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Papa Benedetto: Omelia del Papa nella Messa con i nuovi cardinali

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« FATEVI IMITATORI DI GESÙ »

Omelia del Papa nella Messa con i nuovi cardinali

CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 25 novembre 2012 (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito l’omelia tenuta questa mattina da papa Benedetto XVI durante la Messa con i nuovi cardinali, nella Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo.
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Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle!
La solennità odierna di Cristo Re dell’universo, coronamento dell’anno liturgico, si arricchisce dell’accoglienza nel Collegio Cardinalizio di sei nuovi Membri che, secondo la tradizione, ho invitato questa mattina a concelebrare con me l’Eucaristia. A ciascuno di essi rivolgo il mio più cordiale saluto, ringraziando il Cardinale James Michael Harvey per le cortesi parole rivoltemi a nome di tutti. Saluto gli altri Porporati e tutti i Presuli presenti, come pure le distinte Autorità, i Signori Ambasciatori, i sacerdoti, i religiosi e tutti i fedeli, specialmente quelli provenienti dalle Diocesi affidate alla guida pastorale dei nuovi Cardinali.
In quest’ultima domenica dell’anno liturgico la Chiesa ci invita a celebrare il Signore Gesù quale Re dell’universo. Ci chiama a rivolgere lo sguardo al futuro, o meglio in profondità, verso la meta ultima della storia, che sarà il regno definitivo ed eterno di Cristo. Egli era all’inizio con il Padre quando è stato creato il mondo, e manifesterà pienamente la sua signoria alla fine dei tempi, quando giudicherà tutti gli uomini. Le tre Letture di oggi ci parlano di questo regno. Nel brano evangelico che abbiamo ascoltato, tratto dal Vangelo di San Giovanni, Gesù si trova in una situazione umiliante – quella di accusato -, davanti al potere romano. E’ stato arrestato, insultato, schernito, e ora i suoi nemici sperano di ottenerne la condanna al supplizio della croce. L’hanno presentato a Pilato come uno che aspira al potere politico, come il sedicente re dei Giudei. Il procuratore romano compie la sua indagine e interroga Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?» (Gv 18,33). Rispondendo a questa domanda, Gesù chiarisce la natura del suo regno e della sua stessa messianicità, che non è potere mondano, ma amore che serve; Egli afferma che il suo regno non va assolutamente confuso con un qualsiasi regno politico: «Il mio regno non è di questo mondo … non è di quaggiù» (v. 36).
E’ chiaro che Gesù non ha nessuna ambizione politica. Dopo la moltiplicazione dei pani, la gente, entusiasmata dal miracolo, lo voleva prendere per farlo re, per rovesciare il potere romano e stabilire così un nuovo regno politico, che sarebbe stato considerato come il regno di Dio tanto atteso. Ma Gesù sa che il regno di Dio è di tutt’altro genere, non si basa sulle armi e sulla violenza. Ed è proprio la moltiplicazione dei pani che diventa, da un lato, segno della sua messianicità, ma, dall’altro, uno spartiacque nella sua attività: da quel momento il cammino verso la Croce si fa sempre più chiaro; lì, nel supremo atto di amore, risplenderà il regno promesso, il regno di Dio. Ma la folla non comprende, è delusa, e Gesù si ritira sul monte da solo a pregare, a parlare con il Padre (cfr Gv 6,1-15). Nel racconto della Passione vediamo come anche i discepoli, pur avendo condiviso la vita con Gesù e ascoltato le sue parole, pensavano ad un regno politico, instaurato anche con l’aiuto della forza. Nel Getsemani, Pietro aveva sfoderato la sua spada e iniziato a combattere, ma Gesù lo aveva fermato (cfr Gv 18,10-11). Egli non vuole essere difeso con le armi, ma vuole compiere la volontà del Padre fino in fondo e stabilire il suo regno non con le armi e la violenza, ma con l’apparente debolezza dell’amore che dona la vita. Il regno di Dio è un regno completamente diverso da quelli terreni.
Ed è per questo che davanti ad un uomo indifeso, fragile, umiliato, come è Gesù, un uomo di potere come Pilato rimane sorpreso; sorpreso perché sente parlare di un regno, di servitori. E pone una domanda che gli sarà sembrata paradossale: «Dunque tu sei re?». Che tipo di re può essere un uomo in quelle condizioni? Ma Gesù risponde in modo affermativo: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce» (18,37). Gesù parla di re, di regno, ma il riferimento non è al dominio, bensì alla verità. Pilato non comprende: ci può essere un potere che non si ottiene con mezzi umani? Un potere che non risponda alla logica del dominio e della forza? Gesù è venuto per rivelare e portare una nuova regalità, quella di Dio; è venuto per rendere testimonianza alla verità di un Dio che è amore (cfr 1 Gv 4,8.16) e che vuole stabilire un regno di giustizia, di amore e di pace (cfr Prefazio). Chi è aperto all’amore, ascolta questa testimonianza e l’accoglie con fede, per entrare nel regno di Dio.
Questa prospettiva la ritroviamo nella prima Lettura che abbiamo ascoltato. Il profeta Daniele predice il potere di un misterioso personaggio collocato tra cielo e terra: «Ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d’uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui. Gli furono dati potere, gloria e regno: tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano: il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai, e il suo regno non sarà mai distrutto» (7,13-14). Sono parole che prospettano un re che domina da mare a mare fino ai confini della terra, con un potere assoluto che non sarà mai distrutto. Questa visione del Profeta, una visione messianica, viene illuminata e trova la sua realizzazione in Cristo: il potere del vero Messia, potere che non tramonta mai e che non sarà mai distrutto, non è quello dei regni della terra che sorgono e cadono, ma è quello della verità e dell’amore. Con ciò comprendiamo come la regalità annunciata da Gesù nelle parabole e rivelata in modo aperto ed esplicito davanti al Procuratore romano, è la regalità della verità, l’unica che dà a tutte le cose la loro luce e la loro grandezza.
Nella seconda Lettura l’autore dell’Apocalisse afferma che anche noi partecipiamo alla regalità di Cristo. Nell’acclamazione rivolta a «Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue» dichiara che Cristo «ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre» (1,5-6). Anche qui è chiaro che si tratta di un regno fondato sulla relazione con Dio, con la verità, e non di un regno politico. Con il suo sacrificio, Gesù ci ha aperto la strada per un rapporto profondo con Dio: in Lui siamo diventati veri figli adottivi, siamo resi così partecipi della sua regalità sul mondo. Essere discepoli di Gesù significa, allora, non lasciarsi affascinare dalla logica mondana del potere, ma portare nel mondo la luce della verità e dell’amore di Dio. L’autore dell’Apocalisse allarga poi lo sguardo alla seconda venuta di Gesù per giudicare gli uomini e stabilire per sempre il regno divino, e ci ricorda che la conversione, come risposta alla grazia divina, è la condizione per l’instaurazione di questo regno (cfr 1,7). E’ un forte invito rivolto a tutti e a ciascuno: convertirsi sempre di nuovo al regno di Dio, alla signoria di Dio, della Verità, nella nostra vita. Lo invochiamo quotidianamente nella preghiera del « Padre nostro » con le parole « Venga il tuo regno », che è dire a Gesù: Signore facci essere tuoi, vivi in noi, raccogli l’umanità dispersa e sofferente, perché in Te tutto sia sottomesso al Padre della misericordia e dell’amore.
A voi, cari e venerati Fratelli Cardinali – penso in particolare a quelli creati ieri – viene affidata questa impegnativa responsabilità: dare testimonianza al regno di Dio, alla verità. Ciò significa far emergere sempre la priorità di Dio e della sua volontà di fronte agli interessi del mondo e alle sue potenze. Fatevi imitatori di Gesù, il quale, davanti a Pilato, nella situazione umiliante descritta dal Vangelo, ha manifestato la sua gloria: quella di amare sino all’estremo, donando la propria vita per le persone amate. Questa è la rivelazione del regno di Gesù. E per questo, con un cuore solo ed un’anima sola, preghiamo: «Adveniat regnum tuum». Amen.

