Archive pour la catégorie 'ecumenismo'

Meditazione per il quarto giorno della Settimana di Preghiera

20/01/2008, dal sito:

http://www.zenit.org/article-13212?l=italian 

Meditazione per il quarto giorno della Settimana di Preghiera 

CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 20 gennaio 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il commento ai testi biblici scelti per il quarto giorno della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani (18-25 gennaio). 

Il testo fa parte del sussidio preparato per l’occasione dalla Commissione “Fede e Costituzione” del Consiglio Ecumenico delle Chiese e dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. 

 QUARTO GIORNO
Pregate sempre per la giustizia
“Non vendicatevi contro chi vi fa del male, ma cercate sempre
di fare il bene tra voi e con tutti” (1 Ts 5, 15) 

Esodo 3, 1-12
Dio ascolta il lamento degli Israeliti 

Salmo 146(145)
Il Signore [...] difende la causa dei perseguitati 

1 Tessalonicesi 5, 12a.13b-18
Non vendicatevi contro chi vi fa del male 

Matteo 5, 38-42
Non vendicatevi contro chi vi fa del male 

Commento:  

Insieme, come popolo di Dio, siamo chiamati a pregare per la giustizia. Dio ascolta il grido degli oppressi, dei bisognosi, dell’orfano e della vedova. Dio è un Dio di giustizia e offre la risposta in Gesù Cristo, Suo Figlio, che ci ammonisce a lavorare insieme, in unità, nella pace e non con la violenza. Anche Paolo enfatizza questo con le parole: “Non vendicatevi contro chi vi fa del male, ma cercate sempre di fare il bene fra voi e con tutti”. 

I cristiani pregano incessantemente per la giustizia, perché ogni singola persona venga trattata con dignità e riceva ciò che gli è dovuto, secondo giustizia, in questo mondo. Negli Stati Uniti d’America, l’ingiustizia della schiavitù degli Africani è terminata solo con una sanguinosa guerra civile, seguita da un secolo di razzismo, suffragato anche dallo stato. Persino le chiese erano divise secondo il colore della pelle. Tristemente, il razzismo e altre forme di intolleranza, come la paura per lo straniero, sono ancora lente a scomparire nella vita americana. 

Eppure è stato attraverso gli sforzi delle chiese, soprattutto quelle afro-americane e i loro partner ecumenici, e massimamente attraverso la resistenza non violenta del Reverendo Dottor Martin Luther King, Jr., che i diritti civili furono custoditi come un tesoro di tutti nella vita americana. La sua ferma e profonda convinzione che solo l’amore ad imitazione di Cristo può realmente vincere l’odio e trasformare la società, continua ad ispirare i cristiani, e li attira a lavorare insieme per la giustizia. Il giorno della nascita di Martin Luther King è festa nazionale negli Stati Uniti. Ogni anno questo anniversario ricorre in prossimità della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. 

Dio ascoltò e rispose al grido degli Israeliti. Dio continua ad ascoltare e rispondere oggi al pianto di quanti sono oppressi. Gesù ci ricorda che la giustizia di Dio è incarnata nella sua stessa volontà di sacrificare la propria natura, il proprio potere, il proprio prestigio e la sua stessa vita per portare al nostro mondo la giustizia e la riconciliazione, attraverso cui tutti gli esseri umani sono trattati da eguali in valore e dignità. 

Solo ascoltando e rispondendo al pianto degli oppressi possiamo camminare insieme nella strada verso l’unità. Questo si applica anche al Movimento ecumenico, laddove ci venga chiesto di andare “per due chilometri” oltre nella nostra disponibilità ad ascoltarci, ad abbandonare il proposito di vendetta, ad agire in carità. 


Preghiera: 

 Signore Dio,
Tu hai creato l’umanità, maschio e femmina ad immagine divina.
Noi ti preghiamo continuamente, con un’unica mente e un unico cuore,
affinché coloro che sono affamati in questo mondo possano essere nutriti,
coloro che sono oppressi possano essere liberati,
che tutte le persone possano essere trattate con la stessa dignità,
e che noi possiamo essere tuoi strumenti nel rendere questo desiderio una realtà.
Te lo chiediamo nel nome di Gesù Cristo nostro Signore. Amen. 

