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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AL PARLAMENTO EUROPEO – STRASBURGO 2014

http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2014/november/documents/papa-francesco_20141125_strasburgo-parlamento-europeo.html

VISITA DEL SANTO PADRE AL PARLAMENTO EUROPEO E AL CONSIGLIO D’EUROPA

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AL PARLAMENTO EUROPEO

Strasburgo, Francia

Martedì, 25 novembre 2014

Signor Presidente, Signore e Signori Vice Presidenti,
Onorevoli Eurodeputati,
Persone che lavorano a titoli diversi in quest’emiciclo,
Cari amici,

vi ringrazio per l’invito a prendere la parola dinanzi a questa istituzione fondamentale della vita dell’Unione Europea e per l’opportunità che mi offrite di rivolgermi, attraverso di voi, agli oltre cinquecento milioni di cittadini che rappresentate nei 28 Stati membri. Particolare gratitudine, desidero esprimere a Lei, Signor Presidente del Parlamento, per le cordiali parole di benvenuto che mi ha rivolto, a nome di tutti i componenti dell’Assemblea.
La mia visita avviene dopo oltre un quarto di secolo da quella compiuta da Papa Giovanni Paolo II. Molto è cambiato da quei giorni in Europa e in tutto il mondo. Non esistono più i blocchi contrapposti che allora dividevano il continente in due e si sta lentamente compiendo il desiderio che «l’Europa, dandosi sovranamente libere istituzioni, possa un giorno estendersi alle dimensioni che le sono state date dalla geografia e più ancora dalla storia»[1].
Accanto a un’Unione Europea più ampia, vi è anche un mondo più complesso e fortemente in movimento. Un mondo sempre più interconnesso e globale e perciò sempre meno « eurocentrico ». A un’Unione più estesa, più influente, sembra però affiancarsi l’immagine di un’Europa un po’ invecchiata e compressa, che tende a sentirsi meno protagonista in un contesto che la guarda spesso con distacco, diffidenza e talvolta con sospetto.
Nel rivolgermi a voi quest’oggi, a partire dalla mia vocazione di pastore, desidero indirizzare a tutti i cittadini europei un messaggio di speranza e di incoraggiamento.
Un messaggio di speranza basato sulla fiducia che le difficoltà possano diventare promotrici potenti di unità, per vincere tutte le paure che l’Europa – insieme a tutto il mondo – sta attraversando. Speranza nel Signore che trasforma il male in bene e la morte in vita.
Incoraggiamento di tornare alla ferma convinzione dei Padri fondatori dell’Unione europea, i quali desideravano un futuro basato sulla capacità di lavorare insieme per superare le divisioni e per favorire la pace e la comunione fra tutti i popoli del continente. Al centro di questo ambizioso progetto politico vi era la fiducia nell’uomo, non tanto in quanto cittadino, né in quanto soggetto economico, ma nell’uomo in quanto persona dotata di una dignità trascendente.
Mi preme anzitutto sottolineare lo stretto legame che esiste fra queste due parole: « dignità » e « trascendente ».
La “dignità” è una parola-chiave che ha caratterizzato la ripresa del secondo dopo guerra. La nostra storia recente si contraddistingue per l’indubbia centralità della promozione della dignità umana contro le molteplici violenze e discriminazioni, che neppure in Europa sono mancate nel corso dei secoli. La percezione dell’importanza dei diritti umani nasce proprio come esito di un lungo cammino, fatto anche di molteplici sofferenze e sacrifici, che ha contribuito a formare la coscienza della preziosità, unicità e irripetibilità di ogni singola persona umana. Tale consapevolezza culturale trova fondamento non solo negli avvenimenti della storia, ma soprattutto nel pensiero europeo, contraddistinto da un ricco incontro, le cui numerose fonti lontane provengono «dalla Grecia e da Roma, da substrati celtici, germanici e slavi, e dal cristianesimo che li ha plasmati profondamente»[2], dando luogo proprio al concetto di “persona”.
Oggi, la promozione dei diritti umani occupa un ruolo centrale nell’impegno dell’Unione Europea in ordine a favorire la dignità della persona, sia al suo interno che nei rapporti con gli altri Paesi. Si tratta di un impegno importante e ammirevole, poiché persistono fin troppe situazioni in cui gli esseri umani sono trattati come oggetti, dei quali si può programmare la concezione, la configurazione e l’utilità, e che poi possono essere buttati via quando non servono più, perché diventati deboli, malati o vecchi.
Effettivamente quale dignità esiste quando manca la possibilità di esprimere liberamente il proprio pensiero o di professare senza costrizione la propria fede religiosa? Quale dignità è possibile senza una cornice giuridica chiara, che limiti il dominio della forza e faccia prevalere la legge sulla tirannia del potere? Quale dignità può mai avere un uomo o una donna fatto oggetto di ogni genere di discriminazione? Quale dignità potrà mai trovare una persona che non ha il cibo o il minimo essenziale per vivere e, peggio ancora, che non ha il lavoro che lo unge di dignità?
Promuovere la dignità della persona significa riconoscere che essa possiede diritti inalienabili di cui non può essere privata ad arbitrio di alcuno e tanto meno a beneficio di interessi economici.
Occorre però prestare attenzione per non cadere in alcuni equivoci che possono nascere da un fraintendimento del concetto di diritti umani e da un loro paradossale abuso. Vi è infatti oggi la tendenza verso una rivendicazione sempre più ampia di diritti individuali – sono tentato di dire individualistici -, che cela una concezione di persona umana staccata da ogni contesto sociale e antropologico, quasi come una “monade” (µ????), sempre più insensibile alle altre “monadi” intorno a sé. Al concetto di diritto non sembra più associato quello altrettanto essenziale e complementare di dovere, così che si finisce per affermare i diritti del singolo senza tenere conto che ogni essere umano è legato a un contesto sociale, in cui i suoi diritti e doveri sono connessi a quelli degli altri e al bene comune della società stessa.
Ritengo perciò che sia quanto mai vitale approfondire oggi una cultura dei diritti umani che possa sapientemente legare la dimensione individuale, o, meglio, personale, a quella del bene comune, a quel “noi-tutti” formato da individui, famiglie e gruppi intermedi che si uniscono in comunità sociale [3]. Infatti, se il diritto di ciascuno non è armonicamente ordinato al bene più grande, finisce per concepirsi senza limitazioni e dunque per diventare sorgente di conflitti e di violenze.
Parlare della dignità trascendente dell’uomo, significa dunque fare appello alla sua natura, alla sua innata capacità di distinguere il bene dal male, a quella “bussola” inscritta nei nostri cuori e che Dio ha impresso nell’universo creato [4]; soprattutto significa guardare all’uomo non come a un assoluto, ma come a un essere relazionale. Una delle malattie che vedo più diffuse oggi in Europa è la solitudine, propria di chi è privo di legami. La si vede particolarmente negli anziani, spesso abbandonati al loro destino, come pure nei giovani privi di punti di riferimento e di opportunità per il futuro; la si vede nei numerosi poveri che popolano le nostre città; la si vede negli occhi smarriti dei migranti che sono venuti qui in cerca di un futuro migliore.
Tale solitudine è stata poi acuita dalla crisi economica, i cui effetti perdurano ancora con conseguenze drammatiche dal punto di vista sociale. Si può poi constatare che, nel corso degli ultimi anni, accanto al processo di allargamento dell’Unione Europea, è andata crescendo la sfiducia da parte dei cittadini nei confronti di istituzioni ritenute distanti, impegnate a stabilire regole percepite come lontane dalla sensibilità dei singoli popoli, se non addirittura dannose. Da più parti si ricava un’impressione generale di stanchezza, d’invecchiamento, di un’Europa nonna e non più fertile e vivace. Per cui i grandi ideali che hanno ispirato l’Europa sembrano aver perso forza attrattiva, in favore dei tecnicismi burocratici delle sue istituzioni.
A ciò si associano alcuni stili di vita un po’ egoisti, caratterizzati da un’opulenza ormai insostenibile e spesso indifferente nei confronti del mondo circostante, soprattutto dei più poveri. Si constata con rammarico un prevalere delle questioni tecniche ed economiche al centro del dibattito politico, a scapito di un autentico orientamento antropologico [5]. L’essere umano rischia di essere ridotto a semplice ingranaggio di un meccanismo che lo tratta alla stregua di un bene di consumo da utilizzare, così che – lo notiamo purtroppo spesso – quando la vita non è funzionale a tale meccanismo viene scartata senza troppe remore, come nel caso dei malati, dei malati terminali, degli anziani abbandonati e senza cura, o dei bambini uccisi prima di nascere.
È il grande equivoco che avviene «quando prevale l’assolutizzazione della tecnica»[6], che finisce per realizzare «una confusione fra fini e mezzi»[7]. Risultato inevitabile della “cultura dello scarto” e del “consumismo esasperato”. Al contrario, affermare la dignità della persona significa riconoscere la preziosità della vita umana, che ci è donata gratuitamente e non può perciò essere oggetto di scambio o di smercio. Voi, nella vostra vocazione di parlamentari, siete chiamati anche a una missione grande benché possa sembrare inutile: prendervi cura della fragilità, della fragilità dei popoli e delle persone. Prendersi cura della fragilità dice forza e tenerezza, dice lotta e fecondità in mezzo a un modello funzionalista e privatista che conduce inesorabilmente alla “cultura dello scarto”. Prendersi cura della fragilità delle persone e dei popoli significa custodire la memoria e la speranza; significa farsi carico del presente nella sua situazione più marginale e angosciante ed essere capaci di ungerlo di dignità [8].
Come dunque ridare speranza al futuro, così che, a partire dalle giovani generazioni, si ritrovi la fiducia per perseguire il grande ideale di un’Europa unita e in pace, creativa e intraprendente, rispettosa dei diritti e consapevole dei propri doveri?
