Archive pour la catégorie 'feste di Maria'

SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DI MARIA SS.MA MADRE DI DIO (2008)

https://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/homilies/2008/documents/hf_ben-xvi_hom_20080101_world-day-peace.html

pens e it

SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DI MARIA SS.MA MADRE DI DIO (2008)

XLI GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI

Basilica Vaticana

Martedì, 1° gennaio 2008

Cari fratelli e sorelle!

Iniziamo quest’oggi un nuovo anno e ci prende per mano la speranza cristiana; lo iniziamo invocando su di esso la benedizione divina ed implorando, per intercessione di Maria, Madre di Dio, il dono della pace: per le nostre famiglie, per le nostre città, per il mondo intero. Con questo auspicio saluto tutti voi qui presenti ad iniziare dagli illustri Ambasciatori del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, convenuti a questa celebrazione in occasione della Giornata Mondiale della Pace. Saluto il Cardinale Tarcisio Bertone, mio Segretario di Stato, il Cardinale Renato Raffaele Martino e tutti i componenti del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Ad essi sono particolarmente grato per il loro impegno nel diffondere il Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, che quest’anno ha come tema: « Famiglia umana, comunità di pace ».

La pace. Nella prima Lettura, tratta dal Libro dei Numeri, abbiamo ascoltato l’invocazione: « Il Signore ti conceda pace » (6,26); il Signore doni pace a ciascuno di voi, alle vostre famiglie, al mondo intero. Tutti aspiriamo a vivere nella pace, ma la pace vera, quella annunciata dagli angeli nella notte di Natale, non è semplice conquista dell’uomo o frutto di accordi politici; è innanzitutto dono divino da implorare costantemente e, allo stesso tempo, impegno da portare avanti con pazienza restando sempre docili ai comandi del Signore. Quest’anno, nel Messaggio per l’odierna Giornata Mondiale della Pace, ho voluto porre in luce lo stretto rapporto che esiste tra la famiglia e la costruzione della pace nel mondo. La famiglia naturale, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, è « culla della vita e dell’amore » e « la prima e insostituibile educatrice alla pace ». Proprio per questo la famiglia è « la principale ‘agenzia’ di pace » e « la negazione o anche la restrizione dei diritti della famiglia, oscurando la verità dell’uomo, minaccia gli stessi fondamenti della pace » (cfr nn. 1-5). Poiché poi l’umanità è una « grande famiglia », se vuole vivere in pace non può non ispirarsi a quei valori sui quali si fonda e si regge la comunità familiare. La provvidenziale coincidenza di varie ricorrenze ci sprona quest’anno ad uno sforzo ancor più sentito per realizzare la pace nel mondo. Sessant’anni or sono, nel 1948, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite rese pubblica la « Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo »; quarant’anni fa il mio venerato Predecessore Paolo VI celebrò la prima Giornata Mondiale della Pace; quest’anno inoltre ricorderemo il 25° anniversario dell’adozione da parte della Santa Sede della « Carta dei diritti della famiglia ». « Alla luce di queste significative ricorrenze – riprendo qui quanto ho scritto proprio a conclusione del Messaggio – invito ogni uomo e ogni donna a prendere più lucida consapevolezza della comune appartenenza all’unica famiglia umana e ad impegnarsi perché la convivenza sulla terra rispecchi sempre più questa convinzione da cui dipende l’instaurazione di una pace vera e duratura ».

Il nostro pensiero si volge ora naturalmente alla Madonna, che oggi invochiamo come Madre di Dio. Fu il Papa Paolo VI a trasferire al primo gennaio la festa della Divina Maternità di Maria, che un tempo cadeva l’11 di ottobre. Prima infatti della riforma liturgica seguita al Concilio Vaticano II, nel primo giorno dell’anno si celebrava la memoria della circoncisione di Gesù nell’ottavo giorno dopo la sua nascita – come segno della sottomissione alla legge, il suo inserimento ufficiale nel popolo eletto – e la domenica seguente si celebrava la festa del nome di Gesù. Di queste ricorrenze scorgiamo qualche traccia nella pagina evangelica che è stata poco fa proclamata, in cui san Luca riferisce che otto giorni dopo la nascita il Bambino venne circonciso e gli fu posto il nome di Gesù, « come era stato chiamato dall’angelo prima di essere concepito nel grembo della madre » (Lc 2,21). Quella odierna pertanto, oltre che essere una quanto mai significativa festa mariana, conserva pure un contenuto fortemente cristologico, perché, potremmo dire, prima della Madre, riguarda proprio il Figlio, Gesù vero Dio e vero Uomo.

Al mistero della divina maternità di Maria, la Theotokos, fa riferimento l’apostolo Paolo nella Lettera ai Galati. « Quando venne la pienezza del tempo, – egli scrive – Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge » (4,4). In poche parole troviamo sintetizzati il mistero dell’incarnazione del Verbo eterno e la divina maternità di Maria: il grande privilegio della Vergine sta proprio nell’essere Madre del Figlio che è Dio. A otto giorni dal Natale trova pertanto la sua più logica e giusta collocazione questa festa mariana. Infatti, nella notte di Betlemme, quando « diede alla luce il suo figlio primogenito » (Lc 2,7), si compirono le profezie concernenti il Messia. « Una Vergine concepirà e partorirà un figlio », aveva preannunciato Isaia (7,14); « ecco concepirai nel seno e partorirai un figlio », disse a Maria l’angelo Gabriele (Lc 1,31); e ancora un angelo del Signore – narra l’evangelista Matteo -, apparendo in sogno a Giuseppe, lo rassicurò dicendogli: « non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quello che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio »(Mt 1,20-21).

Il titolo di Madre di Dio è il fondamento di tutti gli altri titoli con cui la Madonna è stata venerata e continua ad essere invocata di generazione in generazione, in Oriente e in Occidente. Al mistero della sua divina maternità fanno riferimento tanti inni e tante preghiere della tradizione cristiana, come ad esempio un’antifona mariana del tempo natalizio, l’Alma Redemptoris mater con la quale così preghiamo: « Tu quae genuisti, natura mirante, tuum sanctum Genitorem, Virgo prius ac posterius – Tu, nello stupore di tutto il creato, hai generato il tuo Creatore, Madre sempre vergine ». Cari fratelli e sorelle, contempliamo quest’oggi Maria, madre sempre vergine del Figlio unigenito del Padre; impariamo da Lei ad accogliere il Bambino che per noi è nato a Betlemme. Se nel Bimbo nato da Lei riconosciamo il Figlio eterno di Dio e lo accogliamo come il nostro unico Salvatore, possiamo essere detti e lo siamo realmente figli di Dio: figli nel Figlio. Scrive l’Apostolo: « Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli » (Gal 4,4).

L’evangelista Luca ripete più volte che la Madonna meditava silenziosa su questi eventi straordinari nei quali Iddio l’aveva coinvolta. Lo abbiamo ascoltato anche nel breve brano evangelico che quest’oggi la liturgia ci ripropone. « Maria serbava queste cose meditandole nel suo cuore » (Lc 2,19). Il verbo greco usato « sumbállousa » letteralmente significa « mettere insieme » e fa pensare a un mistero grande da scoprire poco a poco. Il Bambino che vagisce nella mangiatoia, pur apparentemente simile a tutti i bimbi del mondo, è al tempo stesso del tutto differente: è il Figlio di Dio, è Dio, vero Dio e vero uomo. Questo mistero – l’incarnazione del Verbo e la divina maternità di Maria – è grande e certamente non facile da comprendere con la sola umana intelligenza.

Alla scuola di Maria però possiamo cogliere con il cuore quello che gli occhi e la mente non riescono da soli a percepire, né possono contenere. Si tratta, infatti, di un dono così grande che solo nella fede ci è dato accogliere pur senza tutto comprendere. Ed è proprio in questo cammino di fede che Maria ci viene incontro, ci è sostegno e guida. Lei è madre perché ha generato nella carne Gesù; lo è perché ha aderito totalmente alla volontà del Padre. Scrive sant’Agostino: « Di nessun valore sarebbe stata per lei la stessa divina maternità, se lei il Cristo non l’avesse portato nel cuore, con una sorte più fortunata di quando lo concepì nella carne » (De sancta Virginitate, 3,3). E nel suo cuore Maria continuò a conservare, a « mettere insieme » gli eventi successivi di cui sarà testimone e protagonista, sino alla morte in croce e alla risurrezione del suo Figlio Gesù.
Cari fratelli e sorelle, solo conservando nel cuore, mettendo cioè insieme e trovando un’unità di tutto ciò che viviamo, possiamo addentrarci, seguendo Maria, nel mistero di un Dio che per amore si è fatto uomo e ci chiama a seguirlo sulla strada dell’amore; amore da tradurre ogni giorno in un generoso servizio ai fratelli. Possa il nuovo anno, che oggi fiduciosi iniziamo, essere un tempo nel quale avanzare in quella conoscenza del cuore, che è la sapienza dei santi. Preghiamo perché, come abbiamo ascoltato nella prima Lettura, il Signore « faccia brillare il suo volto » su di noi, ci « sia propizio » (cfr Nm 6,24-7), e ci benedica. Possiamo esserne certi: se non ci stanchiamo di ricercare il suo volto, se non cediamo alla tentazione dello scoraggiamento e del dubbio, se pur fra le tante difficoltà che incontriamo restiamo sempre ancorati a Lui, sperimenteremo la potenza del suo amore e della sua misericordia. Il fragile Bambino che la Vergine quest’oggi mostra al mondo, ci renda operatori di pace, testimoni di Lui, Principe della pace. Am

Publié dans:feste di Maria |on 2 janvier, 2018 |Pas de commentaires »

1 GENNAIO 2018 – MARIA SS. MADRE DI DIO – OMELIA

http://www.donbosco-torino.it/ita/Domenica/02-annoB/2018/02-Natale/Omelie/03-Maria-Madre-di-Dio/09-Maria-madre-di-Dio_B-2017-UD.htm

1 GENNAIO 2018 – MARIA SS. MADRE DI DIO – OMELIA

Maria, Madre di Dio – Anno B

Per cominciare
Un anno nuovo che si apre nel nome di Gesù e di sua madre Maria. Si sa che il calendario è una convenzione sociale, ma il primo gennaio è un giorno carico di simboli. « Anno nuovo, vita nuova », si dice, e c’è in molti di noi il desiderio di ripartire bene.

