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L’IMMACOLATA CONCEZIONE SPIEGATA DA BENEDETTO XVI

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L’IMMACOLATA CONCEZIONE SPIEGATA DA BENEDETTO XVI

fede e spiritualità

Cari fratelli e sorelle!

Quest’oggi celebriamo una delle feste della Beata Vergine piu’ belle e popolari: l’Immacolata Concezione. Maria non solo non ha commesso alcun peccato, ma è stata preservata persino da quella comune eredità del genere umano che è la colpa originale. E ciò a motivo della missione alla quale da sempre Dio l’ha destinata: essere la Madre del Redentore. Tutto questo è contenuto nella verità di fede dell’”Immacolata Concezione”.
Il fondamento biblico di questo dogma si trova nelle parole che l’Angelo rivolse alla fanciulla di Nazaret: “Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te” (Lc 1,28). “Piena di grazia” – nell’originale greco kecharitoméne – è il nome più bello di Maria, nome che Le ha dato Dio stesso, per indicare che è da sempre e per sempre l’amata, l’eletta, la prescelta per accogliere il dono più prezioso, Gesù, “l’amore incarnato di Dio” (Enc. Deus caritas est, 12).
Possiamo domandarci: perché, tra tutte le donne, Dio ha scelto proprio Maria di Nazaret?
La risposta è nascosta nel mistero insondabile della divina volontà. Tuttavia c’è una ragione che il Vangelo pone in evidenza: la sua umiltà. Lo sottolinea bene Dante Alighieri nell’ultimo Canto del Paradiso: “Vergine Madre, figlia del tuo Figlio, / umile ed alta più che creatura, / termine fisso d’eterno consiglio” (Par. XXXIII, 1-3). La Vergine stessa nel “Magnificat”, il suo cantico di lode, questo dice: “L’anima mia magnifica il Signore… perché ha guardato l’umiltà della sua serva” (Lc 1,46.48). Sì, Dio è stato attratto dall’umiltà di Maria, che ha trovato grazia ai suoi occhi (cfr Lc 1,30). E’ diventata così la Madre di Dio, immagine e modello della Chiesa, eletta tra i popoli per ricevere la benedizione del Signore e diffonderla sull’intera famiglia umana.
Questa “benedizione” non è altro che Gesù Cristo stesso. E’ Lui la Fonte della grazia, di cui Maria è stata colmata fin dal primo istante della sua esistenza. Ha accolto con fede Gesù e con amore l’ha donato al mondo. Questa è anche la nostra vocazione e la nostra missione, la vocazione e la missione della Chiesa: accogliere Cristo nella nostra vita e donarlo al mondo, “perché il mondo si salvi per mezzo di Lui” (Gv 3,17).
Cari fratelli e sorelle, l’odierna festa dell’Immacolata illumina come un faro il tempo dell’Avvento, che è tempo di vigilante e fiduciosa attesa del Salvatore. Mentre avanziamo incontro a Dio che viene, guardiamo a Maria che “brilla come segno di sicura speranza e di consolazione per il popolo di Dio in cammino” (Lumen gentium, 68).
Benedetto XVI

Publié dans:feste di Maria |on 7 décembre, 2020 |Pas de commentaires »

BENEDETTO XVI – MARIA VERGINE: ICONA DELLA FEDE OBBEDIENTE (2012)

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BENEDETTO XVI – MARIA VERGINE: ICONA DELLA FEDE OBBEDIENTE (2012)

