e propositi di vita cristiana, sostiene gli sforzi d’impegno pastorale, le cause sociali più emergenti ed urgenti che tanto fanno soffrire milioni di poveri nelle nostre nazioni.
P. Thelían A. Corona Cortés SDB – Mexico

Modello di evangelizzazione
È commovente leggere le narrazioni guadalupane, scritte con delicatezza ed intrise di tenerezza. In esse la Vergine Maria, la serva “che glorifica il Signore” (Lc 1,46), si manifesta a Juan Diego come la Madre del vero Dio. Ella gli dona, come segno, alcune rose preziose e lui, quando le mostra al Vescovo, scopre raffigurata sul suo mantello la benedetta immagine di Nostra Signora. L’evento guadalupano significò l’inizio dell’evangelizzazione con una vitalità che superò ogni aspettativa. Il messaggio di Cristo, attraverso sua Madre, riprese gli elementi centrali della cultura indigena, li purificò e diede loro il definitivo significato di salvezza. Pertanto, Guadalupe e Juan Diego possiedono un profondo significato ecclesiale e missionario e sono un modello di evangelizzazione perfettamente inculturata.

Giovanni Paolo II,Omelia al santuario di Guadalupe 31 luglio 2002

Insegnaci la via
Benedetto Juan Diego, indio buono e cristiano, che il popolo semplice ha sempre considerato come un vero santo! Ti chiediamo di accompagnare la Chiesa pellegrina in Messico, perché ogni giorno sia sempre più evangelizzatrice e missionaria. Felice Juan Diego, uomo fedele ed autentico! Ti affidiamo i nostri fratelli e sorelle, perché sentendosi chiamati alla santità, impregnino tutti gli ambiti della vita sociale con lo spirito evangelico. Benedici le famiglie, sostieni gli sposi nel loro matrimonio, appoggia gli sforzi dei genitori per educare cristianamente i loro figli. Guarda benigno il dolore di quanti soffrono nel corpo e nello spirito, di quanti patiscono povertà, solitudine, emarginazione o ignoranza. Che tutti, governanti e sudditi, agiscano sempre secondo le esigenze della giustizia e il rispetto della dignità di ogni uomo, perché così si consolidi la vera pace. Amato Juan Diego, “l’aquila che parla”! Insegnaci il cammino che conduce alla Virgen Morena del Tepeyac, affinché Ella ci accolga nell’intimo del suo cuore, giacché Ella è la Madre amorosa e compassionevole che ci conduce fino al vero Dio. Amen.

Giovanni Paolo II Omelia al santuario di Guadalupe 31 luglio 2002

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BENEDETTO XVI: SOLENNITÀ DELLA B.V.M. DI GUADALUPE, BASILICA VATICANA, 12 dicembre 2011

http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/homilies/2011/documents/hf_ben-xvi_hom_20111212_america-latina_it.html

CELEBRAZIONE EUCARISTICA PER IL BICENTENARIO DELL’INDIPENDENZA
DEI PAESI DELL’AMERICA LATINA E DEI CARAIBI

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

SOLENNITÀ DELLA B.V.M. DI GUADALUPE, BASILICA VATICANA

Lunedì, 12 dicembre 2011

Cari fratelli e sorelle,

«La terra ha dato il suo frutto» (Sal 67, 7). In questa immagine del salmo che abbiamo ascoltato, nella quale s’invitano tutti i popoli e le nazioni a lodare con gioia il Signore che ci salva, i Padri della Chiesa hanno saputo riconoscere la Vergine Maria e Cristo, suo Figlio: «La terra è santa Maria, la quale viene dalla nostra terra, dal nostro lignaggio, da questa creta, da questo fango, da Adamo [...]. La terra ha dato il suo frutto: prima produsse un fiore [...]; poi questo fiore si trasformò in frutto, affinché potessimo mangiarlo, affinché mangiassimo la sua carne. Volete sapere qual è questo frutto? E il Vergine che procede dalla Vergine; il Signore, dalla schiava; Dio, dall’uomo; il Figlio, dalla Madre; il frutto, dalla terra» (San Girolamo, Breviarum in Psalm. 66; PL 26, 1010-1011). Anche noi oggi, esultando per il frutto di questa terra diciamo «Ti lodino i popoli, Dio, ti lodino i popoli tutti» (Sal 67, 4). Proclamiamo il dono della redenzione ottenuta da Cristo e in Cristo riconosciamo il suo potere e la sua maestà divina.
Animato da questi sentimenti, saluto con affetto fraterno i signori cardinali e vescovi che ci accompagnano, le diverse rappresentanze diplomatiche, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, come pure i gruppi di fedeli riuniti in questa Basilica di San Pietro per celebrare con gioia la solennità di Nostra Signora di Guadalupe, Madre e Stella dell’Evangelizzazione in America.
Tengo presenti anche tutti coloro che si uniscono spiritualmente e che pregano Dio con noi nei diversi Paesi dell’America Latina e dei Caraibi, molti dei quali in questo tempo festeggiano il Bicentenario della loro indipendenza, e che, al di là degli aspetti storici, sociali e politici degli eventi, rinnovano all’Altissimo la loro gratitudine per il grande dono della fede ricevuta, una fede che annuncia il Mistero redentore della morte e della resurrezione di Gesù Cristo, affinché tutti i popoli della terra in Lui abbiano vita. Il Successore di Pietro non poteva lasciar passare questa ricorrenza senza tener presente la gioia della Chiesa per i copiosi doni che Dio nella sua infinità bontà ha elargito in questi anni a queste amatissime nazioni, che dal più profondo invocano Maria Santissima.
La venerata immagine della Morenita del Tepeyac, dal volto dolce e sereno, impressa sul mantello dell’indio san Juan Diego, si presenta come «la sempre Vergine Maria, Madre del vero Dio per il quale si vive» (De la lectura del Oficio. Nicán Mopohua, 12 ed., Città del Messico, df, 1971, 3-19). Ricorda la «donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle. Era incinta» (Ap 12, 1-2) e indica la presenza del Salvatore alla sua popolazione indigena e meticcia. Ci conduce sempre al suo divino Figlio, il quale si rivela come fondamento della dignità di tutti gli esseri umani, come un amore più forte delle forze del male e della morte, essendo anche fonte di gioia, fiducia filiale, consolazione e speranza.
Il Magnificat, che proclamiamo nel Vangelo, è «il cantico della Madre di Dio e quello della Chiesa, cantico della Figlia di Sion e del nuovo Popolo di Dio, cantico di ringraziamento per la pienezza di grazie elargite nell’Economia della salvezza, cantico dei “poveri”, la cui speranza si realizza mediante il compimento delle promesse fatte “ai nostri padri”» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2619). In un gesto di riconoscenza al suo Signore e di umiltà della sua serva, la Vergine Maria leva a Dio la lode per tutto quello che Egli ha fatto a favore del suo popolo, Israele. Dio è Colui che merita tutto l’onore e la gloria, l’Onnipotente che fa meraviglie per la sua fedele servitrice e che oggi continua a mostrare il suo amore per tutti gli uomini, in particolare per quanti affrontano dure prove.
«Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino (Zc 9, 9), abbiamo ascoltato nella prima lettura. Dall’incarnazione del Verbo, il Mistero divino si rivela nell’evento di Gesù Cristo, che è contemporaneo a ogni persona umana in qualsiasi tempo e luogo per mezzo della Chiesa, della quale Maria è Madre e modello. Per questo, noi oggi possiamo continuare a lodare Dio per le meraviglie che ha compiuto nella vita dei popoli latinoamericani e del mondo intero, manifestando la sua presenza nel Figlio e nell’effusione del suo Spirito come novità di vita personale e comunitaria. Dio ha nascosto queste cose «ai sapienti e agli intelligenti», facendole conoscere ai piccoli, agli umili, ai puri di cuore (cfr. Mt 11, 25).
Con il suo «sì» alla chiamata di Dio, la Vergine Maria manifesta fra gli uomini l’amore divino. In tal senso, con semplicità e cuore di madre, continua a indicare l’unica Luce e l’unica Verità: suo Figlio Gesù Cristo, che è «la risposta definitiva alla domanda sul senso della vita, agli interrogativi fondamentali che assillano anche oggi tanti uomini e donne del Continente americano» (Esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in America, n. 10). Allo stesso modo, Lei «con la sua molteplice intercessione continua a ottenerci i doni che ci assicurano la nostra salvezza eterna. Con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria beata» (Lumen gentium, n. 62).
Al momento attuale, mentre si commemora in diversi luoghi dell’America Latina il Bicentenario della loro indipendenza, il cammino dell’integrazione in questo amato continente prosegue, e contemporaneamente si avverte il suo nuovo protagonismo emergente a livello mondiale. In queste circostanze è importante che i suoi diversi popoli salvaguardino il loro ricco tesoro di fede e il loro dinamismo storico-culturale, mostrandosi sempre difensori della vita umana dal suo concepimento fino al suo termine naturale, e promotori della pace; devono altresì tutelare la famiglia nella sua autentica natura e missione, intensificando allo stesso tempo una vasto e capillare lavoro educativo che prepari rettamente le persone e le renda consapevoli delle proprie capacità, di modo che affrontino in modo degno e responsabile il loro destino. Sono chiamati anche a promuovere sempre più iniziative adeguate e programmi concreti che propizino la riconciliazione e la fraternità, incrementino la solidarietà e la tutela dell’ambiente, intensifichino gli sforzi per superare la miseria, l’analfabetismo e la corruzione e per sradicare ogni ingiustizia, violenza, criminalità, insicurezza civile, narcotraffico ed estorsione.
Mentre la Chiesa si preparava a ricordare il quinto centenario della plantatio della Croce di Cristo nella buona terra del continente americano, il beato Giovanni Paolo II formulò sul suo suolo, per la prima volta, il programma di un’evangelizzazione nuova, nuova «nel suo ardore, nei suoi metodi, nella sua espressione» (cfr. Discorso all’Assemblea del Celam, 9 marzo 1983, III; AAS 75, 1983, 778). A partire dalla mia responsabilità di confermare nella fede, anch’io desidero incoraggiare lo zelo apostolico che attualmente anima e pretende la «missione continentale», promossa ad Aparecida, affinché «la fede cristiana si radichi più profondamente nel cuore delle persone e dei popoli latinoamericani come evento fondante e incontro vivificante con Cristo» (V Conferenza Generale dell’Episcopato dell’America Latina e dei Caraibi, Documento conclusivo, n. 13). Così si moltiplicheranno gli autentici discepoli e missionari del Signore e si rinnoverà la vocazione dell’America Latina e dei Caraibi alla speranza. Che la luce di Dio risplenda, quindi, sempre più sul volto di ognuno dei figli di questa amata terra e che la sua grazia redentrice orienti le loro decisioni, affinché continuino a progredire senza perdersi d’animo nella costruzione di una società fondata sullo sviluppo del bene, sul trionfo dell’amore e sulla diffusione della giustizia. Con questi vivi propositi, e sostenuto dall’aiuto della provvidenza divina, ho intenzione d’intraprendere un viaggio apostolico prima della santa Pasqua in Messico e a Cuba, per proclamare lì la Parola di Cristo e per rafforzare la convinzione che questo è un tempo prezioso per evangelizzare con fede vigorosa, speranza viva e carità ardente.
Affido tutti questi propositi all’amorevole mediazione di Santa Maria di Guadalupe, nostra Madre del cielo, come pure gli attuali destini delle nazioni latinoamericane e caraibiche e il cammino che stanno percorrendo verso un domani migliore. Invoco inoltre su di esse l’intercessione di tanti santi e beati che lo Spirito ha suscitato in tutta la storia di questo continente, offrendo modelli eroici di virtù cristiane nella diversità delle condizioni di vita e di ambienti sociali, affinché il loro esempio favorisca sempre più una nuova evangelizzazione sotto lo sguardo di Cristo, Salvatore dell’uomo e forza della sua vita. Amen.