Omelia del Papa nella Messa con i nuovi Cardinali per la consegna dell’anello

dal sito:

http://www.zenit.org/article-12656?l=italian 

 

Omelia del Papa nella Messa con i nuovi Cardinali per la consegna dell’anello

 CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 25 novembre 2007 (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito il testo dell’omelia pronunciata da Benedetto XVI questa domenica, solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo, nella Basilica vaticana presiedendo la concelebrazione eucaristica con i 23 nuovi Cardinali creati nel Concistoro di sabato, ai quali ha consegnato l’anello cardinalizio. 

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Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
illustri Signori e Signore,
cari fratelli e sorelle!

Quest’anno la solennità di Cristo Re dell’universo, coronamento dell’anno liturgico, è arricchita dall’accoglienza nel Collegio Cardinalizio di 23 nuovi membri, che, secondo la tradizione, ho invitato quest’oggi a concelebrare con me l’Eucaristia. A ciascuno di essi rivolgo il mio saluto cordiale, estendendolo con fraterno affetto a tutti i Cardinali presenti. Sono lieto, poi, di salutare le Delegazioni convenute da diversi Paesi e il Corpo Diplomatico presso la Santa Sede; i numerosi Vescovi e sacerdoti, i religiosi e le religiose e tutti i fedeli, specialmente quelli provenienti dalle Diocesi affidate alla guida pastorale di alcuni dei nuovi Cardinali.

La ricorrenza liturgica di Cristo Re offre alla nostra celebrazione uno sfondo quanto mai significativo, tratteggiato e illuminato dalle Letture bibliche. Ci troviamo come al cospetto di un imponente affresco con tre grandi scene: al centro, la Crocifissione, secondo il racconto dell’evangelista Luca; in un lato l’unzione regale di Davide da parte degli anziani d’Israele; nell’altro, l’inno cristologico con cui san Paolo introduce la Lettera ai Colossesi. Domina l’insieme la figura di Cristo, l’unico Signore, di fronte al quale siamo tutti fratelli. L’intera gerarchia della Chiesa, ogni carisma e ministero, tutto e tutti siamo al servizio della sua signoria.