La Parola di Dio
Numeri 6,22-27. Un’antichissima benedizione sacerdotale risalente al tempo di Mosè ci ricorda che Dio è sempre al nostro fianco, dalla nostra parte. Se lasciamo entrare in noi il suo nome, egli benedice i nostri giorni.
Galati 4,4-7. Nella pienezza del tempo, Gesù si fa uomo, entra in un popolo, nasce da donna, si sottomette alla legge per fare di noi degli uomini liberi, dei figli di Dio.
Luca 2,16-21. Il testo ci riporta all’atmosfera del Natale. Ci avviciniamo ancora alla grotta, ci mettiamo in fila anche noi, con i pastori, con i magi… L’obiettivo è su Gesù, su Maria, sulla famiglia di Nazaret.

Riflettere e Attualizzare
o Abbiamo appena concluso un anno e diamo inizio a un anno nuovo. Un grande settimanale che ogni anno dedica la copertina al personaggio dell’anno, ha pubblicato anche una specie di barzelletta, in cui un vecchio con la barba lunga, pieno di acciacchi e di ferite, se ne va con la scritta dell’anno che finisce, e ne arriva un altro, non un bambino, ma un vecchio come lui, ma più piccolo, con la scritta « anno nuovo ». Come a dire: niente di nuovo.
o Anche un buontempone diceva: « Guardo il mio cane: per lui oggi è un giorno come gli altri… ». Ma non è così. Il tempo, le situazioni, i fatti non si ripetono mai gli stessi, tali e quali. Il tempo non si ripropone. Ogni istante della nostra vita ha sempre un sapore di eternità. Quando è passato è consegnato all’eterno e non ritorna. Il tempo non è ciclico. Questo ci dice l’importanza senza misura di ciò che viviamo. Di ogni giorno.
o Iniziamo un anno con il cuore pieno di speranza. Un anno che è nelle nostre mani, che ci viene offerto come opportunità, come un’occasione per fare qualcosa di buono, qualcosa di speciale. Un detto popolare dice che « il tempo è denaro ». In realtà è molto, molto di più.
o È tempo di bilanci, di revisioni, di richiesta di perdono e di ringraziamento. Dio benedice e fa vivere tutte le cose e le fa esistere, le mantiene in vita. Dà a ogni creatura il necessario per vivere ed essere felice. Il primo grazie che dobbiamo dire è il nostro « sì » alla vita, all’esistenza: grazie perché ci siamo.
o « Il Signora faccia risplendere per te il suo volto »: è la benedizione di Dio sull’anno nuovo. Noi la chiediamo, l’imploriamo. Oggi in qualche modo è anche la festa del Padre, fonte di ogni bene, di tutto ciò che esiste e causa finale di ogni cosa.
o Nel nuovo anno molte cose dipenderanno da noi, bisogna tenerci pronti ad affrontarle con fede e con coraggio. Avvenimenti quotidiani che conosciamo già e che possiamo prevedere. Con quale spirito li vivremo? Il rischio è di affrontarli in modo ripetitivo e stanco. Altre cose saranno impreviste e non dipenderanno da noi: ci mettiamo nelle mani di Dio, vogliamo tenerci pronti, renderci forti, robusti, prendere sul serio la vita e le giornate che ci aspettano. Decidiamo di viverle e alla presenza di Dio. Riempiendo di amore i giorni che il Signore del tempo ci dona.
o Al figlio di Maria e Giuseppe, al Figlio di Dio, viene dato ufficialmente il nome di Gesù. Nell’antico testamento Dio si rifiuta di dire il suo nome. Presso gli antichi ebrei chi conosce il nome di una persona in qualche modo la possiede. Con Mosè però Dio si rivela come « Colui che è », come « Colui che è vicino e libera ».
o In Gesù (il nome deriva dalla radice ebraica jasha’, che significa « salvare ») il nome di Dio si fa pienamente umano. Gesù assumendo un nome e accettando il rito della circoncisione entra giuridicamente in un popolo. In Giuseppe è discendente di Davide, fa parte di una famiglia concreta, vivrà tra la gente della piccola cittadina Nazaret.
o Gesù rivela esplicitamente il nome di Dio e dice che è Padre, anzi, che è « papà », come lo chiama affettuosamente lui. Padre rimanda al primo significato: il salvatore, colui che c’è, che ti è vicino e non ti lascia in difficoltà.
o Iniziamo l’anno nuovo nel segno della pace: un augurio di felicità e serenità che timbra ogni foglio del nuovo calendario. La pace è un bene immenso, non solo assenza di guerra, ma benessere totale, fraternità, rispetto per il mondo e la natura. Eppure nel mondo nel secolo scorso ci sono state almeno 150 grandi guerre e milioni di morti.
o « Se un uomo selvaggio ha in mano una pietra, può fare del male al prossimo; ma se l’uomo – restando selvaggio – ha in mano una bomba atomica, io non so più a quali conseguenze possa andare incontro », ha detto Albert Einstein.
o Meditiamo dunque oggi sul valore della pace. Una pace che è tutta da costruire. « Vi lascio la pace, vi do la mia pace », dice Gesù (Gv 14,27). Ma il regno di Dio predicato da Gesù è ancora un obiettivo, un ideale da raggiungere.
o L’uomo di pace non è un debole, un « pacifico » – una persona in poltrona – ma un uomo forte e attivo, scomodo, dinamico. La pace non nasce dalla violenza, ma neanche dalla rinuncia al sacrificio, alla lotta, all’impegno: è frutto di coraggio.
o La piccola pace prepara la grande pace. Pace in famiglia, sul lavoro, a scuola: si impara nel piccolo a diventare operatori di pace. Una piccola goccia può diventare oceano. Ci dobbiamo sentire coinvolti da ciò che avviene attorno a noi. Assumerci la nostra fetta di responsabilità.
o La pace nasce da noi stessi, dalla nostra buona coscienza. Qualcuno è in lotta con se stesso, ha un fuoco dentro che non lo lascia sereno. « La pace sulla terra si prepara nella misura in cui ciascuno osa domandarsi: sono disposto a cercare una pace interiore, camminare con un cuore riconciliato e vivere in pace con coloro che mi circondano? » (Frère Roger di Taizé).
o Oggi è la festa della madre di Dio. Madre di Dio è il titolo più importante che viene dato a Maria ed è ciò che la rende grande. È il primo dogma mariano, mai definito, ma alla radice di ogni riconoscimento. « Nato da donna », dice Paolo, per indicare l’umiltà di Gesù e la sua piena umanità. Ogni nascita rende madre una donna. Maria con la nascita di Gesù diventa Madre di Dio!
aMaria è la benedetta, pienamente coinvolta nei piani di Dio. Partecipa lucidamente a ogni avvenimento. È una ragazza profondamente attiva: pensa a ciò che sta vivendo, aderisce, collabora. Maria riflette su tutto, contempla il mistero di Gesù e il suo coinvolgimento.
o Gabriele annuncia a Maria la nascita di un figlio e le dice che « sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine » (Lc 1,32-33). Parole e promesse che saranno poi così lontane dalla realtà concreta e squallida del Natale: la nascita lontana da casa, il rifiuto dell’ospitalità, i disagi di una povertà assoluta.
o Maria per tutta la vita dovrà interrogarsi su Gesù, su questo figlio speciale, nato dallo Spirito, ma che cresce in un quotidiano che non lascia trapelare il mistero.
o Non abbiamo un ritratto del vero volto di Gesù, né di Maria. Siamo certi però che si assomigliavano come due gocce d’acqua. Fisicamente, certo. Ma anche nella personalità, perché con il tempo si sono fatti simili. Gesù sin da piccolo alla scuola di Maria, ma poi sempre più Maria alla scuola di Gesù, Figlio di Dio.
o Durante la vita pubblica Maria seguirà Gesù da lontano, più con il cuore che mettendosi al suo seguito. Ma la troveremo con gli apostoli quando scenderà su loro lo Spirito Santo e nascerà la chiesa.

Il tempo
« Il tempo è troppo lento per chi aspetta, troppo rapido per chi ha paura, troppo lungo per chi soffre, troppo breve per chi gioisce, Ma per chi ama, il tempo non esiste » (Henry Van Dyke).

Mai più la guerra
« Mai più gli uni contro gli altri, mai più! Basta ricordare che il sangue di milioni di uomini e innumerevoli ed inaudite sofferenze, inutili stragi e formidabili rovine sanciscono il patto che vi unisce, con un giuramento che deve cambiare la storia futura del mondo: non più la guerra, non più la guerra! La pace deve guidare la sorte dei popoli. Se volete essere fratelli, lascate cadere le armi dalle vostre mani! » (Paolo VI all’ONU, 1965).

Anche Dio ha una mamma
Ogni essere umano ha una mamma. Anche un Dio non può essere orfano. Un Dio serio, poi, è anche un Dio spiritoso. E un Dio spiritoso non può che avere una madre vergine. Non sforzarti di capire come sia possibile. Il mistero non va capito, ma goduto » (Gigi Avanti).