Per rispondere a questa domanda, permettetemi di ricorrere a un’immagine. Uno dei più celebri affreschi di Raffaello che si trovano in Vaticano raffigura la cosiddetta Scuola di Atene. Al suo centro vi sono Platone e Aristotele. Il primo con il dito che punta verso l’alto, verso il mondo delle idee, potremmo dire verso il cielo; il secondo tende la mano in avanti, verso chi guarda, verso la terra, la realtà concreta. Mi pare un’immagine che ben descrive l’Europa e la sua storia, fatta del continuo incontro tra cielo e terra, dove il cielo indica l’apertura al trascendente, a Dio, che ha da sempre contraddistinto l’uomo europeo, e la terra rappresenta la sua capacità pratica e concreta di affrontare le situazioni e i problemi.
Il futuro dell’Europa dipende dalla riscoperta del nesso vitale e inseparabile fra questi due elementi. Un’Europa che non è più capace di aprirsi alla dimensione trascendente della vita è un’Europa che lentamente rischia di perdere la propria anima e anche quello « spirito umanistico » che pure ama e difende.
Proprio a partire dalla necessità di un’apertura al trascendente, intendo affermare la centralità della persona umana, altrimenti in balia delle mode e dei poteri del momento. In questo senso ritengo fondamentale non solo il patrimonio che il cristianesimo ha lasciato nel passato alla formazione socioculturale del continente, bensì soprattutto il contributo che intende dare oggi e nel futuro alla sua crescita. Tale contributo non costituisce un pericolo per la laicità degli Stati e per l’indipendenza delle istituzioni dell’Unione, bensì un arricchimento. Ce lo indicano gli ideali che l’hanno formata fin dal principio, quali la pace, la sussidiarietà e la solidarietà reciproca, un umanesimo incentrato sul rispetto della dignità della persona.
Desidero, perciò, rinnovare la disponibilità della Santa Sede e della Chiesa cattolica, attraverso la Commissione delle Conferenze Episcopali Europee (COMECE), a intrattenere un dialogo proficuo, aperto e trasparente con le istituzioni dell’Unione Europea. Parimenti sono convinto che un’Europa che sia in grado di fare tesoro delle proprie radici religiose, sapendone cogliere la ricchezza e lepotenzialità, possa essere anche più facilmente immune dai tanti estremismi che dilagano nel mondo odierno, anche per il grande vuoto ideale a cui assistiamo nel cosiddetto Occidente, perché «è proprio l’oblio di Dio, e non la sua glorificazione, a generare la violenza»[9].
Non possiamo qui non ricordare le numerose ingiustizie e persecuzioni che colpiscono quotidianamente le minoranze religiose, e particolarmente cristiane, in diverse parti del mondo. Comunità e persone che si trovano ad essere oggetto di barbare violenze: cacciate dalle proprie case e patrie; vendute come schiave; uccise, decapitate, crocefisse e bruciate vive, sotto il silenzio vergognoso e complice di tanti.
Il motto dell’Unione Europea è Unità nella diversità, ma l’unità non significa uniformità politica, economica, culturale, o di pensiero. In realtà ogni autentica unità vive della ricchezza delle diversità che la compongono: come una famiglia, che è tanto più unita quanto più ciascuno dei suoi componenti può essere fino in fondo sé stesso senza timore. In tal senso, ritengo che l’Europa sia una famiglia di popoli, i quali potranno sentire vicine le istituzioni dell’Unione se esse sapranno sapientemente coniugare l’ideale dell’unità cui si anela, alla diversità propria di ciascuno, valorizzando le singole tradizioni; prendendo coscienza della sua storia e delle sue radici; liberandosi dalle tante manipolazioni e dalle tante fobie. Mettere al centro la persona umana significa anzitutto lasciare che essa esprima liberamente il proprio volto e la propria creatività, sia a livello di singolo che di popolo.
D’altra parte le peculiarità di ciascuno costituiscono un’autentica ricchezza nella misura in cui sono messe al servizio di tutti. Occorre ricordare sempre l’architettura propria dell’Unione Europea, basata sui principi di solidarietà e sussidiarietà, così che prevalga l’aiuto vicendevole e si possa camminare, animati da reciproca fiducia.
In questa dinamica di unità-particolarità, si pone a voi, Signori e Signore Eurodeputati, anche l’esigenza di farvi carico di mantenere viva la democrazia, la democrazia dei popoli dell’Europa. Non ci è nascosto che una concezione omologante della globalità colpisce la vitalità del sistema democratico depotenziando il ricco contrasto, fecondo e costruttivo, delle organizzazioni e dei partiti politici tra di loro. Così si corre il rischio di vivere nel regno dell’idea, della sola parola, dell’immagine, del sofisma… e di finire per confondere la realtà della democrazia con un nuovo nominalismo politico. Mantenere viva la democrazia in Europa richiede di evitare tante “maniere globalizzanti” di diluire la realtà: i purismi angelici, i totalitarismi del relativo, i fondamentalismi astorici, gli eticismi senza bontà, gli intellettualismi senza sapienza [10].
Mantenere viva la realtà delle democrazie è una sfida di questo momento storico, evitando che la loro forza reale – forza politica espressiva dei popoli – sia rimossa davanti alla pressione di interessi multinazionali non universali, che le indeboliscano e le trasformino in sistemi uniformanti di potere finanziario al servizio di imperi sconosciuti. Questa è una sfida che oggi la storia vi pone.
Dare speranza all’Europa non significa solo riconoscere la centralità della persona umana, ma implica anche favorirne le doti. Si tratta perciò di investire su di essa e sugli ambiti in cui i suoi talenti si formano e portano frutto. Il primo ambito è sicuramente quello dell’educazione, a partire dalla famiglia, cellula fondamentale ed elemento prezioso di ogni società. La famiglia unita, fertile e indissolubile porta con sé gli elementi fondamentali per dare speranza al futuro. Senza tale solidità si finisce per costruire sulla sabbia, con gravi conseguenze sociali. D’altra parte, sottolineare l’importanza della famiglia non solo aiuta a dare prospettive e speranza alle nuove generazioni, ma anche ai numerosi anziani, spesso costretti a vivere in condizioni di solitudine e di abbandono perché non c’è più il calore di un focolare domestico in grado di accompagnarli e di sostenerli.
Accanto alla famiglia vi sono le istituzioni educative: scuole e università. L’educazione non può limitarsi a fornire un insieme di conoscenze tecniche, bensì deve favorire il più complesso processo di crescita della persona umana nella sua totalità. I giovani di oggi chiedono di poter avere una formazione adeguata e completa per guardare al futuro con speranza, piuttosto che con disillusione. Numerose sono, poi, le potenzialità creative dell’Europa in vari campi della ricerca scientifica, alcuni dei quali non ancora del tutto esplorati. Basti pensare ad esempio alle fonti alternative di energia, il cui sviluppo gioverebbe molto alla difesa dell’ambiente.
L’Europa è sempre stata in prima linea in un lodevole impegno a favore dell’ecologia. Questa nostra terra ha infatti bisogno di continue cure e attenzioni e ciascuno ha una personale responsabilità nel custodire il creato, prezioso dono che Dio ha messo nelle mani degli uomini. Ciò significa da un lato che la natura è a nostra disposizione, ne possiamo godere e fare buon uso; dall’altro però significa che non ne siamo i padroni. Custodi, ma non padroni. La dobbiamo perciò amare e rispettare, mentre «invece siamo spesso guidati dalla superbia del dominare, del possedere, del manipolare, dello sfruttare; non la “custodiamo”, non la rispettiamo, non la consideriamo come un dono gratuito di cui avere cura»[11]. Rispettare l’ambiente significa però non solo limitarsi ad evitare di deturparlo, ma anche di utilizzarlo per il bene. Penso soprattutto al settore agricolo, chiamato a dare sostegno e nutrimento all’uomo. Non si può tollerare che milioni di persone nel mondo muoiano di fame, mentre tonnellate di derrate alimentari vengono scartate ogni giorno dalle nostre tavole. Inoltre, rispettare la natura, ci ricorda che l’uomo stesso è parte fondamentale di essa. Accanto ad un’ecologia ambientale, serve perciò quell’ecologia umana, fatta del rispetto della persona, che ho inteso richiamare quest’oggi rivolgendomi a voi.
Il secondo ambito in cui fioriscono i talenti della persona umana è il lavoro. E’ tempo di favorire le politiche di occupazione, ma soprattutto è necessario ridare dignità al lavoro, garantendo anche adeguate condizioni per il suo svolgimento. Ciò implica, da un lato, reperire nuovi modi per coniugare la flessibilità del mercato con le necessità di stabilità e certezza delle prospettive lavorative, indispensabili per lo sviluppo umano dei lavoratori; d’altra parte, significa favorire un adeguato contesto sociale, che non punti allo sfruttamento delle persone, ma a garantire, attraverso il lavoro, la possibilità di costruire una famiglia e di educare i figli.
Parimenti, è necessario affrontare insieme la questione migratoria. Non si può tollerare che il Mar Mediterraneo diventi un grande cimitero! Sui barconi che giungono quotidianamente sulle coste europee ci sono uomini e donne che necessitano di accoglienza e di aiuto. L’assenza di un sostegno reciproco all’interno dell’Unione Europea rischia di incentivare soluzioni particolaristiche al problema, che non tengono conto della dignità umana degli immigrati, favorendo il lavoro schiavo e continue tensioni sociali. L’Europa sarà in grado di far fronte alle problematiche connesse all’immigrazione se saprà proporre con chiarezza la propria identità culturale e mettere in atto legislazioni adeguate che sappiano allo stesso tempo tutelare i diritti dei cittadini europei e garantire l’accoglienza dei migranti; se saprà adottare politiche corrette, coraggiose e concrete che aiutino i loro Paesi di origine nello sviluppo socio-politico e nel superamento dei conflitti interni – causa principale di tale fenomeno – invece delle politiche di interesse che aumentano e alimentano tali conflitti. È necessario agire sulle cause e non solo sugli effetti.

