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BENEDETTO XVI – GLI ARCANGELI – 29 SETTEMBRE (2007)

http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/homilies/2007/documents/hf_ben-xvi_hom_20070929_episc-ordinations_it.html

CAPPELLA PAPALE PER L’ORDINAZIONE EPISCOPALE DI SEI ECC.MI PRESULI

OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI – GLI ARCANGELI

Basilica Vaticana

Sabato, 29 settembre 2007 -

Cari fratelli e sorelle,

siamo raccolti intorno all’altare del Signore per una circostanza solenne e lieta ad un tempo: l’Ordinazione episcopale di sei nuovi Vescovi, chiamati a svolgere mansioni diverse a servizio dell’unica Chiesa di Cristo. Essi sono Mons. Mieczyslaw Mokrzycki, Mons. Francesco Brugnaro, Mons. Gianfranco Ravasi, Mons. Tommaso Caputo, Mons. Sergio Pagano, Mons. Vincenzo Di Mauro. A tutti rivolgo il mio saluto cordiale con un fraterno abbraccio. Un saluto particolare va a Mons. Mokrzycki che, insieme a all’attuale Cardinale Stanislaw Dziwisz, per molti anni ha servito come segretario il Santo Padre Giovanni Paolo II e poi, dopo la mia elezione a Successore di Pietro, ha fatto anche a me da segretario con grande umiltà, competenza e dedizione. Con lui saluto l’amico di Papa Giovanni Paolo II, il Cardinale Marian Jaworski, a cui Mons. Mokrzycki recherà il proprio aiuto come Coadiutore. Saluto inoltre i Vescovi latini dell’Ucraina, che sono qui a Roma per la loro visita « ad limina Apostolorum ». Il mio pensiero va anche ai Vescovi greco-cattolici, alcuni dei quali ho incontrato lunedì scorso, e la Chiesa ortodossa dell’Ucraina. A tutti auguro le benedizioni del Cielo per le loro fatiche miranti a mantenere operante nella loro Terra e a trasmettere alle future generazioni la forza risanatrice e corroborante del Vangelo di Cristo.
Celebriamo questa Ordinazione episcopale nella festa dei tre Arcangeli che nella Scrittura sono menzionati per nome: Michele, Gabriele e Raffaele. Questo ci richiama alla mente che nell’antica Chiesa – già nell’Apocalisse – i Vescovi venivano qualificati « angeli » della loro Chiesa, esprimendo in questo modo un’intima corrispondenza tra il ministero del Vescovo e la missione dell’Angelo. A partire dal compito dell’Angelo si può comprendere il servizio del Vescovo. Ma che cosa è un Angelo? La Sacra Scrittura e la tradizione della Chiesa ci lasciano scorgere due aspetti. Da una parte, l’Angelo è una creatura che sta davanti a Dio, orientata con l’intero suo essere verso Dio. Tutti e tre i nomi degli Arcangeli finiscono con la parola « El », che significa « Dio ». Dio è iscritto nei loro nomi, nella loro natura. La loro vera natura è l’esistenza in vista di Lui e per Lui. Proprio così si spiega anche il secondo aspetto che caratterizza gli Angeli: essi sono messaggeri di Dio. Portano Dio agli uomini, aprono il cielo e così aprono la terra. Proprio perché sono presso Dio, possono essere anche molto vicini all’uomo. Dio, infatti, è più intimo a ciascuno di noi di quanto non lo siamo noi stessi. Gli Angeli parlano all’uomo di ciò che costituisce il suo vero essere, di ciò che nella sua vita tanto spesso è coperto e sepolto. Essi lo chiamano a rientrare in se stesso, toccandolo da parte di Dio. In questo senso anche noi esseri umani dovremmo sempre di nuovo diventare angeli gli uni per gli altri – angeli che ci distolgono da vie sbagliate e ci orientano sempre di nuovo verso Dio. Se la Chiesa antica chiama i Vescovi « angeli » della loro Chiesa, intende dire proprio questo: i Vescovi stessi devono essere uomini di Dio, devono vivere orientati verso Dio. « Multum orat pro populo » – « Prega molto per il popolo », dice il Breviario della Chiesa a proposito dei santi Vescovi. Il Vescovo deve essere un orante, uno che intercede per gli uomini presso Dio. Più lo fa, più comprende anche le persone che gli sono affidate e può diventare per loro un angelo – un messaggero di Dio, che le aiuta a trovare la loro vera natura, se stesse, e a vivere l’idea che Dio ha di loro.
Tutto ciò diventa ancora più chiaro se ora guardiamo le figure dei tre Arcangeli la cui festa la Chiesa celebra oggi. C’è innanzitutto Michele. Lo incontriamo nella Sacra Scrittura soprattutto nel Libro di Daniele, nella Lettera dell’Apostolo san Giuda Taddeo e nell’Apocalisse. Di questo Arcangelo si rendono evidenti in questi testi due funzioni. Egli difende la causa dell’unicità di Dio contro la presunzione del drago, del « serpente antico », come dice Giovanni. È il continuo tentativo del serpente di far credere agli uomini che Dio deve scomparire, affinché essi possano diventare grandi; che Dio ci ostacola nella nostra libertà e che perciò noi dobbiamo sbarazzarci di Lui. Ma il drago non accusa solo Dio. L’Apocalisse lo chiama anche « l’accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusa davanti a Dio giorno e notte » (12, 10). Chi accantona Dio, non rende grande l’uomo, ma gli toglie la sua dignità. Allora l’uomo diventa un prodotto mal riuscito dell’evoluzione. Chi accusa Dio, accusa anche l’uomo. La fede in Dio difende l’uomo in tutte le sue debolezze ed insufficienze: il fulgore di Dio risplende su ogni singolo. È compito del Vescovo, in quanto uomo di Dio, di far spazio a Dio nel mondo contro le negazioni e di difendere così la grandezza dell’uomo. E che cosa si potrebbe dire e pensare di più grande sull’uomo del fatto che Dio stesso si è fatto uomo? L’altra funzione di Michele, secondo la Scrittura, è quella di protettore del Popolo di Dio (cfr Dn 10, 21; 12, 1). Cari amici, siate veramente « angeli custodi » delle Chiese che vi saranno affidate! Aiutate il Popolo di Dio, che dovete precedere nel suo pellegrinaggio, a trovare la gioia nella fede e ad imparare il discernimento degli spiriti: ad accogliere il bene e rifiutare il male, a rimanere e diventare sempre di più, in virtù della speranza della fede, persone che amano in comunione col Dio-Amore.
Incontriamo l’Arcangelo Gabriele soprattutto nel prezioso racconto dell’annuncio a Maria dell’incarnazione di Dio, come ce lo riferisce san Luca (1, 26 – 38). Gabriele è il messaggero dell’incarnazione di Dio. Egli bussa alla porta di Maria e, per suo tramite, Dio stesso chiede a Maria il suo « sì » alla proposta di diventare la Madre del Redentore: di dare la sua carne umana al Verbo eterno di Dio, al Figlio di Dio. Ripetutamente il Signore bussa alle porte del cuore umano. Nell’Apocalisse dice all’ »angelo » della Chiesa di Laodicea e, attraverso di lui, agli uomini di tutti i tempi: « Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me » (3, 20). Il Signore sta alla porta – alla porta del mondo e alla porta di ogni singolo cuore. Egli bussa per essere fatto entrare: l’incarnazione di Dio, il suo farsi carne deve continuare sino alla fine dei tempi. Tutti devono essere riuniti in Cristo in un solo corpo: questo ci dicono i grandi inni su Cristo nella Lettera agli Efesini e in quella ai Colossesi. Cristo bussa. Anche oggi Egli ha bisogno di persone che, per così dire, gli mettono a disposizione la propria carne, che gli donano la materia del mondo e della loro vita, servendo così all’unificazione tra Dio e il mondo, alla riconciliazione dell’universo. Cari amici, è vostro compito bussare in nome di Cristo ai cuori degli uomini. Entrando voi stessi in unione con Cristo, potrete anche assumere la funzione di Gabriele: portare la chiamata di Cristo agli uomini.
San Raffaele ci viene presentato soprattutto nel Libro di Tobia come l’Angelo a cui è affidata la mansione di guarire. Quando Gesù invia i suoi discepoli in missione, al compito dell’annuncio del Vangelo vien sempre collegato anche quello di guarire. Il buon Samaritano, accogliendo e guarendo la persona ferita giacente al margine della strada, diventa senza parole un testimone dell’amore di Dio. Quest’uomo ferito, bisognoso di essere guarito, siamo tutti noi. Annunciare il Vangelo, significa già di per sé guarire, perché l’uomo necessita soprattutto della verità e dell’amore. Dell’Arcangelo Raffaele si riferiscono nel Libro di Tobia due compiti emblematici di guarigione. Egli guarisce la comunione disturbata tra uomo e donna. Guarisce il loro amore. Scaccia i demoni che, sempre di nuovo, stracciano e distruggono il loro amore. Purifica l’atmosfera tra i due e dona loro la capacità di accogliersi a vicenda per sempre. Nel racconto di Tobia questa guarigione viene riferita con immagini leggendarie. Nel Nuovo Testamento, l’ordine del matrimonio, stabilito nella creazione e minacciato in modo molteplice dal peccato, viene guarito dal fatto che Cristo lo accoglie nel suo amore redentore. Egli fa del matrimonio un sacramento: il suo amore, salito per noi sulla croce, è la forza risanatrice che, in tutte le confusioni, dona la capacità della riconciliazione, purifica l’atmosfera e guarisce le ferite. Al sacerdote è affidato il compito di condurre gli uomini sempre di nuovo incontro alla forza riconciliatrice dell’amore di Cristo. Deve essere « l’angelo » risanatore che li aiuta ad ancorare il loro amore al sacramento e a viverlo con impegno sempre rinnovato a partire da esso. In secondo luogo, il Libro di Tobia parla della guarigione degli occhi ciechi. Sappiamo tutti quanto oggi siamo minacciati dalla cecità per Dio. Quanto grande è il pericolo che, di fronte a tutto ciò che sulle cose materiali sappiamo e con esse siamo in grado di fare, diventiamo ciechi per la luce di Dio. Guarire questa cecità mediante il messaggio della fede e la testimonianza dell’amore, è il servizio di Raffaele affidato giorno per giorno al sacerdote e in modo speciale al Vescovo. Così, spontaneamente siamo portati a pensare anche al sacramento della Riconciliazione, al sacramento della Penitenza che, nel senso più profondo della parola, è un sacramento di guarigione. La vera ferita dell’anima, infatti, il motivo di tutte le altre nostre ferite, è il peccato. E solo se esiste un perdono in virtù della potenza di Dio, in virtù della potenza dell’amore di Cristo, possiamo essere guariti, possiamo essere redenti.
« Rimanete nel mio amore », ci dice oggi il Signore nel Vangelo (Gv 15, 9). Nell’ora dell’Ordinazione episcopale lo dice in modo particolare a voi, cari amici. Rimanete nel suo amore! Rimanete in quell’amicizia con Lui piena di amore che Egli in quest’ora vi dona di nuovo! Allora la vostra vita porterà frutto – un frutto che rimane (Gv 15, 16). Affinché questo vi sia donato, preghiamo tutti in quest’ora per voi, cari fratelli. Amen.