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GIOVANNI PAOLO II, SOLENNITÀ DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE OMELIA 1979

http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/homilies/1979/documents/hf_jp-ii_hom_19791208_immaculate-conception_it.html

SOLENNITÀ DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE

OMELIA DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

Basilica di Santa Maria Maggiore

Sabato, 8 dicembre 1979

1. Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale… in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati al suo cospetto” (Ef 1,3-4).
In queste parole della lettera agli Efesini San Paolo delinea l’immagine dell’Avvento. E si tratta di quell’Avvento eterno, il cui inizio si trova in Dio stesso “prima della creazione del mondo”, poiché già la “creazione del mondo” fu il primo passo della venuta di Dio all’uomo, il primo atto dell’Avvento. Tutto il mondo visibile, infatti, e stato creato per l’uomo, come attesta il libro della Genesi. L’inizio dell’Avvento in Dio è il suo eterno progetto di creazione del mondo e dell’uomo, progetto nato dall’amore. Questo amore si manifesta con l’eterna scelta dell’uomo in Cristo, Verbo incarnato.
“In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati al suo cospetto”.
In questo eterno Avvento è presente Maria. Tra tutti gli uomini, che il Padre ha scelto in Cristo, ella lo è stata in modo particolare ed eccezionale, poiché è stata scelta in Cristo per essere Madre di Cristo. E così ella, meglio di qualunque altro fra gli uomini “predestinati dal Padre” alla dignità di suoi figli e figlie adottivi, è stata predestinata in modo specialissimo “a lode e gloria della sua grazia”, che il Padre “ci ha dato” in lui, Figlio diletto (cf. Ef 1,6).
La gloria sublime della sua specialissima grazia doveva essere la Maternità del Verbo Eterno. In considerazione di questa Maternità, ella ha ottenuto in Cristo anche la grazia dell’Immacolata Concezione. In tal modo Maria è inserita in quel primo eterno Avvento della Parola, predisposto dall’Amore del Padre per il creato e per l’uomo.
2. Il secondo Avvento ha carattere storico. Si compie nel tempo tra la caduta del primo uomo e la Venuta del Redentore. La liturgia odierna ci racconta anche di questo Avvento, e mostra come Maria fin dagli inizi è inserita in esso. Quando, infatti, si è manifestato il primo peccato, con l’inaspettata vergogna dei progenitori, allora anche Dio rivelò per la prima volta il Redentore del mondo, preannunciando anche la sua Madre. Ciò è avvenuto mediante le parole, in cui la tradizione vede “il proto-Vangelo”, cioè quasi l’embrione e il preannunzio del Vangelo stesso, della Buona Novella.
Ecco le parole: “Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno” (Gen 3,15).
Sono parole misteriose. Nondimeno, col loro carattere arcaico, esse rivelano il futuro dell’umanità e della Chiesa. Tale futuro è visto nella prospettiva di una lotta tra lo Spirito delle tenebre, colui che “è menzognero e padre della menzogna” (Gv 8,44), e il Figlio della Donna, che deve venire in mezzo agli uomini come “la via, la verità e la vita” (Gv 14,6).
In questo modo, Maria è presente in quel secondo avvento storico fin dall’inizio. È promessa insieme con suo Figlio, Redentore del mondo. Ed è anche insieme con lui attesa. Il Messia-Emmanuele (Dio con noi) è atteso come Figlio della Donna, Figlio dell’Immacolata.
3. La venuta di Cristo costituisce non solo il compimento del secondo Avvento, ma contemporaneamente anche la rivelazione del terzo e definitivo Avvento. Dalla bocca dell’angelo Gabriele, che Dio manda a Maria a Nazaret, ella sente le seguenti parole: “Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo… e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine…” (Lc 1,31-33).
Maria è l’inizio del terzo Avvento, perché da lei viene al mondo Colui che realizzerà quella scelta eterna, di cui abbiamo letto nella lettera agli Efesini. Realizzandola, farà di essa il fatto culminante della storia dell’umanità. Le darà la forma concreta del Vangelo, dell’Eucaristia, della Parola e dei Sacramenti. Così quella scelta eterna penetrerà la vita delle anime umane e la vita di questa particolare comunità, che si chiama Chiesa.
La storia della famiglia umana e la storia di ogni uomo matureranno secondo la misura dei figli e delle figlie di adozione per opera di Gesù Cristo. “In lui siamo stati fatti anche eredi, essendo stati predestinati secondo il piano di Colui, che tutto opera efficacemente conforme all sua volontà” (Ef 1,11).
Maria è l’inizio di quel terzo Avvento e permane continuamente in esso, sempre presente (come si è meravigliosamente espresso il Concilio Vaticano II nell’ottavo capitolo della Costituzione sulla Chiesa Lumen Gentium). Come il secondo Avvento ci avvicina a Colei, il cui Figlio doveva “schiacciare la testa del serpente”, così il terzo Avvento non ci allontana da lei, ma continuamente ci permette di rimanere alla sua presenza, vicini a lei. Quell’Avvento è solo l’attesa del definitivo compimento dei tempi, ed è contemporaneamente il tempo della lotta e dei contrasti, in continuazione di quell’originaria previsione: “Porrò inimicizia tra te e la donna…” (Gen 3,15).
La differenza consiste nel fatto che la Donna ci è già nota per nome. È l’Immacolata Concezione. È nota per la sua verginità e per la sua maternità. È la Madre di Cristo e della Chiesa, Madre di Dio e degli uomini: Maria del nostro Avvento.
4. Durante l’incontro con i Cardinali, che ha avuto luogo all’inizio del novembre scorso, è stato espresso il desiderio di affidare alla Madre di Dio il Sacro Collegio e tutta la Chiesa, mettendoli sotto la sua protezione.
Ben volentieri accolgo e seguo quel voto che è stato manifestato, interpretando i comuni sentimenti. Io stesso sento un profondo bisogno di essere obbediente all’invito implicito già fin dall’inizio nel Proto-Vangelo stesso: “Porro inimicizia tra te e la donna”. Nella nostra difficile epoca non siamo forse testimoni di quella “inimicizia”. Che cos’altro possiamo fare, che cos’altro desiderare se non tutto ciò che ancor di più ci unisce a Cristo, al Figlio della Donna?
L’Immacolata è la Madre del Figlio dell’Uomo. O Madre del nostro Avvento, sii con noi e fa’ che egli rimanga con noi in questo difficile Avvento delle lotte per la verità e per la speranza, per la giustizia e per la pace: Egli solo, l’Emmanuele!