UDIENZA GENERALE

Aula Paolo VI

Mercoledì, 19 dicembre 2012

Cari fratelli e sorelle,

nel cammino dell’Avvento la Vergine Maria occupa un posto particolare come colei che in modo unico ha atteso la realizzazione delle promesse di Dio, accogliendo nella fede e nella carne Gesù, il Figlio di Dio, in piena obbedienza alla volontà divina. Oggi vorrei riflettere brevemente con voi sulla fede di Maria a partire dal grande mistero dell’Annunciazione.
«Chaîre kecharitomene, ho Kyrios meta sou», «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te» (Lc 1,28). Sono queste le parole – riportate dall’evangelista Luca – con cui l’arcangelo Gabriele si rivolge a Maria. A prima vista il termine chaîre, “rallegrati”, sembra un normale saluto, usuale nell’ambito greco, ma questa parola, se letta sullo sfondo della tradizione biblica, acquista un significato molto più profondo. Questo stesso termine è presente quattro volte nella versione greca dell’Antico Testamento e sempre come annuncio di gioia per la venuta del Messia (cfr Sof 3,14; Gl 2,21; Zc 9,9; Lam 4,21). Il saluto dell’angelo a Maria è quindi un invito alla gioia, ad una gioia profonda, annuncia la fine della tristezza che c’è nel mondo di fronte al limite della vita, alla sofferenza, alla morte, alla cattiveria, al buio del male che sembra oscurare la luce della bontà divina. E’ un saluto che segna l’inizio del Vangelo, della Buona Novella.
Ma perché Maria viene invitata a rallegrarsi in questo modo? La risposta si trova nella seconda parte del saluto: “il Signore è con te”. Anche qui per comprendere bene il senso dell’espressione dobbiamo rivolgerci all’Antico Testamento. Nel Libro di Sofonia troviamo questa espressione «Rallégrati, figlia di Sion,… Re d’Israele è il Signore in mezzo a te… Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente» (3,14-17). In queste parole c’è una duplice promessa fatta ad Israele, alla figlia di Sion: Dio verrà come salvatore e prenderà dimora proprio in mezzo al suo popolo, nel grembo della figlia di Sion. Nel dialogo tra l’angelo e Maria si realizza esattamente questa promessa: Maria è identificata con il popolo sposato da Dio, è veramente la Figlia di Sion in persona; in lei si compie l’attesa della venuta definitiva di Dio, in lei prende dimora il Dio vivente.
Nel saluto dell’angelo, Maria viene chiamata “piena di grazia”; in greco il termine “grazia”, charis, ha la stessa radice linguistica della parola “gioia”. Anche in questa espressione si chiarisce ulteriormente la sorgente del rallegrarsi di Maria: la gioia proviene dalla grazia, proviene cioè dalla comunione con Dio, dall’avere una connessione così vitale con Lui, dall’essere dimora dello Spirito Santo, totalmente plasmata dall’azione di Dio. Maria è la creatura che in modo unico ha spalancato la porta al suo Creatore, si è messa nelle sue mani, senza limiti. Ella vive interamente della e nella relazione con il Signore; è in atteggiamento di ascolto, attenta a cogliere i segni di Dio nel cammino del suo popolo; è inserita in una storia di fede e di speranza nelle promesse di Dio, che costituisce il tessuto della sua esistenza. E si sottomette liberamente alla parola ricevuta, alla volontà divina nell’obbedienza della fede.
L’Evangelista Luca narra la vicenda di Maria attraverso un fine parallelismo con la vicenda di Abramo. Come il grande Patriarca è il padre dei credenti, che ha risposto alla chiamata di Dio ad uscire dalla terra in cui viveva, dalle sue sicurezze, per iniziare il cammino verso una terra sconosciuta e posseduta solo nella promessa divina, così Maria si affida con piena fiducia alla parola che le annuncia il messaggero di Dio e diventa modello e madre di tutti i credenti.
Vorrei sottolineare un altro aspetto importante: l’apertura dell’anima a Dio e alla sua azione nella fede include anche l’elemento dell’oscurità. La relazione dell’essere umano con Dio non cancella la distanza tra Creatore e creatura, non elimina quanto afferma l’apostolo Paolo davanti alle profondità della sapienza di Dio: «Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!» (Rm 11,33). Ma proprio colui che – come Maria – è aperto in modo totale a Dio, giunge ad accettare il volere divino, anche se è misterioso, anche se spesso non corrisponde al proprio volere ed è una spada che trafigge l’anima, come profeticamente dirà il vecchio Simeone a Maria, al momento in cui Gesù viene presentato al Tempio (cfr Lc 2,35). Il cammino di fede di Abramo comprende il momento di gioia per il dono del figlio Isacco, ma anche il momento dell’oscurità, quando deve salire sul monte Moria per compiere un gesto paradossale: Dio gli chiede di sacrificare il figlio che gli ha appena donato. Sul monte l’angelo gli ordina: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito» (Gen 22,12); la piena fiducia di Abramo nel Dio fedele alle promesse non viene meno anche quando la sua parola è misteriosa ed è difficile, quasi impossibile, da accogliere. Così è per Maria, la sua fede vive la gioia dell’Annunciazione, ma passa anche attraverso il buio della crocifissione del Figlio, per poter giungere fino alla luce della Risurrezione.
Non è diverso anche per il cammino di fede di ognuno di noi: incontriamo momenti di luce, ma incontriamo anche passaggi in cui Dio sembra assente, il suo silenzio pesa nel nostro cuore e la sua volontà non corrisponde alla nostra, a quello che noi vorremmo. Ma quanto più ci apriamo a Dio, accogliamo il dono della fede, poniamo totalmente in Lui la nostra fiducia – come Abramo e come Maria – tanto più Egli ci rende capaci, con la sua presenza, di vivere ogni situazione della vita nella pace e nella certezza della sua fedeltà e del suo amore. Questo però significa uscire da sé stessi e dai propri progetti, perché la Parola di Dio sia la lampada che guida i nostri pensieri e le nostre azioni.
Vorrei soffermarmi ancora su un aspetto che emerge nei racconti sull’Infanzia di Gesù narrati da san Luca. Maria e Giuseppe portano il figlio a Gerusalemme, al Tempio, per presentarlo e consacrarlo al Signore come prescrive la legge di Mosé: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» (cfr Lc 2,22-24). Questo gesto della Santa Famiglia acquista un senso ancora più profondo se lo leggiamo alla luce della scienza evangelica di Gesù dodicenne che, dopo tre giorni di ricerca, viene ritrovato nel Tempio a discutere tra i maestri. Alle parole piene di preoccupazione di Maria e Giuseppe: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo», corrisponde la misteriosa risposta di Gesù: «Perché mi cercavate? Non sapevate che devo essere nelle cose del Padre mio?» (Lc 2,48-49). Cioè nella proprietà del Padre, nella casa del Padre, come lo è un figlio. Maria deve rinnovare la fede profonda con cui ha detto «sì» nell’Annunciazione; deve accettare che la precedenza l’abbia il Padre vero e proprio di Gesù; deve saper lasciare libero quel Figlio che ha generato perché segua la sua missione. E il «sì» di Maria alla volontà di Dio, nell’obbedienza della fede, si ripete lungo tutta la sua vita, fino al momento più difficile, quello della Croce.
Davanti a tutto ciò, possiamo chiederci: come ha potuto vivere Maria questo cammino accanto al Figlio con una fede così salda, anche nelle oscurità, senza perdere la piena fiducia nell’azione di Dio? C’è un atteggiamento di fondo che Maria assume di fronte a ciò che avviene nella sua vita. Nell’Annunciazione Ella rimane turbata ascoltando le parole dell’angelo – è il timore che l’uomo prova quando viene toccato dalla vicinanza di Dio –, ma non è l’atteggiamento di chi ha paura davanti a ciò che Dio può chiedere. Maria riflette, si interroga sul significato di tale saluto (cfr Lc 1,29). Il termine greco usato nel Vangelo per definire questo “riflettere”, “dielogizeto”, richiama la radice della parola “dialogo”. Questo significa che Maria entra in intimo dialogo con la Parola di Dio che le è stata annunciata, non la considera superficialmente, ma si sofferma, la lascia penetrare nella sua mente e nel suo cuore per comprendere ciò che il Signore vuole da lei, il senso dell’annuncio. Un altro cenno all’atteggiamento interiore di Maria di fronte all’azione di Dio lo troviamo, sempre nel Vangelo di san Luca, al momento della nascita di Gesù, dopo l’adorazione dei pastori. Si afferma che Maria «custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19); in greco il termine è symballon, potremmo dire che Ella “teneva insieme”, “poneva insieme” nel suo cuore tutti gli avvenimenti che le stavano accadendo; collocava ogni singolo elemento, ogni parola, ogni fatto all’interno del tutto e lo confrontava, lo conservava, riconoscendo che tutto proviene dalla volontà di Dio. Maria non si ferma ad una prima comprensione superficiale di ciò che avviene nella sua vita, ma sa guardare in profondità, si lascia interpellare dagli eventi, li elabora, li discerne, e acquisita quella comprensione che solo la fede può garantire. E’ l’umiltà profonda della fede obbediente di Maria, che accoglie in sé anche ciò che non comprende dell’agire di Dio, lasciando che sia Dio ad aprirle la mente e il cuore. «Beata colei che ha creduto nell’adempimento della parola del Signore» (Lc 1,45), esclama la parente Elisabetta. E’ proprio per la sua fede che tutte le generazioni la chiameranno beata.
Cari amici, la solennità del Natale del Signore che tra poco celebreremo, ci invita a vivere questa stessa umiltà e obbedienza di fede. La gloria di Dio non si manifesta nel trionfo e nel potere di un re, non risplende in una città famosa, in un sontuoso palazzo, ma prende dimora nel grembo di una vergine, si rivela nella povertà di un bambino. L’onnipotenza di Dio, anche nella nostra vita, agisce con la forza, spesso silenziosa, della verità e dell’amore. La fede ci dice, allora, che l’indifesa potenza di quel Bambino alla fine vince il rumore delle potenze del mondo.

 

PAPA BENEDETTO CI PARLA / CATECHESI : LOURDES: PER CAPIRE MARIA

http://www.donbosco-torino.it/ita/Kairos/Vita%20Spirituale/10-11/02-Catechesi-BenedettoXVI.html