[Fonte: http://www.prounione.urbe.it] 

Publié dans:ecumenismo, ZENITH |on 21 janvier, 2008 |Pas de commentaires »

Meditazione per il secondo giorno della Settimana di Preghiera

18/01/2008, dal sito:

http://www.zenit.org/article-13195?l=italian

Meditazione per il secondo giorno della Settimana di Preghiera

CITTA’ DEL VATICANO, venerdì, 18 gennaio 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il commento ai testi biblici scelti per il secondo giorno della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani (18-25 gennaio). 

Il testo fa parte del sussidio preparato per l’occasione dalla Commissione “Fede e Costituzione” del Consiglio Ecumenico delle Chiese e dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.  SECONDO GIORNO
Pregate sempre, confidando solo in Dio
“In ogni circostanza ringraziate il Signore” (1 Ts 5, 18) 

1 Re 18, 20-40
Il Signore è Dio! È Lui il vero Dio! 
Salmo 23(22)
Il Signore è il mio pastore 
1 Tessalonicesi 5, 12a.13b-18
In ogni circostanza ringraziate il Signore 
Giovanni 11, 17-44
Padre, ti ringrazio perché mi hai ascoltato
 


Commento:
  
La preghiera è radicata nella fiducia che Dio è potente e fedele. Dio solo è colui che tiene tutto nelle sue mani, il presente e il futuro. La sua parola è credibile e veritiera. La storia di Elia nel Primo Libro dei Re dimostra irrevocabilmente l’unicità di Dio.  Elia rimprovera gli apostati che adorano Baal, il quale non risponde alle loro preghiere. Quando, invece, Elia prega l’unico Dio di Israele, la risposta è immediata e miracolosa. Avendo visto questo, il popolo converte nuovamente il proprio cuore a Dio. Il Salmo 33 è una intensa confessione di fiducia. Ritrae una persona che crede che Dio lo guidi e sia con lui anche nel buio e nelle situazioni di desolazione e oppressione.  Possiamo trovare circostanze che possono essere difficili, persino turbolente. Possiamo avere momenti di disperazione e sconforto. A volte sentiamo che Dio è nascosto. Ma Egli non è assente. Egli manifesterà la sua potenza liberatrice nella battaglia umana. Perciò, rendiamogli grazie in ogni circostanza. La resurrezione di Lazzaro dai morti è una delle scene più drammatiche riportate nel vangelo di Giovanni. È la manifestazione della potenza di Cristo di sciogliere i legami della morte ed è un’anticipazione della nuova creazione. In presenza del popolo, Cristo prega a voce alta, ringraziando suo Padre per le opere portentose che farà. L’opera salvifica di Dio Padre si compie in Cristo, cosicché tutti crederanno.  Il pellegrinaggio ecumenico è un modo per comprendere le meravigliose opere di Dio. Le comunità cristiane che sono state separate le une dalle altre si ritrovano. Esse scoprono la loro unità in Cristo e giungono a comprendere che sono, ciascuna, parte di una Chiesa e che hanno bisogno le une delle altre. 

La visione dell’unità può essere oscurata. Talvolta è minacciata dalla frustrazione e dalla tensione. Può sorgere il dubbio se noi cristiani siamo davvero chiamati a stare insieme. La nostra preghiera continua ci sostiene: guardiamo a Dio e confidiamo in lui. Confidiamo che Egli ancora opera in noi e ci condurrà verso la luce della sua vittoria. Il suo regno comincia con la nostra riconciliazione e con la progressiva unità. 
Preghiera: 
O Dio di tutta la creazione,
ascolta i tuoi figli che ti pregano.
Aiutaci a mantenere la fede e la fiducia in te.
Insegnaci a rendere grazie in ogni circostanza,
affidandoci alla tua misericordia.
Donaci verità e saggezza
cosicché la tua Chiesa possa sorgere a nuova vita nella comunione.
Tu solo sei la nostra speranza. Amen.
 