Fonte autorizzata in: Umberto DE VANNA

LA MADONNA DI GUADALUPE SI CELEBRA IL 12 DICEMBRE

http://www.comboni.org/contenuti/109237-la-madonna-di-guadalupe-si-celebra-il-12-dicembre

LA MADONNA DI GUADALUPE SI CELEBRA IL 12 DICEMBRE

La Madonna di Guadalupe, la Madre dell’America latina, è venerata in seguito a una apparizione avvenuta in Messico nel 1531 ed è patrona del Messico e imperatrice del Continente americano. L’apparizione di Guadalupe è stata riconosciuta dalla Chiesa cattolica e Juan Diego è stato proclamato santo da Papa Giovanni Paolo II il 31 luglio 2002. Secondo la dottrina cattolica queste apparizioni appartengono alla categoria delle rivelazioni private. La Madonna di Guadalupe è venerata dai cattolici come patrona e regina di tutti i popoli di lingua spagnola e del continente americano in particolare, ridando vigore al culto di Nostra Signora del comune spagnolo di Guadalupe del XIV secolo. E’ anche la patrona delle Filippine. La sua festa si celebra il 12 dicembre, giorno dell’ultima apparizione. E proprio il 12 dicembre, in Messico, è festa di precetto.
Nel 1976 è stata inaugurata l’attuale Basilica di Nostra Signora di Guadalupe [nella foto a destra]. Nel santuario è conservato il mantello (tilmàtli) di Juan Diego, sul quale è raffigurata l’immagine di Maria, ritratta come una giovane indiana: per la sua pelle scura ella è chiamata dai fedeli Virgen morenita (Vergine meticcia). Nel 1921 Luciano Pèrez, un attentatore inviato dal governo, nascose una bomba in un mazzo di fiori posti ai piedi dell’altare; l’esplosione danneggiò la basilica, ma il mantello e il vetro che lo proteggeva rimasero intatti.
«Quando apparve a san Juan Diego, il suo volto era quello di una donna meticcia e le sue vesti erano piene di simboli della cultura indigena. Seguendo l’esempio di Gesù, Maria sta accanto ai suoi figli, accompagna come madre premurosa il loro cammino, condivide le gioie e le speranze, le sofferenze e le angosce del Popolo di Dio, del quale sono chiamati a far parte tutti i popoli della terra. L’apparizione dell’immagine della Vergine sulla tilma [mantello] di Juan Diego fu un segno profetico di un abbraccio, l’abbraccio di Maria a tutti gli abitanti delle vaste terre americane, a quanti erano già lì e a quanti sarebbero arrivati in seguito. Questo abbraccio di Maria indicò il cammino che sempre ha caratterizzato l’America: essere una terra dove possono convivere popoli diversi, una terra capace di rispettare la vita umana in tutte le sue fasi, dal grembo materno fino alla vecchiaia, capace di accogliere gli emigranti, come pure i popoli e i poveri e gli emarginati di tutte le epoche. L’America è una terra generosa. Questo è il messaggio di Nostra Signora di Guadalupe, e questo è anche il mio messaggio, il messaggio della Chiesa. Incoraggio tutti gli abitanti del Continente americano a tenere le braccia aperte come la Vergine Maria, con amore e con tenerezza». Papa Francesco.

APPARIZIONE DELLA MADONNA DI GUADALUPE
Nell’anno 1531, il 9 dicembre, dieci anni dopo la conquista del Messico, l’indio Cuauhtlatòhuac (ribattezzato Juan Diego), contadino, si recava alla chiesa francescana di Santiago. Era l’alba. All’improvviso, una voce dolcissima lo chiamò sul colle Tepeyac. La voce veniva da una bellissima donna, che si presentò come “la perfetta sempre vergine Maria, la Madre del verissimo e unico Dio” (la tonantzin “la nostra venerata Madre”).
La Madonna gli ordinò di recarsi dal vescovo e di far costruire una chiesa ai piedi del colle. Per un paio di volte, il vescovo, comprensibilmente dubbioso, non volle credere alle parole del povero indio. Tre giorni dopo la prima apparizione, Juan Diego fu chiamato ad assistere uno zio gravemente malato. Uscì alla ricerca di un sacerdote e provò ad aggirare la collina su cui era apparsa la Vergine “morenita”, per evitare di incontrarla. Ma, la Signora gli apparve lungo la strada, lo rassicurò sulla salute dello zio e gli chiese di salire sulla collina per raccogliere dei fiori. Juan Diego eseguì gli ordini e trovò la cima del colle ricoperta di bellissimi fiori, evento straordinario per la stagione invernale e per il luogo di natura rocciosa. L’indio li raccolse e li depose nella sua tilma, cioè nel mantello, per portarli al vescovo Juan de Zumarraga, come prova delle apparizioni.
Appena Juan Diego aprì il mantello e fece cadere i fiori raccolti davanti all’alto prelato, avvenne un vero miracolo: sul mantello si disegnò l’immagine della Madonna. Fu la prova che Juan Diego non era un mentitore e che Maria era veramente scesa dal Cielo per parlare all’umile indio. Se si osservano gli occhi della figura della Madonna impressa nella tilma, si distingue chiaramente la scena di Juan Diego che apre il suo mantello davanti a vescovo e agli altri testimoni. È come una vera fotografia, minuscola, invisibile all’occhio umano, di ciò che accadde quel 12 dicembre 1531.
Si ipotizza, quindi, che la Madonna fosse presente nella stanza, sebbene invisibile e abbia “proiettato” sulla tilma la propria immagine con riflesso negli occhi ciò che stava osservando. In questo prodigio, è stato colto il segno della sintesi tra la cultura azteca e la fede cristiana: l’evangelizzazione del Messico si compì in modo pacifico e rispettoso delle tradizioni locali.

Publié dans:feste di Maria |on 11 décembre, 2017 |Pas de commentaires »

IMMACOLATA A PIAZZA DI SPAGNA – PAPA BENEDETTO (2009)

http://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/speeches/2009/december/documents/hf_ben-xvi_spe_20091208_immacolata.html

ATTO DI VENERAZIONE ALL’IMMACOLATA A PIAZZA DI SPAGNA

DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria

Martedì, 8 dicembre 2009

Cari fratelli e sorelle!

Nel cuore delle città cristiane, Maria costituisce una presenza dolce e rassicurante. Con il suo stile discreto dona a tutti pace e speranza nei momenti lieti e tristi dell’esistenza. Nelle chiese, nelle cappelle, sulle pareti dei palazzi: un dipinto, un mosaico, una statua ricorda la presenza della Madre che veglia costantemente sui suoi figli. Anche qui, in Piazza di Spagna, Maria è posta in alto, quasi a vegliare su Roma.
Cosa dice Maria alla città? Cosa ricorda a tutti con la sua presenza? Ricorda che “dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia” (Rm 5,20) – come scrive l’apostolo Paolo. Ella è la Madre Immacolata che ripete anche agli uomini del nostro tempo: non abbiate paura, Gesù ha vinto il male; l’ha vinto alla radice, liberandoci dal suo dominio.
Quanto abbiamo bisogno di questa bella notizia! Ogni giorno, infatti, attraverso i giornali, la televisione, la radio, il male viene raccontato, ripetuto, amplificato, abituandoci alle cose più orribili, facendoci diventare insensibili e, in qualche maniera, intossicandoci, perché il negativo non viene pienamente smaltito e giorno per giorno si accumula. Il cuore si indurisce e i pensieri si incupiscono. Per questo la città ha bisogno di Maria, che con la sua presenza ci parla di Dio, ci ricorda la vittoria della Grazia sul peccato, e ci induce a sperare anche nelle situazioni umanamente più difficili.
Nella città vivono – o sopravvivono – persone invisibili, che ogni tanto balzano in prima pagina o sui teleschermi, e vengono sfruttate fino all’ultimo, finché la notizia e l’immagine attirano l’attenzione. E’ un meccanismo perverso, al quale purtroppo si stenta a resistere. La città prima nasconde e poi espone al pubblico. Senza pietà, o con una falsa pietà. C’è invece in ogni uomo il desiderio di essere accolto come persona e considerato una realtà sacra, perché ogni storia umana è una storia sacra, e richiede il più grande rispetto.
La città, cari fratelli e sorelle, siamo tutti noi! Ciascuno contribuisce alla sua vita e al suo clima morale, in bene o in male. Nel cuore di ognuno di noi passa il confine tra il bene e il male e nessuno di noi deve sentirsi in diritto di giudicare gli altri, ma piuttosto ciascuno deve sentire il dovere di migliorare se stesso! I mass media tendono a farci sentire sempre “spettatori”, come se il male riguardasse solamente gli altri, e certe cose a noi non potessero mai accadere. Invece siamo tutti “attori” e, nel male come nel bene, il nostro comportamento ha un influsso sugli altri.
Spesso ci lamentiamo dell’inquinamento dell’aria, che in certi luoghi della città è irrespirabile. E’ vero: ci vuole l’impegno di tutti per rendere più pulita la città. E tuttavia c’è un altro inquinamento, meno percepibile ai sensi, ma altrettanto pericoloso. E’ l’inquinamento dello spirito; è quello che rende i nostri volti meno sorridenti, più cupi, che ci porta a non salutarci tra di noi, a non guardarci in faccia… La città è fatta di volti, ma purtroppo le dinamiche collettive possono farci smarrire la percezione della loro profondità. Vediamo tutto in superficie. Le persone diventano dei corpi, e questi corpi perdono l’anima, diventano cose, oggetti senza volto, scambiabili e consumabili.
Maria Immacolata ci aiuta a riscoprire e difendere la profondità delle persone, perché in lei vi è perfetta trasparenza dell’anima nel corpo. E’ la purezza in persona, nel senso che spirito, anima e corpo sono in lei pienamente coerenti tra di loro e con la volontà di Dio. La Madonna ci insegna ad aprirci all’azione di Dio, per guardare gli altri come li guarda Lui: a partire dal cuore. E a guardarli con misericordia, con amore, con tenerezza infinita, specialmente quelli più soli, disprezzati, sfruttati. “Dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia”.
Voglio rendere omaggio pubblicamente a tutti coloro che in silenzio, non a parole ma con i fatti, si sforzano di praticare questa legge evangelica dell’amore, che manda avanti il mondo. Sono tanti, anche qui a Roma, e raramente fanno notizia. Uomini e donne di ogni età, che hanno capito che non serve condannare, lamentarsi, recriminare, ma vale di più rispondere al male con il bene. Questo cambia le cose; o meglio, cambia le persone e, di conseguenza, migliora la società.
Cari amici Romani, e voi tutti che vivete in questa città! Mentre siamo affaccendati nelle attività quotidiane, prestiamo orecchio alla voce di Maria. Ascoltiamo il suo appello silenzioso ma pressante. Ella dice ad ognuno di noi: dove ha abbondato il peccato, possa sovrabbondare la grazia, a partire proprio dal tuo cuore e dalla tua vita! E la città sarà più bella, più cristiana, più umana.
Grazie, Madre Santa, di questo tuo messaggio di speranza. Grazie della tua silenziosa ma eloquente presenza nel cuore della nostra città. Vergine Immacolata, Salus Populi Romani, prega per noi!