PAPA BENEDETTO CI PARLA / CATECHESI : LOURDES: PER CAPIRE MARIA

Da tanto tempo l’accusa è mossa ai cattolici dai fratelli protestanti: «Voi cattolici esagerate, con la Madonna. Quasi la considerate una divinità. E poi con che facilità credete alle apparizioni…». Il guaio è che primi a dare il cattivo esempio, a macchiarsi di queste gravissime colpe, risulterebbero addirittura i papi! Per esempio Papa Benedetto, che solo due anni fa si è recato a Lourdes per commemorare con i cattolici di Francia il 150º di quelle apparizioni mariane.
Ma, a meditare le parole del Papa, proprio Lourdes ci aiuta a capire chi
è Maria per noi. E per i fratelli protestanti.
Nel 1858 a Lourdes, la Madonna, per mezzo di Bernadette, ha ricordato ai cristiani dei nostri tempi – tra l’altro – lo straordinario evento della sua Immacolata Concezione. E 150 anni dopo, cioè un paio di anni fa, ecco, il Papa arriva a Lourdes.
È il 14 settembre 2008. Sulla spianata di Massabielle traboccante di fedeli, Papa Benedetto nell’omelia della celebrazione eucaristica richiama le parole-chiave dell’antico avvenimento: «La bella Signora rivela il suo nome a Bernadette: “Io sono l’Immacolata Concezione”». E spiega: «Maria rivela la grazia straordinaria che aveva ricevuto da Dio, quella di essere stata concepita senza peccato, perché “ha guardato l’umiltà della sua serva” (Lc 1,48)». Poi aggiunge: «Maria, donna della nostra terra, s’è rimessa interamente a Dio, e ha ricevuto da Lui il privilegio di dare la vita umana al suo eterno Figlio: “Sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1,38)».
Dunque Maria con la sua Concezione Immacolata è posta da Dio all’inizio del progetto di salvezza. Maria che in piena libertà si rimette interamente a Dio.
Papa Benedetto a Lourdes trova le parole dello stupore e dell’entusiasmo riguardo a quel primo passo, la redenzione di noi bipedi implumi che tanto ci agitiamo sul pianeta Terra. Dice di Maria: «È la bellezza trasfigurata, l’immagine dell’umanità nuova. Presentandosi in una dipendenza totale da Dio, Maria esprime in realtà un atteggiamento di piena libertà, fondata sul pieno riconoscimento della sua vera dignità».
Aggiunge: «Questo privilegio riguarda anche noi, perché ci svela la nostra dignità di uomini e di donne, segnati certo dal peccato, ma salvati nella speranza. Una speranza che ci consente di affrontare la nostra vita quotidiana».
Dunque speranza: «Il messaggio di Maria – prosegue il Papa – è messaggio di speranza per tutti gli uomini e per tutte le donne del nostro tempo, di qualunque Paese siano. Sulle strade delle nostre vite, così spesso buie, lei è una luce di speranza che ci rischiara e ci orienta nel nostro cammino. Mediante il suo “sì”, mediante il dono generoso di se stessa, ha aperto a Dio le porte del nostro mondo e della nostra storia».
Perciò l’invito del Papa a noi: «Nel silenzio della preghiera, sia Maria la vostra confidente, lei che ha saputo parlare a Bernadette, rispettandola e fidandosi di lei».
Rispettandola? Sì: forse il Papa alludeva a un particolare curioso delle apparizioni: la Madonna rivolgendosi a Bernadette, una ragazzina di campagna, le parlava nel suo dialetto dandole rispettosamente del voi. Disse per esempio: «Boulet aué era gracie de bié t’aci penden quinze dies?», cioè «Volete avere la cortesia di venire qui durante quindici giorni?».
Perciò il Papa tesse l’elogio incondizionato di quella ragazzina: «Bernadette è la maggiore di una famiglia molto povera, che non possiede né sapere né potere, ed è debole di salute. Maria la sceglie per trasmettere il suo messaggio di conversione, di preghiera e di penitenza, in piena sintonia con la parola di Gesù: “Hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 11,25)».
Di fatto proprio con i piccoli – Maria, Bernadette – ha preso avvio e si sviluppa il progetto di Dio.
Allora là in Palestina gli eventi per Maria si erano poi susseguiti a cascata: l’Annunciazione, la Divina Maternità, la Regina col grembiule della casalinga, la Donna sapiente a Cana, l’Addolorata sul Golgota, la Madre donata da Cristo a Giovanni e a tutti, la Regina degli apostoli nel Cenacolo, l’Assunta in cielo. E poi, nella susseguente storia della Chiesa, oggi come ieri e domani, Maria è l’Ausiliatrice dei cristiani.
Sono le tappe della totale collaborazione di Maria alla redenzione. Donna nuova, prima redenta, prima cristiana. Ancora e sempre vigilante e attiva nel progetto di Dio che si compie nel mondo.
Ora, spiega il Papa, la Madonna «ci accompagna con la sua presenza materna in mezzo agli avvenimenti della vita delle persone, delle famiglie e delle nazioni. Felici gli uomini e le donne che ripongono la loro fiducia in Colui che, nel momento di offrire la sua vita per la nostra salvezza, ci ha donato sua Madre perché fosse nostra Madre».
Ha concluso il Papa: «Cari fratelli e sorelle, la Madre del Signore… sia sempre onorata con fervore in ciascuna delle vostre famiglie, nelle vostre comunità religiose e nelle parrocchie! Sia per tutti la Madre che circonda d’attenzione i suoi figli nelle gioie come nelle prove!».
Le parole di Benedetto XVI ci aiutano a capire chi è Maria per noi. Per i nostri fratelli separati. E sono augurio e impegno. Se per caso siamo tra quelli che come il Papa esagerano con la Madonna fino a credere alle sue apparizioni, accoglieremo le sue parole. Anzitutto l’11 febbraio, giorno della memoria liturgica della Beata Vergine Maria di Lourdes. Ma anche tutti i giorni della vita.

Enzo BIANCO sdb

Preghiera
Santa Maria,
Madre di Dio
e Madre nostra,
insegnaci a credere, a sperare
e ad amare con te. Indicaci la via
verso il regno
del tuo Figlio Gesù! Stella del mare, brilla su di noi
e guidaci nel nostro cammino! Amen.
(Benedetto XVI)

Due anni fa il Papa era a Lourdes per commemorare il 150º delle apparizioni di Maria.
E ci ha indicato il suo ruolo eccezionale nella Chiesa, nella storia. Donna nuova, prima redenta,
prima cristiana.

Publié dans:feste di Maria, Papa Benedetto XVI |on 11 février, 2019 |Pas de commentaires »

PRESENTAZIONE DEL SIGNORE OMELIA (02-02-2019)

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/45015.html

PRESENTAZIONE DEL SIGNORE OMELIA (02-02-2019)

Movimento Apostolico – rito romano
I miei occhi hanno visto la tua salvezza

Perché lo Spirito Santo muova di noi cuore, mente, desideri, volontà, anima, spirito, corpo, bocca, orecchi, mani, ogni cellula del nostro essere, è necessario che dimoriamo nella Legge del Signore. La sua azione è sempre duplice: dal peccato prima deve condurci nella grazia, dalla disobbedienza all’obbedienza, dalla morte alla vita. Solo dopo può prendere la nostra vita nelle sue mani e condurla secondo la divina volontà. Ma perché Lui possa condurci, muoverci, spingerci è obbligatorio per noi crescere in grazia e verità. Il peccato ci fa massi di piombo. Siamo inamovibili. La grazia ci rende come foglie secche. Possiamo rimanere sulle ali del vento dello Spirito Santo. Più si cresce in grazia e in sapienza e più la nostra resistenza viene meno. Gesù è stato condotto fin sulla croce, perché la sua crescita nell’obbedienza è stata al massimo delle umane possibilità. Simeone è uomo giusto, vive nel timore del Signore, ama la Legge del suo Dio. Ad essa ha consacrato la sua vita. Anche Maria e Giuseppe amano la Legge del loro Dio. La osservano in ogni loro precetto. Lo Spirito Santo può muovere gli uni e gli altri. Può far sì che si incontrino nel tempio del Signore. Si vive nella Legge, ci si incontra nella casa di Dio, per cantare la sua verità, il suo amore, la sua giustizia, la sua grande misericordia. Questo avviene sempre quando si dimora nella Legge del Signore. Quando invece si è fuori, lo Spirito non può operare e nessun incontro potrà mai avvenire. Chi è fuori della Legge non conosce lo Spirito di Dio.
Simeone mandato dallo Spirito di Dio nel tempio, vede con gli occhi dello Spirito Santo il Bambino che Maria porta tra le braccia. Lo riconosce con la sapienza dello Spirito che è nel suo cuore. Parla di Lui con la bocca dello Spirito che si fatta sua bocca. Il Figlio di Maria è la luce che Dio ha mandato nel mondo perché le genti fossero illuminate sul suo vero mistero. Non c’è vera conoscenza di Dio se non nella luce che è Cristo Gesù. Non si tratta di una luce che emana da Cristo, come la luce che viene emanata dal sole. Conosce il Padre chi diviene con Cristo un solo corpo, una sola vita, una sola luce. Chi non diviene luce di Cristo nella luce di Cristo mai potrà conoscere il mistero del Padre. Cristo e il Padre sono un solo mistero. Cristo è nel mistero del Padre, conosce il Padre. Il cristiano è nel mistero di Cristo, conosce Cristo, conosce il Padre. Cristo è la luce del Padre. Conosciamo il Padre se siamo luce di Cristo.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fateci luce per illuminare dalla e nella luce di Cristo.
egge non conosce lo Spirito di Dio.

MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO (01/01/2019)

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MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO (01/01/2019)

Si stupirono
don Luciano Cantini

Andarono, senza indugio, e trovarono
Il vescovo Lancelot Andrewes (1555-1626) nel suo sermone per il Natale 1618 osserva: «Nel messaggio dell’angelo ci sono due parti: “La nascita, e. il ritrovamento”. Perché questa è una festa doppia: non solo la festa della sua nascita, ma anche la festa del suo “ritrovamento”. Per questo l’angelo non conclude l’annuncio con è nato per voi, ma dice altro: “lo troverete”. Non basta dire Cristo è nato, ma, per ricavare un vantaggio da questa nascita, noi dobbiamo “trovarlo”. È nato è la parte che fa lui: lo “troverete” è la nostra. Se non lo troviamo è come se non fosse nato. Per noi, per tutti. Nasce per noi quando lo si conosce».
Una vecchia storiella ebraica racconta di un bambino che piangendo corre dal nonno perché il suo compagno di gioco lo ha piantato in asso: stavano giocando a nascondino e siccome si era nascosto molto bene, l’altro smette di cercarlo. Il nonno gli dà ragione: Non si fa così! Ma noi con Dio facciamo la stessa cosa. Lui si nasconde e noi smettiamo di cercarlo.
Quanti di noi, delusi o disgustati abbiamo abbandonato il gioco della vita: il senso vero della esistenza, ciò che la rende autentica è proprio la continua ricerca. Mentre Dio si nasconde perché lo cerchiamo, contemporaneamente è lui che ci cerca perché ricominciamo a cercarlo; ci corre dietro, perché diventiamo capaci di trovarlo.
Ho cercato l’amore dell’anima mia; l’ho cercato, ma non l’ho trovato. Mi alzerò e farò il giro della città per le strade e per le piazze; voglio cercare l’amore dell’anima mia. L’ho cercato, ma non l’ho trovato (Ct 3,1-2).
I pastori non erano persone con qualità particolari, anzi non godevano di molta considerazione. ma erano svegli – vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge (Lc 2,8) – quando l’angelo è passato e si sono messi alla ricerca del Bambino.
I pastori ci insegnano che solo se usciamo da noi stessi, se ci liberiamo dai nostri pregiudizi, se accettiamo la fatica di camminare nella notte della nostra vita avremo la sorpresa di trovare.
Troveremo un neonato in fasce che è Dio, una Donna che si è fidata di qualcuno più grande di lei, un Uomo che in mezzo a dubbi e domande, sa accettare la sfida a percorrere una strada umanamente difficile.
Riferirono ciò che del bambino era stato detto loro
Cosa davvero sia successo è difficile dirlo, l’immagine che il vangelo di Luca ci offre è fantasiosa e ricca di immagini simboliche, gli angeli, la luce, la gloria di Dio…, ma la differenza tra la realtà ipotizzata e l’enfasi del racconto ci dà la misura della fede di chi ha vissuto i fatti, di chi li ha raccontati, uditi e raccontati ancora fino a diventare scritti, raccolti e tramandati. Ecco, quella fede aiuta a non credere nelle favole ma aiuta la nostra fede a vivere l’oggi e scoprirne i segni dell’azione di Dio. I pastori “dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro”, ciò che hanno udito e visto diventa testimonianza.
Noi ascoltiamo solo ciò che è urlato forte e vedimo quello che abbaglia, invece ci è chiesto di gustare l’amore di Dio per noi che non è urlato e non abbaglia. L’importante è non rimanere fermi e lontani, come il gregge che è rimasto a dormire ignaro di ogni cosa perché il freddo, il buio, la fatica del cercare nella notte è ripagata dalla scoperta del Dio fatto uomo, piccolo e debole come ciascuno di noi e ci sentiamo accompagnati.
Si stupirono
Il racconto dei pastori stupisce tutti e lo stupore coinvolge tutti: chi ascolta e chi racconta anche se il fatto fa parte della natura delle cose: un bimbo appena nato, capace solo di dormire e strillare. Eppure tutti escono arricchiti da questo incontro con il bambino, col silenzio di Maria e Giuseppe, le parole dei pastori che riecheggiano quelle degli angeli: ognuno ha qualche cosa da annunciare e qualcosa da udire e vedere. Lo stupore non è sufficiente, passa rapidamente scalzato da altre emozioni e da altri sentimenti, è necessario che le parole (che diventano la Parola) si radichino nel cuore dell’uomo, come Maria che da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.

Nostra Signora di Guadalupe, link ad un sito (oggi non posso fare di più)

notre dame

 

https://reliquiosamente.com/2016/11/03/le-sante-immagini-acheropite-6-nostra-signora-di-guadalupe-la-piu-moderna/

Publié dans:feste di Maria |on 12 décembre, 2018 |Pas de commentaires »

IMMACOLATA CONCEZIONE – Bolla « Ineffabilis Deus » – Pio IX – Roma 8 dicembre 1854

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IMMACOLATA CONCEZIONE – Bolla « Ineffabilis Deus » – Pio IX – Roma 8 dicembre 1854