Dobbiamo partire dall’avvenimento centrale: la Croce. Qui Cristo manifesta la sua singolare regalità. Sul Calvario si confrontano due atteggiamenti opposti. Alcuni personaggi ai piedi della croce, e anche uno dei due ladroni, si rivolgono con disprezzo al Crocifisso: Se tu sei il Cristo, il Re Messia – essi dicono –, salva te stesso scendendo dal patibolo. Gesù, invece, rivela la propria gloria rimanendo lì, sulla croce, come Agnello immolato. Con Lui si schiera inaspettatamente l’altro ladrone, che implicitamente confessa la regalità del giusto innocente ed implora: « Ricordati di me, quando entrerai nel tuo regno » (Lc 23,42). Commenta san Cirillo di Alessandria: « Lo vedi crocifisso e lo chiami re. Credi che colui che sopporta scherno e sofferenza giungerà alla gloria divina » (Commento a Luca, omelia 153). Secondo l’evangelista Giovanni la gloria divina è già presente, seppure nascosta dallo sfiguramento della croce. Ma anche nel linguaggio di Luca il futuro viene anticipato al presente quando Gesù promette al buon ladrone: « Oggi sarai con me nel paradiso » (Lc 23,43). Osserva sant’Ambrogio: « Costui pregava che il Signore si ricordasse di lui, quando fosse giunto nel suo Regno, ma il Signore gli rispose: In verità, in verità ti dico, oggi sarai con me nel Paradiso. La vita è stare con Cristo, perché dove c’è Cristo là c’è il Regno » (Esposizione del Vangelo secondo Luca, 10,121). L’accusa: « Questi è il re dei Giudei », scritta su una tavola inchiodata sopra il capo di Gesù, diventa così la proclamazione della verità. Nota ancora sant’Ambrogio: « Giustamente la scritta sta sopra la croce, perché sebbene il Signore Gesù fosse in croce, tuttavia splendeva dall’alto della croce con una maestà regale » (ivi, 10,113).

La scena della crocifissione, nei quattro Vangeli, costituisce il momento della verità, in cui si squarcia il « velo del tempio » e appare il Santo dei Santi. In Gesù crocifisso avviene la massima rivelazione di Dio possibile in questo mondo, perché Dio è amore, e la morte in croce di Gesù è il più grande atto d’amore di tutta la storia. Ebbene, sull’anello cardinalizio, che tra poco consegnerò ai nuovi membri del sacro Collegio, è raffigurata proprio la crocifissione. Questo, cari Fratelli neo-Cardinali, sarà sempre per voi un invito a ricordare di quale Re siete servitori, su quale trono Egli è stato innalzato e come è stato fedele fino alla fine per vincere il peccato e la morte con la forza della divina misericordia. La madre Chiesa, sposa di Cristo, vi dona questa insegna come memoria del suo Sposo, che l’ha amata e ha consegnato se stesso per lei (cfr Ef 5,25). Così, portando l’anello cardinalizio, voi siete costantemente richiamati a dare la vita per la Chiesa.

Se volgiamo lo sguardo alla scena dell’unzione regale di Davide, presentata dalla prima Lettura, ci colpisce un aspetto importante della regalità, cioè la sua dimensione « corporativa ». Gli anziani d’Israele vanno ad Ebron, stringono un patto di alleanza con Davide, dichiarando di considerarsi uniti a lui e di voler formare con lui una cosa sola. Se riferiamo questa figura a Cristo, mi sembra che questa stessa professione di alleanza si presti molto bene ad esser fatta propria da voi, cari Fratelli Cardinali. Anche voi, che formate il « senato » della Chiesa, potete dire a Gesù: « Noi ci consideriamo come tue ossa e tua carne » (2 Sam 5,1). Apparteniamo a Te, e con Te vogliamo formare una cosa sola. Sei Tu il pastore del Popolo di Dio, Tu sei il capo della Chiesa (cfr 2 Sam 5,2). In questa solenne Celebrazione eucaristica vogliamo rinnovare il nostro patto con Te, la nostra amicizia, perché solo in questa relazione intima e profonda con Te, Gesù nostro Re e Signore, assumono senso e valore la dignità che ci è stata conferita e la responsabilità che essa comporta.

Ci resta ora da ammirare la terza parte del « trittico » che la Parola di Dio ci pone dinanzi: l’inno cristologico della Lettera ai Colossesi. Anzitutto, facciamo nostro il sentimento di gioia e di gratitudine da cui esso scaturisce, per il fatto che il regno di Cristo, la « sorte dei santi nella luce », non è qualcosa di solo intravisto da lontano, ma è realtà di cui siamo stati chiamati a far parte, nella quale siamo stati « trasferiti », grazie all’opera redentrice del Figlio di Dio (cfr Col 1,12-14). Quest’azione di grazie apre l’animo di san Paolo alla contemplazione di Cristo e del suo mistero nelle sue due dimensioni principali: la creazione di tutte le cose e la loro riconciliazione. Per il primo aspetto la signoria di Cristo consiste nel fatto che « tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui … e tutte in lui sussistono » (Col 1,16). La seconda dimensione s’incentra sul mistero pasquale: mediante la morte in croce del Figlio, Dio ha riconciliato a sé ogni creatura, ha fatto pace tra cielo e terra; risuscitandolo dai morti lo ha reso primizia della nuova creazione, « pienezza » di ogni realtà e « capo del corpo » mistico che è la Chiesa (cfr Col 1,18-20). Siamo nuovamente dinanzi alla croce, evento centrale del mistero di Cristo. Nella visione paolina la croce è inquadrata all’interno dell’intera economia della salvezza, dove la regalità di Gesù si dispiega in tutta la sua ampiezza cosmica.