Publié dans:feste di Maria |on 7 décembre, 2017 |Pas de commentaires »

SANTISSIMO NOME DI MARIA – 12 SETTEMBRE (MF)

http://www.santiebeati.it/dettaglio/69950

SANTISSIMO NOME DI MARIA – 12 SETTEMBRE (MF)

La festa del santo nome di Maria fu concessa da Roma, nel 1513, ad una diocesi della Spagna, Cuenca. Soppressa da san Pio V, fu ripristinata da Sisto V e poi estesa nel 1671 al Regno di Napoli e a Milano. Il 12 settembre 1683, avendo Giovanni III Sobieski coi suoi Polacchi vinto i Turchi che assediavano Vienna e minacciavano la cristianità, il Beato Innocenzo XI, in rendimento di grazie, estese la festa alla Chiesa universale e la fissò alla domenica fra l’Ottava della Natività. Il santo Papa Pio X la riportò al 12 settembre.
Martirologio Romano: Santissimo Nome della beata Vergine Maria: in questo giorno si rievoca l’ineffabile amore della Madre di Dio verso il suo santissimo Figlio ed è proposta ai fedeli la figura della Madre del Redentore perché sia devotamente invocata.
Nella storia dell’esegesi ci sono state diverse interpretazioni del significato del nome di Maria:

1) « AMAREZZA »
questo significato e` stato dato da alcuni rabbini: fanno derivare il nome MIRYAM dalla radice MRR = in ebraico « essere amaro ». Questi rabbini sotengono che Maria, sorella di Mose`, fu chiamata cosi` perche’, quando nacque, il Faraone comincio` a rendere amara la vita degli Israeliti , e prese la decisione di uccidere i bambini ebrei.
Questa interpretazione puo` essere accettata da noi Cristiani pensando quanto dolore e quanta amarezza ha patito Maria nel corredimerci:
[Lam. 1,12] Voi tutti che passate per la via, considerate e osservate se c’e` un dolore simile al mio dolore…
Inoltre il diavolo, di cui il Faraone e` figura, fa guerra alla stirpe della donna, rendendo amara la vita ai veri devoti di Maria, che, per altro, nulla temono, protetti dalla loro Regina.

2) « MAESTRA E SIGNORA DEL MARE »
Secondo questa interpretazione il nome di Maria deriverebbe da MOREH (ebr. Maestra-Signora) + YAM (= mare): come Maria, la sorella di Mose`, fu maestra delle donne ebree nel passaggio del Mar Rosso e Maestra nel canto di Vittoria (cf Es 15,20), cosi` « Maria e` la Maestra e la Signora del mare di questo secolo, che Ella ci fa attraversare conducendoci al cielo » (S.Ambrogio, Exhort. ad Virgines)
Altri autori antichi che suggeriscono questa interpretazione: Filone, S. Girolamo, S. Epifanio.
Questo parallelo tipologico tra Maria sorella di Mose` e Maria, madre di Dio, e` ripreso da Ps. Agostino, che chiama Maria « tympanistria nostra » (Maria sorella di Mose` e la suonatrice di timpano degli Ebrei, Maria SS. e` la tympanistria nostra, cioe` dei Cristiani: il cantico di Mose` del N.T sarebbe il Magnificat, cantato appunto da Maria: questa interpretazione e` sostenuta oggi dal P. Le Deaut, uno dei piu` grandi conoscitori delle letteratura tergumica ed ebraica in genere: secondo questo autore, S. Luca avrebbe fatto volontariamente questo parallelismo.

3) « ILLUMINATRICE, STELLA DEL MARE »
Secondo questa interpretazione il nome di Maria deriverebbe da: prefisso nominale (o participiale) M + ‘OR (ebr.= luce) + YAM (= mare): Cosi` S. Gregorio Taumaturgo, S. Isidoro, S. Girolamo (insieme alla precedente)
Alcuni autori ritengono che S. Girolamo in realta` non abbia interpretato il nome come « stella del mare », ma come « stilla maris », cioè: goccia del mare.
La presenza della radice di « mare » nel nome di Maria, ha suggerito diverse interpretazioni e/paragoni di Maria con il « mare »:
Pietro di Celles (+1183) Maria = « mare di grazie »: di qui Montfort riprende: « Dio Padre ha radunato tutte le acque e le ha chiamate mare, ha radunato tutte le grazie e le ha chiamate Maria » (Vera Devozione, 23).
Qohelet 1,7: « tutti i fiumi entrano nel mare »; S. Bonaventura sostiene che tutte le grazie (= tutti i fiumi) che hanno avuto gli angeli, gli apostoli, i martiri, i confessori, le vergini, sono « confluite » in Maria, il mare di grazie.
S.Brigida: « ecco perche` il nome di Maria e` soave per gli angeli e terribile per i demoni »
————-
Ave maris stella, Dei Mater alma, atque semper virgo, felix coeli porta…
Questo inno sembra una meditazione sul nome di Maria, in rapporto a Maria sorella di Mosè:
« Ave maris stella » (cf significato 3); « Dei Mater ALMA atque semper virgo »: Maria, sorella di Mose`, viene chiamata in Es 2,8, `ALMAH = « vergine » e, etimologicamente « nascosta »; « felix coeli porta », cioe` « maestra del mare » di questo secolo che Ella ci fa attraversare (cf. significato 2)

—————

4) PIOGGIA STAGIONALE
Secondo questa interpretazione il nome di Maria deriverebbe da MOREH (ebr. PRIMA PIOGGIA STAGIONALE)
Maria e` considerata come Colei che manda dal cielo una « pioggia di grazia » e « pioggia di grazia essa stessa ».
Questa interpretazione, che C. A Lapide attribuisce a Pagninus, viene in parte ripresa da S. Luigi di Montfort nella Preghiera Infuocata: commentando Ps. 67:10 « pluviam voluntariam elevasti Deus, hereditatem tuam laborantem tu confortasti » (Una pioggia abbondante o Dio mettesti da parte per la tua eredita`), il Montfort dice:
« [P.I. 20] Che cos’e`, Signore, questa pioggia abbondante che hai separata e scelta per rinvigorire la tua eredita` esausta? Non sono forse questi santi missionari, figli di Maria tua sposa, che tu devi scegliere e radunare per il bene della tua Chiesa cosi` indebolita e macchiata dai peccati dei suoi figli? »
Maria, pioggia di grazie, formera` e mandera` sulla terra una pioggia di missionari

5) ALTEZZA
Secondo questa interpretazione il nome di Maria deriverebbe da MAROM (ebr. ALTEZZA, EXCELSIS): questa ipotesi e` sostenuta, tra gli antichi dal Caninius, e, tra i moderni, da VOGT, soprattutto in base alle recenti scoperte dei testi ugaritici, che hanno permesso la comprensione di molte radici ebraiche.
Luca 1:78 per viscera misericordiae Dei nostri in quibus visitavit nos oriens EX ALTO
questo versetto, in base al testo greco e alla retroversione in ebraico, puo` essere tradotto:
ci ha visitati dall’alto un sole che sorge: Cristo e` il sole che sorge che viene dall’alto (il Padre)
oppure
ci ha visitati un sole che sorge « dall’alto » = da Maria

Publié dans:feste di Maria |on 12 septembre, 2017 |Pas de commentaires »

SOLENNITÀ DELL’ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA – BENEDETTO XVI

https://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/homilies/2005/documents/hf_ben-xvi_hom_20050815_assunzione-maria.html

SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DELL’ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI

Parrocchia Pontificia di San Tommaso da Villanova, Castel Gandolfo
Lunedì, 15 agosto 2005