Publié dans:ecumenismo, preghiere, ZENITH |on 19 janvier, 2008 |Pas de commentaires »

La tradizione delle Chiese siriache, strumento di dialogo con l’islam

dal sito: 

http://www.asianews.it/index.php?l=it&art=10906&theme=3&size=A

 

27/11/2007 13:05
IRAQ – SIRIA

La tradizione delle Chiese siriache, strumento di dialogo con l’islam


Un incontro della Pro Oriente Forum Syriacum evidenzia il ruolo che la prurisecolare convivenza delle antiche Chiese della Mesopotamia con i musulmani può avere in materia di dialogo, testimonianza cristiana, coesistenza e cooperazione.

 

Salisburgo (AsiaNews) – Eredi di una plurisecolare tradizione di convivenza fianco a fianco con i musulmani, le Chiese di tradizione siriaca hanno ancora oggi un importante ruolo da svolgere in materia di dialogo, testimonianza cristiana, coesistenza e cooperazione. E’ la conclusione alla quale è giunto l’incontro svoltosi dal 14 al 16 novembre a Salisburgo, in Austria, su iniziativa della Pro Oriente, fondazione dell’arcidiocesi di Vienna, che nell’ottobre 2006 ha dato vita alla Pro Oriente Forum Syriacum. Essa riunisce studiosi della tradizione delle Chiese siriache ed ha l’obiettivo di promuoverne l’eredità e di lavorare per una migliore comprensione ed un reciproco arricchimento e di rafforzare la solidarietà. 

  

« Le Chiese siriache incontrano l’Islam: esperienze del passato e prospettive del futuro“, tema del primo incontro accademico, ha visto gli interventi di studiosi provenienti da Iraq, Siria, Stati Uniti, Austria, Germania, Olanda, Italia, India e Francia. 

  

Il quadro che ne è emerso parte dalla costatazione che, all’inizio, l’islam è entrato a stretto contatto con la cristianità dell’eredità e della tradizione siro-aramaica. L’antico periodo degli Umayyad è segnato da un atteggiamento aperto e tollerante verso i cristiani. Una delle ragioni prinicpali può essere stata nella necessità dei musulmani di ottenere le loro conoscenze economiche ed amministrative per governare ed organizzare i territori da poco conquistati (per esempio San Giovanni damasceno e suo padre). 

  

Nell’atteggiamento dei musulmani nei confronti dei cristiani, ben presto si manifesta una certa ambivalenza, dettata dalle cicostanze sociali e politiche: a volte maggiore apertura e tolleranza, altre maggiore aggressività ed anche oppressione. Questa ambivalenza è facilmente giustificata sulla base di differenti versetti coranici. 

  

I testi riguardo all’islam scritti in siriaco (circa 20) erano per lo più ad uso interno nelle comuità cristiane e riguardavano l’educazione ed il rafforzamento nella loro fede o aiutavano a rispondere ad alcune domande ed obiezioni avanzate dai musulmani. Quelli scritti in arabo, miravano a presentare i dogmi e la morale cristiani agli islamici. Alcuni di questi sono di natura apologetica, altri sono chiaramente polemici. 

  

Il periodo Abbaside, inaugura un tempo di ampia e fertile scambio culturale come conseguenza della diffusione della lingua araba. Su incarico dei califfi, (bayt al-hikma-casa della saggezza) numerosi cristiani di tradizione siriaca intrapresero una sistematica traduzione – specialmente di argomenti riguardanti scienze, filosofia e medicina – dal greco in arabo, attraverso il siriaco. In tal modo, la conoscenza del mondo greco-romano fu disponibile come uno die fondamenti della cultura arabo-islamica. E attraverso la presenza araba in Spagna, questa eredità fu trasmessa ai cristiani europei del Medio Evo. 

  

Nel XII e XIII secolo, dopo aver contribuito allo sviluppo della cultura araba, cristiani e musulmani sono vissuti in un comune ambiente culturale del quale condividevano i valori e le conquiste. Per esempio, il più famoso studioso siriaco occidentale del tempo, Bar Hebraeus, era capace di distinguere tra islam, come gruppo di credenti e come tradizione culturale e spirituale. 