Signor Presidente, Eccellenze, Signore e Signori Deputati,
La coscienza della propria identità è necessaria anche per dialogare in modo propositivo con gli Stati che hanno chiesto di entrare a far parte dell’Unione in futuro. Penso soprattutto a quelli dell’area balcanica per i quali l’ingresso nell’Unione Europea potrà rispondere all’ideale della pace in una regione che ha grandemente sofferto per i conflitti del passato. Infine, la coscienza della propria identità è indispensabile nei rapporti con gli altri Paesi vicini, particolarmente con quelli che si affacciano sul Mediterraneo, molti dei quali soffrono a causa di conflitti interni e per la pressione del fondamentalismo religioso e del terrorismo internazionale.
A voi legislatori spetta il compito di custodire e far crescere l’identità europea, affinché i cittadini ritrovino fiducia nelle istituzioni dell’Unione e nel progetto di pace e amicizia che ne è il fondamento. Sapendo che «quanto più cresce la potenza degli uomini tanto più si estende e si allarga la loro responsabilità personale e collettiva»[12], vi esorto [perciò] a lavorare perché l’Europa riscopra la sua anima buona.
Un anonimo autore del II secolo scrisse che «i cristiani rappresentano nel mondo ciò che l’anima è nel corpo»[13]. Il compito dell’anima è quello di sostenere il corpo, di esserne la coscienza e la memoria storica. E una storia bimillenaria lega l’Europa e il cristianesimo. Una storia non priva di conflitti e di errori, anche di peccati, ma sempre animata dal desiderio di costruire per il bene. Lo vediamo nella bellezza delle nostre città, e più ancora in quella delle molteplici opere di carità e di edificazione umana comune che costellano il continente. Questa storia, in gran parte, è ancora da scrivere. Essa è il nostro presente e anche il nostro futuro. Essa è la nostra identità. E l’Europa ha fortemente bisogno di riscoprire il suo volto per crescere, secondo lo spirito dei suoi Padri fondatori, nella pace e nella concordia, poiché essa stessa non ancora esente dai conflitti.
Cari Eurodeputati, è giunta l’ora di costruire insieme l’Europa che ruota non intorno all’economia, ma intorno alla sacralità della persona umana, dei valori inalienabili; l’Europa che abbraccia con coraggio il suo passato e guarda con fiducia il futuro per vivere pienamente e con speranza il suo presente. È giunto il momento di abbandonare l’idea di un’Europa impaurita e piegata su sé stessa per suscitare e promuovere l’Europa protagonista, portatrice di scienza, di arte, di musica, di valori umani e anche di fede. L’Europa che contempla il cielo e persegue degli ideali; l’Europa che guarda e difende e tutela l’uomo; l’Europa che cammina sulla terra sicura e salda, prezioso punto di riferimento per tutta l’umanità!

Grazie.

[1] GIOVANNI PAOLO II, Discorso al Parlamento Europeo, 11 ottobre 1988, n. 5.
[2] GIOVANNI PAOLO II, Discorso all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, 8 ttobre 1988.
[3] Cfr Benedetto XVI, Caritas in veritate, 7; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, 26.
[4] Cfr Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, 37.
[5] Cfr Evangelii gaudium, 55.
[6] BENEDETTO XVI, Caritas in veritate, 71.
[7] Ibid.
[8] Cfr Evangelii gaudium, 209.
[9] BENEDETTO XVI, Discorso ai Membri del Corpo Diplomatico, 7 gennaio 2013.
[10] Cfr Evangelii gaudium, 231.
[11] Francesco, Udienza Generale, 5 giugno 2013.
[12] Gaudium et spes, 34.
[13] Cfr Lettera a Diogneto, 6.

L´EUROPA S´È SMARRITA. E GIOVANNI PAOLO II LE INSEGNA LA STRADA – di Sandro Magister

http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/6958

L´EUROPA S´È SMARRITA. E GIOVANNI PAOLO II LE INSEGNA LA STRADA

Ecco i passaggi chiave delle istruzioni che il papa dà al Vecchio Continente. Accompagnate da una domanda inquietante: Il Figlio dell´Uomo, quando verrà, vi troverà la fede?

di Sandro Magister

ROMA – Ci sono voluti quasi quattro anni e 130 pagine di testo perché Giovanni Paolo II tirasse le conclusioni del sinodo dei vescovi del 1999 sull´Europa.
Queste conclusioni sono scritte nell´esortazione apostolica « Ecclesia in Europa », resa pubblica sabato 28 giugno e disponibile integralmente nel sito web del Vaticano.
In essa, il papa analizza la situazione della Chiesa in Europa alla luce dell´Apocalisse, il libro del Nuovo Testamento che «dischiude alla comunità credente il senso nascosto e profondo delle cose che accadono».
E come tra le sette Chiese dell´Apocalisse ve ne furono di povere di fede, lo stesso accade – dice il papa – per le Chiese dell´Europa d´oggi. Nel paragrafo 47 dell´ »Ecclesia in Europa » Giovanni Paolo II scrive preoccupato:
«´Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?´ (Lc 18, 8). La troverà su queste terre della nostra Europa di antica tradizione cristiana? È un interrogativo aperto che indica con lucidità la profondità e drammaticità di una delle sfide più serie che le nostre Chiese sono chiamate ad affrontare».
Giovanni Paolo II invita i cattolici d´Europa a «svegliarsi e rinvigorire ciò che sta per morire» (Ap 3,2) e dà le istruzioni perché «promuovano un nuovo annuncio del Vangelo».
Ma per la sua lunghezza, l´ »Ecclesia in Europa » rischia di essere letta da pochissimi. Eppure non mancano in essa passaggi che meritano attenzione. Qui di seguito ne sono riportati i principali, con tra parentesi quadra il numero del paragrafo da cui sono tratti.

SMARRIMENTO DELLA MEMORIA
[7] Il tempo che stiamo vivendo appare come una stagione di smarrimento. [...] È smarrimento della memoria e dell’eredità cristiane, accompagnato da una sorta di agnosticismo pratico e di indifferentismo religioso, per cui molti europei danno l’impressione di vivere senza retroterra spirituale e come degli eredi che hanno dilapidato il patrimonio loro consegnato dalla storia. Non meravigliano più di tanto, perciò, i tentativi di dare un volto all’Europa escludendone la eredità religiosa e, in particolare, la profonda anima cristiana, fondando i diritti dei popoli che la compongono senza innestarli nel tronco irrorato dalla linfa vitale del cristianesimo.

APOSTASIA SILENZIOSA
[9] Alla radice dello smarrimento della speranza sta il tentativo di far prevalere un’antropologia senza Dio e senza Cristo. Questo tipo di pensiero ha portato a considerare l’uomo come il centro assoluto della realtà, facendogli così artificiosamente occupare il posto di Dio e dimenticando che non è l’uomo che fa Dio ma Dio che fa l’uomo. L’aver dimenticato Dio ha portato ad abbandonare l’uomo, per cui non c’è da stupirsi se in questo contesto si è aperto un vastissimo spazio per il libero sviluppo del nichilismo in campo filosofico, del relativismo in campo gnoseologico e morale, del pragmatismo e finanche dell’edonismo cinico nella configurazione della vita quotidiana. La cultura europea dà l’impressione di una « apostasia silenziosa » da parte dell’uomo sazio che vive come se Dio non esistesse.

CULTURA DI MORTE
[9] In tale orizzonte, prendono corpo i tentativi, anche ultimamente ricorrenti, di presentare la cultura europea a prescindere dall’apporto del cristianesimo che ha segnato il suo sviluppo storico e la sua diffusione universale. Siamo di fronte all’emergere di una nuova cultura, in larga parte influenzata dai mass media, dalle caratteristiche e dai contenuti spesso in contrasto con il Vangelo e con la dignità della persona umana. Di tale cultura fa parte anche un sempre più diffuso agnosticismo religioso, connesso con un più profondo relativismo morale e giuridico, che affonda le sue radici nello smarrimento della verità dell’uomo come fondamento dei diritti inalienabili di ciascuno. I segni del venir meno della speranza talvolta si manifestano attraverso forme preoccupanti di ciò che si può chiamare una « cultura di morte ».