Cari Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, cari Fratelli e Sorelle,
innanzi tutto, un cordiale saluto a voi tutti. Per me è una grande gioia celebrare la Messa nel giorno dell’Assunta in questa bella chiesa parrocchiale. Saluti al Cardinale Sodano, al Vescovo di Albano, a tutti i sacerdoti, al Sindaco, a tutti voi. Grazie per la vostra presenza. La festa dell’Assunta è un giorno di gioia. Dio ha vinto. L’amore ha vinto. Ha vinto la vita. Si è mostrato che l’amore è più forte della morte. Che Dio ha la vera forza e la sua forza è bontà e amore.
Maria è assunta in cielo in corpo e anima: anche per il corpo c’è posto in Dio. Il cielo non è più per noi una sfera molto lontana e sconosciuta. Nel cielo abbiamo una madre. E la Madre di Dio, la Madre del Figlio di Dio, è la nostra Madre. Egli stesso lo ha detto. Ne ha fatto la nostra Madre, quando ha detto al discepolo e a tutti noi: “Ecco la tua Madre!” Nel cielo abbiamo una Madre. Il cielo è aperto, il cielo ha un cuore.
Nel Vangelo abbiamo sentito il Magnificat, questa grande poesia venuta dalle labbra, anzi dal cuore di Maria, ispirata dallo Spirito Santo. In questo canto meraviglioso si riflette tutta l’anima, tutta la personalità di Maria. Possiamo dire che questo suo canto è un ritratto, una vera icona di Maria, nella quale possiamo vederla proprio così com’è. Vorrei rilevare solo due punti di questo grande canto. Esso comincia con la parola “Magnificat”: la mia anima “magnifica” il Signore, cioè “proclama grande” il Signore. Maria desidera che Dio sia grande nel mondo, sia grande nella sua vita, sia presente tra tutti noi. Non ha paura che Dio possa essere un “concorrente” nella nostra vita, che possa toglierci qualcosa della nostra libertà, del nostro spazio vitale con la sua grandezza. Ella sa che, se Dio è grande, anche noi siamo grandi. La nostra vita non viene oppressa, ma viene elevata e allargata: proprio allora diventa grande nello splendore di Dio.
Il fatto che i nostri progenitori pensassero il contrario fu il nucleo del peccato originale. Temevano che, se Dio fosse stato troppo grande, avrebbe tolto qualcosa alla loro vita. Pensavano di dover accantonare Dio per avere spazio per loro stessi. Questa è stata anche la grande tentazione dell’epoca moderna, degli ultimi tre-quattro secoli. Sempre più si è pensato ed anche si è detto: “Ma questo Dio non ci lascia la nostra libertà, rende stretto lo spazio della nostra vita con tutti i suoi comandamenti. Dio deve dunque scomparire; vogliamo essere autonomi, indipendenti. Senza questo Dio noi stessi saremo dei, facendo quel che vogliamo noi ». Era questo il pensiero anche del figlio prodigo, il quale non capì che, proprio per il fatto di essere nella casa del padre, era “libero”. Andò via in paesi lontani e consumò la sostanza della sua vita. Alla fine capì che, proprio per essersi allontanato dal padre, invece che libero, era divenuto schiavo; capì che solo ritornando alla casa del padre avrebbe potuto essere libero davvero, in tutta la bellezza della vita. E’ così anche nell’epoca moderna. Prima si pensava e si credeva che, accantonando Dio ed essendo noi autonomi, seguendo solo le nostre idee, la nostra volontà, saremmo divenuti realmente liberi, potendo fare quanto volevamo senza che nessun altro potesse darci alcun ordine. Ma dove scompare Dio, l’uomo non diventa più grande; perde anzi la dignità divina, perde lo splendore di Dio sul suo volto. Alla fine risulta solo il prodotto di un’evoluzione cieca e, come tale, può essere usato e abusato. E’ proprio quanto l’esperienza di questa nostra epoca ha confermato.
Solo se Dio è grande, anche l’uomo è grande. Con Maria dobbiamo cominciare a capire che è così. Non dobbiamo allontanarci da Dio, ma rendere presente Dio; far sì che Egli sia grande nella nostra vita; così anche noi diventiamo divini; tutto lo splendore della dignità divina è allora nostro. Applichiamo questo alla nostra vita. E’ importante che Dio sia grande tra di noi, nella vita pubblica e nella vita privata. Nella vita pubblica, è importante che Dio sia presente, ad esempio, mediante la Croce negli edifici pubblici, che Dio sia presente nella nostra vita comune, perché solo se Dio è presente abbiamo un orientamento, una strada comune; altrimenti i contrasti diventano inconciliabili, non essendoci più il riconoscimento della comune dignità. Rendiamo Dio grande nella vita pubblica e nella vita privata. Ciò vuol dire fare spazio ogni giorno a Dio nella nostra vita, cominciando dal mattino con la preghiera, e poi dando tempo a Dio, dando la domenica a Dio. Non perdiamo il nostro tempo libero se lo offriamo a Dio. Se Dio entra nel nostro tempo, tutto il tempo diventa più grande, più ampio, più ricco.
Una seconda osservazione. Questa poesia di Maria – il Magnificat – è tutta originale; tuttavia è, nello stesso tempo, un “tessuto” fatto totalmente di “fili” dell’Antico Testamento, fatto di parola di Dio. E così vediamo che Maria era, per così dire, “a casa” nella parola di Dio, viveva della parola di Dio, era penetrata dalla parola di Dio. Nella misura in cui parlava con le parole di Dio, pensava con le parole di Dio, i suoi pensieri erano i pensieri di Dio, le sue parole le parole di Dio. Era penetrata dalla luce divina e perciò era così splendida, così buona, così raggiante di amore e di bontà. Maria vive della parola di Dio, è pervasa dalla parola di Dio. E questo essere immersa nella parola di Dio, questo essere totalmente familiare con la parola di Dio le dà poi anche la luce interiore della sapienza. Chi pensa con Dio pensa bene, e chi parla con Dio parla bene. Ha criteri di giudizio validi per tutte le cose del mondo. Diventa sapiente, saggio e, nello stesso tempo, buono; diventa anche forte e coraggioso, con la forza di Dio che resiste al male e promuove il bene nel mondo.
E, così, Maria parla con noi, parla a noi, ci invita a conoscere la parola di Dio, ad amare la parola di Dio, a vivere con la parola di Dio, a pensare con la parola di Dio. E possiamo farlo in diversissimi modi: leggendo la Sacra Scrittura, soprattutto partecipando alla Liturgia, nella quale nel corso dell’anno la Santa Chiesa ci apre dinanzi tutto il libro della Sacra Scrittura. Lo apre alla nostra vita e lo rende presente nella nostra vita. Ma penso anche al “Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica”, che recentemente abbiamo pubblicato, nel quale la parola di Dio è applicata alla nostra vita, interpreta la realtà della nostra vita, ci aiuta ad entrare nel grande “tempio” della parola di Dio, ad imparare ad amarla e ad essere, come Maria, penetrati da questa parola. Così la vita diventa luminosa e abbiamo il criterio in base al quale giudicare, riceviamo bontà e forza nello stesso momento.
Maria è assunta in corpo e anima nella gloria del cielo e con Dio e in Dio è regina del cielo e della terra. E’ forse così lontana da noi? E’ vero il contrario. Proprio perché è con Dio e in Dio, è vicinissima ad ognuno di noi. Quando era in terra poteva essere vicina solo ad alcune persone. Essendo in Dio, che è vicino a noi, anzi che è “interiore” a noi tutti, Maria partecipa a questa vicinanza di Dio. Essendo in Dio e con Dio, è vicina ad ognuno di noi, conosce il nostro cuore, può sentire le nostre preghiere, può aiutarci con la sua bontà materna e ci è data – come è detto dal Signore – proprio come “madre”, alla quale possiamo rivolgerci in ogni momento. Ella ci ascolta sempre, ci è sempre vicina, ed essendo Madre del Figlio, partecipa del potere del Figlio, della sua bontà. Possiamo sempre affidare tutta la nostra vita a questa Madre, che non è lontana da nessuno di noi.
Ringraziamo, in questo giorno di festa, il Signore per il dono della Madre e preghiamo Maria, perché ci aiuti a trovare la giusta strada ogni giorno. Amen.

 

STORIA DELLE APPARIZIONI DELLA MADONNA DI GUADALUPE (12 dicembre mf)

http://xn--cristianit-q4a.it/storia-delle-apparizioni-della-madonna-di-guadalupe/

STORIA DELLE APPARIZIONI DELLA MADONNA DI GUADALUPE (12 dicembre mf)

Nel 1500 il Messico, e con esso quindi il mondo azteco, venne invaso dagli spagnoli. Seguirono anni difficili per gli abitanti indigeni, ma le due culture, lentamente, cominciarono ad integrarsi. La mattina del 9 dicembre 1531 Juan Diego, un indios convertitosi al cristianesimo, attratto da un canto dolcissimo di uccelli, incontra una Donna, che dopo avergli rivelato di essere la perfetta sempre vergine Maria, madre del verissimo ed unico Dio, chiede di intercedere per Lei presso il Vescovo allo scopo di erigere un santuario.
Juan obbedisce, ma il Vescovo non gli crede. Riferito alla Vergine il proprio insuccesso, il povero Juan è invitato ad insistere, ma il Vescovo continua a dubitare, chiedendo un segno. Il terzo giorno Juan è impossibilitato ad incontrare la Madonna di Guadalupe poiché suo zio è in fin di vita. E così è la Madonna a trovare lui, garantendogli che lo zio è guarito, e che al Vescovo porterà dei fiori trovati su una collina su cui non avrebbero mai potuto crescere.
Juan obbedisce ancora una volta, si reca dal Vescovo, ed aprendo il mantello per estrarre i fiori, si accorge insieme a tutti coloro i quali erano nella sala, che sul mantello si stava miracolosamente imprimendo l’immagine della Madonna. I lavori per il santuario furono subito avviati, ed immediatamente il mantello diventò oggetto di culto per tutto il Sud America, fino ai nostri tempi.

Nel corso degli anni in molti hanno studiato il mantello di Juan, e col progredire della tecnologia, sono aumentati i dettagli miracolosi:

1) La pittura su tela avrebbe dovuto sparire dopo pochi anni. È lì invece da quasi mezzo millennio.