7 OTTOBRE : BEATA VERGINE DEL ROSARIO – SUL ROSARIO, GUERANGER

http://www.paginecattoliche.it/7ottobre.htm

DOM PROSPER GUERANGER, L’ANNO LITURGICO

7 OTTOBRE : SOLENNITA’ DEL SANTO ROSARIO

Devozione della Chiesa per Maria.
La Liturgia nel corso dell’anno ci ha mostrato più volte che Gesù e Maria sono così uniti nel piano divino della Redenzione che si incontrano sempre insieme ed è impossibile separarli sia nel culto pubblico che nella divozione privata. La Chiesa, che proclama Maria Mediatrice di tutte le grazie, la invoca continuamente per ottenere i frutti della Redenzione che con il Figlio ha acquistati. Comincia sempre l’anno liturgico col tempo di Avvento, che è un vero mese di Maria, invita i fedeli a consacrarle il mese di maggio, ha disposto che il mese di ottobre sia il mese del Rosario e le feste di Maria nel Calendario Liturgico sono così numerose che non passa un giorno solo dell’anno, senza che Maria in qualche luogo della terra sia festeggiata sotto un titolo o sotto un altro, dalla Chiesa universale, da una diocesi o da un Ordine religioso.
La festa del Rosario.
La Chiesa riassume nella festa di oggi tutte le solennità dell’anno e, con i misteri di Gesù e della Madre sua, compone come un’immensa ghirlanda per unirci a questi misteri e farceli vivere e una triplice corona, che posa sulla testa di Colei, che il Cristo Re ha incoronata Regina e Signora dell’universo, nel giorno dei suo ingresso in cielo.
Misteri di gioia che ci riparlano dell’Annunciazione, della Visitazione, della Natività, della Purificazione di Maria, di Gesù ritrovato nel tempio; Misteri di dolore, dell’agonia, della flagellazione, della coronazione di spine, della croce sulle spalle piagate e della crocifissione; Misteri di gloria, cioè della Risurrezione, dell’Ascensione del Salvatore, della Pentecoste, dell’Assunzione e dell’incoronazione della Madre di Dio. Ecco il Rosario di Maria.
Storia della festa.
La festa del Rosario fu istituita da san Pio V, in ricordo della vittoria riportata a Lepanto sui Turchi. E’, cosa nota come nel secolo XVI dopo avere occupato Costantinopoli, Belgrado e Rodi, i Maomettani minacciassero l’intera cristianità. Il Papa san Pio V, alleato con il re di Spagna Filippo II e la Repubblica di Venezia, dichiarò la guerra e Don Giovanni d’Austria, comandante della flotta, ebbe l’ordine di dar battaglia il più presto possibile. Saputo che la flotta turca era nel golfo di Lepanto, l’attaccò il 7 ottobre dei 1571 presso le isole Echinadi. Nel mondo intero le confraternite del Rosario pregavano intanto con fiducia. I soldati di Don Giovanni d’Austria implorarono il soccorso del cielo in ginocchio e poi, sebbene inferiori per numero, cominciarono la lotta. Dopo 4 ore di battaglia spaventosa, di 300 vascelli nemici solo 40 poterono fuggire e gli altri erano colati a picco mentre 40.000 turchi erano morti. L’Europa era salva.
Nell’istante stesso in cui seguivano gli avvenimenti, San Pio V aveva la visione della vittoria, si inginocchiava per ringraziare il cielo e ordinava per il 7 ottobre di ogni anno una festa in onore della Vergine delle Vittorie, titolo cambiato poi da Gregorio XIII in quello di Madonna del Rosario.
Il Rosario.
L’uso di recitare Pater e Ave Maria risale a tempi remotissimi, ma la preghiera meditata del Rosario come noi l’abbiamo oggi è attribuita a san Domenico. E’ perlomeno certo che egli molto lavorò con i suoi religiosi per la propagazione del Rosario e che ne fece l’arma principale nella lotta contro gli eretici Albigesi, che nel secolo XIII infestavano il sud della Francia.
La pia pratica tende a far rivivere nell’anima nostra i misteri della nostra salvezza, mentre con la loro meditazione si accompagna la recita di decine di Ave Maria, precedute dal Pater e seguite dal Gloria Patri. A prima vista la recita di molte Ave Maria può parere cosa monotona, ma con un poco di attenzione e di abitudine, la meditazione, sempre nuova e più approfondita, dei misteri della nostra salvezza, porta grandiosità e varietà. D’altra parte si può dire che nel Rosario si trova tutta la religione e come la somma di tutto il cristianesimo.
Il Rosario è una somma di fede: riassunto cioè delle verità che noi dobbiamo credere, che ci presenta sotto forma sensibile e vivente. Le espone unendovi la preghiera, che ottiene la grazia per meglio comprenderle e gustarle.
Il Rosario è una somma di morale: Tutta la morale si riassume nel seguire e imitare Colui, che è  » la Via, la Verità, la Vita  » e con la preghiera dei Rosario noi otteniamo da Maria la grazia e la forza di imitare il suo divino Figliolo.
Il Rosario è una somma di culto: Unendoci a Cristo nei misteri meditati, diamo al Padre l’adorazione in spirito e verità, che Egli da noi attende e ci uniamo a Gesù e Maria per chiedere, con loro e per mezzo loro, le grazie delle quali abbiamo bisogno.
Il Rosario sviluppa le virtù teologali e ci offre il mezzo di irrobustire la nostra carità, fortificando le virtù della speranza e della fede, perché « con la meditazione frequente di questi misteri l’anima si infiamma di amore e di riconoscenza di fronte alle prove di amore che Dio ci ha date e desidera con ardore le ricompense celesti, che Cristo ha conquistate per quelli che saranno uniti a Lui, imitando i suoi esempi e partecipando ai suoi dolori. In questa forma di orazione la preghiera si esprime con parole, che vengono da Dio stesso, dall’Arcangelo Gabriele e dalla Chiesa ed è piena di lodi e di domande salutari, mentre si rinnova e si prolunga in ordine, determinato e vario nello stesso tempo, e produce frutti di pietà sempre dolci e sempre nuovi » (Enciclica Octobri mense del 22 settembre 1891).
Il Rosario unisce le nostre preghiere a quelle di Maria nostra Madre. « Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi poveri peccatori ». Ripetiamo con rispetto il saluto dell’Angelo e umilmente aggiungiamo la supplica della confidenza filiale. Se la divinità, anche se incarnata e fatta uomo, resta capace di incutere timore, quale timore potremmo avere di questa donna della stessa nostra natura, che ha in eterno il compito di comunicare alle creature le ricchezze e le misericordie dell’Altissimo? Confidenza filiale. Sì, perché l’onnipotenza di Maria viene dal fatto di essere Madre di Gesù, l’Onnipotente, e ha diritto alla nostra confidenza, perché è nello stesso tempo nostra Madre, non solo in virtù del testamento dettato da Gesù sulla Croce, quando disse a Giovanni: « Ecco tua Madre », e a Maria: « Ecco tuo figlio », ma ancora perché nell’istante dell’Incarnazione, la Vergine concepì, insieme con Gesù, tutta l’umanità, che egli incorporava a sè.
Membri del Corpo mistico di cui Cristo è il capo, siamo stati formati con Gesù nel seno materno della Vergine Maria e vi restiamo fino al giorno della nostra nascita alla vita eterna.
Maternità spirituale, ma vera, che ci mette con la Madre in rapporti di dipendenza e di intimità profondi, rapporti di bambino nel seno della Madre.
Qui è il segreto della nostra devozione per Maria: è nostra Madre e come tale sappiamo di poter tutto chiedere al suo amore, perché siamo suoi figli!
Ma, se la madre, appunto perché madre, pensa necessariamente ai suoi figli, i figli, per l’età, sono facili a distrarsi e il Rosario è lo strumento benedetto che conserva la nostra intimità con Maria e ci fa penetrare sempre più profondamente nel suo cuore.
Strumento divino il Rosario che la Vergine porta in tutte le sue apparizioni da un secolo in qua e che non cessa di raccomandare. Strumento della devozione cattolica per eccellenza, in cui l’umile donna senza istruzione e il sapiente teologo sono a loro agio, perché vi trovano il cammino luminoso e splendido, la via mariana, che conduce a Cristo e, per Cristo, al Padre.
Così considerato il Rosario realizza tutte le condizioni di una preghiera efficace, ci fa vivere nell’intimità di Maria e, essendo essa Mediatrice, suo compito è di condurci a Dio, di portare le nostre preghiere fino al cuore di Dio. Per Maria diciamo i Pater, che inquadrano le decine di Ave Maria, e, siccome quella è la preghiera di Cristo e contiene tutto ciò che Dio volle che noi gli chiedessimo, noi siamo sicuri di essere esauditi.
MESSA
EPISTOLA (Prov. 8, 22-25; 32-35). – Il Signore mi possedette all’inizio delle sue opere, fin dal principio, avanti la creazione. Ab aeterno fui stabilita, al principio, avanti che fosse fatta la terra. Non erano ancora gli abissi, ed io ero già concepita. Or dunque, o figli, ascoltatemi: Beati quelli che battono le mie vie. Ascoltate i miei avvisi per diventare saggi: non li ricusate. Beato l’uomo che mi ascolta e veglia ogni giorno alla mia porta, e aspetta all’ingresso della mia casa. Chi troverà me, avrà trovato la vita, e riceverà dal Signore la salute.
Maria nel compito di educatrice.
Non si può eludere il carattere mariano di questa pagina dei Proverbi, obiettando che si applica al Verbo Incarnato e solo per accomodamento la Chiesa la riferisce alla Santa Vergine. La Chiesa non fa giochi di parole e la Liturgia non si diverte a far bisticci. Trattandosi di vite, che nel pensiero di Dio e nella realtà sono unite insieme, come le vite del Signore e della Madre sua unite nello stesso decreto di predestinazione, il senso accomodatizio è in sé e deve esserlo per noi uno degli aspetti multipli del senso letterale.
« Giova a noi, per onorare Maria, considerarla agente della nostra educazione soprannaturale. Noi non siamo mai grandi per Dio, nè per la nostra madre, nè per la Madre di Dio. Come non vi è cristianesimo senza la Santa Vergine così se l’amore di Dio non è accompagnato da un tenero amore per la Santa Vergine qualsiasi vita soprannaturale è in qualche modo mancante.
« Maria è tutto quello che Essa insegnerà a chi l’ascolta e l’ama: l’esempio, la carità, l’influenza persuasiva…
« Maria ha educato il Figlio ed educherà noi. Non si resiste ad una Madre »
(Dom Delatte, Omelie sulla Santa Vergine).
Il Vangelo è quello del Santo nome di Maria del 12 settembre.
Il Vangelo dell’Incarnazione dei quale rileggiamo volentieri le parole. Parole benedette perché vengono da Dio: L’Angelo infatti ne è soltanto il messaggero, parole e messaggio gli sono stati affidati da Dio. Parole benedette perché vengono da Maria, che, sola, poté riferire con ferma precisione di dettagli, che rivelano un testimonio e una esperienza immediata.
Messaggio di gioia.
Questo messaggio è un messaggio di gioia. La gioia mancava nel mondo da molto tempo: era sparita dopo il primo peccato. Tutta l’economia dell’Antico Testamento e tutta la storia dell’umanità portavano un velo di tristezza, perché era continuamente presente all’uomo la coscienza di una inimicizia nei suoi rapporti con Dio, che doveva ancora essere espiata. Il messaggio è preceduto da un saluto pieno di gioia e da una parola pacifica, carezzevole: Ave. Questo Ave, primo elemento del messaggio, detto una volta verrà poi ripetuto per l’eternità.
La fede di Maria.
La fede di Maria fu perfetta e non dubitò della verità divina neppure nel momento in cui chiedeva all’Angelo come si poteva compiere il messaggio. Gabriele rivelò il modo verginale della concezione promessa, sollecitando il consenso della Vergine per l’unione ipostatica, perché, per l’onore della Vergine e per l’onore della natura umana, Dio voleva avere da Maria il posto che avrebbe occupato nella sua creazione. E allora fu pronunziata con libertà e con consapevolezza la parola, che farà eco fino all’eternità: « Io sono l’umile ancella dei Signore: sia fatto secondo la sua volontà » (Dom Delatte: Opere citate).
Preghiera alla Vergine del Rosario.
Ti saluto, o Maria, nella dolcezza del tuo gioioso mistero e all’inizio della beata Incarnazione, che fece di te la Madre dei Salvatore e la madre dell’anima mia. Ti benedico per la luce dolcissima che hai portato sulla terra.
O Signora di ogni gioia, insegnaci le virtù che danno la pace ai cuori e, su questa terra, dove il dolore abbonda, fa che i figli camminino nella luce di Dio affinché, la loro mano nella tua mano materna, possano raggiungere e possedere pienamente la meta cui il tuo cuore li chiama, il Figlio del tuo amore, il Signore Gesù.
Ti saluto, o Maria, Madre del dolore, nel mistero dell’amore più grande, nella Passione e nella morte del mio Signore Gesù Cristo e, unendo le mie lacrime alle tue, vorrei amarti in modo che il mio cuore, ferito come il tuo dai chiodi che hanno straziato il mio Salvatore, sanguinasse come sanguinano quelli del Figlio e della Madre. Ti benedico, o Madre del Redentore e Corredentrice, nel purpureo splendore dell’Amore crocifisso, ti benedico per il sacrificio, accettato al tempio ed ora consumato con l’offerta alla giustizia di Dio del Figlio della tua tenerezza e della tua verginità, in olocausto perfetto.
Ti benedico, perché il sangue prezioso che ora cola per lavare i peccati degli uomini, ebbe la sua sorgente nel tuo Cuore purissimo. Ti supplico, o Madre mia, di condurmi alle vette dall’amore che solo l’unione più intima alla Passione e alla morte dell’amato Signore può far raggiungere.
Ti saluto, Maria, nella gloria della tua Regalità. Il dolore della terra ha ceduto il posto a delizie infinite e la porpora sanguinante ti ha tessuto il manto meraviglioso, che si addice alla Madre dei Re dei re e alla Regina degli Angeli. Permetti che levi i miei occhi verso di te durante lo splendore dei tuoi trionfi, o mia amabile Sovrana, e diranno i miei occhi, meglio di qualsiasi parola, l’amore del figlio il desiderio di contemplarti con Gesù nell’eternità, perché tu se!, Bella, perché sei Buona, o Clemente, o Pia, o Dolce Vergine Maria!