SPERANZE ARTIFICIALI
[10] Ma, come hanno sottolineato i padri sinodali, l’uomo non può vivere senza speranza: la sua vita sarebbe votata all’insignificanza e diventerebbe insopportabile. Spesso chi ha bisogno di speranza crede di poter trovar pace in realtà effimere e fragili. E così la speranza, ristretta in un ambito intramondano chiuso alla trascendenza, viene identificata, ad esempio, nel paradiso promesso dalla scienza e dalla tecnica, o in forme varie di messianismo, nella felicità di natura edonistica procurata dal consumismo o quella immaginaria e artificiale prodotta dalle sostanze stupefacenti, in alcune forme di millenarismo, nel fascino delle filosofie orientali, nella ricerca di forme di spiritualità esoteriche, nelle diverse correnti del New Age.

IL SECOLO DEI MARTIRI
[13]. Ma intendo attirare l’attenzione in particolare su alcuni segni emersi nella vita propriamente ecclesiale. Innanzitutto, con i padri sinodali, voglio riproporre a tutti, perché non sia mai dimenticato, quel grande segno di speranza costituito dai tanti testimoni della fede cristiana, vissuti nell’ultimo secolo, all’Est come all’Ovest. Essi hanno saputo far proprio il Vangelo in situazioni di ostilità e persecuzione, spesso fino alla prova suprema del sangue.
Questi testimoni, in particolare quanti tra di loro hanno affrontato la prova del martirio, sono un segno eloquente e grandioso, che ci è chiesto di contemplare e imitare. Essi ci attestano la vitalità della Chiesa; ci appaiono come una luce per la Chiesa e per l’umanità, perché hanno fatto risplendere nelle tenebre la luce di Cristo; in quanto appartenenti a diverse confessioni cristiane, risplendono anche come segno di speranza per il cammino ecumenico, nella certezza che il loro sangue è anche linfa di unità per la Chiesa.

IL BENE PIÙ PREZIOSO
[18] Dall’assemblea sinodale è emersa, chiara e appassionata, la certezza che la Chiesa ha da offrire all’Europa il bene più prezioso, che nessun altro può darle: è la fede in Gesù Cristo, fonte della speranza che non delude, dono che sta all’origine dell’unità spirituale e culturale dei popoli europei, e che ancora oggi e per il futuro può costituire un contributo essenziale del loro sviluppo e della loro integrazione. Sì, dopo venti secoli, la Chiesa si presenta all’inizio del terzo millennio con il medesimo annuncio di sempre, che costituisce il suo unico tesoro: Gesù Cristo è il Signore; in Lui, e in nessun altro, c’è salvezza ( At 4, 12).

EUROPA GIUDEOCRISTIANA
[19] Sono molteplici le radici ideali che hanno contribuito con la loro linfa al riconoscimento del valore della persona e della sua inalienabile dignità, del carattere sacro della vita umana e del ruolo centrale della famiglia, dell’importanza dell’istruzione e della libertà di pensiero, di parola, di religione, come pure alla tutela legale degli individui e dei gruppi, alla promozione della solidarietà e del bene comune, al riconoscimento della dignità del lavoro. Tali radici hanno favorito la sottomissione del potere politico alla legge e al rispetto dei diritti della persona e dei popoli. Occorre qui ricordare lo spirito della Grecia antica e della romanità, gli apporti dei popoli celtici, germanici, slavi, ugro-finnici, della cultura ebraica e del mondo islamico. Tuttavia si deve riconoscere che queste ispirazioni hanno storicamente trovato nella tradizione giudeo-cristiana una forza capace di armonizzarle, di consolidarle e di promuoverle. Si tratta di un fatto che non può essere ignorato; al contrario, nel processo della costruzione della « casa comune europea », occorre riconoscere che questo edificio si deve poggiare anche su valori che trovano nella tradizione cristiana la loro piena epifania. Il prenderne atto torna a vantaggio di tutti. [...]
[24] L’Europa è stata ampiamente e profondamente penetrata dal cristianesimo. Non c’è dubbio che, nella complessa storia dell’Europa, il cristianesimo rappresenti un elemento centrale e qualificante, consolidato sul saldo fondamento dell’eredità classica e dei molteplici contributi arrecati dagli svariati flussi etnico-culturali che si sono succeduti nei secoli. La fede cristiana ha plasmato la cultura del Continente e si è intrecciata in modo inestricabile con la sua storia, al punto che questa non sarebbe comprensibile se non si facesse riferimento alle vicende che hanno caratterizzato prima il grande periodo dell’evangelizzazione, e poi i lunghi secoli in cui il cristianesimo, pur nella dolorosa divisione tra Oriente ed Occidente, si è affermato come la religione degli Europei stessi. Anche nel periodo moderno e contemporaneo, quando l’unità religiosa è andata progressivamente frantumandosi sia per le ulteriori divisioni intercorse tra i cristiani sia per i processi di distacco della cultura dall’orizzonte della fede, il ruolo di quest’ultima ha continuato ad essere di non scarso rilievo.
[25] L’interesse che la Chiesa nutre per l’Europa nasce dalla sua stessa natura e missione. Lungo i secoli, infatti, la Chiesa ha avuto legami molto stretti con il nostro Continente, così che il volto spirituale dell’Europa si è andato formando grazie agli sforzi di grandi missionari, alla testimonianza di santi e di martiri, e all’opera assidua di monaci, religiosi e pastori. Dalla concezione biblica dell’uomo, l’Europa ha tratto il meglio della sua cultura umanistica, ha attinto ispirazione per le sue creazioni intellettuali ed artistiche, ha elaborato norme di diritto e, non per ultimo, ha promosso la dignità della persona, fonte di diritti inalienabili. In questo modo la Chiesa, in quanto depositaria del Vangelo, ha concorso a diffondere e a consolidare quei valori che hanno reso universale la cultura europea.
Memore di tutto ciò, la Chiesa di oggi avverte, con rinnovata responsabilità, l’urgenza di non disperdere questo prezioso patrimonio e di aiutare l’Europa a costruire se stessa rivitalizzando le radici cristiane che l’hanno originata.

NUOVA EVANGELIZZAZIONE
[45] Chiesa in Europa, la nuova evangelizzazione è il compito che ti attende! Sappi ritrovare l’entusiasmo dell’annuncio. [...] L’annuncio di Gesù, che è il Vangelo della speranza, sia il tuo vanto e la tua ragion d’essere. Continua con rinnovato ardore nello stesso spirito missionario che, lungo questi venti secoli e incominciando dalla predicazione degli apostoli Pietro e Paolo, ha animato tanti Santi e Sante, autentici evangelizzatori del continente europeo.

IL PRIMO ANNUNCIO
[46] In varie parti d’Europa c’è bisogno di un primo annuncio del Vangelo: cresce il numero delle persone non battezzate, sia per la notevole presenza di immigrati appartenenti ad altre religioni, sia perché anche figli di famiglie di tradizione cristiana non hanno ricevuto il Battesimo o a causa della dominazione comunista o a causa di una diffusa indifferenza religiosa.ÊDi fatto, l’Europa si colloca ormai tra quei luoghi tradizionalmente cristiani nei quali, oltre a una nuova evangelizzazione, in certi casi si impone una prima evangelizzazione.

ANALFABETI DELLA FEDE
[47] Ovunque, poi, c’è bisogno di un rinnovato annuncio anche per chi è già battezzato. Tanti europei contemporanei pensano di sapere che cos’è il cristianesimo, ma non lo conoscono realmente. Spesso addirittura gli elementi e le stesse nozioni fondamentali della fede non sono più noti. Molti battezzati vivono come se Cristo non esistesse.

CHIESA ED EBRAISMO
[55] Come per tutto l’impegno della nuova evangelizzazione, anche in ordine all’annuncio del Vangelo della speranza è necessario che si abbia a instaurare un profondo e intelligente dialogo interreligioso, in particolare con l’Ebraismo e con l’Islam. [...]ÊNell’esercitarsi in questo dialogo non si tratta di lasciarsi catturare da una mentalità indifferentista, largamente diffusa, purtroppo, anche tra cristiani, spesso radicata in visioni teologiche non corrette e improntata ad un relativismo religioso che porta a ritenere che « una religione vale l’altra ».
[56] Si tratta piuttosto di prendere più viva coscienza del rapporto che lega la Chiesa al popolo ebraico e del ruolo singolare di Israele nella storia della salvezza. [...]Occorre riconoscere le comuni radici che intercorrono tra il cristianesimo e il popolo ebraico, chiamato da Dio a un’alleanza che rimane irrevocabile (Rom 11, 29),Êavendo raggiunto la definitiva pienezza in Cristo.
È, quindi, necessario favorire il dialogo con l’ebraismo, sapendo che esso è di fondamentale importanza per l’autocoscienza cristiana e per il superamento delle divisioni tra le Chiese, e operare perché fiorisca una nuova primavera nelle relazioni reciproche. Ciò comporta che ogni comunità ecclesiale abbia ad esercitarsi, per quanto le circostanze lo permetteranno, nel dialogo e nella collaborazione con i credenti della religione ebraica. Tale esercizio implica, tra l’altro, che si faccia memoria della parte che i figli della Chiesa hanno potuto avere nella nascita e nella diffusione di un atteggiamento antisemita nella storia e di ciò si chieda perdono a Dio, favorendo in ogni modo incontri di riconciliazione e di amicizia con i figli di Israele.ÊSarà peraltro doveroso, in tale contesto, ricordare anche i non pochi cristiani che, a costo a volte della vita, hanno aiutato e salvato, soprattutto in periodi di persecuzione, questi loro « fratelli maggiori ».