2) La temperatura della tela si mantiene sui 36,5°, come fosse umana.

3) Non c’è materiale terrestre che possa essere identificato come colore per l’immagine della Madonna, che appare impressa direttamente sulla tela.

4) Sviluppando le foto degli occhi di Maria su una scala di 2500:1, vi si scoprono fino a 13 immagini sacre.

5) Nel 1700 si rovesciò sulla tela dell’acido muriatico. In 30 giorni l’immagine si riformò identica a prima.

6) Nel 1900 un attentatore fece esplodere una bomba nelle vicinanze del mantello: tutto fu polverizzato, il mantello rimase intatto.

Queste sono solo alcune delle ragioni per cui il culto della Vergine di Guadalupe è rimasto invariato nei secoli. Altra ragione risiede nella raffigurazione della Vergine, impressa sul mantello con tratti tipicamente indiani. Nel 2002 Papa Giovanni XXIII dichiarò santo Juan Diego, ufficializzando ciò che nei cuori dei sudamericani era già impresso sin dal 1500.

Publié dans:feste di Maria |on 12 décembre, 2016 |Pas de commentaires »

LE 13 FIGURE NEGLI OCCHI DELLA MADONNA DI GUADALUPE (12 dicembre mf)

http://www.leggoerifletto.it/le-13-figure-negli-occhi-della-madonna-di-guadalupe.html

LE 13 FIGURE NEGLI OCCHI DELLA MADONNA DI GUADALUPE

(alcune immagini sul sito)

Gli occhi della Madonna di Guadalupe costituiscono un grande enigma per la scienza, come hanno rilevato gli studi dell’ingegner José Aste Tönsmann del Centro di Studi Guadalupani di Città del Messico.

La storia
Alfonso Marcué, fotografo ufficiale dell’antica Basilica di Guadalupe di Città del Messico, ha scoperto nel 1929 quella che sembrava l’immagine di un uomo barbuto riflessa nell’occhio destro della Madonna. Nel 1951 il disegnatore José Carlos Salinas Chávez ha scoperto la stessa immagine mentre osservava con una lente d’ingrandimento una fotografia della Madonna di Guadalupe. L’ha vista riflessa anche nell’occhio sinistro, nello stesso posto in cui si sarebbe proiettato un occhio vivo.

Parere medico e il segreto dei suoi occhi
Nel 1956 il medico messicano Javier Torroella Bueno ha redatto il primo rapporto medico sugli occhi della cosiddetta Virgen Morena . Il risultato: come in qualsiasi occhio vivo si compivano le leggi Purkinje-Samson, ovvero c’è un triplice riflesso degli oggetti localizzati davanti agli occhi della Madonna e le immagini si distorcono per la forma curva delle sue cornee.
Nello stesso anno, l’oftalmologo Rafael Torija Lavoignet ha esaminato gli occhi della Santa Immagine e ha confermato l’esistenza nei due occhi della Vergine della figura descritta dal disegnatore Salinas Chávez.

Inizia lo studio con processi di digitalizzazione
Dal 1979, il dottore in sistemi computazionali e laureato in Ingegneria Civile José Aste Tönsmann ha scoperto il mistero racchiuso dagli occhi della Guadalupana. Mediante il processo di digitalizzazione di immagini per computer, ha descritto il riflesso di 13 personaggi negli occhi della Virgen Morena , in base alle leggi di Purkinje-Samson.
Il piccolissimo diametro delle cornee (di 7 e 8 millimetri) fa escludere la possibilità di disegnare le figure negli occhi, se si tiene conto del materiale grezzo sul quale è immortalata l’immagine.

I personaggi trovati nelle pupille
Il risultato di 20 anni di attento studio degli occhi della Madonna di Guadalupe è stata la scoperta di 13 figure minuscole, afferma il dottor José Aste Tönsmann.

1.- Un indigeno che osserva
Appare a figura intera, seduto a terra. La testa dell’indigeno è leggermente alzata e sembra volgere lo sguardo verso l’alto, in segno di attenzione e reverenza. Spiccano una specie di cerchio nell’orecchio e sandali ai piedi.

2.- L’anziano
Dopo l’indigeno si apprezza il volto di un anziano, calvo, con il naso prominente e dritto, occhi infossati rivolti verso il basso e barba bianca. I tratti coincidono con quelli di un uomo di razza bianca. La sua spiccata somiglianza al vescovo Zumárraga, per come appare nei dipinti di Miguel Cabrera del XVIII secolo, permette di supporre che si tratti della stessa persona.

3.- Il giovane
Accanto all’anziano c’è un giovane con tratti che denotano stupore. La posizione delle labbra sembra rivolgere la parola al presunto vescovo. La sua vicinanza a lui ha portato a pensare che si tratti di un traduttore, perché il vescovo non parlava la lingua náhuatl. Si crede che si tratti di Juan González, giovane spagnolo nato tra il 1500 e il 1510.

4.- Juan Diego
Si evidenzia il volto di un uomo maturo, con tratti indigeni, barba rada, naso aquilino e labbra socchiuse. Ha un cappello a forma di cartoccio, di uso corrente tra gli indigeni che all’epoca si dedicavano ai lavori agricoli.
L’aspetto più interessante di questa figura è il mantello che porta annodato al collo, e il fatto che stenda il braccio destro e mostri il mantello nella direzione in cui si trova l’anziano. L’ipotesi del ricercatore è che questa immagine corrisponda al veggente Juan Diego.

5.- Una donna di razza nera
Dietro il presunto Juan Diego appare una donna dagli occhi penetranti che guarda con stupore. Si riescono a vedere solo il busto e il volto. Ha la carnagione scura, il naso schiacciato e le labbra grosse, tratti che corrispondono a quelli di una donna di razza nera.
Padre Mariano Cuevas, nel suo libro Historia de la Iglesia en México , indica che il vescovo Zumárraga aveva concesso nel suo testamento la libertà alla schiava nera che lo aveva servito in Messico.

6.- L’uomo barbuto
All’estrema destra di entrambe le cornee appare un uomo barbuto e con tratti europei che non si è riusciti a identificare. Mostra un atteggiamento contemplativo, il volto esprime interesse e perplessità; tiene lo sguardo verso il luogo in cui l’indigeno spiega il suo mantello.
Un mistero nel mistero (composto dalle figure 7, 8, 9, 10, 11, 12 e 13)
Al centro di entrambi gli occhi appare quello che è stato definito « gruppo familiare indigeno ». Le immagini sono di dimensioni diverse rispetto alle altre, ma queste persone hanno tra di loro le stesse dimensioni e compongono una scena diversa.
(7) Una donna giovane dai tratti molto fini che sembra guardare in basso. Ha sui capelli una specie di copricapo: trecce o capelli intrecciati con fiori. Sulla sua schiena si distingue la testa di un bambino in un mantello (8).
A un livello più basso e alla destra della giovane madre c’è un uomo con un cappello (9), e tra i due c’è una coppia di bambini (maschio e femmina, 10 e 11). un altro paio di figure, questa volta un uomo e una donna maturi (12 e 13), si trova in piedi dietro la donna giovane.
L’uomo maturo (13) è l’unica figura che il ricercatore non è riuscito a trovare in entrambi gli occhi della Vergine, essendo presente solo nell’occhio destro.

Conclusione
Il 9 dicembre 1531, la Vergine Maria chiese all’indigeno Juan Diego che le venisse costruito un tempio sulla collina del Tepeyac per far conoscere Dio « e per realizzare quello che desidera il mio compassionevole sguardo misericordioso (…) », Nican Mopohua n. 33.
Secondo l’autore, queste 13 figure nel loro insieme rivelano un messaggio della Vergine Maria rivolto all’umanità: di fronte a Dio, gli uomini e le donne di tutte le razze sono uguali.
Quelle del gruppo familiare (figure dalla 7 alla 13) in entrambi gli occhi della Vergine di Guadalupe, secondo il dottor Aste, sono le figure più importanti tra quelle riflesse nelle sue cornee, perché sono ubicate nelle sue pupille, il che vuol dire che Maria di Guadalupe ha la famiglia al centro del suo sguardo compassionevole. Potrebbe essere un invito a cercare l’unità familiare, ad avvicinarsi a Dio in famiglia, soprattutto ora che quest’ultima è stata tanto svalutata dalla società moderna.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

Publié dans:feste di Maria |on 12 décembre, 2016 |Pas de commentaires »

BENEDETTO XVI – OMELIA IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

https://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/homilies/2005/documents/hf_ben-xvi_hom_20051208_anniv-vat-council.html

CAPPELLA PAPALE NEL 40° ANNIVERSARIO DELLA CONCLUSIONE DEL CONCILIO ECUMENICO VATICANO II

OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI

SOLENNITÀ DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

Giovedì, 8 dicembre 2005

Cari Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
Cari Fratelli e Sorelle,

