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LA VERGINE NELLA MORTE E RISURREZIONE DI GESÙ

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CRONACHE APOCRIFE DI MARIA DI NAZARETH

 DI SIMONE MORENO

LA VERGINE NELLA MORTE E RISURREZIONE DI GESÙ

Tra i rari testi apocrifi che raccontano l’esperienza di Maria alla morte e risurrezione del suo figlio, occupa il primo posto la narrazione de Il Vangelo segreto di Maria, non privo di spunti teologici.
 Dei sette quadri, che compongono la narrazione apocrifa della vita della Vergine, indubbiamente il sesto (« Maria nella passione e risurrezione di Gesù ») è il più povero di riferimenti; più esattamente, l’apporto in notizie e contenuti sulla parte di vita della Madonna che riguarda i fatti della passione e morte del Signore è pressoché inesistente, mentre più consistenti sono gli accenni all’evento della risurrezione e ai giorni che seguirono, fino all’ascensione di Gesù al cielo.
Ma, del resto, i Vangeli canonici al riguardo non ci dicono molto di più.

Il dolore di Maria per la morte del figlio
Abbiamo ricordato, la scorsa volta, che, per trovare qualche riferimento alla parte avuta dalla madre di Gesù nella passione e morte del Signore, dobbiamo cercare tra le « rivelazioni apocrife » di tempi a noi più vicini: ossia a Il Vangelo segreto di Maria, di cui fu scoperto un manoscritto solo nel 1884, ma che era già noto ai primi Padri della Chiesa, nel quale sono narrati aspetti inediti della vita di Gesù e si raccolgono le esperienze più segrete della sua santa madre. Riportiamo un altro stralcio del racconto di questo libro tardo-apocrifo, dal capitolo « In piedi, accanto alla croce » (Il Vangelo segreto di Maria, pp. 187-229, San Paolo, 2001). È Maria stessa che narra all’apostolo Giovanni l’intensità drammatica con la quale ha vissuto i giorni della passione e morte di Gesù.
«Con quella sensibilità che mi proveniva dalla comunione piena con lui, avvertivo che qualsiasi cosa lo feriva, per cui gli dissi di sì [a Gesù che le dava Giovanni come figlio], lo rassicurai che da quel momento saresti stato mio figlio e che non avrei mai smesso di amarti e di prendermi cura di te, come avevo fatto con lui. Glielo dissi senza parlare, ma lui lo capì immediatamente. Emise un profondo respiro, come sollevato. Era venuto per rendervi i suoi fratelli. Aveva già ottenuto che chiamaste « Padre » suo Padre. Tuttavia, perché la fratellanza fosse completa, era necessario che condivideste anche la madre. Pertanto, come il Padre vi accettava come figli, proprio attraverso il sacrificio volontario del suo unico figlio, altrettanto doveva fare la madre. Ed era il figlio adorato a chiederglielo [...].
«Poco dopo, levò gli occhi al cielo e poi mi guardò. « Tutto è compiuto », mi disse. E, chinato il capo, affidò definitivamente il suo spirito nelle mani del Padre.
«Non so come spiegarti ciò che provai, Giovanni, perché io stessa ne rimasi stupita. Fu come se mi levassero un peso di dosso; un peso che non volevo perdere, perché quel peso era la sua vita, e senza la sua vita sicuramente non potevo continuare a vivere. Tuttavia, mi sentii completamente liberata da un carico. E, mentre voi eravate in preda allo sconforto e le mie compagne, soprattutto Maria Maddalena, cadevano a terra e gridavano torcendosi le mani per il dolore e si strappavano i capelli per la disperazione, io ero serena.
«Ero preoccupata e mi rimproveravo di non essere distrutta, disperata. Mio figlio era appena morto ed io ero triste, indubbiamente, ma non riuscivo a sentirmi in preda allo sconforto, non potevo. Per me era terribile vederlo lì appeso al legno, ridotto un cencio, sfigurato, torturato in modo indicibile, con la ferita della lancia che grondava ancora sangue e con la fronte e il volto sudici di fango e con i coaguli che, a goccioloni, cadevano dalle ferite prodotte sul capo dalla corona di spine. Ma non è che non soffrissi o non sentissi dolore; ma non potevo sprofondare nel pozzo senza fondo in cui tu e le mie compagne eravate sommersi [...].
«E così ebbi di nuovo Gesù tra le mie braccia. Era morto. Abbracciavo il suo corpo e baciavo dolcemente il suo viso, ma non riuscivo ancora a piangere. Gli chiusi come potei gli occhi, quegli occhi che avevo aperto alla vita e posai un ultimo bacio sulle palpebre e sulla fronte [...]».
Dopo che ebbero deposto Gesù nel sepolcro, Nicodemo e sua moglie accompagnarono Maria con grande premura nella loro casa.
«Avvertii tuttavia che Dio si faceva presente in me, poco a poco, dolcemente. Con amore di sposo, mi tranquillizzava. Allora ricordai che mio figlio mi aveva ripetuto che sarebbe risuscitato e, quindi, doveva essere vivo in qualche luogo a me sconosciuto e che impediva che lo sentissi vicino a me come prima; ma era vivo, in qualche modo lo era ancora, perché non sentivo che era morto. E per questo, nonostante tutto ciò che avevo visto, non ero sprofondata in quell’abisso di dolore e di disperazione in cui eravate caduti tutti voi» (pp. 219-225).