CHIESA E ISLAM
[57] Si tratta pure di lasciarsi stimolare a una migliore conoscenza delle altre religioni, per poter instaurare un fraterno colloquio con le persone che aderiscono ad esse e vivono nell’Europa di oggi. In particolare, è importante un corretto rapporto con l’Islam. Esso, come è più volte emerso in questi anni nella coscienza dei vescovi europei, deve essere condotto con prudenza, con chiarezza di idee circa le sue possibilità e i suoi limiti, e con fiducia nel progetto di salvezza di Dio nei confronti di tutti i suoi figli.ÊÈ necessario, tra l’altro, avere coscienza del notevole divario tra la cultura europea, che ha profonde radici cristiane, e il pensiero musulmano.
A questo riguardo, è necessario preparare adeguatamente i cristiani che vivono a quotidiano contatto con i musulmani a conoscere in modo obiettivo l’Islam e a sapersi confrontare con esso; tale preparazione deve riguardare, in particolare, i seminaristi, i presbiteri e tutti gli operatori pastorali.

RECIPROCITÀ
[57] È peraltro comprensibile che la Chiesa, mentre chiede che le istituzioni europee abbiano a promuovere la libertà religiosa in Europa, abbia pure a ribadire che la reciprocità nel garantire la libertà religiosa sia osservata anche in Paesi di diversa tradizione religiosa, nei quali i cristiani sono minoranza.
In questo ambito, si comprende la sorpresa e il sentimento di frustrazione dei cristiani che accolgono, per esempio in Europa, dei credenti di altre religioni dando loro la possibilità di esercitare il loro culto, e che si vedono interdire l’esercizio del culto cristiano nei Paesi in cui questi credenti maggioritari hanno fatto della loro religione l’unica ammessa e promossa. La persona umana ha diritto alla libertà religiosa e tutti, in ogni parte del mondo, devono essere immuni dalla coercizione da parte di singoli, di gruppi sociali e di qualsivoglia potestà umana.

LITURGIA E MISTERO
[70] Alcuni sintomi rivelano un affievolimento del senso del mistero nelle stesse celebrazioni liturgiche, che ad esso dovrebbero introdurre. È, quindi, urgente che nella Chiesa si ravvivi l’autentico senso della liturgia.

PECCATO E SACRAMENTO DELLA RICONCILIAZIONE
[76] Con l’Eucaristia, anche il sacramento della Riconciliazione deve svolgere un ruolo fondamentale nel recupero della speranza: l’esperienza personale del perdono di Dio per ciascuno di noi è, infatti, fondamento essenziale di ogni speranza per il nostro futuro. Una delle radici della rassegnazione che assale molti oggi va ricercata nell’incapacità di riconoscersi peccatori e di lasciarsi perdonare, una incapacità spesso dovuta alla solitudine di chi, vivendo come se Dio non esistesse, non ha nessuno a cui chiedere perdono.
Perciò è necessario che nella Chiesa in Europa il sacramento della Riconciliazione venga rivitalizzato. Va ribadito, tuttavia, che la forma del Sacramento è la confessione personale dei peccati seguita dall’assoluzione individuale. Questo incontro tra il penitente e il sacerdote deve essere favorito, in qualsiasi forma prevista del rito del Sacramento. Di fronte alla diffusa perdita del senso del peccato e all’affermarsi di una mentalità segnata da relativismo e soggettivismo in campo morale, occorre che in ogni comunità ecclesiale si provveda a una seria formazione delle coscienze.ÊI padri sinodali hanno insistito perché si riconosca chiaramente la verità del peccato personale e la necessità del perdono personale di Dio tramite il ministero del sacerdote. Le assoluzioni collettive non sono un modo alternativo di amministrare il sacramento della Riconciliazione.

FAMIGLIA E COPPIE DI FATTO
[90] La Chiesa in Europa, in ogni sua articolazione, deve riproporre con fedeltà la verità del matrimonio e della famiglia. [...] Non pochi fattori culturali, sociali e politici concorrono, infatti, a provocare una crisi sempre più evidente della famiglia. [...] Il valore dell’indissolubilità matrimoniale viene sempre più misconosciuto; si chiedono forme di riconoscimento legale delle convivenze di fatto, equiparandole ai matrimoni legittimi; non mancano tentativi di accettare modelli di coppia dove la differenza sessuale non risulta essenziale.

DIVORZIATI E RISPOSATI
[93] La Chiesa è chiamata a venire incontro, con bontà materna, anche a quelle situazioni matrimoniali nelle quali è facile venga meno la speranza. In particolare, di fronte a tante famiglie disfatte, la Chiesa si sente chiamata non ad esprimere un giudizio severo e distaccato, ma piuttosto ad immettere nelle pieghe di tanti drammi umani la luce della parola di Dio, accompagnata dalla testimonianza della sua misericordia. È questo lo spirito con cui la pastorale familiare cerca di farsi carico anche delle situazioni dei credenti che hanno divorziato e si sono risposati civilmente. Essi non sono esclusi dalla comunità; sono anzi invitati a partecipare alla sua vita, facendo un cammino di crescita nello spirito delle esigenze evangeliche. La Chiesa, senza tacere loro la verità del disordine morale oggettivo in cui si trovano e delle conseguenze che ne derivano per la pratica sacramentale, intende mostrare loro tutta la sua materna vicinanza.

ABORTO ED EUTANASIA
[95] Con il calo della natalità vanno ricordati altri segni che concorrono a configurare l’eclissi del valore della vita e a scatenare una specie di congiura contro di essa. Tra questi va tristemente annoverata, anzitutto, la diffusione dell’aborto, anche utilizzando preparati chimico-farmacologici che lo rendono possibile senza dover ricorrere al medico e sottraendolo a ogni forma di responsabilità sociale; ciò è favorito dalla presenza nell’ordinamento di molti Stati del Continente di legislazioni permissive di un gesto che rimane un abominevole delitto e costituisce sempre un disordine morale grave. Né si possono dimenticare gli attentati perpetrati attraverso interventi sugli embrioni umani che, pur mirando a scopi in sé legittimi, ne comportano inevitabilmente l’uccisione o mediante un utilizzo scorretto delle tecniche diagnostiche pre-natali, messe al servizio non di terapie precoci a volte possibili, ma di una mentalità eugenetica, che accetta l’aborto selettivo.
Va pure menzionata la tendenza, che si registra in alcune parti dell’Europa, a ritenere che possa essere permesso porre fine consapevolmente alla propria vita o a quella di un altro essere umano: di qui la diffusione dell’eutanasia mascherata, o attuata apertamente, per la quale non mancano richieste e tristi esempi di legalizzazione.

IMMIGRAZIONE
[101] È responsabilità delle autorità pubbliche esercitare il controllo dei flussi migratori in considerazione delle esigenze del bene comune. L’accoglienza deve sempre realizzarsi nel rispetto delle leggi e quindi coniugarsi, quando necessario, con la ferma repressione degli abusi.
[102] Occorre pure impegnarsi per individuare forme possibili di genuina integrazione degli immigrati legittimamente accolti nel tessuto sociale e culturale delle diverse nazioni europee. Essa esige che non si abbia a cedere all’indifferentismo circa i valori umani universali e che si abbia a salvaguardare il patrimonio culturale proprio di ogni nazione.

LA CHIESA NELLA NUOVA EUROPA
[114] Alle Istituzioni europee e ai singoli Stati dell’Europa chiedo insieme con i Padri Sinodali di riconoscere che un buon ordinamento della società deve radicarsi in autentici valori etici e civili il più possibile condivisi dai cittadini, osservando che tali valori sono patrimonio, in primo luogo, dei diversi corpi sociali. È importante che le Istituzioni e i singoli Stati riconoscano che, tra questi corpi sociali, vi sono anche le Chiese e le Comunità ecclesiali e le altre organizzazioni religiose. A maggior ragione, quando esistono già prima della fondazione delle nazioni europee, non sono riducibili a mere entità private, ma operano con uno specifico spessore istituzionale, che merita di essere preso in seria considerazione. Nello svolgimento dei loro compiti, le diverse istituzioni statali ed europee devono agire nella consapevolezza che i loro ordinamenti giuridici saranno pienamente rispettosi della democrazia, se prevederanno forme di sana collaborazioneÊcon le Chiese e le organizzazioni religiose.
Alla luce di quanto ho appena sottolineato, desidero ancora una volta rivolgermi ai redattori del futuro trattato costituzionale europeo, affinché in esso figuri un riferimento al patrimonio religioso e specialmente cristiano dell’Europa. Nel pieno rispetto della laicità delle istituzioni, mi auguro soprattutto che siano riconosciuti tre elementi complementari: il diritto delle Chiese e delle comunità religiose di organizzarsi liberamente, in conformità ai propri statuti e alle proprie convinzioni; il rispetto dell’identità specifica delle Confessioni religiose e la previsione di un dialogo strutturato fra l’Unione Europea e le Confessioni medesime; il rispetto dello statuto giuridico di cui le Chiese e le istituzioni religiose già godono in virtù delle legislazioni degli Stati membri dell’Unione. [...]
[116] Una e universale, pur presente nella molteplicità delle Chiese particolari, la Chiesa cattolica può offrire un contributo unico all’edificazione di un’Europa aperta al mondo. Dalla Chiesa cattolica, infatti, viene un modello di unità essenziale nella diversità delle espressioni culturali, la consapevolezza dell’appartenenza a una comunità universale che si radica ma non si estingue nelle comunità locali, il senso di quello che unisce aldilà di quello che distingue.
[117] Nelle relazioni con i pubblici poteri, la Chiesa non domanda un ritorno a forme di Stato confessionale. Allo stesso tempo, essa deplora ogni tipo di laicismo ideologico o di separazione ostile tra le istituzioni civili e le confessioni religiose.
Per parte sua, nella logica della sana collaborazione tra comunità ecclesiale e società politica, la Chiesa cattolica è convinta di poter dare un singolare contributo alla prospettiva dell’unificazione offrendo alle istituzioni europee, in continuità con la sua tradizione e in coerenza con le indicazioni della sua dottrina sociale, l’apporto di comunità credenti che cercano di realizzare l’impegno di umanizzazione della società a partire dal Vangelo vissuto nel segno della speranza. In quest’ottica, è necessaria una presenza di cristiani, adeguatamente formati e competenti, nelle varie istanze e Istituzioni europee, per concorrere, nel rispetto dei corretti dinamismi democratici e attraverso il confronto delle proposte, a delineare una convivenza europea sempre più rispettosa di ogni uomo e di ogni donna e, perciò, conforme al bene comune.