Publié dans:feste di Maria |on 7 octobre, 2014 |Pas de commentaires »

NATIVITÀ DI MARIA COMMENTI DAI PADRI ORIENTALI E DAI PADRI OCCIDENTALI

http://digilander.libero.it/mariaoggi/natmaria.htm

NATIVITÀ DI MARIA COMMENTI DAI PADRI ORIENTALI E DAI PADRI OCCIDENTALI

Commenti teologici-spirituali alla festa

DAI PADRI ORIENTALI
La nascita di Maria è l’inizio della nostra divinizzazione.
Oggi il grande seno della verginità viene svelato, e la Chiesa è cinta nuzialmente con l’inviolabile perla della vera incorruttibilità. Oggi la genuina nobiltà degli uomini riceve di nuovo il dono della prima divinizzazione e ritorna a se stessa; la natura generata, rimanendo unita alla Madre del Bello, riceve come impronta ottima e divinissima quel fulgore di bellezza che l’ignobiltà della malizia aveva oscurato; l’impronta diventa propriamente nuova chiamata; la nuova chiamata diventa divinizzazione, e questa a sua volta assimilazione all’antica condizione. Oggi la sterile è scoperta come madre al di là di ogni speranza, e a sua volta la Madre di un Figlio senza padre, derivando da lombi infecondi, rende sante le generazioni della natura. Oggi è stata colorata la splendente tintura della porpora divina, e la miseranda natura degli uomini si è rivestita della dignità regale. Oggi il rampollo davidico è germogliato secondo le profezie (cf. Is 11, 1), esso che è detto verga sempre verdeggiante di Aronne (cf. Nm 17, 23; Eb 9, 4) e ha fatto fiorire per noi la verga della potenza, il Cristo.
Oggi da Giuda e da Davide proviene una vergine fanciulla, che delinea il volto del regno e del sacerdozio di colui che fu sacerdote secondo l’ordine di Melchisedek <e non> di Aronne (cf. Eb 5ss.). Oggi la grazia, avendo imbiancato il mistico efod del divino sacerdozio (cf. Es 28, 6ss.; 29, 5), lo ha tessuto figurativamente con il seme discendente da Levi: e Dio arrossò la porpora divina con il sangue discendente da Davide. Insomma, per dirla in breve: oggi comincia la rigenerazione della nostra natura; e il mondo invecchiato, ricevendo una formazione divinissima, accoglie gli inizi di una seconda creazione da parte di Dio. Infatti, dopo che la prima formazione dell’uomo fu operata con la terra pura e incontaminata, invece la natura cancellò 1a sua dignità congenita: e si spogliò della grazia, mediante quella caduta della disobbedienza per la quale noi fummo scacciati dal luogo della vita. La natura scambiò il godimento del paradiso con la vita caduca – a guisa di un’eredità paterna giunta fino a noi -, e da essa nacque la morte e la conseguente rovina della stirpe: e quindi, poiché tutti avevano preferito il luogo di quaggiù a quello di lassù, ogni speranza di salvezza fu tolta e la natura aveva bisogno dell’aiuto supremo. Per la guarigione della malattia non valeva nessuna legge, né naturale né scritta, nessuna parola ardente e conciliatrice di profeti, nessuno che potesse rialzare la natura umana, nessun mezzo con cui essa fosse ricondotta alla primitiva nobiltà, né presto né facilmente. Ma a questo punto Dio, supremo artefice di tutte le cose, ritenne opportuno presentare – per così dire – con una nuova compiutezza un mondo di recente formazione e del tutto armonico, arrestando l’epidemia del peccato che da lungo tempo era scoppiata e da cui era venuta la morte: e così, anche, gli piacque di mostrare a noi una vita in qualche modo nuova, libera e realmente incrollabile, a noi cioè che siamo stati rigenerati dal battesimo della figliolanza divina (cf. Rm 8, 16ss). (Andrea di Creta, Testi Mariani, vol. 2, ed. Cittanuova)

DAI PADRI OCCIDENTALI: SERMONE SULLA NATIVITÀ DELLA BEATA VERGINE MARIA
La nascita dalla Vergine Maria rientra nel provvidenziale piano divino della salvezza
l. La Natività della beatissima e intemerata Madre di Dio, fratelli carissimi, giustamente reca agli uomini una straordinaria e particolare gioia, perché essa costituisce l’esordio di tutta la storia della salvezza umana. Infatti l’onnipotente Iddio, come, prima di divenire uomo, con l’ineffabile sguardo della sua provvidenza aveva previsto che l’uomo sarebbe perito per mezzo della diabolica macchinazione, così nel profondo della sua immensa pietà aveva progettato prima dei secoli il piano della redenzione dell’uomo.
E nell’imperscrutabile disegno della sua sapienza Dio stabilì non solo il modo e l’ordine della redenzione, ma predefinì anche il tempo preciso della sua attuazione. Ora, come era impossibile che il genere umano potesse essere redento senza che il Figlio di Dio nascesse dalla Vergine, così era altrettanto indispensabile che la Vergine nascesse, affinché da lei il Verbo assumesse la carne.
La Vergine ha ricevuto i sette doni dello Spirito Santo. In Maria la Chiesa diventa sposa di Cristo
2. Occorreva cioè prima edificare la casa nella quale il Re del cielo sarebbe disceso e avrebbe accettato di essere ospitato. Di questa casa Salomone dice: «La Sapienza si è costruita la casa, ha intagliato le sue sette colonne» (Prov 9, 1). Infatti questa casa verginale è sostenuta da sette colonne, perché la venerabile Madre di Dio ha ricevuto i sette doni dello Spirito Santo: sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà e timor di Dio (Is 11, 2). E certamente la Sapienza, che si estende da un confine all’altro con forza e governa con eccellente bontà ogni cosa (Sap 8, 1), l’ha costruita così affinché ella fosse degna di accoglierla e di generarla dalle viscere della sua intemerata carne.
Per prima era necessario edificare la stanza nuziale, affinché fosse idonea a ricevere lo Sposo che veniva per sposare la santa Chiesa. A lui infatti Davide, esultante nello spirito, intona un epitalamio, dicendo: «Il Signore esce come sposo dalla stanza nuziale» (Sal 18, 5).
Giustamente allora oggi il mondo intero esulta di una gioia che si è riversata dovunque; giustamente tutta quanta la Chiesa, poiché nasce la madre del suo sposo, alterna le lodi e per la gioia intona un canto. Esultiamo, dunque carissimi, in questo giorno nel quale, mentre veneriamo la nascita della Vergine, celebriamo anche l’inizio di tutte le festività del Nuovo Testamento. (S. Pier Damiani, Testi Mariani, vol 3, ed. Cittanuova).

NATIVITÀ DELLA BEATA VERGINE MARIA – 8 SETTEMBRE

http://www.santiebeati.it/dettaglio/21450

NATIVITÀ DELLA BEATA VERGINE MARIA – 8 SETTEMBRE

Questa celebrazione, che ricalca sul Cristo le prerogative della Madre, è stata introdotta dal papa Sergio I (sec VII) nel solco della tradizione orientale. La natività della Vergine è strettamente legata alla venuta del Messia, come promessa, preparazione e frutto della salvezza. Aurora che precede il sole di giustizia, Maria preannunzia a tutto il mondo la gioia del Salvatore. (Mess. Rom.)
Martirologio Romano: Festa della Natività della Beata Vergine Maria, nata dalla discendenza di Abramo, della tribù di Giuda, della stirpe del re Davide, dalla quale è nato il Figlio di Dio fatto uomo per opera dello Spirito Santo per liberare gli uomini dall’antica schiavitù del peccato.