Questo testo dell’Apostolo esprime una sintesi di verità e di fede così potente che non possiamo non restarne profondamente ammirati. La Chiesa è depositaria del mistero di Cristo: lo è in tutta umiltà e senza ombra di orgoglio o arroganza, perché si tratta del dono massimo che ha ricevuto senza alcun merito e che è chiamata ad offrire gratuitamente all’umanità di ogni epoca, come orizzonte di significato e di salvezza. Non è una filosofia, non è una gnosi, sebbene comprenda anche la sapienza e la conoscenza. È il mistero di Cristo; è Cristo stesso, Logos incarnato, morto e risorto, costituito Re dell’universo. Come non provare un empito di entusiasmo colmo di gratitudine per essere stati ammessi a contemplare lo splendore di questa rivelazione? Come non sentire al tempo stesso la gioia e la responsabilità di servire questo Re, di testimoniare con la vita e con la parola la sua signoria? Questo è, in modo particolare, il nostro compito, venerati Fratelli Cardinali: annunciare al mondo la verità di Cristo, speranza per ogni uomo e per l’intera famiglia umana. Sulla scia del Concilio Ecumenico Vaticano II, i miei venerati Predecessori, i Servi di Dio Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II, sono stati autentici araldi della regalità di Cristo nel mondo contemporaneo. Ed è per me motivo di consolazione poter contare sempre su di voi, sia collegialmente che singolarmente, per portare a compimento anch’io tale compito fondamentale del ministero petrino.

Strettamente unito a questa missione è un aspetto che vorrei, in conclusione, toccare e affidare alla vostra preghiera: la pace tra tutti i discepoli di Cristo, come segno della pace che Gesù è venuto a instaurare nel mondo. Abbiamo ascoltato nell’inno cristologico la grande notizia: a Dio è piaciuto « rappacificare » l’universo mediante la croce di Cristo (cfr Col 1,20)! Ebbene, la Chiesa è quella porzione di umanità in cui si manifesta già la regalità di Cristo, che ha come manifestazione privilegiata la pace. È la nuova Gerusalemme, ancora imperfetta perché pellegrina nella storia, ma in grado di anticipare, in qualche modo, la Gerusalemme celeste. Qui possiamo, infine, riferirci al testo del Salmo responsoriale, il 121: appartiene ai cosiddetti « canti delle ascensioni » ed è l’inno di gioia dei pellegrini che, giunti alle porte della città santa, le rivolgono il saluto di pace: shalom! Secondo un’etimologia popolare Gerusalemme veniva interpretata proprio come « città della pace », quella pace che il Messia, figlio di Davide, avrebbe instaurato nella pienezza dei tempi. In Gerusalemme noi riconosciamo la figura della Chiesa, sacramento di Cristo e del suo Regno.

Cari Fratelli Cardinali, questo Salmo esprime bene l’ardente canto d’amore per la Chiesa che voi certamente portate nel cuore. Avete dedicato la vostra vita al servizio della Chiesa, ed ora siete chiamati ad assumere in essa un compito di più alta responsabilità. Trovino in voi piena adesione le parole del Salmo: « Domandate pace per Gerusalemme »! (v. 6). La preghiera per la pace e l’unità costituisca la vostra prima e principale missione, affinché la Chiesa sia « salda e compatta » (v. 3), segno e strumento di unità per tutto il genere umano (cfr Lumen gentium, 1). Pongo, anzi, tutti insieme poniamo questa vostra missione sotto la vigile protezione della Madre della Chiesa, Maria Santissima. A Lei, unita al Figlio sul Calvario e assunta come Regina alla sua destra nella gloria, affidiamo i nuovi Porporati, il Collegio Cardinalizio e l’intera Comunità cattolica, impegnata a seminare nei solchi della storia il Regno di Cristo, Signore della vita e Principe della pace. 

 

Publié dans:CONCISTORO, Papa Benedetto XVI |on 27 novembre, 2007 |Pas de commentaires »

Omelia del Papa per la creazione di 23 nuovi Cardinali

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Omelia del Papa per la creazione di 23 nuovi Cardinali

 CITTA’ DEL VATICANO, sabato, 24 novembre 2007 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il testo dell’omelia pronunciata da Benedetto XVI in occasione del Concistoro Ordinario Pubblico svoltosi questo sabato nella Basilica di San Pietro per la creazione di 23 nuovi Cardinali. 

Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle!

 In questa Basilica Vaticana, cuore del mondo cristiano, si rinnova quest’oggi un significativo e solenne evento ecclesiale: il Concistoro ordinario pubblico per la creazione di 23 nuovi Cardinali, con l’imposizione della berretta e l’assegnazione del titolo. E’ un evento che suscita ogni volta un’emozione speciale, e non solo in coloro che con questi riti vengono ammessi a far parte del Collegio Cardinalizio, ma in tutta la Chiesa, lieta per questo eloquente segno di unità cattolica. La cerimonia stessa nella sua struttura pone in rilievo il valore del compito che i nuovi Cardinali sono chiamati a svolgere cooperando strettamente con il Successore di Pietro, e invita il popolo di Dio a pregare perché nel loro servizio questi nostri Fratelli rimangano sempre fedeli a Cristo sino al sacrificio della vita se necessario, e si lascino guidare unicamente dal suo Vangelo. Ci stringiamo pertanto con fede attorno a loro ed eleviamo innanzitutto al Signore il nostro orante ringraziamento. 