Definizione

«Perciò, dopo aver offerto senza interruzione, nell’umiltà e nel digiuno, le Nostre private preghiere e quelle pubbliche della Chiesa a Dio Padre, per mezzo del suo Figlio, affinché si degnasse di dirigere e sostenere la Nostra mente con la virtù dello Spirito Santo; dopo aver implorato il soccorso di tutta la corte celeste, e invocato con gemiti lo Spirito consolatore, per sua ispirazione, a onore della Santa e indivisibile Trinità, a decoro e ornamento della Vergine Madre di Dio, a esaltazione della fede cattolica, e a incremento della religione cristiana, con l’autorità di nostro Signore Gesù Cristo, dei beati apostoli Pietro e Paolo e Nostra, dichiariamo, pronunziamo e definiamo: La dottrina, che sostiene che la Beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in vista dei meriti di Gesù Cristo, salvatore del genere umano, è stata preservata immune da ogni macchia di peccato originale, è stata rivelata da Dio e perciò si deve credere fermamente e inviolabilmente da tutti i fedeli. Quindi, se qualcuno (che Dio non voglia!) deliberatamente presumerà di pensare diversamente da quanto è stato da Noi definito, conosca e sappia di essere condannato dal suo proprio giudizio, di aver fatto naufragio nella fede, di essersi separato dall’unità della Chiesa, e di essere inoltre incorso da sé, «per il fatto stesso», nelle pene stabilite dalle leggi contro colui che osa manifestare oralmente o per iscritto, o in qualsiasi altro modo esterno, gli errori che pensa nel suo cuore” (Dalla bolla Ineffabilis Deus)
L’Immacolata Concezione di Maria è stata proclamata nel 1854, dal Papa Pio IX. Ma la storia della devozione per Maria Immacolata è molto più antica. Precede di secoli, anzi di millenni, la proclamazione del dogma che come sempre non ha introdotto una novità, ma ha semplicemente coronato una lunghissima tradizione.
Padri della Chiesa e teologi
1. Fin dai primi secoli del cristianesimo, il sentire dei fedeli aveva intuito che il peccato era incompatibile con Colei che aveva concepito il Figlio di Dio, Gesù di Nazareth. Così, ancor prima che si giungesse alla definizione magisteriale del dogma, figli eminenti della Chiesa hanno attribuito a Maria una perfezione di santità che, per essere completa, doveva necessariamente riguardare anche l’origine del suo concepimento. Tra i padri greci, il tema relativo alla santità di Maria ha rivestito grande importanza, anche se non è giunto mai ad una esplicita trattazione dell’Immacolata Concezione. Il primo che in certo qual modo ha parlato di questa purezza originale, sembra sia stato Theotecno di Livias, un vescovo della Palestina, vissuto nel VI secolo. Riferendosi a Maria usa espressioni come “santa e tutta bella”, “pura e senza macchia” e alludendo alla sua nascita afferma: “Nasce come i cherubini, colei che è di un’argilla pura e immacolata” (Panegirico per la festa dell’Assunzione, 5-6).
2. Nei secoli successivi molti padri orientali ribadiranno e approfondiranno questa tesi. Basta pensare ad Andrea di Creta, il primo che vide nella natività di Maria una nuova creazione. Scrive: “Oggi l’umanità in tutto il fulgore della sua nobiltà immacolata, riceve la sua antica bellezza. Le vergogne del peccato avevano oscurato lo splendore ed il fascino della natura umana; ma quando nasce la Madre del Bello per eccellenza, questa natura recupera, nella sua persona, i suoi antichi privilegi ed è plasmata secondo un modello perfetto e veramente degno di Dio… Oggi la riforma della nostra natura comincia e il mondo invecchiato, sottomesso a una trasformazione tutta divina, riceve le primizie della seconda creazione” (Serm I sulla Natività di Maria). Nonostante espressioni così nobili riguardo la persona della Vergine Maria, la dottrina sul peccato originale non consentirà, né alla Chiesa greca, né a quella latina una piena ed esplicita trattazione dell’Immacolata Concezione e dei problemi soteriologici ad essa connessi. Come avremo modo di dire in seguito ciò sarà possibile solo nel Medioevo latino.
3. Sant’Agostino ribadirà, contro i pelagiani, che la santità straordinaria di Maria non può essere pensata al di fuori di Cristo. Interrogandosi riguardo alla condizione creaturale di Maria, Madre del Figlio dell’Altissimo, egli si rifiuta di parlare di peccato personale: “Escludiamo dunque la santa vergine Maria, nei riguardi della quale per l’onore del Signore non voglio si faccia questione alcuna di peccato” (De natura et gratia, 36, 42; PL 44, 267). Lo stesso consapevole che una purezza totale ed una santità straordinaria esigessero un dono eccezionale di grazia afferma: “Infatti da che sappiamo noi quanto più di grazia, per vincere il peccato sotto ogni aspetto, sia stato concesso alla Donna che meritò di concepire e partorire colui che certissimamente non ebbe nessun peccato?” (Ibidem). Ma l’affermazione che più di ogni altra fa discutere è quella riportata nell’opera contro Giuliano, laddove Agostino si spinge fino a scrive testualmente che “quanto a Maria, non la consegniamo affatto in potere al diavolo in conseguenza della sua nascita; tutt’altro, perché sosteniamo che questa conseguenza viene cancellata dalla grazia della rinascita” (Contra Iulianum opus imperfectum, IV, 22; PL 45, 1418). Nonostante ciò l’ipponense non riuscì mai a conciliare la sua dottrina dell’universalità del peccato e della redenzione con la possibilità nella Vergine Maria dell’assenza totale di peccato sin dal momento della concezione.
4. S. Anselmo di Caterbury, padre della teologia mariana in occidente, introducendo il concetto teologico di pre-purificazione, contribuì in maniera notevole a che la riflessione sull’Immacolata uscisse dall’impasse in cui si trovava. Nella sua opera Cor Deus homo afferma che la satisfactio di Cristo si applica a tutti gli uomini: “…Occorre certamente che la redenzione operata da Cristo non sia di vantaggio solamente a coloro che vivevano in quel tempo, ma… non potendo tutti gli uomini che dovevano salvarsi essere presenti quando Cristo compì la redenzione, venne data alla sua morte tanta potenza che i suoi effetti si possano estendere nel tempo e nello spazio anche a coloro che non vi erano presenti” Da ciò trarrà la conclusione di una pre-purificazione della Vergine: “ La Vergine poi, dalla qual è stato assunto l’uomo di cui parliamo, fu del numero di coloro che vennero da lui purificati dal peccato prima della sua nascita; ed egli fu assunto dalla Vergine già purificata”. E giungerà ad affermare che “sua madre divenne pura per la sua [di Cristo] futura morte”. Ovviamente quanto afferma S. Anselmo è detto solo in riferimento alla santificazione di Maria al momento del concepimento, non si trova in lui traccia della questione relativa all’assenza del peccato di origine.
5. Il primo a porsi intenzionalmente la questione teologica dell’esenzione della Vergine dal peccato originale fu il monaco Eadmero, discepolo di S. Anselmo. Applicando alla dottrina dell’Immacolata Concezione un argomento teologico di convenienza, i cui prodromi possono essere ravvisati in Alcuino, aprirà di fatto la via per superare le difficoltà teologiche sollevate da Sant’Agostino. Eadmero in forza dell’assioma: “potuit, decuit, ergo fecit”, affermerà: “Certamente Dio poteva e voleva farlo; e se lo ha voluto, lo ha pure fatto” (Eadmeri monachi Cantuarensis Tractatus de concepitione sanctae Mariae, a cura di H. Thurston – T. Slater, Herder, Freiburg 1904; PL 159, 305). Con l’ausilio di tale argomentazione l’assenza totale del peccato originale che conveniva alla singolare dignità di Maria veniva abbinata con l’onnipotenza di Dio.
6. L’argomentazione di Eadmero non fu accolta immediatamente, anzi molti teologi, tra cui San Bernardo di Chiaravalle, avversarono tale ragionamento che sembrava in contrasto con il sapere teologico del tempo e con la visione agostiniana della trasmissione del peccato originale. San Bernardo non poteva accettare che il luogo della trasmissione del peccato potesse essere il luogo teologico della santificazione di Maria. Proprio San Bernardo, infatti, si opporrà energicamente ai Canonici di Lione, che si erano pronunciati a favore dell’Immacolata Concezione, scrivendo che “la regalità di Maria non ha bisogno di falsi onori”, e contro la festa che gli stessi Canonici avevano iniziato a celebrare obietterà che “ la Chiesa non conosce questo rito, non lo consente la ragione, non lo consiglia l’antica tradizione”. Secondo lui non può divenire oggetto di culto e non può essere presentato come ambito di grazia il concepimento di Maria in quanto esso è, come quello di ogni uomo, alla concupiscenza. Concluderà pertanto: “non può essere santa prima di nascere” (Bernardo di Chiaravalle, Epistola ai Canonici di Lione, 174; PL 182). Il motivo per cui la dottrina dell’Immacolata Concezione veniva avversata era dovuto al fatto, come abbiamo ripetuto più volte, che non si riusciva ad armonizzarla con quella dell’universalità della redenzione. Sembrava che la verità dell’Immacolata Concezione escludesse di fatto la Vergine Maria dall’opera della redenzione attuata dal Cristo.
7. Fu Duns Scoto, chiamato il “dottore dell’Immacolata”, che propose una chiave interpretativa che consentì di armonizzare le dottrine teologiche sopra menzionate. Il suo grande merito consiste nell’aver affermato che in Maria si è realizzata una “redenzione preventiva”, cosicché la Vergine non è stata sottratta alla legge universale della redenzione, ma vi ha beneficiato in modo ancor più sublime, in quanto Cristo, unico mediatore, ha esercitato proprio in lei l’atto di mediazione più eccelso, preservandola fin dal suo concepimento dal peccato. Scrive: “Maria ebbe massimo bisogno di Cristo redentore; ella infatti avrebbe contratto il peccato originale a causa della propagazione comune e universale, se non fosse stata prevenuta dalla grazia del Mediatore; e come gli altri ebbero bisogno di Cristo, perché a loro fosse rimesso per i suoi meriti il peccato già contratto, così ella molto di più ebbe bisogno del Mediatore che la preservasse dal peccato, affinché non lo dovesse contrarre e non lo contraesse”. Anche questo tentativo non poteva non provocare un dibattito acceso. Anzi si scatenò una vera e propria lotta che coinvolse non solo singoli teologi, ma intere scuole teologiche e famiglie religiose. La lotta assunse nel tempo toni forti, a volte anche violenti, che si placarono solo con l’intervento di Papa Sisto IV del 27 febbraio 1476 con la Bolla “Cum praeexcelsa”.
Il Magistero fino alla proclamazione del dogma
1. Papa Sisto IV inaugurò, di fatto, la serie di interventi pontifici a favore della dottrina dell’Immacolata Concezione che condurranno alla proclamazione del dogma. Con la suddetta Bolla il Papa approvava l’ufficio e la festa della Immacolata, confermava ciò due anni dopo con il Breve “Libenter” con il quale approvava un altro ufficio in onore dell’Immacolata che esprimeva ancor più chiaramente il privilegio mariano. Nonostante gli interventi papali, taluni teologi continuavano ad affermare che la festa dell’Immacolata si riferiva solo alla santificazione di Maria nel seno materno, screditando di fatto gli accennati Uffici liturgici approvati da Sisto IV. Il Papa con la Bolla “Grave nimis” del 1482 dichiarava “false, erronee e aliene dalla verità” le affermazioni di quanti sostenevano che la festa dell’Immacolata si riferisse alla sola santificazione di Maria, e che accusavano di eresia quanti diffondevano questa pia pratica. E così colpiva con scomunica ipso facto quanti osavano sostenere, nella predicazione o negli scritti, tali ragionamenti. Con questi documenti pontifici, la Chiesa Romana non solo approvava, ma formalmente accettava la festa della Immacolata e prendeva la difesa della pia credenza, non permettendo che fosse tacciata come eretica o peccaminosa. L’opposizione alla dottrina dell’Immacolata, pur senza cessare del tutto, di fatto perse il suo vigore. Da questo momento in poi quasi tutti i Papi che succederanno a Sisto IV manifesteranno la loro devozione verso la Vergine Immacolata con atti favorevoli. La maggior parte di tali atti sono di ordine pratico. Gli uni riguardano direttamente il culto. Altri autorizzano l’erezione di altari, di cappelle, la fondazione di ordini religiosi, di confraternite sotto il titolo dell’immacolata Concezione. Altri infine accordano indulgenze ai devoti della Vergine senza macchia.
2. Tra i tanti interventi ricordiamo la celebre Costituzione “Sollecitudo omnium Ecclesiarum”, di Alessandro VII che porta la data del 8 dicembre 1661. Nell’atto magisteriale il Pontefice ricorda: « il sentimento di devozione già antico, di cui i fedeli danno prova verso la Beata Vergine Maria, credendo che la sua anima dal primo istante della sua creazione e della sua infusione nel corpo, è stata per una grazia e un privilegio speciale di Dio, in virtù dei meriti di Gesù Cristo suo Figlio, redentore del genere umano, pienamente preservata dalla macchia del peccato originale e celebrandone in questo senso, con molta solennità, la festa della Concezione”. La Bolla segna un grande passo innanzi nella questione immacolatista, determinando in modo chiaro l’oggetto della festa della Concezione.
La proclamazione del dogma
Nonostante ciò, bisognerà attendere ancora due secoli per la definizione dommatica della dottrina dell’Immacolata, che avverrà sotto il Pontificato di Pio IX. Lo stesso pontefice però fece precedere la proclamazione ex cattedra da alcuni atti pontifici tra i quali ricordiamo l’enciclica Ubi primum, pubblicata da Gaeta, dove il Papa si trovava in esilio, il 2 febbraio 1949. La lettera enciclica fu inviata a tutti i Vescovi cattolici, ai quali veniva chiesto di rispondere per iscritto sulla questione dell’Immacolata. Le risposte non tardarono a pervenire. Su 603, risposte pervenute, 546 erano favorevoli alla definizione di tale dogma. La proclamazione del dogma si ebbe l’8 dicembre 1854 con la Bolla Ineffabilis Deus.
L’Immacolata e la santità cristiana
Il peccato, retaggio di ogni nato da donna, si arresta davanti a Maria. Se Gesù Cristo è il tutto santo perché la sua umanità viene interamente santificata dalla sua persona divina, Maria è la tutta santa in virtù della grazia proveniente dal Padre, dalla carità dello Spirito e dai meriti del suo divin Figlio. Se Gesù è il redentore, Maria è la sua prima redenta. La redenzione di Maria non fu per liberazione dal peccato, ma per preservazione. Ella cioè non fu per nulla segnata dal peccato, ma ne fu preservata, per singolare privilegio divino. Secondo la geniale intuizione del dottore dell’Immacolata, Gesù Cristo ha esercitato in lei l’atto di mediazione più eccelso, preservandola dal peccato originale. Diceva il Santo Padre Giovanni Paolo II in una sua catechesi mariana: “A Maria, prima redenta da Cristo, che ha avuto il privilegio di non essere sottoposta neppure per un istante al potere del male e del peccato, guardano i cristiani, come al perfetto modello ed all’icona di quella santità, che sono chiamati a raggiungere, con l’aiuto della grazia del Signore, nella loro vita”. Maria Immacolata ricorda a tutti i battezzati la perfezione della santità. La tutta santa è stata e continua a essere nella Chiesa la guida sicura che conduce alle alte vette della perfezione evangelica.