Nella data odierna le chiese d’Oriente e d’Occidente celebrano la nascita di Maria, la madre del Signore. La fonte prima che racconta l’evento è il cosiddetto Protovangelo di Giacomo secondo il quale Maria nacque a Gerusalemme nella casa di Gioacchino ed Anna. Qui nel IV secolo venne edificata la basilica di sant’Anna e nel giorno della sua dedicazione veniva celebrata la natività della Madre di Dio. La festa si estese poi a Costantinopoli e fu introdotta in occidente da Sergio I, un papa di origine siriana. «Quelli che Dio da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati»: Dante sembra quasi parafrasare il versetto di san Paolo quando definisce Maria «termine fisso d’eterno consiglio».
Dall’eternità, Il Padre opera per la preparazione della Tuttasanta, di Colei che doveva divenire la madre del Figlio suo, il tempio dello Spirito Santo. La geneaologia di Gesù proposta dal Vangelo di Matteo culmina nell’espressione «Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo». Con Maria, dunque, è venuta l’ora del Davide definitivo, della instaurazione piena del regno di Dio. Con la sua nascita inoltre prende forma il grembo offerto dall’umanità a Dio perché si compia l’incarnazione del Verbo nella storia degli uomini. Maria bambina infine è anche immagine dell’umanità nuova, quella da cui il Figlio suo toglierà il cuore di pietra per donarle un cuore di carne che accolga in docilità i precetti di Dio.
Onorando la natività della Madre di Dio si va al vero significato e il fine di questo evento che è l’incarnazione del Verbo. Infatti Maria nasce, viene allattata e cresciuta per essere la Madre del Re dei secoli, di Dio ». E’ questo del resto il motivo per cui di Maria soltanto (oltre che di S. Giovanni Battista e naturalmente di Cristo) non si festeggia unicamente la  » nascita al cielo « , come avviene per gli altri santi, ma anche la venuta in questo mondo. In realtà, il meraviglioso di questa nascita non è in ciò che narrano con dovizia di particolari e con ingenuità gli apocrifi, ma piuttosto nel significativo passo innanzi che Dio fa nell’attuazione del suo eterno disegno d’amore. Per questo la festa odierna è stata celebrata con lodi magnifiche da molti santi Padri, che hanno attinto alla loro conoscenza della Bibbia e alla loro sensibilità e ardore poetico. Leggiamo qualche espressione del secondo Sermone sulla Natività di Maria di S. Pier Damiani: “Dio onnipotente, prima che l’uomo cadesse, previde la sua caduta e decise, prima dei secoli, l’umana redenzione. Decise dunque di incarnarsi in Maria”.
« Oggi è il giorno in cui Dio comincia a mettere in pratica il suo piano eterno, poiché era necessario che si costruisse la casa, prima che il Re scendesse ad abitarla. Casa bella, poiché, se la Sapienza si costruì una casa con sette colonne lavorate, questo palazzo di Maria poggia sui sette doni dello Spirito Santo. Salomone celebrò in modo solennissimo l’inaugurazione di un tempio di pietra. Come celebreremo la nascita di Maria, tempio del Verbo incarnato? In quel giorno la gloria di Dio scese sul tempio di Gerusalemme sotto forma di nube, che lo oscurò. Il Signore che fa brillare il sole nei cieli, per la sua dimora tra noi ha scelto l’oscurità (1 Re 8,10-12), disse Salomone nella sua orazione a Dio. Questo nuovo tempio si vedrà riempito dallo stesso Dio, che viene per essere la luce delle genti.
« Alle tenebre del gentilesimo e alla mancanza di fede dei Giudei, rappresentate dal tempio di Salomone, succede il giorno luminoso nel tempio di Maria. E’ giusto, dunque, cantare questo giorno e Colei che nasce in esso ».

Publié dans:feste di Maria |on 8 septembre, 2014 |Pas de commentaires »

SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DELL’ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA – GIOVANNI PAOLO II

http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/homilies/2001/documents/hf_jp-ii_hom_20010815_assunzione-maria_it.html

SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DELL’ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

OMELIA DEL SANTO PADRE

Mercoledì, 15 agosto 2001

1. « L’ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte » (1 Cor 15,27)

Le parole di Paolo, risuonate poc’anzi nella seconda lettura, ci aiutano a comprendere il significato della solennità che quest’oggi celebriamo. In Maria, assunta in cielo al termine della sua vita terrena, risplende la vittoria definitiva di Cristo sulla morte, entrata nel mondo a causa del peccato di Adamo. È stato Cristo, il « nuovo » Adamo, a sconfiggere la morte, offrendosi in sacrificio sul Calvario, in atteggiamento di amore obbediente al Padre. Egli ci ha così riscattati dalla schiavitù del peccato e del male. Nel trionfo della Vergine, la Chiesa contempla Colei che il Padre ha scelto come vera Madre del suo Figlio unigenito, associandola intimamente al disegno salvifico della Redenzione.
È per questo che Maria, come ben evidenzia la liturgia, è segno consolante della nostra speranza. Guardando a Lei, rapita nell’esultanza delle schiere degli angeli, l’intera vicenda umana, frammista di luci e di ombre, si apre alla prospettiva dell’eterna beatitudine. Se l’esperienza quotidiana ci fa toccare con mano quanto il pellegrinaggio terreno sia sotto il segno della incertezza e della lotta, la Vergine assunta nella gloria del Paradiso ci assicura che mai ci verrà meno il soccorso divino.
2. « Nel cielo apparve per noi un segno grandioso: una donna vestita di sole » (Ap 12,1). Guardiamo a Maria, carissimi Fratelli e Sorelle, qui convenuti in un giorno tanto caro alla devozione del popolo cristiano. Vi saluto con grande affetto. Saluto in modo particolare il Signor Cardinale Angelo Sodano, mio primo collaboratore, e il Vescovo di Albano con il suo Ausiliare, ringraziandoli per la loro cortese presenza. Saluto inoltre il parroco con i sacerdoti che lo coadiuvano, i religiosi e le religiose e tutti i fedeli presenti, in speciale modo i consacrati salesiani, la Comunità di Castel Gandolfo e quella delle Ville Pontificie. Estendo il mio pensiero ai pellegrini di lingue diverse che hanno voluto unirsi alla nostra celebrazione. A ciascuno auguro di vivere con gioia l’odierna solennità, ricca di spunti di meditazione.
Un grande segno appare per noi nel cielo quest’oggi: la Vergine Madre! Ce ne parla con linguaggio profetico l’autore sacro del libro dell’Apocalisse nella prima lettura. Quale straordinario prodigio è dinanzi ai nostri occhi attoniti! Abituati a fissare le realtà della terra, siamo invitati a volgere lo sguardo verso l’Alto: verso il cielo, che è la nostra Patria definitiva, dove la Vergine Santissima ci attende.
L’uomo moderno, forse più che nel passato, è preso da interessi e preoccupazioni materiali. Cerca sicurezza e non di rado sperimenta solitudine e angoscia. E che dire poi dell’enigma della morte? L’Assunzione di Maria è un evento che ci interessa da vicino proprio perché ogni uomo è destinato a morire. Ma la morte non è l’ultima parola. Essa – ci assicura il mistero dell’Assunzione della Vergine – è transito verso la vita incontro all’Amore. È passaggio verso la beatitudine celeste riservata a quanti operano per la verità e la giustizia e si sforzano di seguire Cristo.
3. « D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata » (Lc 1,48). Così esclama la Madre di Cristo nell’incontro con l’anziana parente Elisabetta. Il Vangelo poco fa ci ha riproposto il Magnificat, che la Chiesa canta ogni giorno. È la risposta della Madonna alle parole profetiche di sant’Elisabetta: « Beata Colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore » (Lc 1,45).
In Maria la promessa si fa realtà: Beata è la Madre e beati saremo noi suoi figli se, come Lei, ascolteremo e metteremo in pratica la parola del Signore.
Possa l’odierna solennità aprire il nostro cuore a questa superiore prospettiva dell’esistenza. Possa la Vergine, che oggi contempliamo risplendente alla destra del Figlio, aiutare l’uomo di oggi a vivere, credendo « nel compimento della Parola del Signore ».
4. « Oggi i figli della Chiesa sulla terra celebrano con giubilo il transito della Vergine alla città superna, la Gerusalemme celeste » (Laudes et hymni, VI). Così canta la liturgia armena quest’oggi. Faccio mie queste parole, pensando al pellegrinaggio apostolico in Kazakhstan ed Armenia, che tra poco più di un mese, a Dio piacendo, compirò. Affido a Te, Maria, l’esito di questa nuova tappa del mio servizio alla Chiesa e al mondo. A Te chiedo di aiutare i credenti ad essere sentinelle della speranza che non delude, e a proclamare senza sosta che Cristo è il vincitore del male e della morte. Illumina Tu, Donna fedele, l’umanità del nostro tempo, perché comprenda che la vita di ogni uomo non si estingue in un pugno di polvere, ma è chiamata a un destino di eterna felicità.
Maria, « che sei la gioia del cielo e della terra », vigila e prega per noi e per il mondo intero, ora e sempre. Amen!