In questo clima di gioia e di intensa spiritualità porgo con affetto il mio saluto a ciascuno di voi, cari Fratelli, che da oggi siete membri del Collegio Cardinalizio, scelti per essere, secondo una antica istituzione, i più vicini consiglieri e collaboratori del Successore di Pietro nella guida della Chiesa. Saluto e ringrazio l’Arcivescovo Leonardo Sandri, che a vostro nome mi ha indirizzato cortesi e devote espressioni, sottolineando nel contempo il significato e l’importanza del momento ecclesiale che stiamo vivendo. Desidero, inoltre, rivolgere un doveroso pensiero al compianto Mons. Ignacy Jeæ, che il Dio di ogni grazia ha chiamato a sé appena prima della nomina, per offrirgli ben altra corona: quella della gloria eterna in Cristo. Il mio saluto cordiale va poi ai Signori Cardinali presenti e anche a quelli che non hanno potuto essere fisicamente con noi, ma sono a noi idealmente uniti. La celebrazione del Concistoro è sempre una provvidenziale occasione per offrire urbi et orbi, alla città di Roma e al mondo intero, la testimonianza di quella singolare unità che stringe i Cardinali attorno al Papa, Vescovo di Roma. In così solenne circostanza mi è caro altresì rivolgere un saluto rispettoso e deferente alle Rappresentanze governative e alle Personalità qui convenute da ogni parte del mondo, come pure ai familiari, agli amici, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose e ai fedeli delle singole Chiese locali da cui provengono i neo-Porporati. Saluto, infine, tutti coloro che si sono qui raccolti per fare ad essi corona ed esprimere in festosa letizia la loro stima e il loro affetto. 

Con l’odierna celebrazione, voi, cari Fratelli, venite inseriti a pieno titolo nella veneranda Chiesa di Roma, di cui il Successore di Pietro è il Pastore. Nel Collegio dei Cardinali rivive così l’antico presbyterium del Vescovo di Roma, i cui componenti, mentre svolgevano funzioni pastorali e liturgiche nelle varie chiese, non gli facevano mancare la loro preziosa collaborazione per quanto riguardava l’adempimento dei compiti connessi con il suo universale ministero apostolico. I tempi sono mutati e la grande famiglia dei discepoli di Cristo è oggi disseminata in ogni continente sino agli angoli più remoti della terra, parla praticamente tutte le lingue del mondo e ad essa appartengono popoli di ogni cultura. La diversità dei membri del Collegio Cardinalizio, sia per provenienza geografica che culturale, pone in rilievo questa crescita provvidenziale ed evidenzia al tempo stesso le mutate esigenze pastorali a cui il Papa deve rispondere. L’universalità, la cattolicità della Chiesa ben si riflette pertanto nella composizione del Collegio dei Cardinali: moltissimi sono Pastori di comunità diocesane, altri sono al diretto servizio della Sede Apostolica, altri ancora hanno reso benemeriti servizi in specifici settori pastorali. 

Ognuno di voi, cari e venerati Fratelli neo-Cardinali, rappresenta dunque una porzione dell’articolato Corpo mistico di Cristo che è la Chiesa diffusa dappertutto. So bene quanta fatica e sacrificio comporti oggi la cura delle anime, ma conosco la generosità che sostiene la vostra quotidiana attività apostolica. Per questo, nella circostanza che stiamo vivendo, mi è caro confermarvi il mio sincero apprezzamento per il servizio fedelmente prestato in tanti anni di lavoro nei diversi ambiti del ministero ecclesiale, servizio che ora, con l’elevazione alla porpora, siete chiamati a compiere con ancor più grande responsabilità, in strettissima comunione con il Vescovo di Roma. Penso ora con affetto alle comunità affidate alle vostre cure e, in maniera speciale, a quelle più provate dalla sofferenza, da sfide e difficoltà di vario genere. Tra queste, come non volgere lo sguardo con apprensione ed affetto, in questo momento di gioia, alle care comunità cristiane che si trovano in Iraq? Questi nostri fratelli e sorelle nella fede sperimentano nella propria carne le conseguenze drammatiche di un perdurante conflitto e vivono al presente in una quanto mai fragile e delicata situazione politica. Chiamando ad entrare nel Collegio dei Cardinali il Patriarca della Chiesa Caldea ho inteso esprimere in modo concreto la mia vicinanza spirituale e il mio affetto per quelle popolazioni. Vogliamo insieme, cari e venerati Fratelli, riaffermare la solidarietà della Chiesa intera verso i cristiani di quella amata terra e invitare ad invocare da Dio misericordioso, per tutti i popoli coinvolti, l’avvento dell’auspicata riconciliazione e della pace. 

Abbiamo ascoltato poco fa la Parola di Dio che ci aiuta a meglio comprendere il momento solenne che stiamo vivendo. Nel brano evangelico Gesù ha appena ricordato per la terza volta la sorte che lo attende a Gerusalemme, ma l’arrivismo dei discepoli prende il sopravvento sulla paura che per un attimo li aveva assaliti. Dopo la confessione di Pietro a Cesarea e la discussione lungo la strada su chi di loro fosse il più grande, l’ambizione spinge i figli di Zebedeo a rivendicare per se stessi i posti migliori nel regno messianico, alla fine dei tempi. Nella corsa ai privilegi, i due sanno bene quello che vogliono, così come gli altri dieci, nonostante la loro « virtuosa » indignazione. In realtà però non sanno quello che stanno chiedendo. E’ Gesù a farlo loro comprendere, parlando in termini ben diversi del « ministero » che li attende. Egli corregge la concezione grossolana del merito, che essi hanno, secondo la quale l’uomo può acquistare dei diritti nei confronti di Dio. 

L’evangelista Marco ci ricorda, cari e venerati Fratelli, che ogni vero discepolo di Cristo può aspirare ad una cosa sola: a condividere la sua passione, senza rivendicare alcuna ricompensa. Il cristiano è chiamato ad assumere la condizione di « servo » seguendo le orme di Gesù, spendendo cioè la sua vita per gli altri in modo gratuito e disinteressato. Non la ricerca del potere e del successo, ma l’umile dono di sé per il bene della Chiesa deve caratterizzare ogni nostro gesto ed ogni nostra parola. La vera grandezza cristiana, infatti, non consiste nel dominare, ma nel servire. Gesù ripete quest’oggi a ciascuno di noi che Egli «non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10,45). Ecco l’ideale che deve orientare il vostro servizio. Cari Fratelli, entrando a far parte del Collegio dei Cardinali, il Signore vi chiede e vi affida il servizio dell’amore: amore per Dio, amore per la sua Chiesa, amore per i fratelli con una dedizione massima ed incondizionata, usque ad sanguinis effusionem, come recita la formula per l’imposizione della berretta e come mostra il colore rosso degli abiti che indossate. 