  

Per il periodo ottomano, l’attenzione degli interventi e della discussione è stata centrata sull’applicazione del sistema Millet, come un nuovo concetto che definiva lo status delle comunità religiose non musulmane. Il sistema ha avuto un impatto molto profondo sull’identità delle diverse comunità cristiane. Ha lasciato segni permanenti nella mentalità della gente ed anche nelle istituzioni. Moli die problemi che i cristiani del giorno d’oggi incontrano nel mondo islamico non possono essere compresi se non si tiene conto dell’esperienza del sistema Millet, che è sopravvissuto, in un modo o nell’alto, nei moderni Stati a maggioranza islamica. Il suo reale impatto resta ambiguo e necessita di ulteriori ricerche. 

  

Il resoconto dell’esperienza indiana dell’islam culle coste malabaresi ha contribuito ad una più ampia comprensione della coesistenza cristiano-islamica. Esso ha anche illustrato come l’interferenza occidentale del periodo coloniale ha distrutto i modi tradizionali di convivenza. 

  

Nelle conclusioni dell’incontro di Salisburgo, oltre ad evidenziare l’importanza dell’esperienza siriaca e del ruolo che essa può svolgere nel presente, si è espressa la speranza che possa aiutare i cristiani siriaci a conservare meglio ed a far fruttificare la loro ricca eredità ed offrire il loro contributo, che è unico, per la ricerca dell’unità die cristiani e per la costruzione di un migliore e fraterno rapporto con i loro vicini musulmani. 

  

Alla conferenza di Salisburgo sono stati presentati i seguenti studi: 

Il dialogo islamico-cristiano nelle fonti siriache. Una introduzione (Mar Louis Sako, Kirkuk, Iraq); Il siriacismo nel Corano arabo (Sidney Griffith, Washington D.C., USA – letto in sua assenza); Le Chiese siriache nel periodo Umayyad (661-750) (Mor Gregorios Yohanna Ibrahim, Aleppo, Syria); Le risposte cristiane nel periodo Umayyad (661-750) (Dietmar W. Winkler, Salzburg, Austria); Il contributo della cristianità della Mesopotamia durante il periodo Abbaside (Mar Bawai Soro, California, USA – letto in assenza); Il rinascimento siriano. Un periodo di dialogo interreligioso ed interculturale? (Herman Teule, Nijmegen, Olanda); Lo status personale dei cristiani nell’Impero ottomano (1453-1923) (Mar Mikhael Al-Jamil, Roma, Italia); L’incontro tra le Chiese siriache e l’islam nel periodo ottomano: alcuni aspetti (Martin Tamcke, Göttingen, Germania); I rapporti tra cristiani e musulmane sulla costa malabarese (Baby Varghese, Kerala, India) e Le minoranze cristiane nei Paesi del Medio oriente: una traccia della situazione presente e delle prospettive future (Joseph Yacoub, Lyon, Francia). 

 

Publié dans:ecumenismo |on 28 novembre, 2007 |Pas de commentaires »

Cardinale Kasper: il documento della Dottrina della Fede è “un invito al dialogo”

dal sito:

http://www.zenit.org/article-11402?l=italian

 

 

Cardinale Kasper: il documento della Dottrina della Fede è “un invito al dialogo”

 Il porporato replica alle critiche mosse dalle comunità protestanti 

 

CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 11 luglio 2007 (ZENIT.org).-
La Dichiarazione della Congregazione per
la Dottrina della Fede dal titolo “Risposte a quesiti riguardanti alcuni aspetti circa
la Dottrina sulla Chiesa” è “un invito al dialogo”, sostiene il Cardinale Walter Kasper, Presidente del Pontificio Consiglio per
la Promozione dell’Unità dei Cristiani.

In una dichiarazione fatta pervenire a ZENIT, il poporato tedesco afferma che dopo “le prime reazioni a caldo di irritazione tra i cristiani protestanti”, “una seconda lettura più serena potrà mostrare, che il Documento non dice nulla di nuovo, ma espone e spiega, in un riassunto sintetico, la posizione già finora sostenuta dalla Chiesa Cattolica”.