 

15 AGOSTO 2014 | ASSUNZIONE DI MARIA – OMELIA

http://www.donbosco-torino.it/ita/Domenica/01-annoA/Anno_A-2014/5-Ordinario-A-2014/Omelie/19ab-Assunzione-di-Maria/01-Assunzione-di-Maria-A-2014-LD.htm

15 AGOSTO 2014 | ASSUNZIONE DI MARIA A | T. ORDINARIO | OMELIA DI APPROFONDIMENTO

ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente.
In questa settimana dopo le memorie di Santa Chiara e di San Massimiliano Kolbe, la Chiesa ci fa vivere la solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria; questa festa di Maria è una di quelle suggellate con un dogma, dal pronunciamento vincolante per tutti i credenti, di una verità di fede certa fatta dal papa Pio XII nell’anno santo del 1950 a proposito dell’ultima parte della vita della Vergine Maria.
La prima lettura, tratta dall’Apocalisse di san Giovanni ci presenta, con la sua architettura letteraria di genere apocalittico, una teofania, una manifestazione di Dio, che ha come protagonisti Dio, il Bambino, la Donna e il drago. Descritti in questa maniera sono coinvolte tutte le realtà, quella divina (il bambino), quella umana (la donna) e quella del rifiuto e opposizione a Dio (il drago).
Tutta questa descrizione che Giovanni ci dà, particolareggiata e simbolica è per mostrarci come il piano di Dio che viene accolto dalla Vergine che porta in sè e dà alla luce il figlio della promessa ed è ostacolato da realtà e forze contrarie che non vorrebbero vedere la realizzazione di questo progetto divino, è l’avvenimento invece del compimento di questo progetto che il Padre ha in serbo verso tutti gli uomini.
In questo progetto un posto di riguardo, differente da tutte le altre creature lo riveste proprio questa donna che viene ad essere la nuova arca dell’Alleanza, Alleanza sancita non più da una Legge, ma da un Figlio, Dio cioè si « compromette » in prima persona incarnandosi nel tempo e nella storia per rendere il suo amore « più capibile » per ogni creatura. Maria è la vera Arca dell’Alleanza, il mistero del Tempio – l’inabitazione di Dio qui in terra – che è adempiuto in Maria. In Maria realmente abita Dio, diventa presente qui in terra e Maria diventa la sua tenda.
Se il rifiuto di Dio e il male, rappresentati nella figura del dragone, riflettevano in passato il dominio storico di chi minacciava i cristiani, ancora oggi il dragone esiste, ma in modi nuovi e diversi; Benedetto XVI ci dice: « Esiste nella forma delle ideologie materialiste che ci dicono: è assurdo pensare a Dio; è assurdo osservare i comandamenti di Dio; è cosa di un tempo passato.
Vale soltanto vivere la vita per sé. Prendere in questo breve momento della vita tutto quanto ci è possibile prendere. Vale solo il consumo, l’egoismo, il divertimento. Questa è la vita. Così dobbiamo vivere. E di nuovo, sembra assurdo, impossibile opporsi a questa mentalità dominante, con tutta la sua forza mediatica, propagandistica. Sembra impossibile oggi ancora pensare a un Dio che ha creato l’uomo e che si è fatto bambino e che sarebbe il vero dominatore del mondo. Anche adesso questo dragone appare invincibile, ma anche adesso resta vero che Dio è più forte del dragone, che l’amore vince e non l’egoismo ».
San Paolo, nella seconda lettura, ci conferma, anch’egli, il primato di Cristo; egli ci ribadisce subito la certezza della risurrezione dai morti e la pone in relazione con la disobbedienza di quel primo uomo per mezzo del quale la morte è entrata nell’esistenza umana, ma subito chiarisce che essa non è per sempre, non è l’ultima parola sulla esistenza umana. Al tempo stesso questa realtà è « compagna » alla creazione fino alla venuta definitiva del Cristo nella quale ogni essere sarà assunto e nell’amore giudicato.
Il brano del Vangelo di Luca, ci presenta quello che nella tradizione della Chiesa viene inteso come il cantico di Maria, il Magnificat. L’evangelista è pronto a darci le coordinate di questa azione di Maria a favore di sua cugina Elisabetta, Maria dopo aver ascoltato l’annuncio dell’angelo del progetto che Dio ha su di Lei, e saputo della condizione di Elisabetta, « si alzò e andò in fretta » verso il luogo dove la cugina stava. Il risultato dell’annuncio dell’angelo produce nel cuore di Maria, non uno stallo nella sua situazione di « privilegiata », un fermarsi a contemplare la grandeza di quell’annuncio, ma, tale annuncio si apre ad una carità che solo chi comprende la dinamica di abbassamento del Padre nell’amore a favore dell’umanità, può fare.
Maria prontamente accoglie l’annuncio di Dio e prontamente accoglie la richiesta implicita di aiuto dell’umanità sintetizzata da Elisabetta; l’angelo con le sue parole aveva fatto molte allusioni, aveva informato solo per inciso, ora spetta al suo senso dell’ubbidienza, donatole da Dio all’atto della sua solenne promessa, realizzare queste allusioni e fare di ogni più piccolo cenno un ordine.
Mentre Maria rivolge il suo saluto il bambino nel grembo di Elisabetta si muove e questo moviento la spinge a soffermarsi su quanto c’è di nuovo. Con l’agitarsi di suo figlio viene ad essere riempita di Spirito Santo, tra il sobbalzare del bambino, l’azione dello Spirito Santo che la pervade, ed il saluto non intercorre alcuno spazio di tempo; ella inizia ad avere cognizione del soprannaturale e dell’ultraterreno che si è manifestato in Maria.
Il saluto di Elisabetta è una benedizione rivolta sia a Maria che al Figlio, ella comprende che entrambi costituiscono un’unità e che quest’unità è il risultato di una grazia del tutto particolare che in quel momento investe sia lei che Maria in maniera uguale. Tuttavia, poiché il sobbalzo del figlio in lei le ha procurato queste cognizioni, afferra contemporaneamente che esiste un’unità tra lei stessa ed il suo bambino, tra la sua missione e quella del bambino, e ancora una relazione tra queste due unità.
Elisabetta vede in Maria la Madre del Signore, mentre ritiene se stessa solo una comune donna gravida; la visita, nel suo più profondo significato, non è una visita di Maria ad Elisabetta, ma una visita di Cristo a Giovanni, entrambe le madri fungono ora solo da mediazione per i figli.
Dopo l’incontro con l’Angelo che si è rivolto a lei indicandola come piena di grazia, Maria è diventata la mediatrice della grazia stessa; là, dove arriva con il suo bambino, la grazia, attraverso di lei, si riversa nel mondo. E’ l’ubbidienza che indica a Maria come amministrare la grazia ricevuta, in virtù di questa ubbidienza ella non trattiene niente per sé; è sufficiente che Maria creda quanto Dio le dice perché ciò si realizzi. Ha detto sì liberamente e come tutto si sviluppa ora dal suo sì, così tutto si sviluppa dalla sua libertà e compie nella fede.
La fedeltà del sì di Maria al Padre e al Figlio, testimoniato in e con tutta la sua esistenza terrena non poteva non restare indifferente agli occhi del Padre stesso, non poteva ella che ha vissuto una singolare e originaria relazione con Dio avere una fine come ogni creatura. Per Maria la sua Assunzione in forza dell’amore del Padre e del Figlio non è che l’esito di una vita svolta in quell’amore sviluppato con e dal suo sì.
Maria è la giusta figura umana a cui ogni credente deve guardare per orientare la propria vita nella relazione con Cristo. Maria indica pure all’umanità, che la risurrezione di Gesù opera realmente nel credente che si dona totalmente a Lui, che la promessa d’amore del Padre, attuata nel Figlio è vera, proprio lei è la prima creatura ad esserne partecipe col Figlio.
Maria è assunta in cielo in corpo e anima: anche per il corpo c’è posto in Dio. Il cielo non è più per noi una sfera molto lontana e sconosciuta. Nel cielo abbiamo una madre. E la Madre di Dio, la Madre del Figlio di Dio, è la nostra Madre. Egli stesso lo ha detto. Ne ha fatto la nostra Madre, quando ha detto al discepolo e a tutti noi: « Ecco la tua Madre! »
Nel cielo abbiamo una Madre. Il cielo è aperto, il cielo ha un cuore. Non resta che affidarci, da buoni figli, alla sua potente intercessione affinchè anche noi, come lei, sappiamo fare delle nostre vite un sì gradito al Padre.

Luca Desserafino sdb

LA SANTA VERGINE MARIA NEL CULTO E NELLA VITA DELLA CHIESA ORTODOSSA

http://tradizione.oodegr.com/tradizione_index/vitesanti/santavergculto.htm

LA SANTA VERGINE MARIA NEL CULTO E NELLA VITA DELLA CHIESA ORTODOSSA

Breve esposizione confrontata con alcune corrispondenti convinzioni del Cristianesimo Occidentale