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21 NOV.: PRESENTAZIONE DI MARIA AL TEMPIO

http://www.donbosco-torino.it/ita/Maria/feste/2000-2001/Dimora%20di%20Dio.html

DIMORA DI DIO

21 NOV.: PRESENTAZIONE DI MARIA AL TEMPIO

La memoria liturgica della Presentazione di Maria al Tempio trova la sua radice e il suo fondamento nella tradizione ebraica e nel fatto che, come tutti gli Ebrei osservanti, anche Gioachino e Anna, genitori della Vergine, come più tardi farà la stessa Madre di Gesù, hanno portato al Tempio Maria Bambina, per offrirla al Signore, facendo dono di due tortore o di due colombi.
La festa vuole ricordare anche tutto il periodo che va dalla natività sino al fidanzamento con Giuseppe e all’annunciazione. Nel celebrarla la Chiesa intende illuminare il silenzio che grava sul primo periodo della vita di Maria e presentarlo come tempo della sua preparazione alla sublime vocazione di Madre di Dio.
Per la memoria della festa, si ricorre all’apocrifo Protovangelo di Giacomo (risalente al III secolo) che ne parla così: «Tutte le fanciulle della città prendono le fiaccole ed un lungo corteo luminoso accompagna la bambina su in alto, “nel tempio del Signore”. Qui il sacerdote l’accoglie dicendo: “Il Signore ha magnificato il tuo nome in tutte le generazioni: in te, nell’ultimo dei giorni, Egli manifesterà la sua redenzione ai figli di Israele… Maria stava nel tempio del Signore come una colomba allevata, e riceveva il cibo per mano di un angelo».
Ma al di là della poesia, quello che conta è il fatto che quella Bambina era destinata a divenire la Dimora ove il Figlio di Dio e lo Spirito Santo vennero ad abitare in mezzo agli uomini; come tale la Presentazione è il simbolo di una verità più alta: quella della totale consacrazione a Dio fin dai primi istanti della sua esistenza.
La Chiesa, fin dai primi tempi, ha venerato la sublime santità di Maria e ha riferito a lei numerosi passi biblici dell’Antico Testamento, là dove Maria è presentata come “dimora della Sapienza in mezzo agli uomini”: in questa prospettiva viene chiamata Sede della Sapienza, perché in lei abita la Sapienza di Dio che è Cristo, e in lei cominciano a manifestarsi le meraviglie di Dio, che lo Spirito compie in Cristo e nella Chiesa.
Intesa come Tempio di Dio, Maria è salutata non solo come la Madre dei credenti, ma anche come la Donna dei tempi nuovi, perché in Lei si realizzano le promesse dei profeti, e, per la sua mediazione, lo Spirito Santo mette in comunione Dio con gli uomini.
“In Maria, lo Spirito Santo manifesta il Figlio del Padre divenuto Figlio della Vergine. Ella è il roveto ardente della teofania definitiva: ricolma di Spirito Santo, mostra il Verbo nell’umiltà della sua carne ed è ai poveri e alle primizie dei popoli, che lo fa conoscere” (Catechismo della Chiesa Cattolica
n. 724).
Ricordando la Presentazione della Vergine al Tempio, è importante meditare sul legame strettissimo che esiste tra Maria e la Chiesa, quello cioè della sua inestimabile santità. Guardare a Lei vuol dire guardare al modello più fulgido della vita cristiana, che non solo ubbidisce alla Legge, ma diventa punto di riferimento per il nostro camminare nel Tempio del Signore, che è la Chiesa.
Lo dice il Concilio: “I fedeli del Cristo si sforzano ancora di crescere nella santità per la vittoria sul peccato; e per questo innalzano gli occhi a Maria, la quale rifulge come modello di virtù davanti a tutta la comunità degli eletti” (Lumen Gentium 65).
Non si può dimenticare che, il 21 novembre, nella festa della Presentazione al Tempio, si celebra anche la Giornata delle claustrali come invito alla gratitudine per quelle sorelle che vivono la loro consacrazione di vita nella preghiera, nella meditazione e nel nascondimento. Queste sorelle, vere antenne sul monte del Signore, sono nel cuore della Chiesa e la arricchiscono con la loro verginità e incessante preghiera. Senza di loro la Chiesa sarebbe molto più povera!
G. S.

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CELEBRAZIONE A CONCLUSIONE DEL MESE MARIANO – BENEDETTO XVI 2008

https://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/speeches/2008/may/documents/hf_ben-xvi_spe_20080531_mese-mariano.html

CELEBRAZIONE A CONCLUSIONE DEL MESE MARIANO – BENEDETTO XVI 2008

PAROLE DI SUA SANTITÀ

Piazza San Pietro, Sagrato della Basilica

Sabato, 31 maggio 2008

Cari fratelli e sorelle!