Quarant’anni fa, l’8 dicembre 1965, sulla Piazza antistante questa Basilica di San Pietro, Papa Paolo VI concluse solennemente il Concilio Vaticano II. Era stato inaugurato, secondo la volontà di Giovanni XXIII, l’11 ottobre 1962, allora festa della Maternità di Maria, ed ebbe la sua conclusione nel giorno dell’Immacolata. Una cornice mariana circonda il Concilio. In realtà, è molto di più di una cornice: è un orientamento dell’intero suo cammino. Ci rimanda, come rimandava allora i Padri del Concilio, all’immagine della Vergine in ascolto, che vive nella Parola di Dio, che serba nel suo cuore le parole che le vengono da Dio e, congiungendole come in un mosaico, impara a comprenderle (cfr Lc 2,19.51); ci rimanda alla grande Credente che, piena di fiducia, si mette nelle mani di Dio, abbandonandosi alla Sua volontà; ci rimanda all’umile Madre che, quando la missione del Figlio lo esige, si fa da parte e, al contempo, alla donna coraggiosa che, mentre i discepoli si danno alla fuga, sta sotto la croce. Paolo VI, nel suo discorso in occasione della promulgazione della Costituzione conciliare sulla Chiesa, aveva qualificato Maria come « tutrix huius Concilii » – « protettrice di questo Concilio » (cfr Oecumenicum Concilium Vaticanum II, Constitutiones Decreta Declarationes, Città del Vaticano 1966, pag. 983) e, con un’allusione inconfondibile al racconto di Pentecoste tramandato da Luca (At 1,12-14), aveva detto che i Padri si erano riuniti nell’aula del Concilio « cum Maria, Matre Iesu » e, pure nel suo nome, ne sarebbero ora usciti (pag. 985).
Resta indelebile nella mia memoria il momento in cui, sentendo le sue parole: « Mariam Sanctissimam declaramus Matrem Ecclesiae » – « dichiariamo Maria Santissima Madre della Chiesa », spontaneamente i Padri si alzarono di scatto dalle loro sedie e applaudirono in piedi, rendendo omaggio alla Madre di Dio, a nostra Madre, alla Madre della Chiesa. Di fatto, con questo titolo il Papa riassumeva la dottrina mariana del Concilio e dava la chiave per la sua comprensione. Maria non sta soltanto in un rapporto singolare con Cristo, il Figlio di Dio che, come uomo, ha voluto diventare figlio suo. Essendo totalmente unita a Cristo, ella appartiene anche totalmente a noi. Sì, possiamo dire che Maria ci è vicina come nessun altro essere umano, perché Cristo è uomo per gli uomini e tutto il suo essere è un « esserci per noi ». Cristo, dicono i Padri, come Capo è inseparabile dal suo Corpo che è la Chiesa, formando insieme con essa, per così dire, un unico soggetto vivente. La Madre del Capo è anche la Madre di tutta la Chiesa; lei è, per così dire, totalmente espropriata da se stessa; si è data interamente a Cristo e con Lui viene data in dono a tutti noi. Infatti, più la persona umana si dona, più trova se stessa.
Il Concilio intendeva dirci questo: Maria è così intrecciata nel grande mistero della Chiesa che lei e la Chiesa sono inseparabili come sono inseparabili lei e Cristo. Maria rispecchia la Chiesa, la anticipa nella sua persona e, in tutte le turbolenze che affliggono la Chiesa sofferente e faticante, ne rimane sempre la stella della salvezza. È lei il suo vero centro di cui ci fidiamo, anche se tanto spesso la sua periferia ci pesa sull’anima. Papa Paolo VI, nel contesto della promulgazione della Costituzione sulla Chiesa, ha messo in luce tutto questo mediante un nuovo titolo radicato profondamente nella Tradizione, proprio nell’intento di illuminare la struttura interiore dell’insegnamento sulla Chiesa sviluppato nel Concilio. Il Vaticano II doveva esprimersi sulle componenti istituzionali della Chiesa: sui Vescovi e sul Pontefice, sui sacerdoti, i laici e i religiosi nella loro comunione e nelle loro relazioni; doveva descrivere la Chiesa in cammino, « che comprende nel suo seno peccatori, santa insieme e sempre bisognosa di purificazione… » (Lumen gentium, 8). Ma questo aspetto « petrino » della Chiesa è incluso in quello « mariano ». In Maria, l’Immacolata, incontriamo l’essenza della Chiesa in modo non deformato. Da lei dobbiamo imparare a diventare noi stessi « anime ecclesiali », così si esprimevano i Padri, per poter anche noi, secondo la parola di san Paolo, presentarci « immacolati » al cospetto del Signore, così come Egli ci ha voluto fin dal principio (Col 1,21; Ef 1,4).
Ma ora dobbiamo chiederci: Che cosa significa « Maria, l’Immacolata »? Questo titolo ha qualcosa da dirci? La liturgia di oggi ci chiarisce il contenuto di questa parola in due grandi immagini. C’è innanzitutto il racconto meraviglioso dell’annuncio a Maria, la Vergine di Nazaret, della venuta del Messia. Il saluto dell’Angelo è intessuto di fili dell’Antico Testamento, specialmente del profeta Sofonia. Esso fa vedere che Maria, l’umile donna di provincia che proviene da una stirpe sacerdotale e porta in sé il grande patrimonio sacerdotale d’Israele, è « il santo resto » d’Israele a cui i profeti, in tutti i periodi di travagli e di tenebre, hanno fatto riferimento. In lei è presente la vera Sion, quella pura, la vivente dimora di Dio. In lei dimora il Signore, in lei trova il luogo del Suo riposo. Lei è la vivente casa di Dio, il quale non abita in edifici di pietra, ma nel cuore dell’uomo vivo. Lei è il germoglio che, nella buia notte invernale della storia, spunta dal tronco abbattuto di Davide. In lei si compie la parola del Salmo: « La terra ha dato il suo frutto » (67,7). Lei è il virgulto, dal quale deriva l’albero della redenzione e dei redenti. Dio non ha fallito, come poteva apparire già all’inizio della storia con Adamo ed Eva, o durante il periodo dell’esilio babilonese, e come nuovamente appariva al tempo di Maria quando Israele era diventato un popolo senza importanza in una regione occupata, con ben pochi segni riconoscibili della sua santità. Dio non ha fallito. Nell’umiltà della casa di Nazaret vive l’Israele santo, il resto puro. Dio ha salvato e salva il Suo popolo. Dal tronco abbattuto rifulge nuovamente la sua storia, diventando una nuova forza viva che orienta e pervade il mondo. Maria è l’Israele santo; ella dice « sì » al Signore, si mette pienamente a Sua disposizione e diventa così il tempio vivente di Dio.
La seconda immagine è molto più difficile ed oscura. Questa metafora tratta dal Libro della Genesi parla a noi da una grande distanza storica, e solo a fatica può essere chiarita; soltanto nel corso della storia è stato possibile sviluppare una comprensione più profonda di ciò che lì viene riferito. Viene predetto che durante tutta la storia continuerà la lotta tra l’uomo e il serpente, cioè tra l’uomo e le potenze del male e della morte. Viene però anche preannunciato che « la stirpe » della donna un giorno vincerà e schiaccerà la testa al serpente, alla morte; è preannunciato che la stirpe della donna – e in essa la donna e la madre stessa – vincerà e che così, mediante l’uomo, Dio vincerà. Se insieme con la Chiesa credente ed orante ci mettiamo in ascolto davanti a questo testo, allora possiamo cominciare a capire che cosa sia il peccato originale, il peccato ereditario, e anche che cosa sia la tutela da questo peccato ereditario, che cosa sia la redenzione.
Qual è il quadro che in questa pagina ci vien posto davanti? L’uomo non si fida di Dio. Egli, tentato dalle parole del serpente, cova il sospetto che Dio, in fin dei conti, gli tolga qualcosa della sua vita, che Dio sia un concorrente che limita la nostra libertà e che noi saremo pienamente esseri umani soltanto quando l’avremo accantonato; insomma, che solo in questo modo possiamo realizzare in pienezza la nostra libertà. L’uomo vive nel sospetto che l’amore di Dio crei una dipendenza e che gli sia necessario sbarazzarsi di questa dipendenza per essere pienamente se stesso. L’uomo non vuole ricevere da Dio la sua esistenza e la pienezza della sua vita. Vuole attingere egli stesso dall’albero della conoscenza il potere di plasmare il mondo, di farsi dio elevandosi al livello di Lui, e di vincere con le proprie forze la morte e le tenebre. Non vuole contare sull’amore che non gli sembra affidabile; egli conta unicamente sulla conoscenza, in quanto essa gli conferisce il potere. Piuttosto che sull’amore punta sul potere col quale vuole prendere in mano in modo autonomo la propria vita. E nel fare questo, egli si fida della menzogna piuttosto che della verità e con ciò sprofonda con la sua vita nel vuoto, nella morte. Amore non è dipendenza, ma dono che ci fa vivere. La libertà di un essere umano è la libertà di un essere limitato ed è quindi limitata essa stessa. Possiamo possederla soltanto come libertà condivisa, nella comunione delle libertà: solo se viviamo nel modo giusto l’uno con l’altro e l’uno per l’altro, la libertà può svilupparsi. Noi viviamo nel modo giusto, se viviamo secondo la verità del nostro essere e cioè secondo la volontà di Dio. Perché la volontà di Dio non è per l’uomo una legge imposta dall’esterno che lo costringe, ma la misura intrinseca della sua natura, una misura che è iscritta in lui e lo rende immagine di Dio e così creatura libera. Se noi viviamo contro l’amore e contro la verità – contro Dio –, allora ci distruggiamo a vicenda e distruggiamo il mondo. Allora non troviamo la vita, ma facciamo l’interesse della morte. Tutto questo è raccontato con immagini immortali nella storia della caduta originale e della cacciata dell’uomo dal Paradiso terrestre.
Cari fratelli e sorelle! Se riflettiamo sinceramente su di noi e sulla nostra storia, dobbiamo dire che con questo racconto è descritta non solo la storia dell’inizio, ma la storia di tutti i tempi, e che tutti portiamo dentro di noi una goccia del veleno di quel modo di pensare illustrato nelle immagini del Libro della Genesi. Questa goccia di veleno la chiamiamo peccato originale. Proprio nella festa dell’Immacolata Concezione emerge in noi il sospetto che una persona che non pecchi affatto sia in fondo noiosa; che manchi qualcosa nella sua vita: la dimensione drammatica dell’essere autonomi; che faccia parte del vero essere uomini la libertà del dire di no, lo scendere giù nelle tenebre del peccato e del voler fare da sé; che solo allora si possa sfruttare fino in fondo tutta la vastità e la profondità del nostro essere uomini, dell’essere veramente noi stessi; che dobbiamo mettere a prova questa libertà anche contro Dio per diventare in realtà pienamente noi stessi. Con una parola, noi pensiamo che il male in fondo sia buono, che di esso, almeno un po’, noi abbiamo bisogno per sperimentare la pienezza dell’essere. Pensiamo che Mefistofele – il tentatore – abbia ragione quando dice di essere la forza « che sempre vuole il male e sempre opera il bene » (J.W. v. Goethe, Faust I, 3). Pensiamo che patteggiare un po’ col male, riservarsi un po’ di libertà contro Dio, in fondo, sia bene, forse sia addirittura necessario.
Guardando però il mondo intorno a noi, possiamo vedere che non è così, che cioè il male avvelena sempre, non innalza l’uomo, ma lo abbassa e lo umilia, non lo rende più grande, più puro e più ricco, ma lo danneggia e lo fa diventare più piccolo. Questo dobbiamo piuttosto imparare nel giorno dell’Immacolata: l’uomo che si abbandona totalmente nelle mani di Dio non diventa un burattino di Dio, una noiosa persona consenziente; egli non perde la sua libertà. Solo l’uomo che si affida totalmente a Dio trova la vera libertà, la vastità grande e creativa della libertà del bene. L’uomo che si volge verso Dio non diventa più piccolo, ma più grande, perché grazie a Dio e insieme con Lui diventa grande, diventa divino, diventa veramente se stesso. L’uomo che si mette nelle mani di Dio non si allontana dagli altri, ritirandosi nella sua salvezza privata; al contrario, solo allora il suo cuore si desta veramente ed egli diventa una persona sensibile e perciò benevola ed aperta.
Più l’uomo è vicino a Dio, più vicino è agli uomini. Lo vediamo in Maria. Il fatto che ella sia totalmente presso Dio è la ragione per cui è anche così vicina agli uomini. Per questo può essere la Madre di ogni consolazione e di ogni aiuto, una Madre alla quale in qualsiasi necessità chiunque può osare rivolgersi nella propria debolezza e nel proprio peccato, perché ella ha comprensione per tutto ed è per tutti la forza aperta della bontà creativa. È in lei che Dio imprime la propria immagine, l’immagine di Colui che segue la pecorella smarrita fin nelle montagne e fin tra gli spini e i pruni dei peccati di questo mondo, lasciandosi ferire dalla corona di spine di questi peccati, per prendere la pecorella sulle sue spalle e portarla a casa. Come Madre che compatisce, Maria è la figura anticipata e il ritratto permanente del Figlio. E così vediamo che anche l’immagine dell’Addolorata, della Madre che condivide la sofferenza e l’amore, è una vera immagine dell’Immacolata. Il suo cuore, mediante l’essere e il sentire insieme con Dio, si è allargato. In lei la bontà di Dio si è avvicinata e si avvicina molto a noi. Così Maria sta davanti a noi come segno di consolazione, di incoraggiamento, di speranza. Ella si rivolge a noi dicendo: « Abbi il coraggio di osare con Dio! Provaci! Non aver paura di Lui! Abbi il coraggio di rischiare con la fede! Abbi il coraggio di rischiare con la bontà! Abbi il coraggio di rischiare con il cuore puro! Compromettiti con Dio, allora vedrai che proprio con ciò la tua vita diventa ampia ed illuminata, non noiosa, ma piena di infinite sorprese, perché la bontà infinita di Dio non si esaurisce mai! ».
Vogliamo, in questo giorno di festa, ringraziare il Signore per il grande segno della Sua bontà che ci ha donato in Maria, Sua Madre e Madre della Chiesa. Vogliamo pregarlo di porre Maria sul nostro cammino come luce che ci aiuta a diventare anche noi luce e a portare questa luce nelle notti della storia. Amen.

