Denunce che non vanno fino in fondo
Da Avvenire on line:
Denunce che non vanno fino in fondo La Chiesa del potere e il bisogno di spiritualità Forse dietro tante prese di posizione violentemente laiciste vi è il desiderio di essere accolti Lucetta Scaraffia
Fra le polemiche contro la Chiesa che sui quotidiani di questi giorni hanno colto ogni pretesto per attaccare la tradizione cattolica, su Liberazione di domenica ne è apparsa una di tono diverso, firmata da Fabio Sebastiani. Anche in questo caso la Chiesa è accusata, non di ingerirsi indebitamente in questioni che non la riguardano, ma di non sapere rispondere alla richiesta di spiritualità che viene da una società in crisi profonda. Con l’invocazione delle possibilità che potrebbero venire proprio da quel Dio unico, tante volte accusato invece di essere all’origine del fanatismo: «C’è il rischio – scrive l’articolista – che se non si dà una risposta effettiva al bisogno di spiritualità espresso nella forma della globalità, e attraverso questo di unità dei popoli, si riaffacci quel millenarismo spontaneo e oscurantista, sotto forma di religione fai-da-te di credenze e « pizzini » (nel senso dei baci perugina) moralisti, che tanto dolore può portare nel mondo». E si domanda: «Chi sarà in grado di assolvere oggi al duro compito di trovare nuovi percorsi all’unità spirituale su scala mondiale?». Se pure in altri termini, Sebastiani esprime preoccupazioni simili a quelle avanzate da Benedetto XVI in molti recenti discorsi, ma prospettando naturalmente cause e soluzioni differenti. Secondo l’articolista la Chiesa cattolica non può infatti rispondere perché ha scelto il potere invece della vera spiritualità, quella di Francesco d’Assisi e della teologia della liberazione. Certo, è un discorso ripetuto infinite volte, rimproverando alla Chiesa di essere una istituzione umana, con i difetti e i pregi di un organismo antico e vitale, e non ammettendo che senza questa istituzione, con tutti i suoi possessi terreni e i suoi divieti morali, oggi non saremmo qui a parlare di cristianesimo, a discutere se la tradizione cristiana abbia ancora senso e forza. E Sebastiani non prende in considerazione nemmeno un attimo il fatto che il disagio – inteso come «forte crisi di spiritualità e di idealità» – denunciato dal suo articolo, possa avere origine proprio nella secolarizzazione, nella cultura dei diritti individuali portati all’esasperazione, nella rivolta contro le regole morali cristiane. Egli chiede alla Chiesa di trovare le parole giuste per rispondere, ma non accetta critiche, né la proposta di altri valori e di altri modi di vivere. Sembra quasi pensare che se la Chiesa accogliesse la cultura in crisi di questa società priva di senso, se dicesse le cose che questa vuole sentirsi dire, la guarirebbe. Come se fossero i rimproveri della Chiesa – di una Chiesa dipinta lontana dagli uomini e chiusa nel suo arroccamento di potere – a impedire alle donne e agli uomini di oggi di essere sereni, di trovare un senso alla propria vita. È un ragionamento che fa riflettere, al di là delle intenzioni dell’autore: forse, dietro tante prese di posizione violentemente laiciste vi è il desiderio di essere accolti. Ma senza mettersi in discussione, senza rinunciare a niente.