Publié dans:angeli, Arcangeli, Papa Benedetto XVI |on 30 septembre, 2014 |Pas de commentaires »

GLI ANGELI NELLA BIBBIA – DI GIANFRANCO RAVASI

http://www.santamariadellaneve.org/gli%20angeli/angeli_nella_bibbia.htm

GLI ANGELI NELLA BIBBIA

DI GIANFRANCO RAVASI

Dalla prima pagina delle Scritture Sacre coi “Cherubini dalla fiamma della spada folgorante”, posti a guardia del giardino dell’Eden (Genesi 3,24), fino alla folla angelica che popola il cielo dell’Apocalisse, tutti i libri della Bibbia sono animati dalla presenza di queste figure sovrumane, ma non divine, che già occhieggiavano nelle religioni circostanti al mondo ebraico e cristiano. Proprio i Cherubini, che saranno destinati a proteggere l’Arca dell’Alleanza (Esodo 25,18-21), sono noti anche nel nome (karibu) all’antica Mesopotamia, simili quasi a sfingi alate, dal volto umano e dal corpo zoomorfo, posti a tutela delle aree sacre templari e regali, mentre i Serafini della vocazione di Isaia (6,1-7), nella loro radi- ce nominale, rimandano a qualcosa di serpentiniforme e ardente.

