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SALMO 16 (15) FIDUCIA, OLTRE LA MORTE.
(Padre Salvatore)
Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.
Ho detto a Dio: «Sei tu il mio Signore,
senza di te non ho alcun bene».
Per i santi, che sono sulla terra,
uomini nobili, è tutto il mio amore.
Si affrettino altri a costruire idoli:
io non spanderò le loro libagioni di sangue
né pronunzierò con le mie labbra i loro nomi.
Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita.
Per me la sorte è caduta su luoghi deliziosi,
è magnifica la mia eredità.
Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;
anche di notte il mio cuore mi istruisce.
Io pongo sempre innanzi a me il Signore,
sta alla mia destra, non posso vacillare.
Di questo gioisce il mio cuore,
esulta la mia anima;
anche il mio corpo riposa al sicuro,
perché non abbandonerai la mia vita nel sepolcro,
né lascerai che il tuo santo veda la corruzione.
Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena nella tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra.
VERSIONE DI D.M. TUROLDO
Fa’ che il tuo cuore sia la mia custodia,
ove riponga tranquillo la fiducia, Signore.
Ho detto a Dio: Signore,
tu sei il mio unico bene.
Non più simulacri di santi,
potenze profane adorate sulla terra:
sequela di idolo, di un dio straniero,
molta pena con sé comporta.
Non più verserò le lor libagioni di sangue,
né il lor nome infetti più la mia bocca.
E’ lui, il Signore, la mia porzione,
mio calice, mio destino.
Delizioso è quanto mi hai dato in sorte,
veramente splendida è la mia eredità.
Benedico il Signore che la mente m’ispira
e i reni miei illumina pure la notte.
Sono fissi al Signore gli occhi miei per sempre,
con lui a fianco, incertezza non scuote.
Gioiscono cuore e sensi per questo e tripudiano:
tutto il mio essere riposa sicuro.
Non è da te abbandonare una vita agli Inferi,
lasciare che la fossa inghiotti un fedele.
Tu la via alla vita m’insegnerai:
oh, la gioia al vedere il tuo volto,
solo gioia lo starti vicino!
Il Sal 16 (15) è un salmo di fiducia.
La speranza che esso esprime, la potremmo chiamare “neotestamentaria”, perché sa sfidare il limite invalicabile dello Sheol e della stessa morte.
La tradizione cristiana ha considerato il Sal 16 messianico. L’Apostolo Pietro, dopo la Pentecoste, utilizzò i vv. 8-11 nella sua apologia del Cristo risorto (At 2,25-28.31); e Paolo, argomentò in modo analogo, citando lo stesso salmo, nel suo discorso nella sinagoga d’Antiochia di Pisidia (At 13,35).
In questa prospettiva il salterio monastico utilizza questo salmo per i primi vespri della Domenica, anticipando, con ciò, il mistero della risurrezione che si celebra nella Pasqua settimanale.
Il Salterio romano usa il salmo 15 (16) per la compieta del giovedì, ponendo l’accento sul tema della fiducia, presente nel salmo e nell’ora liturgica celebrata.
Il lezionario dei Santi lo applica a san Francesco e ad altri Santi Religiosi che hanno scelto Dio come “unico bene”.
Il testo liturgico attuale deriva dalla versione greca dei LXX, secondo l’uso degli Atti degli Apostoli. Anche così, possiamo dare a questo salmo il titolo “Il canto della mistica” (G. F. RAVASI), perché narra un’esperienza assolutizzante di Dio, quale, appunto fu quella di Francesco d’Assisi.
Stando al testo ebraico, cui si rifà la versione di TUROLDO, l’esperienza religiosa descritta dal salmo, è più tormentata e sofferta, perché è la narrazione della crisi di fede di un levita che è ritornato al suo Dio, dopo un periodo d’apostasia e di sincretismo. “I santi”, cui si sono versate “libagioni di sangue”, sono i Baal il cui culto prevedeva anche il sacrificio cruento dei primogeniti.