EUROPA, NON AVERE PAURA!
[120] L’Europa ha bisogno di un salto qualitativo nella presa di coscienza della sua eredità spirituale. Tale spinta non le può venire che da un rinnovato ascolto del Vangelo di Cristo. Tocca a tutti i cristiani impegnarsi per soddisfare questa fame e sete di vita.
Per questo, la Chiesa sente il dovere di rinnovare con vigore il messaggio di speranza affidatole da Dio e ripete all’Europa: « Il Signore tuo Dio in mezzo a te è un Salvatore potente! » (Sof 3, 17). Il suo invito alla speranza non si fonda su un’ideologia utopistica; è al contrario l’intramontabile messaggio della salvezza proclamato da Cristo (Mc 1, 15). Con l’autorità che le viene dal suo Signore, la Chiesa ripete all’Europa di oggi: Europa del terzo millennio « non lasciarti cadere le braccia! » (Sof 3, 16); non cedere allo scoraggiamento, non rassegnarti a modi di pensare e di vivere che non hanno futuro, perché non poggiano sulla salda certezza della Parola di Dio!
Riprendendo questo invito alla speranza, ancora oggi ripeto a te, Europa che sei all’inizio del terzo millennio: Ritorna te stessa, sii te stessa, riscopri le tue origini, ravviva le tue radici. Nel corso dei secoli, hai ricevuto il tesoro della fede cristiana. Esso fonda la tua vita sociale sui principi tratti dal Vangelo e se ne scorgono le tracce dentro le arti, la letteratura, il pensiero e la cultura delle tue nazioni. Ma questa eredità non appartiene soltanto al passato; essa è un progetto per l’avvenire da trasmettere alle generazioni future, poiché è la matrice della vita delle persone e dei popoli che hanno forgiato insieme il Continente europeo.
[121] Non temere! Il Vangelo non è contro di te, ma è a tuo favore. Lo conferma la constatazione che l’ispirazione cristiana può trasformare l’aggregazione politica, culturale ed economica in una convivenza nella quale tutti gli europei si sentano a casa propria e formino una famiglia di Nazioni, cui altre regioni del mondo possono fruttuosamente ispirarsi.Abbi fiducia! Nel Vangelo, che è Gesù, troverai la speranza solida e duratura a cui aspiri. È una speranza fondata sulla vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte. Questa vittoria Egli ha voluto che sia tua per la tua salvezza e la tua gioia.

IL SEGNO DELL´APOCALISSE
[122] La vicenda storica della Chiesa è accompagnata da segni che sono sotto gli occhi di tutti, ma che chiedono di essere interpretati. Tra questi l’Apocalisse pone il segno grandioso apparso nel cielo, che parla di lotta tra la donna e il drago.
La donna vestita di sole che, soffrendo, sta per partorire (Ap 12, 1-2) può essere vista come l’Israele dei profeti che genera il Messia « destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro » (Ap 12, 5; cfr Sal 2, 9). Ma è anche la Chiesa, popolo della nuova Alleanza, in balia della persecuzione e tuttavia protetta da Dio. Il drago è « il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra » (Ap 12, 9). La lotta è impari: sembra avvantaggiato il dragone, tanta è la sua tracotanza di fronte alla donna inerme e sofferente. In realtà ad essere vincitore è il figlio partorito dalla donna. In questa lotta c’è una certezza: il grande drago è già stato sconfitto, « fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli » (Ap 12, 9). Lo hanno vinto il Cristo, Dio fatto uomo, con la sua morte e risurrezione, e i martiri « per mezzo del sangue dell’Agnello e grazie alla testimonianza del loro martirio » (Ap 12, 11). E anche quando il drago continuerà nella sua opposizione, non c’è da temere, perché la sua sconfitta è già avvenuta.
[123] Questa è la certezza che anima la Chiesa nel suo cammino, mentre nella donna e nel drago rilegge la sua storia di sempre.

L’EUROPA PER RIPARTIRE DEVE RECUPERARE I SUOI VALORI CRISTIANI E UMANI

http://www.zenit.org/article-31212?l=italian

L’EUROPA PER RIPARTIRE DEVE RECUPERARE I SUOI VALORI CRISTIANI E UMANI

Il discorso dell’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, agli ambasciatori dellUe