 

Publié dans:feste di Maria, Papa Benedetto XVI |on 6 décembre, 2016 |Pas de commentaires »

LA DORMIZIONE DI MARIA, FRAMMENTI DI CULTO BIZANTINO IN CALABRIA

https://it.zenit.org/articles/la-dormizione-di-maria-frammenti-di-culto-bizantino-in-calabria/

LA DORMIZIONE DI MARIA, FRAMMENTI DI CULTO BIZANTINO IN CALABRIA

La morte terrena di Maria, una disputa teologica che trova risoluzione in un territorio gravido d’influenze orientali

LUIGI MARIANO GUZZO

“Anche quest’anno mi hanno dovuto spiegare cosa si festeggia, perché me lo dimentico sempre. In fondo, Natale, Epifania, sono parole attraverso le quali si può arrivare, per intuito, a capire di cosa si tratta; Ferragosto molto meno”. Così si esprimeva qualche anno addietro Francesco Piccolo dalle pagine del supplemento culturale del Corriere della Sera (La Lettura, 12 agosto 2012, p. 2). Con una punta di ironia lo scrittore manifestava una evidente, ma trascurata, realtà: molti, in effetti, ignorano che il 15 agosto la Chiesa cattolica celebra la solennità dell’Assunzione di Maria in Cielo, cioè il passaggio della Madre di Gesù da questo mondo alla promessa Patria Celeste. E non è difficile, nelle nostre chiese, imbattersi nelle classiche iconografie religiose in cui la Madonna, avvolta in radiosi fasci di luce, viene presentata su un tappeto di nubi, tra angeli e cherubini che la sostengono.
L’Assunzione porta con sé una disputa teologica di non facile soluzione: Maria è morta come tutti gli esseri umani o è stata preservata da ciò? Una domanda la cui risposta per secoli e secoli ha diviso la cristianità occidentale da quella orientale, convinta quest’ultima che pur nell’incorruttibilità del corpo Maria prima di essere assunta in Cielo abbia fatto esperienza della morte. Tant’è che tuttora nelle comunità ortodosse, un giorno prima, il 14 agosto, viene celebrato il funerale di Maria. E ancora una volta parla l’iconografia della Madonna morta (o “che dorme”) così come è riprodotta nell’antichissimo culto tipicamente bizantino della Dormitio Virginis (“la dormizione della Vergine”) che, per l’appunto, corrisponde al culto latino dell’Assunzione di Maria. “Dormitio” che se, per alcuni, indica il sonno profondo e particolare in cui cadde la Vergine Maria prima dell’assunzione (e ciò per avvalorare buona parte di quella teologia cattolica che non ritiene si possa parlare di una vera e propria morte), per altri invece richiama alla concezione cristiana della morte per cui altro non è che il passaggio verso una nuova vita, quella vera ed eterna. Le due locuzioni di Madonna morta e di Madonna che dorme rappresentano il compromesso ma anche la continua tensione tra ispirazione bizantina e latina.
La statua della Madonna morta è possibile ammirarla in Calabria nella Cattedrale di Squillace. E, da un po’ di tempo, un’altra statua è stata pure ritrovata nella Chiesa matrice di Tiriolo, dedicata alla Madonna della Neve, grazie all’interessamento del parroco don Giovanni Marotta. Da Squillace a Tiriolo, insomma, nell’istmo della provincia di Catanzaro che divide le acque dei mari Jonio e Tirreno, la presenza di alcune icone che riproducono la “dormitio” di Maria sono la testimonianza del trascorso bizantino di parte del Sud della nostra penisola. È documentato, infatti, che dal 776 al 1096 le diocesi calabresi passarono sotto il patriarcato di Costantinopoli e quindi furono assoggettate al rito orientale. Ed in più Tiriolo molto probabilmente ricadeva proprio nella diocesi di Squillace. Di questi circa quattro secoli di rito bizantino in Calabria rimangono tradizioni, usanze e preghiere proprie della Chiesa ortodossa.
A Squillace la Madonna morta si è solennemente venerata fino al 1950: anno della proclamazione del dogma dell’Assunta da parte di Pio XII e a cui ha preso parte anche l’allora vescovo di Squillace e ausiliare di Catanzaro Armando Fares. Ad onor del vero il dogma dell’Assunzione gloriosa in Cielo di Maria in corpo e anima non si pronuncia sull’eventuale morte terrena della madre di Gesù. Ma Giovanni Paolo II, nel 1997, ha sottolineato che “il fatto che la Chiesa proclami Maria liberata dal peccato originale per singolare privilegio divino non porta a concludere che Ella abbia ricevuto anche l’immortalità corporale. […] L’esperienza della morte ha arricchito la persona della Vergine: passando per la comune sorte degli uomini Ella è in grado di esercitare con più efficacia la sua maternità spirituale verso coloro che giungono all’ora suprema della vita”.
Le parole di Papa Wojtyla sono un conforto per il culto che la pietà popolare calabrese riserva alla “dormitio” di Maria. Le icone di Squillace e di Tiriolo ricordano un passato glorioso, una fede intensa, una spiritualità vissuta sotto il Patriarcato di Costantinopoli. Un trascorso da non dimenticare soprattutto in questo 15 agosto, solennità di Maria Assunta in Cielo, per la Chiesa cattolica, e della “Dormitio Virginis”, per la Chiesa ortodossa. Una distinzione che però nella pietà popolare di morti borghi calabresi, come Squillace o Tiriolo, sembra sfumare. E che cos’è questo se non ecumenismo?

12345...11

PUERI CANTORES SACRE' ... |
FIER D'ÊTRE CHRETIEN EN 2010 |
Annonce des évènements à ve... |
Unblog.fr | Annuaire | Signaler un abus | Vie et Bible
| Free Life
| elmuslima31