L’Angelo, “trasparenza” del divino
Ma lasciamo questo intreccio marginale – coltivato, però, con entusiasmo dalle successive tradizioni apocrife e popolari – tra mitologia e angelologia per individuare, in modo sia pure molto semplificato, il vero volto dell’Angelo secondo le Scritture. V’è subito da segnalare un dato statistico: il vocabolo mal’ak, in ebraico “messaggero”, tradotto in greco come ‘Anghelos (donde il nostro “angelo”) risuona nell’Antico Testamento ben 215 volte e diventa persino il nome (o lo pseudonimo) di un profeta, Malachia, che in ebraico significa “angelo del Signore”.
Certo, come prima si diceva a proposito di Cherubini e Serafini, non mancano elementi di un retaggio culturale remoto che la Bibbia ha fatto suoi: la Rivelazione ebraico-cristiana si fa strada nei meandri della storia e nelle coordinate topografiche di una regione appartenente all’antico Vicino Oriente e ne raccoglie echi e spunti tematici e simbolici.
I “figli di Dio”, ad esempio, nella religione cananea, indigena della Palestina, erano dèi inferiori che facevano parte del consiglio della corona della divinità suprema del pantheon, ’El (o in altri casi Ba’al, il dio della fecondità e della vita). Israele declassa questi “figli di Dio”, che qua e là appaiono nei suoi testi sacri (Genesi 6,1-4; Giobbe 1,6 e Salmi 29,1), al rango di Angeli che assistono il Signore, il cui nome sacro, unico e impronunziabile, è JHWH. Anche “il Satana”, cioè 1’avversario (in ebraico è un titolo comune e ha l’articolo), in Giobbe appare come un pubblico ministero angelico della corte divina (1,6-12).
L’Angelo biblico, perciò, conserva tracce divine. Anzi diventa non di rado – soprattutto quando è chiamato mal’ak Jhwh, “Angelo del Signore” – una rappresentazione teofanica, ossia un puro e semplice rivelarsi di Dio in modo indiretto. Come scriveva uno dei più famosi biblisti del Novecento, Gerhard von Rad, “attraverso 1’Angelo è in realtà Dio stesso che appare agli uomini in forma umana”. E’ per questo che talvolta 1’Angelo biblico sembra entrare in una dissolvenza e dal suo volto lievitano i lineamenti del Re celeste che lo invia. Infatti in alcuni racconti l’Angelo e Dio stesso sono intercambiabili.
Nel roveto ardente del Sinai a Mosè appare innanzitutto “l’Angelo del Signore” ma, subito dopo, la narrazione continua così: ”Il Signore vide che Mosè si era avvicinato e Dio lo chiamò dal roveto” (Esodo 3,2.4). Questa stessa identificazione può essere rintracciata nel racconto che vede protagonisti Agar, schiava di Abramo e di Sara, e suo figlio Ismaele dispersi nel deserto (Genesi 16,7.13) in quello del sacrificio di Isacco al monte Moria (Genesi 22,11-17), nella vocazione di Gedeone (Giudici 6,12.14) e così via.
Lasciamo ai nostri lettori più esigenti la verifica all’interno dei passi biblici citati. In questa funzione di “trasparenza” del divino, 1’Angelo può acquistare anche fisionomie umane per rendersi visibile. Così nel capitolo 18 della Genesi – divenuto celebre nella ripresa iconografica di Andrej Rublev – gli Angeli si presentano davanti alla tenda di Abramo come tre viandanti; uno solo di loro annunzia la promessa divina; nel prosieguo del racconto (19,1) diventano “due Angeli”, ritornano poi a essere “tre uomini” per ritrasformarsi in Angeli (19,15), mentre è uno solo a pronunziare le parole decisive per Lot, nipote di Abramo (19,17-22). E’ ancora sotto i tratti di un uomo misterioso che si cela 1’Angelo della lotta notturna di Giacobbe alle sponde del fiume Jabbok (Genesi 32,23- 33), ma il patriarca è convinto di “aver visto Dio faccia a faccia”.
Dobbiamo, allora, interrogarci sul significato di questa personificazione “angelica” di Dio che appare in non poche pagine bibliche come espressione della sua benedizione ma anche del suo giudizio (si pensi all’Angelo sterminatore dei primogeniti egiziani nell’Esodo che il libro della Sapienza reinterpreta come la stessa Parola divina).
Se non leggiamo materialmente o “fondamentalisticamente” (cioè in modo letteralistico) quei passi, ma cerchiamo di coglierne il significato genuino sotto il velo delle modalità espressive, ci accorgiamo che in questi casi l’Angelo biblico racchiude in sé una sintesi dei due tratti fondamentali del volto di Dio. Da un lato, infatti, il Signore è per eccellenza 1’Altro, cioè colui che è diverso e superiore rispetto all’uomo, è – se usiamo il linguaggio teologico – il Trascendente. D’altra parte, però, egli è anche il Vicino, 1’Emmanuele, il Dio – con – noi, presente nella storia dell’uomo. Ora, per impedire che questa vicinanza ‘impolveri’ Dio, lo imprigioni nel mondo come un oggetto sacro, 1’autore biblico ricorre all’Angelo. Egli, pur venendo dall’area divina, entra nel mondo degli uomini, parla e agisce visibilmente come una creatura.
Ma il messaggio che egli porta con sé è sempre divino. In altri termini 1’Angelo è spesso nella Bibbia una personificazione dell’efficace parola di Dio che annunzia e opera salvezza e giudizio. La visione della scala che Giacobbe ha a Betel è in questo senso esemplare: “Gli angeli di Dio salivano e scendevano su una scala che poggiava sulla terra mentre la sua cima raggiungeva il cielo” (Genesi 28,12). L’Angelo raccorda cielo e terra, infinito e finito, eternita e storia, Dio e uomo.
Il volto “ personale” dell’Angelo
Ma gli Angeli sono anche qualcosa di più di una semplice immagine di Dio. E’ necessario, perciò, percorrere altre pagine bibliche. Ebbene, in altri testi antico o neotestamentari gli Angeli appaiono nettamente con una loro entità e identità e non come rappresentazione simbolica dello svelarsi e dell’agire di Dio. E’ necessaria, però, una nota preliminare. Soprattutto nell’Antico Testamento, non si parla mai di “purissimi spiriti” come noi siamo soliti definire gli Angeli, perché per i Semiti era quasi impossibile concepire una creatura in termini solo spirituali, separata dal corpo (Dio stesso è raffigurato antropomorficamente).
Essi, perciò, hanno connotati e fisionomie con tratti concreti e umani. Ed è soprattutto nella letteratura biblica successiva all’esilio babilonese di Israele (dal VI secolo a.C. in poi) che 1’Angelo acquista un’identità propria sempre più spiccata. Evochiamone alcuni desumendoli dalla narrazione biblica. Iniziamo con la storia esemplare di Tobia jr. che parte verso la meta di Ecbatana, ove 1’attenderanno le nozze con Sara, accompagnato da un giovane di nome Azaria. Egli ignora che, sotto le spoglie di questo ebreo che cerca lavoro, si cela un Angelo dal nome emblematico, Raffaele, in ebraico “Dio guarisce”. Egli, infatti, non solo preparerà un filtro magico per esorcizzare il demonio Asmodeo che tiene sotto il suo malefico influsso la promessa sposa di Tobia, Sara, ma anche appronterà una pozione oftalmica per far recuperare la vista a Tobia sr., il vecchio padre accecato da sterco caldo di passero.
Come è facile intuire, il racconto “fine e amabile” di Tobia – secondo la definizione di Lutero che ne raccomandava la lettura alle famiglie cristiane – è percorso da elementi fiabeschi, ma la certezza dell’esistenza di un “Angelo custode” del giusto è indiscussa. discorso finale che egli rivolge ai suoi beneficati nel capitolo 12 del libro di Tobia, al momento dello svelamento, è significativo: Raffaele-Azaria ha introdotto 1’uomo nel segreto del re divino e 1’b rivelato come quello di un Dio d’amore (“quando ero con voi, io non stavo con voi per mia iniziativa, ma per la volontà di DIO” confessa in Tobia 12,18).
L’idea di un Angelo che non lascia solo il povero e il giusto per le strade del mondo, ma gli cammina a fianco è, d’altronde, reiterata nella preghiera dei Salmi: “L’angelo del Signore si accampa attorno a quelli che lo temono e li salva (…). Il Signore darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi; sulle loro mani ti porteranno perchè non inciampi nella pietra il tuo piede” (Salmi .34, 91,11-12).
Nel libro di Giobbe appare anche 1’Angelo intercessore che placa la giustizia divina educando 1’uomo alla fedeltà e incamminandolo sulle vie della salvezza: “Se 1’uomo incontra un angelo un intercessore tra i mille, che gli sveli il suo dovere, che abbia compassione di lui e implori: Scampalo, Signore, dal discendere nella fossa della morte perchè io gli ho trovato un riscatto!, allo la carne dell’uomo ritroverà la freschezza della giovinezza e tornerà ai giorni dell’adolescenza” (Giobbe 33,23-25).
Un’altra figura angelica “personale” di grande rilievo per entrambi i Testamenti è, con Michele (“chi è come Dio?”), Angelo combattente, Gabriele (“uomo di Dio” o “Dio si è mostrato forte” o “uomo fortissimo”). Nel libro di Daniele egli entra in scena nel funzioni di Angelo “interprete”, perchè consegna e decifra ai fedeli gli enigmi della Rivelazione divina, spesso affidata ai sogni. Si leggano appunto i capitoli 7-12 del libro apocalittico di Daniele, che è mo lto simile a una sciarada storico- simbolica, i cui fili aggrovigliati vengono dipanati da Gabriele, 1’Angelo che – come vedremo – sarà presente anche alla soglia del Nuovo Testamento.
Nella tradizione giudaica, soprattutto in quella della letteratura apocalittica apocrifa dei secoli III-I a.C., egli si affaccia dal cielo per abbracciare con sguardo tutti gli eventi del mondo così da poterne riferire a Dio. E presiede le classi angeliche dei Cherubini e delle Potestà e ha in pratica la gestione dell’intero palazzo celeste. Gli Angeli si moltiplicheranno in particolare nel racconto biblico dell’epoca dei Maccabei, combattenti per la libertà di Israele sotto il regime siro-ellenistico nel II secolo a.C. Questa proliferazione è naturalmente lo specchio di un’epoca storica e della convinzione di combattere una battaglia giusta e santa, avallata da Dio stesso che ne produce 1’esito positivo attraverso la sua armata celeste. Ma v’è anche la netta certezza che 1’Angelo faccia parte delle verità di fede secondo una sua precisa identità e funzione. Così, al ministro siro Eliodoro, che vuole confiscare il tesoro del tempio di Gerusalemme, si fanno incontro prima un cavaliere rivestito d’armatura aurea e poi “due giovani dotati di grande forza splendidi per bellezza e con vesti meravigliose” che lo neutralizzano e lo convincono a riconoscere il primato della volontà divina ( 2Maccabei 3,24-40).
Durante un violento scontro tra Giuda Maccabeo e i Siri “apparvero dal cielo ai nemici cinque cavaliere splendidi su cavalli dalle briglie d’oro: essi guidavano gli Ebrei e, prendendo in mezzo a loro Giuda, lo ripararono con le loro armature rendendolo invulnerabile” (2 Maccabei 10,29-30). Altre volte è un solitario “cavaliere in sella, vestito di bianco, in atto di agitare un’arma tura d’oro”, a guidare Israele alla battaglia (2 Maccabei 11,8). E non manca neppure una vera e propria squadriglia angelica composta da “cavalieri che correvano per 1’aria con auree vesti, armati di lance roteanti e di spade sguainate” (2 Maccabei 5,2).Al di là della retorica marziale di queste pagine v’è la sicurezza di una presenza forte che, come si diceva nei Salmi già citati, si accampa accanto agli oppressi e ai fedeli per tutelarli e salvarli.