ROMA, venerdì, 15 giugno 2012 (ZENIT.org) – Riprendendolo da L’Osservatore Romano del 14 giugno, pubblichiamo il testo del discorso rivolto dall’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, agli ambasciatori dei Paesi dell’Unione europea accreditati presso la Santa Sede in occasione della fine del semestre della presidenza di turno danese. L’incontro si è svolto a Roma lunedì 11 giugno.
***
Eccellenze,
Distinti Signore e Signori,
Vorrei dedicare la conversazione odierna ad alcune riflessioni circa il futuro dell’Europa, in relazione al grave momento di crisi, anzitutto economica, che essa sta vivendo. Lo faccio partendo da una costatazione, che credo sia sotto gli occhi di tutti. Dopo il secondo conflitto mondiale, l’Europa ha dapprima conosciuto e poi sempre più considerato come acquisiti standard di vita elevati, senza precedenti nella sua storia plurimillenaria.
In modo forse un po’ semplicistico, potremmo dire che, inizialmente, l’aumento della qualità della vita è stato garantito attraverso la forte ripresa industriale post-bellica, lo sviluppo tecnologico e la crescita della popolazione.
Nel tempo tali fattori hanno diminuito la propria incidenza e così, per garantire gli standard raggiunti, si è ricorsi a diverse forme di indebitamento, che hanno caratterizzato, seppure con notevoli differenze tra Paese e Paese, sia il settore pubblico che il settore privato.
L’Europa soffre ora le conseguenze di quell’indebitamento, unito a un mercato del lavoro spesso rigido e a forti pressioni concorrenziali dall’esterno, che hanno spinto a una sempre più marcata delocalizzazione delle attività produttive. In anni recenti abbiamo constatato che il continente invecchia e produce sempre di meno.
Accanto a questi fattori, vi è una progressiva perdita di identità culturale e sociale dei popoli europei, alla quale si unisce, non di rado, una lontananza della società civile dalla politica, che con fatica riesce a svolgere il compito che le spetta, ovvero perseguire il bene comune.
A ciò si unisce una generale sfiducia, che riguarda anzitutto i mercati per la paura dell’insolvenza dei debitori, ma anche i cittadini nei confronti delle istituzioni, come pure, e forse in modo ancor più drammatico, i singoli di fronte al proprio futuro. In tale contesto, è facile indulgere nel pensiero che sia più conveniente ritornare al passato, quando ogni Stato godeva di una sovrana autonomia decisionale, senza dover rispondere ad altri delle proprie politiche.
Tale riflessione rischia di concretizzarsi se all’Europa viene a mancare quella spinta ideale, che l’ha animata sin dall’origine e che non è costituita dalla mera ricerca di un benessere materiale.
Recentemente è stato portato alla mia attenzione un importante discorso che Alcide De Gasperi tenne, qualche mese prima di morire, alla Conferenza Parlamentare Europea, il 21 aprile 1954. Esso si intitola: La nostra patria Europa (cfr. A. De Gasperi, Alcide De Gasperi e la politica internazionale, Cinque Lune, Roma 1990, vol. III 437-440).
In quella circostanza, il grande statista ebbe ad affermare che «la vera e solida garanzia della nostra unione consiste in un’idea architettonica che sappia dominare dalla base alla cima, armonizzando le tendenze in una prospettiva di comunanza di vita pacifica ed evolutiva».
Naturalmente i problemi e le sfide che De Gasperi aveva in mente erano ben diversi da quelle attuali. Si trattava di rafforzare un contesto di stabilità e di pace, minato dalle ferite della guerra mondiale e dal pericolo costituito dall’acuirsi del contrasto fra i blocchi contrapposti. Si trattava, altresì, di coniugare le diverse istanze economiche e sociali dominanti all’epoca: il liberismo capitalista da un lato, le rivendicazioni della classe operaia dall’altro.
Mutato il contesto, l’intuizione di De Gasperi rimane vera e attuale ancor oggi. Infatti, sebbene il cammino dell’unificazione europea abbia compiuto notevoli passi avanti da quel lontano 1954, l’attuale crisi economica, che attanaglia così gravemente il nostro continente, sembra riproporre, con drammatica attualità, il tema di quale architettura si voglia dare all’Europa per garantirle «una prospettiva di comunanza di vita pacifica ed evolutiva».
Nel corso dell’ultimo mezzo secolo, l’Europa ha ricercato una progressiva unificazione e coesione interna. Tale obiettivo è stato perseguito prima nell’Europa occidentale e, successivamente dalla fine del comunismo, ha determinato assai rapidamente quella orientale.
Scopo dichiarato di tale impresa era quello di evitare il ripetersi dei violenti conflitti che hanno insanguinato il continente nella prima metà del XX secolo. I principali mezzi per raggiungere l’obiettivo sono stati il mercato comune, la libera circolazione delle persone e la creazione di una moneta unica.
L’integrazione economica è stata, potremmo dire, la “via privilegiata”, scelta per evitare che i vari nazionalismi e particolarismi avessero ancora la meglio a danno dello sviluppo e della pace. Accanto alla ragionevolmente rapida unificazione economica, si è ricercata una non altrettanto veloce unificazione politica.
Certo esistono strutture e meccanismi comuni, il cui potere e la cui efficacia sono tuttavia più limitati. In altri termini, perno di questa architettura è stato quello di “indurre” un processo politico, a partire dagli strumenti economici.
Tuttavia, l’attuale momento storico rivela che in tale processo di unificazione è parimenti indispensabile un fondamento etico. La via per uscire dalla crisi non può meramente fondarsi sulla ricerca di soluzioni tecniche, seppure innovative, bensì trarre spunto dal background comune europeo, che vede nella figura e nella responsabilità della persona umana un’insostituibile risorsa.
Dunque, lo sviluppo dell’Europa non può prescindere dalla centralità della persona. Non si tratta di introdurre un principio religioso, ma di riconoscere, come fece De Gasperi, che «all’origine di questa civiltà europea si trova il cristianesimo» (Ibidem) e che i valori che la civiltà europea ritiene imprescindibili, e che comunemente chiamiamo “diritti umani”, trovano nella legge naturale la loro origine e nella tradizione cristiana la loro concreta espressione storica.
Per riprendere il proprio cammino con decisione, l’Europa deve partire anzitutto dall’uomo, più che dai mercati o dalle istituzioni. Ripartire dall’uomo significa innanzitutto favorire la vita e la famiglia. Politiche in favore della famiglia sono quanto mai indispensabili per garantire un futuro al continente.
Purtroppo, sembrano talvolta prevalere atteggiamenti ostili alla famiglia tradizionale, sia sotto forma di patrocinio di nuovi generi di unioni, che mediante l’assenza di adeguate forme di sostegno ai nuclei familiari, particolarmente di quelli più numerosi.
Sarebbe importante tenere presente quanto il Santo Padre ha ricordato recentemente a Milano, ovvero che «il vissuto familiare è la prima e insostituibile scuola delle virtù sociali, come il rispetto delle persone, la gratuità, la fiducia, la responsabilità, la solidarietà, la cooperazione» (Benedetto XVI, Omelia della S. Messa celebrata in occasione del VII Incontro mondiale delle famiglie, Milano, 3 giugno 2012).
Sono termini il cui significato è quanto mai indispensabile riscoprire, poiché l’attuale crisi ne ha messo in dubbio il significato. Si tratta di valori che trovano la loro gestazione nel contesto familiare, ma che da esso si irraggiano e illuminano l’intera vita sociale e civile.
Il Santo Padre li esplicita con profonda chiarezza e profetica attualità nella sua Enciclica Caritas in veritate, laddove ricorda che «senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca il mercato non può pienamente espletare la propria funzione economica» (n. 35).
Oggi più che mai l’Europa è chiamata a riguadagnare fiducia, anzitutto in se stessa e nelle proprie istituzioni, come pure nella volontà di portare avanti un progetto comune. Ciò permetterà a sua volta di riguadagnare la fiducia perduta dai mercati, la cui mancanza incide così pesantemente sulla popolazione del continente.
Si tratta anzitutto di riprendere un proficuo dialogo tra gli Stati membri, che pur ascoltando le istanze nazionali, sappia perseguire anche il bene e lo sviluppo dell’intera Unione. La fiducia è la strada per perseguire quella «comunanza di vita pacifica ed evolutiva», che De Gasperi definisce.
Naturalmente, tale comunanza, per essere effettiva, non può non avere di mira anche un incremento della solidarietà. Il suo esercizio è fondamentale non solo all’interno di ogni singola società, ma anche nei rapporti fra gli Stati, che si mostrano così disposti ad aiutarsi e sostenersi reciprocamente. La solidarietà esige la gratuità e il sacrificio di chi, essendo in una posizione di maggior forza, rinuncia a parte delle proprie prerogative per sostenere chi è più svantaggiato.
D’altra parte, chi è più debole non può adottare «un atteggiamento puramente passivo e distruttivo» (Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, n. 39), ma è chiamato a mostrare un profondo senso di responsabilità, impegnandosi, con altrettanto sacrificio, a porre rimedio alle cause che hanno determinato la propria condizione di debolezza.
Una delle sfide più importanti del momento presente è quella di favorire una ripresa dell’occupazione e della produzione. Da ciò dipende la possibilità di tornare a crescere. Il problema non sembra di facile soluzione, considerati i vincoli entro i quali si è chiamati ad agire e le risorse limitate di cui si dispone.
Tuttavia, non si tratta di una missione impossibile. Il suo esito positivo dipenderà in gran parte dalla disponibilità di ciascuno a offrire qualcosa di sé. Soprattutto, richiede di ripensare tutta quanta l’architettura europea, a partire dagli indirizzi che la guidano.
Un’Unione europea che trovi nei mercati il suo unico collante è destinata a fallire; un’Unione che riponga al centro l’uomo e le istanze che provengono dalla sua ricca e benefica tradizione è destinata a riuscire. Nessuno, infatti, sarà disposto a compiere sacrifici, senza un orizzonte ideale che a quei sacrifici dia una ragione e uno scopo.
Fiducia, solidarietà e responsabilità costituiscono così le parole chiave attraverso le quali l’Europa è chiamata, oggi più che mai, a guardare a se stessa. Esse devono informare non solo le relazioni interne dell’Unione, ma anche i rapporti che essa intrattiene con gli altri attori della scena mondiale, come pure nei riguardi di quei Paesi limitrofi, che ambiscono a far parte dell’Unione stessa.
Per «essere ancora faro di civiltà e stimolo di progresso per il mondo» (Giovanni Paolo II, Atto europeistico a Santiago de Compostela, 9 novembre 1982), l’Europa deve tornare «a vivere dei valori autentici che hanno reso gloriosa la sua storia e benefica la sua presenza negli altri continenti» (Ibidem). In tal modo, essa saprà anche affrontare con serenità le altre numerose sfide che la attendono, prima fra tutte quella del massiccio fenomeno delle migrazioni, che incide sempre più sul volto del continente.
L’integrazione dei migranti potrà costituire un’immensa ricchezza quanto più l’Europa saprà fondarsi sulle «radici comuni dalle quali è maturata la civiltà del vecchio continente, la sua cultura, il suo dinamismo, la sua operosità, la sua capacità di espansione costruttiva» (Ibidem).
Eccellenze,
Distinti Signore e Signori,
Trent’anni or sono, al termine del suo pellegrinaggio a Compostela, il beato Giovanni Paolo II aveva lanciato un monito, che risulta quanto mai attuale e opportuno: «Europa: Ritrova te stessa. Sii te stessa» (Ibidem). Confido che anche nelle attuali difficoltà, il nostro continente sappia ritrovare se stesso.
La riuscita di tale impresa dipenderà dalla misura con cui l’Europa saprà guardare con gratitudine e riconoscenza alle proprie origini, soprattutto dalla capacità di riproporre in modo costruttivo e creativo quei valori cristiani e umani, come la dignità della persona umana, il profondo sentimento della giustizia e della libertà, la laboriosità, lo spirito di iniziativa, l’amore alla famiglia, il rispetto della vita e il desiderio di cooperazione e di pace, che sono le note che la caratterizzano (cfr. Ibidem).