Siate apostoli di Dio che è Amore e testimoni della speranza evangelica: questo attende da voi il popolo cristiano. L’odierna cerimonia sottolinea la grande responsabilità che pesa al riguardo su ciascuno di voi, venerati e cari Fratelli, e che trova conferma nelle parole dell’apostolo Pietro che abbiamo poc’anzi ascoltato: «Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi» (1 Pt 3,15). Una tale responsabilità non esime dai rischi ma, ricorda ancora san Pietro, «è meglio, se così vuole Dio, soffrire operando il bene piuttosto che fare il male» (1 Pt 3,17). Cristo vi domanda di confessare davanti agli uomini la sua verità, di abbracciare e condividere la sua causa; e di compiere tutto questo «con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza» (1 Pt 3,15-16), cioè con quell’umiltà interiore che è frutto della cooperazione con la grazia di Dio. 

Cari fratelli e sorelle, domani, in questa stessa Basilica, avrò la gioia di celebrare l’Eucaristia, nella solennità di Cristo Re dell’universo, insieme con i nuovi Cardinali, e ad essi consegnerò l’anello. Sarà un’occasione quanto mai importante ed opportuna per riaffermare la nostra unità in Cristo e per rinnovare la comune volontà di servirlo con totale generosità. Accompagnateli con la vostra preghiera, perché al dono ricevuto rispondano con dedizione piena e costante. A Maria, Regina degli Apostoli, ci rivolgiamo ora con fiducia. La sua spirituale presenza, oggi, in questo singolare cenacolo, sia pegno per i nuovi Cardinali e per tutti noi della costante effusione dello Spirito Santo che guida la Chiesa nel suo cammino nella storia. Amen! 

Publié dans:CONCISTORO, Papa Benedetto XVI |on 27 novembre, 2007 |Pas de commentaires »

Cardinali: Andre Vinght-Trois e Emmanuel III

Cardinali: Andre Vinght-Trois e Emmanuel III dans CONCISTORO

New cardinal Andre Vingt-Trois of France receives the biretta, a four-cornered red hat, from Pope Benedict XVI during the Consistory ceremony in Saint Peter’s Basilica at the Vatican November 24, 2007. Pope Benedict, elevating 23 prelates from around the world to the elite rank of cardinal, made a pressing appeal on Saturday for an end to the war in Iraq and decried the plight of the country’s Christian minority. REUTERS/Tony Gentile (ITALY)

http://fe13.news.re3.yahoo.com/photos/ss/events/wl/033002pope/im:/071124/ids_photos_wl/r3638531505.jpg;_ylt=At34KD8f.5XknC5lFf.R0UtgWscF

 dans CONCISTORO

Iraq’s newly appointed cardinal Emmanuel III Delly gets his red hat — symbolising the blood of the martyrs — from Pope Benedict XVI at the Vatican. Twenty-three new cardinals knelt before the pontiff to accept their birettas — square red hats — during a time-honoured ceremony inducting them into the elite body that advises and elects popes.(AFP/Christophe Simon)

http://fe13.news.re3.yahoo.com/photos/ss/events/wl/033002pope/im:/071124/photos_wl_afp/58d60521e8a2532bf29048e7dedaadb3;_ylt=At34KD8f.5XknC5lFf.R0UtgWscF

Publié dans:CONCISTORO |on 24 novembre, 2007 |Pas de commentaires »

Papa: ai 23 nuovi cardinali, sappiate essere “servi” di amore

da Asia News: 

http://www.asianews.it/index.php?l=it&art=10888&theme=3&size=A

24/11/2007 12:07 


VATICANO 

Papa: ai 23 nuovi cardinali, sappiate essere “servi” di amore

Nella solenne cerimonia in San Pietro, Benedetto XVI ricorda le sofferenze dei cristiani del Medio Oriente ed in particolare dell’Iraq. Con la “creazione”, dei nuovi porporati il Collegio cardinalizio è composto di 201 cardinali, 120 dei quali sono “elettori”, potrebbero cioè eleggere il nuovo papa.

Città del Vaticano (AsiaNews) – La Chiesa cattolica ha 23 nuovi cardinali. Una cerimonia suggestiva, con più di 100 porporati e centinaia di vescovi, scandita dalle formule latine e dai canti ha segnato il loro ingresso in quello che un tempo era il clero romano ed oggi rappresenta l’universalità della Chiesa. Amore, dedizione, fedeltà, servizio: sono le virtù che, nelle parole che il Papa ha rivolto loro oggi, debbono caratterizzare l’operato di chi, nell’abito, mostra l’impegno a servire il Vangelo fino “all’effusione del sangue”, come recita la formula latina del giuramento.   

A rendere concreto il richiamo, sia Benedetto XVI che il neo-cardinale Leonardo Sandri, che a nome dei nuovi porporati lo ha ringraziato, hanno evocato le sofferenze che colpiscono i cristiani in tante parti del mondo e specialmente in Iraq, le violazioni alla libertà di religione, le offese alla dignità dell’uomo.   