Publié dans:angeli, CAR. GIANFRANCO RAVASI |on 17 septembre, 2014 |Pas de commentaires »

ANGELI: FIGURE SOVRUMANE, MA NON DIVINE – Gianfranco Ravasi

http://digilander.libero.it/davide.arpe/AngeliNondiviniRavasi.htm

ANGELI: FIGURE SOVRUMANE, MA NON DIVINE

da “Bibbia: domande scomode” a cura di Gianfranco Ravasi

Nel calendario liturgico il 2 ottobre reca la memoria degli Angeli custodi, una celebrazione piuttosto recente all’interno della liturgia cattolica (l’introduzione nel calendario romano ha la data del 1615). Pochi giorni prima, il 29 settembre, si è avuta invece la festa degli arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele: la data fu scelta sulla base dell’antico martirologio del VI secolo che in quel giorno commemorava la dedicazione, avvenuta nel V secolo, di una basilica in onore di san Michele sulla via Sala­ria a Roma. Ecco, noi vorremmo, in modo molto sintetico, illustrare questa figura biblica di forte rilievo e dai contorni piuttosto variegati.
Infatti, dalla prima pagina della Bibbia con i «Cherubini dalla fiamma della spada folgorante», posti a guardia del giardino dell’Eden (Gen 3,24) fino alla folla angelica che popola l’Apocalisse, le Sacre Scritture sono animate dalla presenza di queste figure sovrumane ma non divine, la cui realtà era nota anche alle culture circostanti a Israele, sia pure con moda­lità differenti. Il nome stesso ebraico, mal’ak, e greco, ànghelos, ne denota la funzione: significa, infatti, “messaggero”. Da qui si riesce a intuire la missione e, per usare un’espressione del filosofo Massimo Cacciari, la “necessità” (L ‘angelo necessario è il titolo di una sua opera) di questa figura biblica, affermata ripetutamente dalla tradizione giudaica e cristiana, confermata dal magistero della Chiesa nei documenti conciliari (a partire dal Credo di Nicea del IV secolo) e papali e accolta nella liturgia e nella pietà popolare. Il compito dell’angelo è sostanzialmente quello di salvaguardare la trascendenza di Dio, ossia il suo essere misterioso e “altro” rispetto al mondo e alla storia, ma al tempo stesso di renderlo vicino a noi comunicando la sua parola e la sua azione, proprio come fa il “messaggero”. E per questo che in alcuni casi l’angelo nella Bibbia sembra quasi ritirarsi per lasciare spazio a Dio che entra in scena direttamente. Così nel racconto del roveto ardente ad apparire a Mosè tra quelle fiamme è innanzitutto “l’angelo del Signore”, ma subito dopo è «Dio che chiama dal roveto: Mosè, Mosè!» (cf Esodo 3,2-4). La funzione dell’angelo è, quindi, quella di rendere quasi visibili e percepibili in modo mediato la volontà, l’amore e la giustizia di Dio, come si legge nel Salterio: «L’angelo del Signore si accampa attorno a quelli che lo temono e li salva. [...] Il Signore darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi; sulle loro mani ti porteranno, perché non inciampi nella pietra il tuo piede» (34,8; 91,11-12). Si ha qui l’immagine tradizionale dell”’angelo custode”, bene raffigurata nell’angelo Azaria­Raffaele del libro di Tobia. Il compito dell’angelo è, quindi, quello del mediatore tra l’infinito di Dio e il finito dell’uomo e questa funzione la espleta anche per il Cristo. Come scriveva il teologo Hans Urs von Balthasar, «gli angeli circondano l’intera vita di Gesù, appaiono nel presepe come splendore della discesa di Dio in mezzo a noi; riappaiono nella risurrezione e nell’ascensione come splendore della ascesa in Dio». La loro è ancora una volta la missione di mettersi vicini all’umanità per svelare il mistero della gloria divina presente in Cristo in un modo che non ci accechi come sarebbe con la luce divina diretta. L’angelo è un segno dell’Unico che dev’essere adorato, Dio; è solo un indice puntato verso l’unico mistero, quello divino; è un mediatore al servizio dell’unico perfetto Mediatore tra Dio e gli uomini, Cristo Signore: «A quale degli angeli — si chiede la Lettera agli Ebrei (1,5) — Dio ha detto: Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato?»
È, quindi, pericolosa la deriva cui ha condotto il movimento di New Age con l’immissione di elementi magico-esoterici e di “misteriose presenze” nella concezione degli angeli. L’angelo può, infatti, per questa via sconfinare parados­salmente in demonio. Il tema della caduta degli angeli, in verità, è molto caro alla tradizione giudaica e cristiana soprattutto popolare, ma ha una presenza solo allusiva nella Bibbia: ad esempio, c’è la Lettera di Giuda che parla di «angeli che non conservarono lo loro dignità ma lasciarono la propria dimora» (v. 6); oppure ci si può riferire alla Seconda Lettera di Pietro che presenta «gli angeli che avevano peccato, precipitati negli abissi tenebrosi dell’inferno» (2,4). Ciò che è netta è l’affermazione biblica della presenza oscura di Satana che cerca proprio di spezzare quel dialogo di vita e di amore tra Dio e l’umanità che l’angelo, invece, favorisce e sostiene.
Gianfranco Ravasi, Angeli: figure sovrumane, ma non divine in Vita Pastorale, periodici S. Paolo n. 10/2006 p. 56.

Publié dans:angeli |on 10 mars, 2014 |Pas de commentaires »

PER IL 2 OTTOBRE: I SS ANGELI CUSTODI

http://www.mistagogia.net/E12.asp

PER IL 2 OTTOBRE:  I SS ANGELI CUSTODI

La meditazione luminosa di San Bernardo sugli angeli

Introduzione: Riverenza, devozione, fiducia verso gli angeli

  “Amiamo affettuosamente gli angeli di Dio, che saranno un giorno nostri coeredi, mentre ora sono nostre guide e tutori… Essi ci custodiscono in tutte le nostre vie. Sono fedeli, sono prudenti, sono potenti. Perché trepidare? Soltanto seguiamoli, stiamo loro vicini e restiamo nella protezione del Dio del cielo”[1].
E’ bello  inoltrarci nella riflessione che fa Bernardo da Chiaravalle[2] intorno agli angeli partendo proprio dal salmo 90 e potremmo proprio constatare come questo grande personaggio della Chiesa abbia scritto molto sugli angeli, avendo avuto intuizioni di grande valore teologico e spirituale.  Possiamo dire senza esagerare che in questa riflessione saliamo la scala che ci porta in cielo.
Il testo citato sopra è tratto dai sermoni sul salmo 90:
       Egli ( Dio Padre) darà ordine ai suoi angeli
       di custodirti in tutti i tuoi passi. 
       Sulle loro mani ti porteranno
       perché non inciampi nella pietra il tuo piede.