“Non si è verificata una situazione nuova – osserva – e quindi non esiste nemmeno una ragione oggettiva di risentimento o motivi per sentirsi trattati bruscamente. Ogni dialogo presuppone chiarezza sulle diverse posizioni”.

Dopo la pubblicazione del documento vaticano, il Pastore Thomas Wipf, Presidente della Comunità delle Chiese Protestanti in Europa – che conta 105 chiese membro luterane, riformate, unite, metodiste dell’intero continente – ha infatti dichiarato che « un documento del genere manda segnali sbagliati”.

“Le sfide di questo mondo chiedono a gran voce che le chiese lavorino insieme. La comunione non è un obiettivo ideale, ma il nostro compito”, ha aggiunto, secondo quanto riferito dall’Agenzia stampa “NEV-notizie evangeliche”.

Mentre, il Segretario generale dell’Alleanza Riformata Mondiale, Setri Nyomi – secondo quanto riferito da “ICN-News” – ha scritto al Cardinale Kasper: “Preghiamo perché
la Chiesa cattolica vada al di là delle pretese esclusivistiche, in modo da portare avanti la causa dell’unità cristiana”.

Parlando delle comunità della Riforma, il porporato ha precisato che “sono stati proprio i partner protestanti” a richiedere “recentemente” un “ecumenismo dai ‘profili definiti’”.

Mentre “ora – ha sottolineato – la presente dichiarazione espone e pronuncia il profilo cattolico, cioè quello che dal punto di vista cattolico purtroppo ancora ci divide, questo non limita il dialogo ma anzi lo favorisce”.

“Una lettura attenta del testo – ha proseguito il Presidente del Dicastero pontificio – chiarisce che il Documento non dice che le Chiese protestanti non siano Chiese, bensì che esse non sono Chiese in senso proprio, cioè esse non sono Chiese nel senso in cui
la Chiesa cattolica si intende per Chiesa”.

Nel documento vaticano si legge che, “secondo la dottrina cattolica, queste Comunità non hanno la successione apostolica nel sacramento dell’Ordine, e perciò sono prive di un elemento costitutivo essenziale dell’essere Chiesa”.

Inoltre, aggiunge, “le suddette Comunità ecclesiali, che, specialmente a causa della mancanza del sacerdozio ministeriale, non hanno conservato la genuina e integra sostanza del Mistero eucaristico, non possono, secondo la dottrina cattolica, essere chiamate ‘Chiese’ in senso proprio”.

Infatti, ha sottolineato il Cardinale Kasper, “le Chiese evangeliche [...] ci tengono moltissimo ad avere un concetto di Chiesa e di ministero che, per contro, non risponde al concetto proprio dei cattolici”.

“Non è forse vero – si è chiesto il porporato – che il più recente documento evangelico su ‘Ministero e Ordinazione’ ha fatto qualcosa di simile, affermando che la comprensione cattolica di Chiesa e di Ministero, dal punto di vista protestante, non sia quella ‘propria’?”.

La Dichiarazione della Congregazione per
la Dottrina della Fede, ha ribadito, “non fa altro che evidenziare che noi usiamo la parola Chiesa attribuendo ad essa un significato che non è pienamente uguale”.


La Dichiarazione rende servizio alla chiarezza e di conseguenza al progresso del dialogo », ma “senz’altro – ha riconosciuto ancora – alla base del dialogo non vi è ciò che ci divide, ma ciò che ci unisce, e che è più grande di ciò che ci divide”.

“Pertanto non si deve sorvolare su quanto
la Dichiarazione afferma in modo positivo riguardo alle Chiese protestanti, e cioè che Gesù Cristo è effettivamente presente in esse per la salvezza dei loro membri”, ha tenuto a sottolineare.

“Quindi – è la considerazione finale del Cardinale Kasper –
la Dichiarazione non costituisce un regresso rispetto al progresso ecumenico già raggiunto”, ma “è un invito urgente a continuare un dialogo sereno”. 

 

Publié dans:ecumenismo |on 12 juillet, 2007 |Pas de commentaires »
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