Publié dans:Europa cristiana |on 15 juin, 2012 |Pas de commentaires »

L’EUROPA SARÀ UNITA SE CRISTIANA E POPOLARE

http://www.zenit.org/article-30642?l=italian

L’EUROPA SARÀ UNITA SE CRISTIANA E POPOLARE

Un successo la manifestazione promossa da 300 comunità cristiane europee « Insieme per l’Europa »

ROMA, lunedì, 14 maggio 2012 (ZENIT.org).- Ponti, cammini, percorsi, strade. Sono molteplici le espressioni usate sabato 12 maggio in piazza del Campidoglio a Roma per raccontare i progetti dei movimenti cristiani per l’Europa.
Non si chiudono gli occhi di fronte alla crisi e ai drammi che attraversano il vecchio continente, ma i cristiani europei non si ritirano dalla storia, anzi le offrono testimonianze di riconciliazione nella famiglia, ideali declinati nella quotidianità che si fanno accoglienza di chi è straniero o solo: una fede capace di aprirsi alle altre religioni, una solidarietà che sa entrare nelle aziende e aprirle alla condivisione con i poveri.
La tappa romana di Insieme per l’Europa, la manifestazione che ha raccolto più di 300 comunità cristiane europee e giunta quest’anno alla terza edizione, parte dalle radici per guardare al presente dell’Unione e al suo futuro. “Non posso dimenticare quando le radici giudaico-cristiane dell’Europa furono cancellate, come se l’Unione potesse nascere da un marchingegno astratto: l’Europa ci sarà se avrà radici forte” ha dichiarato Gianni Alemanno, sindaco di Roma.
“L’Europa è l’unica area del mondo dove esiste lo stato sociale. L’unica riforma deve essere ispirata al principio di sussidiarietà. Lavorando sui valori, sostenendo la famiglia si costruisce l’Europa. Sono anni che si parla del quoziente familiare: questa sia la grande battaglia in cui la politica si è adattata alla famiglia” ha concluso.
E il primo input parte proprio dalle famiglie. Sara e Salvatore accolgono un disabile e un orfano ammalato. Da quest’accoglienza nasce l’esperienza della Tenda di Abramo, una casa alla periferia di Roma che accoglie decine di donne in difficoltà con bimbi a seguito. Poi è la volta di Rosalba, toccata in prima persona dalla malattia del figlio nel quartiere dell’Infernetto dà vita ad Happy time un’associazione che riunisce ben 70 famiglie di bambini con handicap.
L’accoglienza parla anche la lingua rom. Branco, con l’aiuto della comunità di Sant’Egidio intraprende un percorso fuori dai campi nomadi e trova lavoro in un ristorante: “Nessuno è felice di vivere per strada, il Vangelo mi ha cambiato, ma tutti dobbiamo cambiare rom e gaggè perché insieme possiamo dare un vero contributo al nostro paese.
Lo stesso chiede Nassima, musulmana: “Nel movimento Gente di pace scaturito dallo spirito di Assisi ho capito che si può vivere insieme e restare sconosciuti: il dialogo autentico e senza pregiudizi è la nostra sfida
Mentre il pastore valdese Samuel racconta del modello d’integrazione proposto dalla sua chiesa per giovani italiani e stranieri: formazione, scambio di esperienze diventano un ponte che unisce
La crisi e lo spread interrogano fortemente la piazza di Roma. I cristiani rispondono con due progetti già in atto e di successo: l’economia di comunione (aziende in rete che destinano un terzo degli utili ai poveri) e Fidelis (un criterio di valutazione etica delle aziende quotate in borsa per far conoscere un business alternativo).
In collegamento da Bruxelles Andrea Riccardi, fondatore della comunità di Sant’Egidio e ministro italiano ha sottolineato che “La più grande miseria europea è la solitudine e la mancanza di speranza. I cristiani sono il popolo dell’unità e della speranza. E i movimenti sono diversi proprio per unire e non per dividere. Nell’unità c’è un’anima cristiana e profondamente umana”
Maria Voce del Movimento dei focolari ha ricordato che “questa manifestazione è un modo nuovo di vedere l’Europa”. E ha aggiunto: “intensificare il rapporto con ogni persona che ci passa accanto fondandolo sul Vangelo contribuisce al bene e alla guarigione del pezzetto di umanità di cui facciamo parte”.
Il Manifesto finale, diretto alle istituzioni e ai cittadini dell’Europa sottolinea che: “L’unità europea non si fa solo tramite le istituzioni ma cresce soprattutto dal popolo, a partire dalla famiglia, dalla città, da economia e lavoro, da giustizia e pace”. E prosegue: “i giovani e gli adulti dei Movimenti e Comunità cristiane di “Insieme per l’Europa” si fanno promotori di un dinamismo di fraternità, di segni di speranza”.
Aderisce la piazza con entusiasmo, mentre arrivano scatenatissimi più di 300 ragazzi che con un festoso flashmob raccontano la loro Europa fatta soprattutto di accoglienza della diversità, di antirazzismo, di comportamenti sociali non violenti.
I giovani nelle due ore di concerto conclusivo osano anche parlare di santità e propongono come modello di giovane europea realizzata Chiara Luce Badano, la ragazza di Sassello, proclamata beata lo scorso settembre da Benedetto XVI
Promosso da: Azione Cattolica, Associazione Int.le Caterinati, Comunità di Sant’Egidio, Comunità Gesù Risorto, Comunità Nuovi Orizzonti, Comunità Quinta Dimensione, Comunità Vittoria di Dio, Cursillos de Cristianidad, Équipes Notre Dame, Istituzione Teresiana, Movimento dei Focolari, Movimento per un Mondo Migliore, Regnum Christi, Rinnovamento nello Spirito Santo, Turris Eburnea, ha visto l’adesione di circa 25 comunità e movimenti di Roma.
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Publié dans:Europa cristiana |on 14 mai, 2012 |Pas de commentaires »

LA FEDE CRISTIANA È ESSENZIALE PER UN’EUROPA SANA

dal sito:

http://www.zenit.org/article-28586?l=italian

LA FEDE CRISTIANA È ESSENZIALE PER UN’EUROPA SANA

ROMA, domenica, 6 novembre 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato giovedì 3 novembre, dal cardinale Péter Erdo, arcivescovo di Esztergom-Budapest (Ungheria) e presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE), in occasione dell’apertura dell’incontro dei vescovi cattolici orientali europei, che si conclude oggi, domenica 6 novembre, ad Oradea, in Romania.

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Beatitudini,
Eccellenze,
Cari confratelli,

L’incontro annuale dei vescovi cattolici orientali europei è sempre un’ottima occasione per incontrarci e condividere l’esperienza della nostra comune fede e delle sfide che ci sono proposte dal mondo contemporaneo. Il CCEE è molto lieto di poter appoggiare questi incontri proprio perché sono la testimonianza di una realtà molto importante della Chiesa Cattolica in Europa. Non a caso il Santo Padre ha proposto a tutta la Chiesa di pregare in questo mese: “Per le Chiese orientali cattoliche, affinché la loro venerabile tradizione sia conosciuta e stimata quale ricchezza spirituale per tutta la Chiesa”.
È stato scelto come tema principale per questi giorni la Nuova Evangelizzazione e la chiamata specifica rivolta alle chiese cattoliche orientali su come vivere nel mondo di oggi la propria identità di annunciatori del Vangelo. Durante l’Assemblea Plenaria del CCEE, svoltasi un mese fa in Albania, i rappresentanti delle chiese cattoliche europee, sia orientali che latini, hanno avuto l’opportunità di riflettere a livello continentale su questo tema, e, poi, l’anno venturo avremo il sinodo dei vescovi durante il quale potremo approfondire, insieme con il Santo Padre, il significato di questa chiamata. Siamo in un mondo molto secolarizzato e, paradossalmente, assetato di Dio e del senso della vita – come fare per portare l’annuncio di Cristo a chi sembra non esserne interessato? Oserei dire, più che un tema, la Nuova Evangelizzazione è un Kairos, nel quale tutti siamo chiamati a risvegliare la fede e a costruire comunità cristiane ben radicate nel Signore e forti nell’entusiasmo missionario. La Nuova Evangelizzazione non è per niente un metodo sociologico, ma significa quello sforzo missionario che è richiesto dove il cristianesimo è stato già annunciato, ma dove la cultura sta allontanandosi dalla fede.
Le chiese cattoliche orientali – ne sono convinto – hanno molto da offrire nella Nuova Evangelizzazione. Prima di tutto, in quasi tutti i paesi dell’Est Europeo, le chiese cattoliche orientali, per lunghi decenni, sono state completamente vietate, giuridicamente soppresse dal potere comunista. Venti anni fa si è aperta possibilità di riprendere l’evangelizzazione secondo la tradizione di queste chiese in tutti i paesi. In quest’ultimo periodo infatti è stata compiuta, per opera di queste chiese, e sopprattutto dello Spirito Santo, una specie di Nuova Evangelizzazione. Sono rinate le eparchie, i seminari hanno ripreso la loro attività, e si incontrano molte parrocchie vive. Pure nel campo del monachesimo e della cultura cattolica orientale vediamo una grande rinascita. Quindi queste chiese sono testimoni di una specie di Nuova Evangelizzazione.
Dall’altra parte l’uomo di oggi è molto sensibile e aperto agli effetti audiovisuali. Le chiese cattoliche orientali sono ricche di visualità e di bellezza del canto liturgico. Non è soltanto una moda che le icone sono molto richieste anche in occidente, ma è un segno di uno sviluppo culturale e antropologico. A questa situazione le chiese cattoliche orientali hanno una propria risposta che aiuta fortemente la trasmissione della fede all’uomo di oggi.
La fede cristiana, l’amore a Gesù e alla Sua Chiesa sono oggi, come sempre, essenziali per un’Europa sana, che sia capace di oltrepassare le sue crisi e di tenere insieme, senza omologazione, le diversità culturali e anche religiose.
Auguro giorni di lavoro intensi ma soprattutto profondi nella fede e nell’amicizia. Dio benedica questo incontro.

Publié dans:Cardinali, Europa cristiana |on 7 novembre, 2011 |Pas de commentaires »

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