Commenta entusiasta S. Bernardo:
“Queste parole quanta riverenza devono suscitare in te, quanta devozione recarti, quanta fiducia infonderti! Riverenza per la loro presenza, devozione per la loro benevolenza, fiducia per la loro  custodia. Sono presenti, dunque, e sono presenti a te, non solo con te, ma anche per te. Sono presenti per proteggerti, sono presenti per giovarti”[3].
 1. I nove cori angelici e la loro configurazione.
 S.Bernardo oltre al commento al salmo 90, in cui fa dei sermoni stupendi, in un’altra opera, nei sermoni sul Cantico dei Cantici inserisce dei brani meravigliosi sugli angeli. Inoltre nel famoso libro “Considerazioni” [4] che Bernardo ha indirizzato al suo discepolo monaco che  divenne papa, Eugenio III, [5] al quale suggerisce come si deve fare il papa, svolge una stupenda descrizione sugli  angeli dipingendo le loro caratteristiche. La riporto perché sono parole toccanti e sorprendenti:
  “Gli angeli sono spiriti potenti, gloriosi, beati, distinti nelle loro persone, divisi secondo la loro dignità, fedeli fin dall’inizio al loro ordine, perfetti nella loro natura, eterei nel corpo, immortali, fatti e non creati impassibili, vale a dire per grazia e non per natura; puri nella mente, buoni nella volontà, devoti a Dio, totalmente casti, unanimi nella concordia, sicuri nella loro pace, creati da Dio, consacrati alla sua lode e al suo servizio”[6] (De consideratione 5,4,7)
  Queste pennellate formano un quadro su cui  potremo fermarci a meditare. Bernardo li descrive come se li vedesse; infine dice “creati da Dio” , perciò sono creature e non dèi, ma spiriti immortali consacrati totalmente alla sua lode, obbedienti al suo servizio, ossia nella piena disponibilità ad eseguire i suoi ordini verso le creature umane.  Vi è un duplice elemento che compone la figura angelica: sono esseri eternamente contemplativi immersi nella santità, nella bontà di Dio, insieme restano disponibilissimi ad essere inviati come Dio vuole, se  e quando vuole, presso le creature umane in modo che queste siano aiutate e sorrette nel cammino verso Dio.  Questi due aspetti noi li potremmo chiamare “ la contemplazione e l’azione” che negli angeli coesistono in maniera armonica e complementare.
    In un altro testo, Bernardo  dice che quando sono al servizio degli uomini, non si distaccano da Dio, ma continuano la contemplazione di Dio e intanto sono a disposizione delle creature umane, senza perdere  mai la loro identità specifica di essere consacrati alla lode divina e insieme generosi al suo servizio.
Bernardo accetta la divisione gerarchica in nove cori secondo l’elenco già sistemato dallo Pseudo Dionigi[7] che poi è stato inserito nella tradizione anche occidentale latina da S.Gregorio Magno. [8]   Egli ha accolto questa divisione dei cori ma dando ad ognuno un significato, cominciando dal coro più infimo, quello degli angeli, salendo poi agli arcangeli fino ai più eccelsi. Bernardo vede e descrive le molteplici missioni angeliche svolte nei confronti nostri e della storia degli uomini fino alla consumazione finale.
Gli angeli sono spiriti assegnati ad ogni uomo per assistere coloro che devono ereditare la vita eterna.  Ognuno di noi ha un angelo accanto a sé perché possiamo meritare la salvezza.
Poi parla degli arcangeli, che sono iniziati ai misteri divini e sono inviati presso gli uomini solo per missioni  gravissime e di eccezionale importanza, come Gabriele per l’annuncio dell’incarnazione del Verbo a Maria santissima. Poi vengono le Virtù, superiori agli arcangeli, che intervengono presso gli uomini con segni prodigiosi sia nella natura sia nell’uomo o nella società.
Questo è l’ordine più basso, vicino agli uomini: angeli, arcangeli e virtù.
Poi ci sono le potestà che  possiedono la forza per annientare le potenze delle tenebre e frenare la malizia degli spiriti dell’aria.  Alle potestà seguono  i principati, che fondano, governano, limitano, trasferiscono, mutano ogni principato umano, quindi sorvegliano i comandanti del mondo.  Il loro compito è di fondamentale importanza per il buon andamento della società e della vita pubblica. Da qui il valore di pregare i principati quando abbiamo bisogno di persone valide che ci governino bene.  Ai principati succedono le dominazioni che sono poste al di sopra degli ordini precedenti e fanno da intermediari, sono in un certo senso i trasmettitori  dei voleri divini agli altri cori angelici subalterni perché poi li eseguano concretamente.
Questo l’ordine centrale composto dalle potestà, principati e dominazioni.
  Al grado più alto, al primo ordine vicino a Dio, dice Bernardo, si trovano i troni, così chiamati perché stanno posizionati nel senso che possiedono la calma di una quiete assoluta e in loro troneggia assiso Dio, Signore degli eserciti e giudice supremo. Quindi i troni sono gli angeli che sorreggono  e sostengono la gloria di Dio nella sua altezza sublime e autorevole.
Dopo i Troni vengono  i cherubini oranti[9].  Essi sono coloro che hanno una particolare scienza o luce divina, perché attingono la sapienza direttamente dall’Altissimo e la distribuiscono a tutti i cittadini celesti come un fiume impetuoso. Sono coloro che contemplano la luminosità, la verità e la  scienza di Dio, entrando profondamente nel mistero divino e si alimentano di questo, ma poi come torrenti o fonti diffondono la divina sapienza su tutta la faccia della terra.  I cherubini sono dunque gli angeli della conoscenza sublime della divinità, conoscono i segreti di Dio, i suoi desideri, i suoi progetti per noi, la sua santissima volontà, sono esseri luminosi e folgoranti della  verità eterna.
Poi accanto ai cherubini ci sono i serafini infuocati,[10] divorati dal fuoco divino cioè  dall’amore intensissimo, con il quale incendiano tutti gli altri spiriti celesti  in modo che tutti siano ardenti di amore come i serafini e splendenti di verità come i cherubini. Questi hanno la missione di penetrare nei misteri  profondi dell’Essere divino mentre i serafini hanno la funzione di lasciarsi infiammare dall’amore che sgorga dall’essere divino, un fuoco che li divora totalmente e li incendia di amore intensissimo che poi da loro si riversa su tutti gli altri spiriti celesti e poi sulle creature umane[11].
Bernardo dice che queste qualità angeliche sono il rifrangente in cui risplende l’essere perfettissimo di Dio, il suo amore sublime, la sua scienza imperscrutabile,  la sua maestà infinita, la sua onnipotenza, la sua bontà purissima, la sua santità eccelsa. Ogni coro  angelico  costituisce il riflesso di tali caratteristiche divine che da esso si diffondono in qualche modo sul mondo umano.  Pertanto gli angeli, proprio per questa funzione sono  i trasmettitori delle molteplici e varie peculiarità divine, sono come delle trasparenze purissime, attraverso cui Dio può fare risplendere e trasmettere a tutte le creature il suo fulgore, la sua gloria divina, la sua onniscienza e potenza sconfinata. 
Gli esseri celesti  hanno il compito di accogliere le immense qualità di Dio in modo che si riflettano sugli altri spiriti, affinché questi a loro volta le effondano alle creature umane, le quali attraverso tali aiuti angelici possano  risalire alla fonte che è l’Essere divino.  In fondo la visione[12] della scala  coeli che ha contemplato Bernardo è propriamente questa:  una discesa di luce, una cascata d’amore, di santità per mezzo degli angeli verso di noi e poi  la nostra risalita attraverso varie gradazioni sfumate, per giungere fino a Dio ed essere immersi anche noi nel suo essere infinito.
Per questo gli angeli sono la pura  trasparenza della divinità, le luci seconde o i raggi, ma ciò non significa che non abbiano una propria personalità. Essi sono creature che possiedono intelligenza perché hanno  una acutezza mentale propria del loro essere spirituale, in forza della quale intuiscono  la profondità dell’essere umano così come penetrano nei pensieri più reconditi di Dio.  Hanno anche una loro volontà per cui sono mossi da un grande amore verso Dio e verso il Cristo Signore. In forza di questo amore e di questa conoscenza di Dio, sono totalmente sottomessi  alla sua suprema volontà, per cui qualsiasi cosa Dio ordina loro, sono pronti a compierla e la fanno propria. Ciò costituisce il dinamismo degli angeli di cui parla Bernardo. Sono creature così sensibili  e così acute rivolte all’Essere divino, che qualsiasi cosa colgono in  quell’Essere la fanno propria. E di essa si saziano pienamente, pur sempre desiderosi di approfondire e scandagliare il mistero divino[13].