Più che un salmo francescano, risulta essere, allora, una confessione agostiniana. Il Salmista potrebbe dire con il Vescovo d’Ippona: “Tardi t’amai Bellezza sempre antica e sempre nuova. Tardi t’amai!”.
“Adonai, tu sei il mio TOV”
Dio tu sei il mio bene, la bontà che mi avvolge, la bellezza che mi affascina (v. 2). Dio è ora percepito come “il bene”, “la Bontà”, nel senso precisato da Gesù nella risposta al “giovane ricco” in Mc 10,18 e Mt 1917. Chi ha incontrato il Signore, scopre che tutti gli altri valori possono e debbono essere “venduti” per Lui (Mc 10,21).
“Adonai, tu sei il mio TOV!” Tradotto in latino: “O Bonitas!”. È l’esclamazione con cui il fondatore della Certosa, san Bruno, esprimeva la sua esperienza di Dio. È l’esperienza che lo Spirito Santo cerca di suggerire ad ognuno di noi.
Non più… non più… non più… (v. 3-4).
Il sì radicale detto a Dio suppone la rinuncia a tutto ciò che non è Dio. Richiede uno stacco definitivo dal passato idolatrico e sincretista (cf. 1Re 14,22-24) che hanno portato (forse) il sacerdote che prega nel salmo, fino alle “libagioni di sangue”, cioè al sacrificio cruento dei primogeniti (cf. Sal 106,35-38). La crisi, superata con una vera conversione, è stata molto più terribile di quella descritta da un altro Levita, nel Sal 73,28.
Adesso, però, anche la sola invocazione dei nomi dei Baal (che è una forma d’adesione all’idolo), sarà evitata. Ora la sua bocca canterà soltanto le lodi del Dio d’Israele.
“Il Signore è mia parte d’eredità” (v. 5).
È questo il corrispettivo dell’appartenenza reciproca (l’Alleanza) rinnovata tra il Signore e l’orante.
“Il Signore… i reni miei illumina pure la notte” (v. 7).
Dio è un patner serio. Da adesso in poi guida il suo fedele e fa in modo che la sua coscienza ( i “reni” come sede dell’emotività) suggerisca azioni conformi alla Legge divina. La stessa trasmissione della vita (altro significato dei reni) è guidata e protetta dall’intervento personale di Dio.
“Il Signore, sta alla mia destra” (v. 8).
A differenza dei Baal di cui toccavi solo un simulacro, l’invisibile Jhwh è un Dio di cui percepisci la presenza e la cui vicinanza non t’atterrisce, anzi ti dà pace e serenità.
“Non abbandonerai la mia vita nello Sheol” (v. 9).
L’uomo è fatto di fango ed è votato alla morte (cf. Gen 3,19); tuttavia se nei confronti di Dio è un fedele (chasid), il Signore lo strapperà dalle fauci dello Sheol. Così la morte non potrà dichiarare di aver vinto definitivamente sul credente. La fossa (Ebraico: shachat), non sarà automaticamente “corruzione” (Greco: diaphtorà, come traduce la LXX, ripresa dai testi citati dagli Atti degli Apostoli).
Oh, la gioia al vedere il tuo volto! (v. 11b).
Vedere il volto di Dio è un modo per dire di essere nel Tempio, dove c’è gioia e delizia, sempre.
“Senza fine alla tua destra” (v. 11c).
È Cristo che canta. Lui che s’è assiso, per sempre, alla destra del Padre, in nostro favore (cf. Rm 8,34; Eb 10,12; 1Pt 3,22).
Preghiera
Dio, fonte d’ogni intelligenza e luce che illumini i cuori,
se tu ci accompagni nel nostro cammino,
a nessun’incertezza soccomberemo:
e quando saremo al termine del lungo viaggio,
riposeremo senza fine in te,
che sei la sola ragione della nostra gioia. Amen.
(David Maria Turoldo)