Cristo risorto appare anzitutto alla madre
Segue quindi il racconto della Vergine che testimonia la prima apparizione di Gesù risorto a lei, prima ancora che alla Maddalena e ai suoi discepoli.
«Pregando e piangendo, in ginocchio accanto al letto, mi riaddormentai. Ricordo soltanto che, come trentaquattro anni prima [nell’annunciazione], avvertii improvvisamente che c’era qualcuno nella stanza e mi svegliai di soprassalto. Era notte fonda e, tuttavia, avevo la sensazione che una luce straordinaria brillasse intorno a me, anche se tutto continuava ad essere al buio. Allora lo vidi. Non ebbi bisogno di chiedere chi fosse. Non ebbi il minimo dubbio. Era lì ed era lui, in attesa che mi destassi, vegliando il mio sonno. « Figlio! », gridai; e mi buttai tra le sue braccia. « Madre! – mi disse, mentre passava la mano sui miei capelli in disordine – sta’ tranquilla. È finito tutto. Sono di nuovo qui, con te ». Allora mi baciò. Ti assicuro, Giovanni, che era lui, che erano le sue braccia, i suoi baci, la sua voce, il suo sguardo.
« »Abbiamo vinto, madre. Finalmente il Maligno è stato sconfitto. Finalmente la morte è stata eliminata. La vittoria è nostra ed è definitiva. Tu pure vi hai partecipato [...], accanto alla croce, piena di fede e di speranza. Questo sarà il tuo compito eterno: essere madre di tutti, educatrice di tutti, consolatrice di tutti, mediatrice di tutti ». « Di tutti, figlio? » ricordo che gli domandai un po’ stupita. « Sì, di tutti, – mi rispose – perché non sono venuto a salvare quelli che erano già salvi, ma coloro che erano perduti. Di tutti, compresi i miei peggiori nemici, di coloro che mi hanno ucciso. Sei madre di tutti, anche di coloro che non mi conoscono e di coloro che mi disprezzano. Sono morto per tutti, tutti amo e redimo. E tu non puoi escludere dal tuo cuore coloro che io accetto [...]« .
«Restammo ancora insieme per molto tempo, seduti tutti e due sul letto, abbracciandoci e con le mani nelle mani. Quando già cominciava ad albeggiare, si congedò da me. « Vado da Maddalena e dalle altre » – mi disse –. E mi diede un lungo e definitivo abbraccio e un ultimo bacio. Poi se ne andò come era venuto, senza far rumore, senza essere notato» (pp. 227-229).
Nel capitolo successivo, intitolato: « L’ora dei miei figli », il racconto di Maria a Giovanni si sviluppa sullo schema della narrazione dei Vangeli canonici (Mt 28; Mc 16; Lc 24; Gv 20-21), mettendo in evidenza – a differenza dei Vangeli che lo ignorano – il fatto che la madre di Gesù fosse sempre presente alle apparizioni di Cristo ai suoi discepoli.
Maria ricorda di non essere stata invece presente al momento dell’ascensione del Signore; ricostruendo peraltro il momento dolcissimo del suo incontro con il figlio, prima che se ne andasse per sempre da questo mondo: «La sera prima della sua partenza [per ascendere al cielo], me ne stavo tranquilla nella casa [di Lazzaro], da sola, come cercavo sempre di fare, per raccogliermi in preghiera e godere della comunicazione spirituale con lui che ora non si interrompeva mai, quando notai che la sua vicinanza si intensificava e, aprendo gli occhi, lo vidi di nuovo accanto a me. Sorrideva, ma seppi subito che doveva darmi una triste notizia: « È arrivata l’ora di andare, madre, – mi disse –; ma non essere triste, torneremo a vederci presto. Vorrei portarti con me subito, ma hai una missione da compiere e per ora sei necessaria qui in terra »» (p. 235.
A ragione, alla voce « Apocrifi » del Nuovo Dizionario di Mariologia, Elio Peretto può scrivere che per i Vangeli apocrifi «non priva d’interesse teologico è l’alba del giorno della risurrezione». E spiega: «I Vangeli canonici non parlano di apparizioni di Gesù alla madre. Per visione oculare o per comunicazione orale sanno che Gesù è risorto Maria Maddalena, le altre donne recatesi al sepolcro, alcuni apostoli e poi alla sera tutto il gruppo dei discepoli. La Vergine non è ricordata tra questi privilegiati.
«Parlano invece dell’apparizione di Gesù alla madre il Vangelo di Bartolomeo e quello di Gamaliele in contesti dove cristologia ed ecclesiologia si intersecano e, nonostante le puntualizzazioni dei testi canonici (cf Gv 20, 1-18), a Maria è riconosciuto un ruolo superiore a quello di Pietro e della Maddalena. È lei la prima persona alla quale Gesù si manifesta dopo la risurrezione, e riceve l’invito di comunicare agli apostoli il prodigio (cf Vangelo di Bartolomeo, 8; Vangelo di Gamaliele VI, 17).
Inoltre, «con sorprendente chiarezza, da alcuni passaggi del Transito romano (ma come riflesso di At 1, 14) Maria è designata madre degli apostoli e della Chiesa nascente, là dove Giovanni la proclama sorella divenuta madre dei Dodici, madre dei salvati (cf capp. 16.18). La risposta della Madonna a tale apprezzamento ha il suo punto discriminante nella dichiarazione: « Ecco che si sono raccolti (gli Apostoli) ed io mi trovo in mezzo a loro come vite fruttifera, come quando ero con te e tu, [=Gesù], eri quale vite in mezzo ai tuoi angeli » (cap. 29)».
Tale testo, «piuttosto tardivo, delinea con sufficiente precisione il ruolo di Maria in seno alla Chiesa nascente e la coscienza che ha di continuare l’opera del Figlio in veste di madre dei credenti. Tratto caratteristico del Vangelo di Bartolomeo è il rapporto confidenziale che si stabilisce, dopo un primo momento di esitazione, tra Maria e il gruppo dei discepoli» (Nuovo dizionario di mariologia, San Paolo 1986, p. 120s.).