 2. La missione degli angeli nell’evento dell’incarnazione.
  In particolare, siccome il grande progetto di Dio si è attuato nell’incarnazione del Figlio, con cui è iniziata e si è compiuta la salvezza dell’umanità e il Verbo si è fatto carne attraverso il corpo purissimo e immacolato di Maria Vergine, è chiaro che tutti i cori angelici si sono impegnati per questo progetto, contemplandolo e accogliendolo in tutti i suoi vari aspetti e vi si sono sottomessi affinché  questo progetto sia portato a compimento. Hanno capito che questo è il disegno altissimo che Dio vuole realizzare e non c’e n’è un altro più bello, più grande, più significativo di questo: l’incarnazione del Verbo e la sua opera di salvezza. Secondo Bernardo gli angeli sono inseriti  vitalmente nel piano salvifico, attuato da Cristo, non solo passivamente perché lo accettano così come semplici esecutori,   ma anche attivamente con la collaborazione, con la disponibilità, con il loro amore pieno e incondizionato.
Di fatto Cristo si è servito degli angeli prima della sua incarnazione  per preparare gli uomini al grande evento della sua venuta,  ma anche dopo la sua incarnazione durante la sua passione morte e resurrezione, similmente quando ritornerà nella gloria alla fine dei tempi saranno ancora gli angeli ad annunciare il suo avvento finale.
A questo punto Bernardo fa una precisazione nel confronto tra gli angeli e Cristo. Questi è Dio, Figlio di Dio, quindi gli angeli sono sottomessi a lui, ma il Figlio di Dio ha preso la debolezza umana e in quanto uomo  è inferiore ad essi. Ecco il mistero da cui prendono luce gli angeli stessi.  Per la sua divinità Cristo è più grande degli angeli, per la sua umanità è inferiore.
 Qui si vede la loro umiltà, accettando di servire Cristo anche come uomo, di sottomettersi alla sua signoria, anche umana, perché in questo evento si attua, si concretizza, si concentra  il volere superiore di Dio Padre.  Così ha voluto il Padre, essi accolgono la sua altissima volontà e si prostrano davanti al bambino che nasce a Betlemme. Gesù è un bambino, un uomo in tutto uguale a noi eccetto il peccato, quindi un essere debole, fragile, rispetto a loro che sono puri spiriti, tuttavia  in quella carne umana sussiste il Verbo eterno di Dio, il  loro Signore.  Per questa ragione si inchinano, lo adorano, si prostrano e cantano la sua gloria, lo servono con grande disponibilità e umiltà.
Alcuni autori, tra i quali  Francisco Suarez [14], ma anche altri padri antichi, hanno sostenuto che il peccato degli angeli si sia consumato precisamente quando Dio ha mostrato loro il progetto in cui il suo Figlio eterno si sarebbe fatto uomo. Davanti a tale enorme disegno salvifico, gli angeli buoni lo hanno accolto, gli angeli ribelli invece no, si sono rifiutati. A capo di  questi stava Lucifero, satana, che non voleva  adorare un  uomo perché si sentiva superiore; dietro il suo incitamento i suoi gregari si sono opposti a Dio, non hanno accettato una simile umiliazione.
E’ interessante la cosa perché in effetti gli angeli sono metafisicamente superiori all’uomo, perché puri spiriti, noi siamo impastati con la debolezza della carne pur essendo anche spirito. Tuttavia il Verbo è diventato carne, non si è fatto angelo. Proprio in Cristo  si scontrano le due schiere angeliche:  gli angeli sottomessi pienamente si sono lasciati travolgere da questo mistero senza avanzare alcuna obiezione ed opposizione, invece gli angeli orgogliosi della loro grandezza, non hanno accettato di abbassarsi e si sono contrapposti.