Cerimonia solenne, dunque, nella basilica di San Pietro, per il secondo Concistoro ordinario pubblico per la creazione di cardinali – come recita la denominazione ufficiale – di Benedetto XVI. Rito nel corso del quale il Papa “crea” il cardinale e gli consegna la berretta, ossia il cappello e gli assegna il “titolo” ossia la titolarità di una chiesa di Roma. In tal modo essi divengono formalmente parte di quel clero romano al quale da sempre spetta la scelta del vescovo della città, che è il papa. Domani, nel corso della messa che i nuovi porporati celebreranno con Benedetto XVI, quest’ultimo consegnerà loro l’anello.   

Oggi, come ha notato il Papa, “i tempi sono mutati e la grande famiglia dei discepoli di Cristo è disseminata in ogni continente”. “La diversità dei membri del Collegio Cardinalizio, sia per provenienza geografica che culturale, – ha proseguito – pone in rilievo questa crescita provvidenziale ed evidenzia al tempo stesso le mutate esigenze pastorali a cui il Papa deve rispondere. L’universalità, la cattolicità della Chiesa ben si riflette pertanto nella composizione del Collegio dei Cardinali”. In effetti, con le nuove nomine, esso è composto di 201 membri, 120 dei quali, non avendo ancora compiuto 80 anni, potrebbero entrare in un conclave per l’elezione del papa. Dei 201 cardinali, 104 sono europei, 20 dell’America settentrionale, 34 dell’America latina, 18 africani, 21 asiatici e 4 dell’Oceania. Gli asiatici provengono da India (6), Filippine (3), Vietnam (2), Corea (2). Giappone, Thailandia, Indonesia, Siria, Cina, Taiwan, Libano ed Iraq ne hanno uno ciascuno. Vengono dall’Asia due dei nuovi cardinali, l’indiano Oswald Gracias e l’iracheno Emmanuel III Delly.   

Proprio riferendosi a quest’ultimo, il Papa ha parlato delle “care comunità cristiane che si trovano in Iraq”. “Questi nostri fratelli e sorelle nella fede – ha aggiunto – sperimentano nella propria carne le conseguenze drammatiche di un perdurante conflitto e vivono al presente in una quanto mai fragile e delicata situazione politica. Chiamando ad entrare nel Collegio dei Cardinali il Patriarca della Chiesa Caldea – ha detto ancora – ho inteso esprimere in modo concreto la mia vicinanza spirituale e il mio affetto per quelle popolazioni. Vogliamo insieme, cari e venerati Fratelli, riaffermare la solidarietà della Chiesa intera verso i cristiani di quella amata terra e invitare ad invocare da Dio misericordioso, per tutti i popoli coinvolti, l’avvento dell’auspicata riconciliazione e della pace”. Dell’Iraq, poco prima, il card. Sandri aveva evocato “lacrime e sangue” e il “doloroso esodo di tanti cristiani dalla terra che vide un tempo partire Abramo”.   

A tutti i nuovi cardinali, Benedetto XVI ha ricordato che “ogni vero discepolo di Cristo può aspirare ad una cosa sola: a condividere la sua passione, senza rivendicare alcuna ricompensa. Il cristiano è chiamato ad assumere la condizione di ‘servo’ seguendo le orme di Gesù, spendendo cioè la sua vita per gli altri in modo gratuito e disinteressato. Non la ricerca del potere e del successo, ma l’umile dono di sé per il bene della Chiesa deve caratterizzare ogni nostro gesto ed ogni nostra parola. La vera grandezza cristiana, infatti, non consiste nel dominare, ma nel servire”.   

“Cari Fratelli – ha detto poi – entrando a far parte del Collegio dei Cardinali, il Signore vi chiede e vi affida il servizio dell’amore: amore per Dio, amore per la sua Chiesa, amore per i fratelli con una dedizione massima ed incondizionata, usque ad sanguinis effusionem, come recita la formula per l’imposizione della berretta e come mostra il colore rosso degli abiti che indossate. Siate apostoli di Dio che è Amore e testimoni della speranza evangelica: questo attende da voi il popolo cristiano”.    

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Suggestioni e colori del Concistoro.

dal sito:

http://www.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=169415

Suggestioni e colori del Concistoro. Il saluto del Papa ai fedeli in Piazza San Pietro: la Chiesa abbraccia tutti i popoli 

La commozione per la situazione della Chiesa in Iraq ha caratterizzato in modo particolare la creazione dei nuovi cardinali presieduta da Benedetto XVI. Ritorniamo allora su questo e sugli aspetti salienti della cerimonia di stamattina nel racconto di Alessandro De Carolis:

(canto)