La Santa Vergine Maria ha nella Chiesa Ortodossa un’attenzione particolare. Essa è venerata come Madre di Dio secondo la carne ed esistono molte con le quali l’Ortodossia chiede la composizioni poetiche sua intercessione presso Dio. Un esempio è l’Inno Akathistos alla Madre di Dio scritto [probabilmente] da San Romano il Melode. In questa composizione innografica Romano il che non ha eguali nel Cristianesimo, si trovano riflessi in forma precisa ed esaustiva i sentimenti e la dottrina della Chiesa Ortodossa sulla Theotokos (= la Genitrice di Dio). Un’altra composizione poetica Deìpara o particolarmente significativa è il Canone paracletico del quale esiste una forma sintetica e una estesa. Tale Canone viene celebrato ogni giorno lungo i quindici giorni che precedono la Dormizione della Theotokos (15 agosto).
La Chiesa Ortodossa preferisce chiamare Theotokos Colei che ha partorito Gesù Cristo. Definirla in termini più confidenziali, come talora alcuni fanno nella Chiesa Romano-Cattolica (“Maria” senz’alcun altro termine aggiuntivo) crea, nel credente ortodosso, la sensazione di trovarsi davanti ad un’espressione banale e secolarizzata.
Nonostante il grande rispetto e l’alta considerazione che l’Ortodossia Le attribuisce, la Theotokos non è assolutamente considerata una “super donna”. La sua natura non è per nulla differente da quella umana poiché Essa è dono dell’umanità a Dio in cambio del Dio che in Lei si è donato all’uomo.
Per i teologi ortodossi la Deìpara non è “superiore” o “diversa” dagli uomini ma è “luminosa”, ossia, “deificata”.
La Theotokos è l’unica creatura appartenente all’umanità che si unisce strettamente a Dio dopo la caduta di Adamo portando in grembo “Quanto i Cieli non possono contenere”, come afferma la Liturgia. Per questo la Chiesa Ortodossa La definisce con titoli di particolare onore e, a differenza di altri santi, Le rivolge la richiesta di salvezza: “Tuttasanta Genitrice di Dio salvaci!”. Con quest’affermazione non si attribuisce alla Tuttasanta il potere di salvare ma d’intercedere particolarmente verso Cristo, dal momento che ha un’intima comunione con Lui. La Theotokos è l’umanità deificata, rappresenta una pienezza di disponibilità verso Dio alla quale tutti i cristiani devono tendere. La sua obbedienza viene rinnovata in ogni persona che abbandona l’uomo vecchio con le sue abitudini e si riveste di Cristo (Gal 3, 27). Di Lei, lungo la storia del Cristianesimo, sono state tracciate molte immagini e discorsi edificanti. Tuttavia non sempre si è stati attenti a non cadere in evidenti esagerazioni. Così si è finiti per affermare due realtà opposte con le quali la Vergine Maria o viene declassata a “donna qualunque”, (come suggerirebbe l’utilizzo confidenziale del solo appellativo “Maria”), o viene esaltata come una semidea (ogni attributo di Cristo ha un suo corrispondente attributo nella Santa Vergine).
Il Cattolicesimo, oggi come ieri, tende ad attribuire alla Theotokos dei concetti sconosciuti alla Tradizione della Cristianità indivisa perché tende a fare gravitare il cristianesimo in concetti astratti. È per questo che pensa di poter pervenire ad una comprensione più profonda della Rivelazione divina. Questa mentalità si riflette inevitabilmente anche nelle cosiddette “devozioni a Maria”. Naturalmente tutto ciò suggerisce che la Rivelazione di Dio non si è data interamente il giorno di Pentecoste o che, in quel giorno, gli Apostoli non l’abbiano potuta “approfondire” bene, nonostante agisse in loro direttamente il Sigillo del Santo Spirito!
L’Ortodossia, invece, mantenendo l’antica prassi, pensa che sin dall’inizio tutto fosse chiaro e dato in totale pienezza. Tale pienezza deve essere scoperta purificandosi asceticamente e vissuta incarnandola, non intellettualizzandola! I concetti e i ragionamenti sono utili solo nel caso in cui si debba confutare un insegnamento errato che, in luogo di condurre all’incontro ineffabile con Dio, porta all’illusione o al narcisistico sentimentalismo religioso.
Le barocche immaginazioni e i romantici sentimenti sono molto pericolosi nell’ascesi e nella vita spirituale al punto che sono severamente condannati in quella raccolta di scritti spirituali denominata Filocalia. Ne consegue che l’atteggiamento del cristiano orientale verso la Theotokos è naturale, non artefatto o sdolcinato. Alla preghiera non vengono mai sovrapposte meditazioni o immaginazioni (come nel caso dei Misteri del Rosario) dal momento che l’unica attenzione da porre è alle parole che vengono scandite dalle labbra.
Contrariamente alla prevalente convinzione patristica, il Cristianesimo occidentale, da un certo periodo storico in poi, ha pensato di poter “approfondire” intellettualmente la Rivelazione e di poter far evolvere il suo pensiero e la sua conoscenza come fa la scienza. Così ogni affermazione potrebbe essere riformulata con maggiore profondità ed esattezza dopo ogni ulteriore approfondimento.
Questa prospettiva si è applicata in un certo senso anche al Dogma dell’Immacolata Concezione, dal momento che quest’ultimo è scaturito direttamente dalla considerazione agostiniana del Peccato originale.
Sant’Agostino sosteneva che l’umanità eredita la colpa del peccato originale, e che tale colpa viene eliminata dal battesimo. L’Ortodossia con tutta la tradizione cristiana (ad eccezione di quella franco-agostiniana) ha sempre ritenuto che l’umanità non eredita una colpa ma le conseguenze della colpa stessa. Il presupposto della colpa ereditata ha posto la Cristianità occidentale agostiniana davanti ad una questione: “Come può la Madre di Dio avere questa colpa e incarnare il Salvatore?”. Tale dilemma se lo ponevano, ad esempio, all’Università di Parigi nel XIV secolo e, in quell’epoca, c’era chi negava l’idea d’una concezione “immacolata”. La risposta non tardò a venire e si basava su concetti agostiniani: la Deìpara sarebbe nata senza questa colpa in previsione dell’incarnazione e così “sarebbe stata predestinata” dalla nascita ad essere Madre del Salvatore.
Le apparizioni di Lourdes, nelle quali una veggente incontrava una “Donna vestita di bianco”, l’“Immacolata concezione”, sembrano quasi voler confermare una definizione che, in pieno XIX secolo, non pareva ancora totalmente assimilata.
A differenza di questa definizione nella quale si riscontra anche una certa mentalità giuridica, l’Ortodossia ha una concezione antropologica totalmente diversa. L’umanità di tutti i tempi, essendo della stirpe di Adamo, subisce le conseguenze del peccato originale. La maggiore di tali conseguenze è la morte. Da questa situazione viene strappata quando si unisce con il battesimo nella morte e risurrezione di Cristo e, quindi, si rende coerede e compartecipe d’una futura vita che si pregusta già in questo mondo. Tale vita futura non conosce il germe della corruzione.
L’Ortodossia confessa, dunque, che la Theotokos è nata da un vero rapporto tra i progenitori di Dio Gioachino ed Anna. Essa è naturalmente stirpe di Adamo anche se il suo seme, come afferma San Gregorio Palamas, è stato “purificato”. La purificazione non significa diversificazione rispetto all’umanità. L’affermazione cattolica dell’Immacolata concezione, crea un grosso problema all’Ortodossia poiché tale concetto è posto in un quadro di comprensione agostiniano. L’Ortodossia non nega che la nascita della Santa Vergine sia stata miracolosa, visto che è provenuta da persone d’una certa età. Aggiunge pure che il suo seme è stato purificato. Ma non può condividere l’idea che l’umanità prima della Theotokos vivesse separata da Dio, dal momento che lungo tutto l’Antico Testamento si riscontrano una serie di uomini giusti, santi e profeti. Nella Scrittura si giunge addirittura ad affermare che Elia non è morto!
Per Agostino, e soprattutto per l’agostinismo, l’uomo è un “imputato” davanti a Dio e, come tale, non può fare nulla per essere assolto. Prima di Cristo l’uomo viveva nettamente separato da Dio. Per i Padri, invece, l’uomo non è mai stato un imputato ma ha patito le conseguenze delle sue scelte. Questo fatto non ha impedito ai giusti d’essere uniti a Dio. Così, lungo la linea genealogica della Theotokos, i Padri trovano tutta una serie di giusti che, in qualche modo, ne preparano l’avvento. La Deìpara non gode del privilegio d’essere unita a Dio per essere stata immacolata concezione, cioè senza peccato originale, mentre tutti gli altri uomini continuavano (e continuano!) a nascere con tale macchia senza meritarsela. Essa non ha ereditato una colpa come nessuno, in verità, la eredita. Essa ha ricevuto un corpo che, come quello di tutti, era soggetto al limite della stanchezza, del declino, della fame e del dolore. La Santa Vergine aveva ereditato, in ciò, una creazione indebolita dalla conseguenza della disobbedienza adamitica. A differenza della maggioranza degli altri uomini, si manteneva aderente ai comandi di Dio e “li meditava nel suo cuore”. Questo fatto unito alla particolare benedizione di Dio sul suo seme e all’evento catartico (= purificatore) dell’incarnazione del Verbo di Dio in Lei La esalta come “Immacolata”. Attraverso questi concetti si vede come i Padri, pur chiamando qualche volta la Theotokos con il termine di “Immacolata”, termine che ogni tanto ricorre pure nella Liturgia orientale, la considerino in maniera abbastanza diversa rispetto alla prospettiva giuridica franco-latina.
Tutti i giusti dell’Antico Testamento e la Theotokos stessa, che ne è il vertice, sono prototipo dell’umanità ascetica. Nella Deìpara non c’è peccato perché l’unione con Dio l’ha totalmente purificata rendendola modello per gli asceti. E’ in questi termini che viene descritta da vari autori patristici.
Nella considerazione della vita della Theotokos, l’Ortodossia ha una visione completamente cristocentrica, non “mariocentrica” come alcune recenti devozioni occidentali che mettono in rilievo l’esperienza del parto di Maria quale “prassi” d’unione con Dio.
Secondo queste devozioni, il cristiano deve fare crescere Cristo in sé per poi partorirlo come ha fatto la Deìpara. Quest’espressione presa come si presenta, coltiva solo pericolosi “dolci sentimentalismi”. Nella prospettiva patristica, si indicano modi concreti di vivere il cristianesimo, non immagini sentimentali! Così, l’uomo non deve pensare di poter “costruire” Cristo vicino a sé o dentro di sé (come in un utero), dal momento che può solo cercare di unirsi a Lui sul modello dell’obbedienza a Dio da parte della Santa Vergine. Solo in questo caso l’unione, come dice l’Apostolo Paolo, è profonda: “Non sono più io che vivo ma è Cristo che vive in me” (Gal 2, 20). Essa non avviene attraverso fantastiche pie ed edulcorate aspirazioni ma attraverso la quotidiana lotta dell’ascesi, nella pratica dei comandamenti, nella costante preghiera e nella prassi sacramentale della Chiesa.
Il dogma dell’Assunzione della Deìpara prima della morte è una logica conseguenza del dogma dell’Immacolata concezione. La morte è entrata nella creazione e nell’uomo a causa del peccato originale. La Theotokos è nata priva di peccato originale e quindi l’Occidente è tentato a credere che fosse priva della possibilità di morire. Dopo aver eseguito il suo compito sulla terra la Tuttasanta è stata rapita in cielo con il corpo. Pio XII, nella bolla con la quale proclamava il dogma dell’Assunzione, non affermava esplicitamente che la Santissima Vergine non sarebbe morta ma molti, al suo tempo, erano propensi a pensarlo e in quest’atmosfera fu redatta la bolla stessa. La Curia romana desiderava che le facoltà teologiche sottoscrivessero compatte una petizione per la dogmatizzazione dell’assunzione corporea di Maria in cielo ma ciò non avvenne. Dal punto di vista scientifico l’opposizione più netta alla possibilità d’una tale definizione venne da parte del patrologo di Würzburg, Berthold Altaner. Per una tale visione, secondo Altaner, non esiste alcun fondamento né nella Bibbia né nella tradizione. Nei primi cinque secoli del cristianesimo non si trova traccia di questa dottrina. Solo uno scritto apocrifo del sesto secolo il Transitus Mariae inizia a far circolare quest’idea. Tale scritto è però privo di qualsiasi valore storico. Altre fonti storiche, secondo Altaner, non esistono. Nonostante tali gravi obiezioni, la costituzione Munificentissimus Deus parla di “fede unanime della Chiesa fin dai primissimi tempi” e di prove tratte dalla Scrittura, dai Padri e dai teologi.
Tale costituzione evita prudenzialmente di affermare che la Tuttasanta sia morta ma non lo nega neppure; evita il problema lasciando ad ognuno la libertà di pensare come meglio ritiene.
Questa è la posizione cattolica difesa dal Magistero papale e alla quale i cattolici sono tenuti ad aderire, nonostante tutto. Esponiamo ora quella Ortodossa.
A parte l’esistenza della tomba di Maria, si sà che la devozione della sua morte è antichissima. Nella Scrittura è scritto che tutti gli uomini passeranno attraverso la morte. Cristo stesso non l’ha evitata anche se non ha potuto essere trattenuto da essa ed è risuscitato dai morti tracciando la Via che dalla terra porta al Cielo, dal buio alla luce, dalla Morte alla Vita. La morte non è più la realtà definitiva perché è stata distrutta. “Cristo è risorto dai morti diventando primizia dei defunti”, afferma il Crisostomo.
Così come Cristo, la Theotokos è morta ed è risorta. Se si leggono i testi liturgici della Dormizione e le splendide omelie dei Padri per questa festa (particolarmente quella di San Giovanni Damasceno) la morte e la risurrezione della Vergine appaiono come una grande celebrazione pasquale del Cristo risorto che dà vita all’umanità intera. La Vergine è perciò la prima fra i redenti.
Papa Giovanni Paolo II ha cercato di accorciare la distanza tra queste due posizioni affermando che la Vergine è morta per condividere l’amara sorte del Figlio. Quest’affermazione presuppone una certa “revisione” se non delle basi del dogma dell’Assunzione almeno della mentalità ad esso soggiacente. Comunque è lecito porsi una domanda: tale revisione va nel tradizionale senso antico dove si conservano certi equilibri o cerca di forzare le espressioni per fare un’ulteriore non richiesta equivalenza-parallelo tra Cristo e la Theotokos (affermando che esiste una Corredentrice perché c’è un Redentore)?
Nell’Ortodossia non è mai stato dogmatizzato questo punto. Perché si formuli un dogma è indispensabile che ci sia un’eresia e quindi la negazione d’una verità. Il dogma ha tutto il suo senso solo in questa situazione. Nella Liturgia la Chiesa Ortodossa celebra la Dormizione di Maria con un’allusione alla sua assunzione al terzo giorno dalla morte. È per questo che nell’icona della Dormizione di Maria gli apostoli circondano il suo corpo defunto che viene portato in processione. Dietro a tutti sta Cristo con in braccio una bambina in vesti bianche.
L’uso russo per questa festa prevede un epitafio (= un drappo sul quale è ricamata l’icona della S. Vergine dormiente) per Maria, simile a quello usato per il Cristo defunto nella Settimana Santa. Tale epitafio si colloca in mezzo al tempio. Dopo tre giorni, al Vespro, si celebra il “Funerale della Theotokos”. L’epitafio viene portato in processione e, dopo avergli fatto fare tre giri attorno al tempio, viene innalzato sotto la porta d’ingresso in modo da fare passare tutti i fedeli sotto di esso. Infine viene ricollocato nel luogo in cui era stato precedentemente disposto e, in tale posizione, innalzato verso il cielo. Attraverso questo gesto si indica esplicitamente l’assunzione e tutti sanno che la Vergine Maria è stata assunta con il corpo quale primizia dell’umanità. Non serve nulla di più.
Molti dei titoli alla Santa Vergine che hanno marcato la devozione occidentale sono totalmente sconosciuti all’Oriente cristiano. In ciò l’Ortodossia ha lasciato la Theotokos in quell’ombra di discrezione nella quale i Vangeli la collocano. Non c’è quindi il bisogno di parlare di un Cuore Immacolato di Maria, come succede nelle apparizioni di Fatima (Cuore che fa pandant al Sacro Cuore di Gesù), di Maria Corredentrice, come succede nelle apparizioni di Amsterdam (corredenzione che fa pandant a quella di Cristo) e della richiesta di molti vescovi americani di proclamare il dogma di Maria “consustanziale a Dio”: Figlia del Padre, Madre del Figlio, Sposa del Santo Spirito.
Non caratterizza l’Ortodossia neppure quella devozione mariana con la quale i fedeli cercano il sensazionale, i messaggi strani e segreti (Medjugorje), le rivelazioni terroristiche d’una Santa Vergine che trattiene a stento il braccio vendicatore di un Figlio divino antropomorficamente adirato contro l’umanità!
Tutto ciò esce dall’equilibrata prospettiva evangelica e patristica e non è né importante né essenziale.
La Theotokos è sempre stata conosciuta dal popolo di Dio attraverso le discrete testimonianze evangeliche. Per l’Ortodossia è prudente conoscerLa com’essa è sempre stata conosciuta dalla Tradizione del Cristianesimo indiviso senza pretendere di diventarLe più intimi di coloro che ne condividevano la vita.