3. Uno sguardo ammirato all’angelo custode.
  Bernardo si sofferma soprattutto sull’angelo custode, e anche qui ci sono degli aspetti  interessanti che vanno accennati: l’azione dell’angelo custode, l’ultimo grado della gerarchia celeste,   è quella di custodire ogni uomo.  Bernardo considera proprio questo ministero degli angeli come una mediazione tra Dio e gli uomini perché il loro operato consiste precisamente nel salire e scendere dal cielo, secondo le parole stesse di Gesù: “Vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo”[15].  Cosa vuol dire salire e scendere? Bernardo spiega: la via ascendente in salita, è quella della beatitudine celeste che a loro è data dalla contemplazione di Dio, dallo loro lode a Dio, dal Trisagio “Santo Santo Santo”, che si ripete alla S. Messa. 
La via discendente, li porta a volgersi verso la terra,  dice Bernardo,  “con passione” (compatire significa sentire tenerezza verso le persone più deboli, che siamo noi creature umane); essi sentono compassione per venire incontro ai nostri bisogni, alle nostre necessità, tuttavia – precisa Bernardo – non perdono la visione beatifica quando vengono verso di noi, anzi trasmettono agli uomini quella verità che essi contemplano in modo da aiutarli nel sentiero che conduce alla medesima verità.  Quindi scendono dalle altezze celesti per venire verso l’uomo, affinché l’uomo possa salire verso le altezze di Dio.  Qui sta il significato più bello della  salita e  discesa degli  angeli.
Essi imprimono al loro custodito lo stesso anelito di ascendere verso le vette della santità divina. E così facendo – dice Bernardo – imitano l’esempio di Cristo, perché come Gesù è divenuto uomo per servire l’uomo, per comunicargli la grazia divina, per dargli la sua salvezza, così essi partecipano alla medesima missione di avvicinarsi umilmente agli esseri umani. Accostandosi ad essi e vivendo con loro, quali vigili custodi, essi non fanno altro che condividere l’azione del Verbo eterno, il quale dalle sublimi altezze della sua divinità è sceso fino alla realtà debole e fragile dell’uomo, per farsi in tutto simile all’essere umano eccetto il peccato. 
Questa umiltà e disponibilità di Dio ha suscitato negli angeli una tale impressione e ammirazione, una tale movenza interiore, che li ha spinti a fare la stessa cosa, in modo che essi sono mossi, come il Verbo eterno, da un amore sconfinato verso le creature umane, affinché  anche esse possano accogliere la bontà di Gesù, la sua grazia ed essere innalzate alla partecipazione della natura divina fino a diventare figli di Dio nel Figlio.  Perciò gli angeli rientrano perfettamente, secondo la visione di Bernardo, nel mistero salvifico del Cristo, ne sono coinvolti e dipendenti, si muovono continuamente e unicamente con lo scopo che il progetto di amore del Padre si compia in ogni creatura umana.
Di fronte a così elevate considerazioni, l’anima di Bernardo si innalza in una preghiera stupenda di ringraziamento a Dio per la Sua infinita accondiscendenza verso l’uomo,   dicendo che il Padre celeste ha inviato l’Unigenito nel mondo e anche il suo Santo Spirito dopo  che l’Unigenito è salito al cielo, per condurre gli uomini alla visione di se nel mondo della sua beatitudine eterna.  Affinché tale opera giunga felicemente al compimento, Dio manda inoltre gli spiriti beati a esercitare il proprio ministero a vantaggio dell’umanità assegnando loro il compito di custodirci e di farsi nostri precettori.
Non  è stato sufficiente al volere di Dio che il Verbo si facesse carne, ha anche effuso il suo Santo Spirito alla Pentecoste,  ma non è bastato neanche questo, manda i suoi angeli ad ognuno di noi, perché ognuno  possa entrare nel mistero d’amore divino ed esservi totalmente coinvolto e trasfigurato dall’amore del Verbo incarnato per salire verso il Padre  e congiungersi a Lui come figlio amato, perdonato e salvato da Lui.
Quale mistero infinito d’amore! Tutto ha compiuto il Padre, affinché noi piccole povere creature, perse nella nostra debolezza, non ci smarrissimo. Abbiamo bisogno di questi aiuti celesti, che sembrano addirittura eccessivi, ma di fatto  avvolgono totalmente il nostro essere se noi siamo sensibili a recepirli e a lasciarci condurre da essi, che il Padre ha voluto riservare a noi, sue creature predilette.
Soprattutto – dice Bernardo  – l’angelo custode ha il compito di aiutare l’uomo  nel custodire il frutto dell’albero della croce, cioè il frutto della salvezza proveniente dal Cristo crocifisso, soprattutto dal suo sangue prezioso sgorgato sulla croce. Gli angeli svolgono la funzione di aiutare e sorreggere creature umane, affinchè pervengano a dissetarsi al sangue effuso dal  Cristo trafitto sulla croce, per essere purificate, trasformate, rinnovate.
Questo è il loro ruolo specifico perché – dice Bernardo – l’uomo da solo è inaffidabile, inefficace, anzi spesse volte è vulnerabile e inetto. Quale senso profondo aveva Bernardo della fragilità umana ed è Dio che glie lo ha trasmesso, perché Dio ci conosce fino in fondo e sa che siamo deboli e fragili come foglie al vento sbattute ovunque. Per questo il Padre ci  assiste attraverso l’azione soccorritrice degli angeli, affinché non siamo travolti, buttati per terra e calpestati, ma portiamo frutti per la vita eterna.
Bernardo  invita tutti noi perché agli angeli custodi dobbiamo dare il nostro culto, non quello riservato a Dio, il culto di “latria”,[16]  ma la nostra devozione.  Egli spiega che al di sopra di tutto sta l’amore per Cristo Dio, quindi gli angeli non possono essere amati di più, come neanche i santi, neanche la Vergine Maria, perché Dio deve stare al primo posto, tuttavia – prosegue Bernardo – Dio è amato anche nelle sue creature, per cui esorta  caldamente i suoi monaci ad avere rispetto del proprio angelo custode, anzi devono sentire gratitudine, amore e onore verso di lui. Ecco le sue parole esatte:
“ Anche se gli angeli sono semplici esecutori di comandi divini, si deve essere grati anche a loro perché ubbidiscono a Dio per il nostro bene. Siamo dunque devoti, siamo grati a protettori così grandi, riamiamoli, onoriamoli quanto possiamo e quanto dobbiamo. Tutto l’amore e tutto l’onore vada a Dio, dal quale deriva interamente quanto è degli angeli e quanto è nostro. Da lui viene la capacità di amare e di onorare, da lui ciò che ci rende degni di amore e di onore. Amiamo affettuosamente gli angeli di Dio, come quelli che saranno un giorno i nostri coeredi, mentre nel frattempo sono nostre guide e tutori, costituiti e preposti a noi dal Padre. Ora, infatti, siamo figli di Dio. Lo siamo, anche se questo attualmente non lo comprendiamo chiaramente, perché siamo ancora bambini sotto amministratori e tutori e, conseguentemente, non differiamo per nulla dai servi. Gli angeli di Dio non possono essere sconfitti né sedotti e tanto meno sedurre, essi che ci custodiscono in tutte le nostre vie. Sono fedeli, sono prudenti, sono potenti. Perché trepidare? Soltanto seguiamoli, stiamo loro vicini e restiamo nella protezione del Dio del cielo.”[17]

4. Conclusione: le due mani degli angeli.
  L’uomo, la creatura umana, è ancora immatura, ha bisogno di simili custodi, fedeli prudenti e potenti, non possiamo dimenticarci di loro. Noi siamo piccoli, poveri, deboli. Dal senso di umiltà, dalla consapevolezza della nostra piccolezza, nasce precisamente la devozione agli angeli, l’affidamento alla loro cura, alle loro luci, alla loro protezione, soprattutto nei momenti di apprensione e di prova, ognuno deve invocarli, poiché sono gli angeli con le loro mani a sostenerci e a rafforzarci.  Le loro mani – aggiunge Bernardo – in mille modi vengono in soccorso a ciascuno eletto, a cui Dio li ha affidati.  Queste mani, naturalmente non sono mani fisiche, sono invisibili, ma esprimono l’effluvio del loro amore, l’abbondanza delle premure con cui ci circondano e ci avvolgono. Dice ancora che spesse volte queste mani invisibili proteggono l’uomo, anche quando non se ne avvede, da numerosi pericoli sia fisici sia morali. Poi spiega che con le mani dell’angelo egli intende il duplice effetto dell’azione di soccorso, teso da un lato a ricordarci che la tribolazione non durerà per sempre e dall’altro ad assicurarci l’eternità della ricompensa.
  Quando siamo nella tribolazione l’angelo ci ricorda con una mano che la tribolazione non sarà eterna, non durerà per sempre, e con l’altra mano invece ci dice che la ricompensa sarà eterna, se la tribolazione verrà accettata con amore.  In tal modo l’aiuto angelico serve a superare e trasformare i momenti di sofferenza in momenti di grazia,  per salire sempre più la scala che ci porta all’incontro amoroso e gratificante con Dio.  Infine Bernardo conclude che queste bellissime mani  al termine della vita solleveranno l’anima umana verso il cielo[18].
E’ vero che Bernardo si riferiva soprattutto ai monaci, ma le sue esortazioni sono valide anche per noi cristiani, perché  vogliamo bene al Signore e vogliamo seguire la via giusta fino alla fine e perciò dobbiamo anche noi servirci  di questi aiuti che il Signore ci offre, in particolare degli angeli custodi, dobbiamo rendercene conto che ci sono, sono accanto a noi, ma sono anche per noi, affinché possiamo unirci ed essere sempre con Dio e non lasciarci deviare da altre realtà che ci portano lontano dalla  pienezza di gioia eterna.
Dobbiamo chiederci onestamente: perché li trascuriamo e  li dimentichiamo? Perché non pensiamo a loro?  In fondo siamo degli stolti, perché, pur avendo questi tesori a disposizione, neanche ce ne rendiamo conto; siamo molto superficiali illudendoci di poter vivere solo con le nostre forze, ma non ce la facciamo. Tutto parte dall’umiltà, dal considerarci creature bisognose dell’amore di Dio e dell’aiuto dell’angelo.
Bernardo avverte che gli angeli agiscono con una delicatezza impressionate, non fanno rumore, né forzature, rispettano la nostra libertà e non amano il chiasso. Ne segue che per accogliere la loro presenza operante, è necessario il silenzio e il  raccoglimento: silenzio esteriore per eliminare  il chiasso che ci tormenta durante il giorno e la notte, ma anche il silenzio interiore, per liberarci dai nostri pensieri; alle volte  le ansie, le tensioni e le angosce ci distruggono e fanno perdere il senso vero delle cose. Occorre inoltre una sensibilità spirituale, altrimenti gli angeli non si possono percepire, immersi come siamo nel materialismo, nelle cose che colpiscono i sensi esterni, nelle preoccupazioni, nelle tensioni che ci impediscono di maturare la sensibilità interiore dello spirito, perché solo lo spirito intende lo spirito, capisce lo spirito, ascolta lo spirito, accoglie lo spirito; la carne non ne è capace, la carne vive di carne, di cose terrene e futili.
Le  riflessioni di Bernardo sugli angeli ci hanno permesso di conoscere le due caratteristiche che dobbiamo coltivare noi cristiani, con grande forza interiore, oggi in particolare per non seguire la comune corrente delle concezioni mondane: il raccoglimento e la delicatezza interiore. Da una parte viviamo in un chiasso e un rumore assordanti, nel qual caso gli angeli restano accanto a noi, ma  né li sentiamo, né li vediamo, né ci accorgiamo di loro, siamo come sordi ciechi e muti nei loro confronti, perché storditi dal fracasso che ci circonda e che sta anche dentro di noi; dall’altra parte abbiamo una grossolanità d’animo, una torbidezza spirituale che ci impedisce di cogliere le loro movenze soavi e delicate, ma stupende. Facciamo nostro l’insegnamento di Bernardo: esso  innesti profondamente in ciascuno di noi uno sprazzo di gioia e di amore per il nostro angelo custode.   