(In latino: Benedetto XVI chiama i neo-cardinali)
Ogni applauso è l’eco di un affetto e un segno di riconoscenza. Ma in quello, più simile a un’ovazione, che riverbera nella Basilica al nome del patriarca di Babilonia dei Caldei, Emmanuel III Delly, è celata anche l’eco di un dolore che viene da lontano, e il segno è quello impresso per emblema sul rosso della veste patriarcale: il colore del “sangue” e delle “lacrime” del popolo iracheno, dei cristiani rimasti in Iraq e di quelli resi senza terra da un conflitto che da anni demolisce la terra di Abramo. E’ qui, in questo squarcio di consapevole durezza che irrompe nella solennità del rito, la nota simbolica più intensa del Concistoro dell’anno 2007. La pioggia minacciata ma rimasta solo nelle previsioni ha dato un inconsapevole contributo allo svolgersi di una cerimonia altamente suggestiva, prevista inizialmente in Piazza San Pietro – comunque affollata – ma poi per precauzione spostata nella splendida cornice della Basilica, anch’essa stipata di fedeli e oggi simmetricamente suddivisa, nelle prime file, dal rosso dei cardinali, a sinistra dell’altare della Cattedra, e a destra dal viola dei presuli.
Due tonalità e due simmetrie che danno l’idea del succedersi gerarchico e dell’unità con il Pontefice, significato questo che oggi, più di ogni altra circostanza – specie nel rapporto privilegiato tra il Papa e le porpore – è al centro dei pensieri di Benedetto XVI e dei 23 nuovi cardinali. Le nuove nomine riportano a 120 il numero degli elettori, secondo il limite stabilito da Paolo VI, ma soprattutto portano a 69 Paesi i Paesi rappresentati qui, a fianco del Papa, nel cuore Chiesa universale. Uomini che hanno dimostrato di aver servito con dedizione la causa del Vangelo e che oggi – come reciterà alla fine una intenzione della preghiera universale – devono considerare “la dignità alla quale sono stati chiamati, come segno che sollecita un più grande amore per la Chiesa”. Una responsabilità espressa con le parole dell’antica formula latina: “Prometto e giuro di rimanere, da ora e per sempre finché avrò vita, fedele a Cristo e al suo Vangelo…”.
(In latino: formula di giuramento dei cardinali)
L’applauso torna a riempire le volte di San Pietro quando, uno alla volta, i nuovi cardinali vanno ad inginocchiarsi davanti a Benedetto XVI, ricevono da lui la berretta rossa e il possesso di una Chiesa romana, dove si recano subito dopo. Negli occhi di chi è presente e di chi guarda la cerimonia in televisione resta l’abbraccio, prolungato, commosso, del Papa con il patriarca Delly. Un abbraccio che si prolunga idealmente quando poco dopo, tra lo sventolio di molte bandiere irachene, Benedetto XVI rivolge questo suo saluto alla folla della Piazza:
« Cari fratelli e sorelle! Benvenuti qui! Grazie per la vostra presenza, per la vostra partecipazione a questo importante evento della Chiesa cattolica, la creazione di nuovi cardinali, che riflettono l’universalità della Chiesa, la sua cattolicità. La Chiesa parla in tutte le lingue, abbraccia tutti i popoli, tutte le culture e preghiamo che il Signore benedica questi nuovi cardinali. A voi tutti auguro una buona domenica, buon ritorno! Grazie per la vostra presenza! » .
(applausi)
Oggi pomeriggio, dalle 16.30 alle 18.30, si svolgeranno le tradizionali visite di cortesia ai nuovi cardinali. Domani mattina, come abbiamo già detto, il Papa presiederà nella Basilica Vaticana la Santa Messa con i nuovi porporati ai quali consegnerà l’anello cardinalizio. La Radio Vaticana trasmetterà la cronaca dell’evento a partire dalle 10.20 sulle consuete frequenze con commenti in italiano, francese, tedesco, inglese, spagnolo e portoghese.

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Concistoro: I nuovi Cardinali

dal sito Vaticano:

 

http://www.vatican.va/news_services/liturgy/2007/documents/ns_lit_doc_20071124_titoli_it.htm

 

CONCISTORO ORDINARIO PUBBLICO DEL 24 NOVEMBRE 2007

ASSEGNAZIONE
DEI TITOLI E DELLE DIACONIE
AI NUOVI CARDINALI

  1. Sua Beatitudine EMMANUEL III DELLY2. Card. LEONARDO SANDRI Diaconia dei Santi Biagio e Carlo ai Catinari

3. Card. JOHN P. FOLEY Diaconia di San Sebastiano al Palatino

4. Card. GIOVANNI LAJOLO Diaconia di Santa Maria Liberatrice a Monte Testaccio

5. Card. PAUL J. CORDES Diaconia di San Lorenzo in Piscibus

6. Card. ANGELO COMASTRI Diaconia di San Salvatore in Lauro

7. Card. STANISLAW RYŁKO Diaconia del Sacro Cuore di Cristo Re

8. Card. RAFFAELE FARINA Diaconia di San Giovanni della Pigna

9. Card. GARCÍA-GASCO VICENTE Titolo di San Marcello

10. Card. SEÀN BAPTISTA BRADY Titolo dei Santi Quirico e Giulitta

11. Card. LLUÍS MARTÍNEZ SISTACH Titolo di San Sebastiano alle Catacombe

12. Card. ANDRÉ VINGT-TROIS Titolo di San Luigi dei Francesi

13. Card. ANGELO BAGNASCO Titolo della Gran Madre di Dio

14. Card. THÉODORE-ADRIEN SARR Titolo di Santa Lucia a Piazza d’Armi

15. Card. OSWALD GRACIAS Titolo di San Paolo della Croce a “Corviale”

16. Card. FRANCISCO ROBLES ORTEGA Titolo di Santa Maria della Presentazione

17. Card. DANIEL N. DiNARDO Titolo di Sant’Eusebio

18. Card. ODILO PEDRO SCHERER Titolo di Sant’Andrea al Quirinale

19. Card. JOHN NJUE Titolo del Preziosissimo Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo

20. Card. GIOVANNI COPPA Diaconia di San Lino

21. Card. ESTANISLAO ESTEBAN KARLIC Titolo della Beata Vergine Maria Addolorata a Piazza Buenos Aires

22. Card. URBANO NAVARRETE Diaconia di San Ponziano

23. Card. UMBERTO BETTI Diaconia dei Santi Vito, Modesto e Crescenzia

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