Simone Moreno

Publié dans:APOCRIFI N.T., Maria Vergine |on 15 octobre, 2013 |Pas de commentaires »

LA VERGINE MARIA NEI PIÙ ANTICHI SCRITTI APOCRIFI

http://www.tanogabo.it/religione/Maria_scrittori_Padri_del_II_secolo.htm

MARIA NEGLI SCRITTORI E NEI PADRI DEL II SECOLO 

LA VERGINE MARIA NEI PIÙ ANTICHI SCRITTI APOCRIFI

 Apocrifo indica quei libri che dal titolo e dalla materia trattata presentano affinità con la Bibbia. La Chiesa nega loro ogni carattere soprannaturale e non li include nel novero dei libri fonte della Rivelazione, detti canonici. Tuttavia non possono essere ignorati in una ricerca storica, dato che sono espressione della letteratura cristiana antica e costituiscono esempi arcaici della sensibilità ecclesiale. Nella storia della Chiesa col termine « apokryphos » venivano indicati anche sia quei libri la cui lettura richiedeva una particolare iniziazione, sia quelli che venivano esclusi da una lettura pubblica. Essi, in ogni caso vennero sempre tutti considerati extra canonici.
Vi sono apocrifi dell’A.T e del N.T. Per quanto riguarda il N.T. vi sono: vangeli, atti, epistole, apocalissi ecc. I Vangeli apocrifi a loro volta si suddividono in: vangeli sinottici, in vangeli eterodossi e in vangeli che si prefiggono di aggiungere notizie mancanti nei vangeli canonici. Circa il loro genere letterario, dobbiamo dire che gli apocrifi non si esprimono ordinatamente per concetti, ma con simboli, immagini, e descrizioni artistiche e quindi non appartengono al genere gnostico – sapienziale ma piuttosto a quello narrativo – apocrifo.
Questi arcaici documenti del II e del III secolo rivelano la venerazione dei giudeo – cristiani per la Madre di Gesù. Sono opere di letterati che, in forma elegante, esprimono le loro convinzioni religiose proprie dell’ambiente cristiano. Essi non vanno giudicati con le nostre categorie di pensiero ma con quelle del loro tempo e trasmettono la fede dei primi cristiani ed in questo sta il loro valore. Tra di essi notiamo:

PROTOVANGELO DI GIACOMO(O NATIVITÀ DI MARIA)
opera in tre parti di un giudeo cristiano della diaspora del II secolo. Sottolinea la santità di Maria e la concezione verginale di Gesù. Ha quindi per oggetto Maria, ebbe una grande diffusione e godette dell’attenzione e della venerazione di molti Padri orientali.