Vita di Maria (XIX): Dormizione e Assunzione della Madonna

http://www.opusdei.it/it-it/article/vita-di-maria-xix-dormizione-e-assunzione-della-madonna/

Vita di Maria (XIX): Dormizione e Assunzione della Madonna

J.A. Loarte

Come ricordava il Papa, il Cielo ha un cuore: quello della Vergine Maria, che fu portata in corpo e anima accanto a suo Figlio, per sempre.
Gli ultimi anni di Maria sulla terra – quelli che intercorsero tra la Pentecoste e l’Assunzione –, sono rimasti avvolti in una nebbia tanto spessa che quasi non è possibile penetrarli con lo sguardo e ancor meno indovinarli. La Scrittura tace e la Tradizione ci tramanda solamente qualche eco lontano e incerto. La sua esistenza trascorse silenziosa e laboriosa: come una sorgente nascosta che dà fragranza ai fiori e freschezza ai frutti. Hortus conclusus, fons signatus (Ct 4, 12), la chiama la liturgia con parole della Sacra Scrittura: giardino chiuso, fontana sigillata. E anche: pozzo d’acque vive e ruscelli sgorganti dal Libano (ibid., 15). Come quando stava accanto a Gesù, non si faceva notare, ma vegliava sulla Chiesa dei primi tempi.
Senza alcun dubbio visse accanto a san Giovanni, poiché era stata affidata alle sue cure filiali. E san Giovanni, negli anni che seguirono la Pentecoste, dimorò abitualmente a Gerusalemme; là lo troviamo sempre accanto a san Pietro. All’epoca del viaggio di san Paolo, alla vigilia del Concilio di Gerusalemme, verso l’anno 50 (cfr. At 15, 1-34), il discepolo amato figura tra le colonne della Chiesa (Gal 2, 9). Se Maria dimorava ancora accanto a lui, doveva avere circa 70 anni, come affermano alcune tradizioni: l’età che la Sacra Scrittura stima come la maturità della vita umana (cfr. Sal 89, 10).
Però il posto di Maria era in Cielo, dove suo Figlio l’aspettava. E così un giorno, a noi ignoto, Gesù la portò con sé nella gloria celeste. Nel dichiarare il dogma dell’Assunzione di Maria, nel 1950, Papa Pio XII non volle chiarire se la Vergine morì e risuscitò subito dopo oppure se andò direttamente in Cielo senza passare per il momento della morte. Oggi, come nei primi secoli della Chiesa, la maggior parte dei teologi pensano che anche Lei sia morta, ma che –come Cristo– la sua morte non fu un tributo al peccato – era l’Immacolata! –, ma avvenne perché somigliasse completamente a Gesù. E così, dal VI secolo, si cominciò a celebrare in Oriente la festa della Dormizione della Madonna: e ciò per sottolineare che si era trattato di un passaggio più simile al sonno che alla morte. Lasciò questa terra – come affermano alcuni santi – in un impeto d’amore.
GLI APOSTOLI SI RIUNIRONO A GERUSALEMME PER FARLE COMPAGNIA NEGLI ULTIMI MOMENTI. E UN POMERIGGIO SERENO E LUMINOSO LE CHIUSERO GLI OCCHI E DEPOSERO IL SUO CORPO IN UN SEPOLCRO.
Gli scritti dei Padri e degli scrittori sacri, soprattutto a partire dal IV e V secolo, riferiscono alcuni dettagli sulla Dormizione e Assunzione di Maria, basati su alcuni racconti che rimontano al II secolo. Secondo queste tradizioni, quando Maria stava per abbandonare questo mondo, tutti gli Apostoli – eccetto Giacomo il Maggiore, che aveva già subito il martirio, e Tommaso, che si trovava in India – si riunirono a Gerusalemme per farle compagnia negli ultimi momenti. E un pomeriggio sereno e luminoso le chiusero gli occhi e deposero il suo corpo in un sepolcro. Pochi giorni dopo, dato che Tommaso, arrivato troppo tardi, insisteva a voler vedere il corpo, trovarono la tomba vuota, mentre si udivano canti celestiali.
Indipendentemente dagli elementi di verità contenuti in questi racconti, è assolutamente certo che la Vergine Maria, per uno speciale privilegio di Dio Onnipotente, non fu sottoposta alla corruzione: il suo corpo, glorificato dalla Santissima Trinità, fu unito all’anima e Maria fu assunta in cielo, dove regna viva e gloriosa, accanto a Gesù, per glorificare Dio e intercedere per noi. Questo è stato definito da Papa Pio XII come dogma di fede.
Malgrado il silenzio della Scrittura, un passo dell’Apocalisse lascia intravedere la fine gloriosa della Madonna. Nel cielo apparve un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle (Ap 12, 1). Il Magistero vede in questa scena non soltanto una descrizione del trionfo finale della Chiesa, ma anche una affermazione della vittoria di Maria (tipo e figura della Chiesa) sulla morte. Sembra come se il discepolo, che si era preso cura della Madonna fino al suo transito in Cielo, avesse voluto lasciare memoria, in maniera delicata e riservata, di questo fatto storico e salvifico che il popolo cristiano, ispirato dallo Spirito Santo, ha riconosciuto e venerato fin dai primi secoli.
Da parte nostra, spinti dalla liturgia della Messa della vigilia di questa festa, acclamiamo la Madonna con queste parole: Gloriosa dicta sunt de te, Maria, quæ hodie exaltata es super choros angelorum, beata sei, Maria, perché oggi sei stata assunta sopra i cori degli angeli e trionfi con Cristo in eterno.

J.A. Loarte

Publié dans:feste di Maria, Maria Vergine |on 12 août, 2014 |Pas de commentaires »
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