Concludiamo il mese di maggio con questo suggestivo incontro di preghiera mariana. Vi saluto con affetto e vi ringrazio della vostra partecipazione. Saluto, in primo luogo, il Signor Cardinale Angelo Comastri; con lui saluto gli altri Cardinali, Arcivescovi, Vescovi e sacerdoti, intervenuti a questa celebrazione serale. Estendo il mio saluto alle persone consacrate e a tutti voi, cari fedeli laici, che con la vostra presenza avete voluto rendere omaggio alla Vergine Santissima.
Celebriamo quest’oggi la festa della Visitazione della Beata Vergine e la memoria del Cuore Immacolato di Maria. Tutto pertanto ci invita a volgere lo sguardo con fiducia a Maria. A Lei, anche questa sera, ci siamo rivolti con l’antica e sempre attuale pia pratica del Rosario. Il Rosario, quando non è meccanica ripetizione di formule tradizionali, è una meditazione biblica che ci fa ripercorrere gli eventi della vita del Signore in compagnia della Beata Vergine, conservandoli, come Lei, nel nostro cuore. In tante comunità cristiane, durante il mese di maggio, esiste la bella consuetudine di recitare in modo più solenne il Santo Rosario in famiglia e nelle parrocchie. Ora, che termina il mese, non cessi questa buona abitudine; anzi prosegua con ancor maggiore impegno, affinché, alla scuola di Maria, la lampada della fede brilli sempre più nel cuore dei cristiani e nelle loro case.
Nell’odierna festa della Visitazione la liturgia ci fa riascoltare il brano del Vangelo di Luca, che racconta il viaggio di Maria da Nazareth alla casa dell’anziana cugina Elisabetta. Immaginiamo lo stato d’animo della Vergine dopo l’Annunciazione, quando l’Angelo partì da Lei. Maria si ritrovò con un grande mistero racchiuso nel grembo; sapeva che qualcosa di straordinariamente unico era accaduto; si rendeva conto che era iniziato l’ultimo capitolo della storia della salvezza del mondo. Ma tutto, intorno a Lei, era rimasto come prima e il villaggio di Nazareth era completamente ignaro di ciò che Le era accaduto.
Prima di preoccuparsi di se stessa, Maria pensa però all’anziana Elisabetta, che ha saputo essere in gravidanza avanzata e, spinta dal mistero di amore che ha appena accolto in se stessa, si mette in cammino « in fretta » per andare a portarle il suo aiuto. Ecco la grandezza semplice e sublime di Maria! Quando giunge alla casa di Elisabetta, accade un fatto che nessun pittore potrà mai rendere con la bellezza e la profondità del suo realizzarsi. La luce interiore dello Spirito Santo avvolge le loro persone. Ed Elisabetta, illuminata dall’Alto, esclama: « Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore » (Lc 1,42-45).
Queste parole potrebbero apparirci sproporzionate rispetto al contesto reale. Elisabetta è una delle tante anziane di Israele e Maria una sconosciuta fanciulla di uno sperduto villaggio della Galilea. Che cosa possono essere e che cosa possono fare in un mondo nel quale contano altre persone e pesano altri poteri? Tuttavia, Maria ancora una volta ci stupisce; il suo cuore è limpido, totalmente aperto alle luce di Dio; la sua anima è senza peccato, non appesantita dall’orgoglio e dall’egoismo. Le parole di Elisabetta accendono nel suo spirito un cantico di lode, che è un’autentica e profonda lettura « teologica » della storia: una lettura che noi dobbiamo continuamente imparare da Colei la cui fede è senza ombre e senza incrinature. « L’anima mia magnifica il Signore ». Maria riconosce la grandezza di Dio. Questo è il primo indispensabile sentimento della fede; il sentimento che dà sicurezza all’umana creatura e la libera dalla paura, pur in mezzo alle bufere della storia.
Andando oltre la superficie, Maria « vede » con gli occhi della fede l’opera di Dio nella storia. Per questo è beata, perché ha creduto: per la fede, infatti, ha accolto la Parola del Signore e ha concepito il Verbo incarnato. La sua fede Le ha fatto vedere che i troni dei potenti di questo mondo sono tutti provvisori, mentre il trono di Dio è l’unica roccia che non muta e non cade. E il suo Magnificat, a distanza di secoli e millenni, resta la più vera e profonda interpretazione della storia, mentre le letture fatte da tanti sapienti di questo mondo sono state smentite dai fatti nel corso dei secoli.
Cari fratelli e sorelle! Torniamo a casa con il Magnificat nel cuore. Portiamo in noi i medesimi sentimenti di lode e di ringraziamento di Maria verso il Signore, la sua fede e la sua speranza, il suo docile abbandono nelle mani della Provvidenza divina. Imitiamo il suo esempio di disponibilità e generosità nel servire i fratelli. Solo, infatti, accogliendo l’amore di Dio e facendo della nostra esistenza un servizio disinteressato e generoso al prossimo, potremo elevare con gioia un canto di lode al Signore. Ci ottenga questa grazia la Madonna, che questa sera ci invita a trovare rifugio nel suo Cuore Immacolato.

 

PRESENTAZIONE DEL SIGNORE AL TEMPIO E PURIFICAZIONE DI MARIA

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PRESENTAZIONE DEL SIGNORE AL TEMPIO E PURIFICAZIONE DI MARIA

«Luce e gloria del popolo»
+ Dal Vangelo secondo Luca 2,22-32
«Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele».

Sono trascorsi 40 giorni dal Santo Natale e la liturgia della Chiesa ci invita a celebrare la festa della Presentazione di Gesù al tempio. Si tratta di un’antichissima festa che, secondo l’attendibile testimonianza della pellegrina spagnola Egeria, veniva ricordata a Gerusalemme già verso la metà del IV secolo. A tutt’oggi questa festa è celebrata solennemente non solo nella Chiesa cattolica, ma anche in quella anglicana e in quella ortodossa. Fino alla riforma del calendario (stabilita dal Papa Paolo VI nel 1969) questa festa veniva denominata festa della Purificazione di Maria.
Nel suo racconto dell’infanzia di Gesù, san Luca sottolinea come Maria e Giuseppe fossero fedeli alla Legge del Signore. Con profonda devozione compirono tutto ciò che era prescritto dopo il parto di un primogenito maschio. Si trattava di due prescrizioni molto antiche: una riguardava la purificazione della puerpera, l’altra il riscatto del primogenito mediante un sacrificio. Nel mondo giudaico si riteneva che il parto fosse causa per la donna di impurità rituale. Infatti era prescritto che essa si astenesse per quaranta giorni dalle pratiche rituali, dopo di che avrebbe dovuto sottoporsi a un rito di purificazione come descritto dal libro del Levitico (Lv 12,6.8).
La riforma liturgica ha restituito alla celebrazione il titolo di “presentazione del Signore” che aveva in origine. L’oggetto centrale della festa è Cristo Signore che entra nel suo tempio e si offre in sacrificio. La dimensione cristologia è quindi il tema essenziale, come in tutti gli eventi della salvezza.
La purificazione di Maria e la presentazione del Signore – tipiche della tradizione ebraica – costituiscono, nell’intento di san Luca, la cornice entro cui collocare il vero nucleo di questa festa: l’incontro del Signore con il popolo dei credenti rappresentato dai vegliardi Simeone e Anna. Il vecchio Simeone proclamò Gesù « salvezza » dell’umanità, « luce per illuminare le genti » e « segno di contraddizione » perché avrebbe svelato i pensieri dei cuori e annunciato con parola profetica la sua offerta suprema a Dio e la sua vittoria finale. Nell’atteggiamento profetico dei due vegliardi c’è tutta l’Antica Alleanza che esprime la gioia dell’incontro con il Redentore. Alla vista del Bambino, Simeone e Anna intuirono che era proprio Lui l’Atteso delle genti. Simeone recitò poi un cantico, composto nello stile dei salmi biblici, nel quale affermò di poter ormai morire in pace perché con i suoi occhi aveva isto l’avvento della salvezza.
La presentazione di Gesù al tempio di Gerusalemme è strettamente collegata con il mistero dell’Epifania. L’Epifania mette infatti in evidenza la presenza e l’azione dello Spirito Santo, che guida gli uomini ad incontrare e a riconoscere il Salvatore e a darne poi testimonianza. Nel momento della presentazione lo stesso Spirito anticipa e prepara – 30 anni prima – l’epifania sulla riva del Giordano e tutta la missione messianica di Gesù di Nazaret. Un incontro che prende significato profetico e voce storica e che inaugura pubblicamente nel luogo sacro al culto dell’unico e vero Dio, l’era di Cristo.
Proprio per questo contenuto celebrativo, la festa odierna viene chiamata ancora oggi in Oriente l’Ypapanté, cioè l’Incontro. L’incontro tra l’amore condiscendente di Dio e l’attesa del popolo eletto.
Dalla pagina evangelica narrata da Luca è possibile cogliere facilmente come si siano compiute le antiche profezie attraverso il ripetersi dell’espressione «per adempiere la Legge». Inoltre è agevole comprendere il contenuto di questa festa liturgica: “Quando venne il tempo della purificazione secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme, per offrirlo al Signore” L’evangelista parla di due cerimonie tra loro intrecciate: la purificazione rituale di Maria e la presentazione di Gesù al tempio. Secondo la Legge ebraica, la donna dopo il parto doveva astenersi per quaranta giorni dalle pratiche rituali, dopo di che avrebbe offerto un sacrificio. Era stabilita l’offerta di un agnello, ma i poveri avrebbero potuto dare al suo posto una coppia di tortore o di giovani colombe (Lv 12,1-8). Maria osservò la Legge mosaica come un’israelita perfettamente obbediente alla Legge del Signore e in codesto spirito si presentò al Tempio. La seconda cerimonia consisteva nell’offerta del primogenito; infatti ogni maschio primogenito era sacro al Signore. La Presentazione al Tempio del primogenito significava che egli era offerto a Dio in ricordo degli eventi dell’Esodo e Dio lo restituiva ai genitori.
Paolo VI nella Marialis Cultus, considera congiuntamente questa ricorrenza liturgica come festa mariana e come festa del Signore: « La festa del 2 febbraio, a cui è stata restituita la denominazione di Presentazione del Signore, deve essere considerata, perché sia pienamente colta tutta l’ampiezza del suo contenuto, come memoria congiunta del Figlio e della Madre, cioè celebrazione di un mistero di salvezza operato da Cristo, a cui la Vergine fu intimamente unita quale Madre del Servo sofferente di Iahvè … »( 7).