ODI DI SALOMONE
Sono 42 inni modellati secondo i salmi dell’AT, opera di un giudeo cristiano della prima metà del II secolo, in greco e in siriano e cantano la riconoscenza del pio israelita verso Dio. L’Ode XIX celebra la Maternità di Maria e l’assenza del dolore del parto in Lei e la sua attiva partecipazione all’evento dell’Incarnazione.

ORACOLI SIBILLINI
Sono 15 libri con materiale che va dal II al VI secolo con elementi pagani, giudaici e cristiani. Il Libro VIII, scritto prima del 180 è una soave parafrasi dell’Annunciazione ed è citato dai Padri antichi a cominciare da Giustino.

LETTERA AGLI APOSTOLI 3,14
A metà tra testo evangelico, lettera e apocalisse, fu composto in Asia Minore o Egitto tra il 160 e il 170 e contiene le rivelazioni di Gesù agli apostoli dopo la sua resurrezione. Il III capitolo contiene una solenne professione di fede nel concepimento verginale, molto importante per la Liturgia.

STORIA DI GIUSEPPE IL FALEGNAME
Parla di Giuseppe ed ha un accenno a Maria al momento della sua morte. Ci è pervenuta in traduzioni arabe e copte

TRANSITUS VIRGINIS O DORMITIO MARIAE
Composto nel IV secolo con parti originali più antiche in copto risalenti al II secolo, ritenute opere di Leucio, discepolo di Giovanni. Presenta gli ultimi istanti della vita di Maria e l’assunzione del suo corpo al cielo che non subì, quindi, la corruzione del sepolcro. Sorprendente le coincidenze dei dati offerti dalle scoperte archeologiche con quelle trasmesse da quest’opera, come ad es. le tre camere sepolcrali della versione siriana del documento. Poco considerato dai Padri per la provenienza giudaico – cristiana, dato che quella chiesa nei primi secoli venne considerata scismatica.

ATTI DI PILATO 2,3,4
Racconto della passione di Gesù inviato da Pilato a Tiberio risalente alla fine del I secolo o la metà del II. Citato più volte da Giustino, contiene le dicerie sui natali illegittimi di Gesù.

VAGELO DI FILIPPO
Di origine gnostica ha un accenno al tema Eva – Maria.

PERCHÉ GLI APOCRIFI MARIANI?
Si suppone che gli apocrifi siano stati scritti per quattro motivi fondamentali:
- Difendere la fede nella verginale concezione e trascendenza divina di Gesù e di riflesso la figura etica e sociale di Maria. Tra gli Ebrei circolavano voci circa l’illegittimità dei natali di Cristo, secondo le quali Gesù sarebbe stato figlio di una povera filatrice, adultera e ripudiata, con un soldato romano di nome Pantera. A questa calunnia si reagì con l’esaltazione della concezione verginale e con manifestazione di amore per lei.
- Veicolare idee e sentimenti che erano vivi soprattutto nella comunità giudeo – cristiana particolarmente legata alla Madre di Gesù;
- Colmare i vuoti dei vangeli canonici soprattutto sulle sue origini e il destino finale di Maria;
- Raccontare l’infanzia di colei che sarebbe stata la Madre di Dio.

Rilievi conclusivi
Possiamo concludere dicendo che gli Apocrifi:
1. sono un segno evidente che in parecchie aree ecclesiali si era recepita la grande dignità di Maria;
2. sono una testimonianza della fede nel concepimento e nel parto verginale, visti come segni della divinità di Gesù e come salvaguardia della sua trascendenza;
3. hanno interessanti intuizioni teologiche come l’accostamento Eva ingannata – Maria fedele e quello Annunciazione – Genesi;
5. sono un test del senso dei fedeli circa il destino ultraterreno di Maria che spesso precede la Liturgia e la Teologia;
6. sono opere sostanzialmente fantasiose nelle quali Maria viene distaccata dalla famiglia umana e circondata da molti elementi irreali e mitici.

Publié dans:APOCRIFI N.T., Maria Vergine |on 22 janvier, 2013 |Pas de commentaires »

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