Cari Amici
Mentre Gesù veniva presentato al Tempio, assai probabilmente, era grande il “via vai” di tante persone tutte prese dai loro impegni: i sacerdoti e i leviti con i loro turni di servizio, i numerosi devoti e pellegrini desiderosi di incontrarsi con il Dio santo di Israele. Nessuno di costoro però si accorse di nulla. Gesù era un bambino come gli altri, figlio primogenito di due genitori molto semplici. Anche i sacerdoti furono incapaci di cogliere i segni della nuova presenza del Messia e Salvatore. Solo due anziani, Simeone ed Anna hanno scoperto la grande novità. Condotti dallo Spirito Santo essi hanno trovato in quel Bambino il compimento della loro lunga attesa e vigilanza. Entrambi hanno contemplato la luce di Dio che veniva a illuminare il mondo e il loro sguardo profetico si aprì al futuro come annuncio del Messia: “Luce per illuminare le genti!”.
Nella festa della Presentazione del Signore al tempio possiamo ammirare tre icone:
- L’icona della luce. La luce parte da Cristo e si irradia su Maria e Giuseppe, su Simeone ed Anna e, attraverso di loro, su tutti. I Padri della Chiesa hanno collegato questa irradiazione al cammino spirituale. Sul volto di Cristo risplende la luce di tale bellezza. Il cristiano è colui che segue Cristo, si lascia raggiungere da lui, diventa suo discepolo, e si fa segno e profezia per essere il riflesso della luce di Cristo nei confronti di ogni uomo che incrocia sulle strade della vita.
- L’icona della profezia, dono dello Spirito Santo. Simeone ed Anna, contemplando il Bambino Gesù, hanno intravisto il suo destino di morte e di risurrezione per la salvezza di tutte le genti e hanno annunciato tale mistero come salvezza universale. Il cristiano è chiamato a tale testimonianza profetica manifestando nel mondo il primato di Dio e la passione per il Vangelo praticato come forma di vita e annunciato soprattutto con la coerenza della vita cristiana.
- L’icona della sapienza di Simeone ed Anna, la sapienza di una vita dedicata totalmente alla ricerca del volto di Dio, dei suoi segni, della sua volontà; una vita dedicata all’ascolto e all’annuncio della sua Parola. La vita cristiana deve diventare ogni giorno di più segno visibile di un’autentica ricerca del volto del Signore e delle vie che conducono a Lui. Cristiano è colui che testimonia ovunque e con audace ardimento l’impegno gioioso e laborioso della ricerca sapiente della volontà divina.
Il mondo contemporaneo vive oggi una condizione segnata spesso da una radicale pluralità, da una progressiva emarginazione della religione, da un relativismo che tocca i valori fondamentali. Ciò esige che la testimonianza cristiana di ogni battezzato sia luminosa e coerente.
Nella festa della Presentazione del Signore al tempio siamo invitati ad andare incontro al bambino Gesù, per riconoscerlo come Colui che è la luce del mondo.
Nell’odierna liturgia contempliamo anche la Beata Vergine Maria, modello di coloro che attendono e aprono docili il cuore all’incontro con il Signore.
Il rito della benedizione delle candele tipico di questa antica Liturgia richiama precisamente l’immagine della vita cristiana paragonata a un pellegrinaggio, a un cammino incontro a Cristo Signore e Salvatore, cammino che si concluderà solo quando lo incontreremo definitivamente nella Gerusalemme celeste. Tale rito della benedizione delle candele, di cui si ha testimonianza già nel X secolo, si ispira alle parole di Simeone: “I miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti”. I ceri accesi con cui ci siamo stati introdotti alla celebrazione sono il segno della vigile attesa del Signore che deve caratterizzare la vita del cristiano che il Signore ha chiamato ad una personale missione nella Chiesa. I ceri accesi sono un forte richiamo a testimoniare al mondo Cristo, la luce che non tramonta.
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Oggi è anche la Giornata mondiale della vita consacrata. E’ stato papa Giovanni Paolo II a istituirla nel 1997, proprio in occasione della festa della Presentazione di Gesù al tempio, indicando tre motivi che lo spinsero a istituire la Giornata della vita consacrata. Affermò il Papa:
? In primo luogo essa risponde all’intimo bisogno di lodare più solennemente il Signore e ringraziarlo per il grande dono della vita consacrata, che arricchisce e allieta la comunità cristiana con la molteplicità dei suoi carismi e con i frutti di edificazione di tante esistenze totalmente donate alla causa del regno. Non dobbiamo mai dimenticare che la vita consacrata, prima di essere impegno dell’uomo, è dono che viene dall’Alto, iniziativa del Padre…
? In secondo luogo, questa giornata ha lo scopo di promuovere la conoscenza e la stima per la vita consacrata da parte dell’intero popolo di Dio…
? Il terzo motivo riguarda direttamente le persone consacrate, invitate a celebrare congiuntamente e solennemente le meraviglie che il Signore ha operato in loro, per scoprire con più lucido sguardo di fede i raggi della divina bellezza diffusi dallo Spirito nel loro genere di vita e per prendere più viva consapevolezza della loro insostituibile missione nella Chiesa e nel mondo (Messaggio del santo padre Giovanni Paolo II per la Giornata della vita consacrata, 6 gennaio 1997).

Dio onnipotente ed eterno,
guarda i tuoi fedeli riuniti
nella festa della Presentazione al tempio
del tuo unico Figlio fatto uomo,
e concedi anche a noi di essere presentati a te
pienamente rinnovati nello spirito.

Publié dans:feste del Signore, feste di Maria |on 1 février, 2018 |Pas de commentaires »
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