Don Renzo Lavatori

Publié dans:angeli |on 1 octobre, 2013 |Pas de commentaires »

PREGHIERE AGLI ANGELI E AGLI ARCANGELI

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PREGHIERE AGLI ANGELI E AGLI ARCANGELI

ALL’ANGELO CONSOLATORE DI GESÙ NELL’ORTO
Questa preghiera fu composta dal Servo di Dio p. Bernardino di Porto­gruaro O.F.M. Il venerando Padre, ag­giungeva: « Questa devozione è molto utile nelle pene che il buon Dio ci man­da. Chi ebbe la missione di consolare il Capo nella sua agonia, ha ricevuto pure il potere e la missione di consolare anche le membra nelle loro pene, ma soprattut­to nell’agonia. Fatene la prova e vedrete che la devozione verso l’Angelo Con­solatore di Gesù vi riuscirà immensa­mente vantaggiosa in tutta la vostra vita e nell’ora della vostra morte ».
Io vi saluto, o Santo Angelo Consola­tore del mio Gesù agonizzante, e lodo con voi la Ss.ma Trinità per avervi scelto, fra tutti, a consolare e fortificare Colui che è la consolazione e la forza di tutti gli afflitti. Vi supplico per questo onore che avete avuto e per l’obbedienza, l’umiltà e l’affetto con cui avete soccorso la Santa Umanità del mio Salvatore Gesù, che soccombeva per il dolore alla vista dei peccati del mondo, e in special modo dei miei: ottenetemi il perfetto dolore delle mie colpe; degnatevi di consolarmi nel­l’afflizione che ora mi opprime, e in tutte le altre che potranno sopravvenirmi in seguito, e particolarmente quando mi troverò nell’agonia. Amen.
(Indulgenza parziale. S. Penit., 5 agosto1921).
Si aggiungano tre Gloria Patri, per onorare le agonie di nostro Signore Gesù Cristo nell’orto e sulla Croce.

PREGHIERA A TUTTI GLI ANGELI  (di San Pietro d’Alcantara)
O beatissimi Spiriti che tanto avvam­pate del fuoco d’amore pel vostro Dio Creatore, e voi soprattutto, ardenti Se­rafini, che i Cieli e la terra accendete di Carità divina, non abbandonate il pove­ro infelice mio cuore; ma, come già face­ste del labbro d’Isaia, purificatelo da tut­ti i suoi peccati, ed infiammatelo del vo­stro ardentissimo amore, affinché non ami che il Signore, lui solo cerchi e in lui solo riposi nei secoli dei secoli. Così sia. Santi Angeli pregate per noi.

Per la protezione personale
O Dio, che chiami gli Angeli e gli uomini a cooperare al Tuo disegno di salvezza, concedi a noi, pellegrini sulla terra, la protezione degli Spiriti Beati, che in cielo stanno davanti a Te per servirti e contemplano la gloria del Tuo Volto. Per Cristo nostro Signore.
(Liturg. di S. Michele)

All’Angelo della Gloria
Noi proclamiamo, Signore, la Tua Gloria che risplende negli Angeli e negli Arcangeli; onorando questi Tuoi messaggeri, esaltiamo la Tua infinita bontà; negli Spiriti Beati Tu ci riveli quanto sei grande e amabile al di sopra di ogni creatura, per Cristo nostro Signore.
(Prefazio degli Angeli)

All’Angelo della Casa
Visita, Signore, la nostra casa e allontana da noi ogni insidia del nemico infernale; i Tuoi Angeli Santi ci custodiscano nella pace e sia sempre sopra di noi la Tua Benedizione. Per Cristo nostro Signore.
(Liturg. di Compieta)

Ai tre Arcangeli
Venga dal Cielo nelle nostre case l’Angelo della pace, Michele, venga portatore di serena pace e releghi nell’inferno le guerre, fonte di tante lacrime.
Venga Gabriele, l’Angelo della forza, scacci gli antichi nemici e visiti i templi cari al Cielo, che Egli trionfatore ha fatto elevare sulla Terra.
Ci assista Raffaele, l’Angelo che presiede alla salute; venga a guarire tutti i nostri malati e a dirigere i nostri incerti passi per i sentieri della vita.
(Liturg. degli Angeli custodi)

Per la protezione dalle forze oscure (preghiera medioevale)
Signore, manda tutti i santi Angeli e Arcangeli. Manda il santo Arcangelo Michele, il santo Gabriele, il santo Raffaele, affinché siano presenti e difendano e proteggano questo tuo servo, Tu che lo plasmasti, cui desti un’anima e per il quale Ti degnasti di profondere il Tuo sangue. Lo proteggano, lo illuminino quando è sveglio, quando dorme, lo rendano così tranquillo e sicuro da ogni manifestazione diabolica, che nessun essere che abbia maligno potere possa in lui entrare giammai. Né osi offendere o ferire la sua anima, il suo corpo, il suo spirito o atterrirli o solleticarli con la tentazione.

Agli Arcangeli
Glorioso Arcangelo Michele, principe delle milizie celesti, difendici contro tutti i nostri nemici visibili e invisibili e non permettere mai che cadiamo sotto la loro crudele tirannia.
San Gabriele Arcangelo, tu che giustamente sei chiamato la forza di Dio, poiché sei stato scelto per annunciare a Maria il mistero in cui l’Onnipotente doveva manifestare meravigliosamente la forza del suo braccio, facci conoscere i tesori racchiusi nella persona del Figlio di Dio e sii nostro messaggero presso la sua santa Madre!
San Raffaele Arcangelo, guida caritatevole dei viaggiatori, tu che, con la potenza divina, operi miracolose guarigioni, degnati di guidarci nel corso del nostro pellegrinaggio terreno e suggerisci i veri rimedi che possono guarire le nostre anime e i nostri corpi. Amen.

Agli Arcangeli
San Michele Arcangelo difendici nella battaglia; sii tu nostro sostegno contro la perfidia e le insidie del diavolo, che Dio eserciti il suo dominio su di lui, te ne preghiamo supplichevoli; e tu, o Principe della milizia celeste, con la potenza divina ricaccia nell’inferno Satana e gli altri spiriti maligni, i quali errano nel mondo per perdere le anime. Amen.
O glorioso Arcangelo san Gabriele io condivido la gioia che provasti nel recarti, quale celeste messaggero, a Maria, ammiro il rispetto col quale ti presentasti a lei, la devozione con cui la salutasti, l’amore con cui, primo fra gli Angeli, adorasti il Verbo incarnato nel suo seno. Ti prego di ottenermi di ripetere con gli stessi tuoi sentimenti il saluto che allora rivolgesti a Maria e di offrire con lo stesso amore gli ossequi che allora presentasti al Verbo fatto Uomo, con la recita del Santo Rosario e dell’Angelus Domini. Amen.
O glorioso Arcangelo san Raffaele che, dopo aver custodito gelosamente il figlio di Tobia nel suo fortunoso viaggio, lo rendeste finalmente ai suoi cari genitori salvo e incolume, unito a una sposa degna di lui, siate guida fedele anche a noi: superate le tempeste e gli scogli di questo mare procelloso del mondo, tutti i vostri devoti possano raggiungere felicemente il porto della beata eternità. Amen.

Ai nove cori degli Angeli
Angeli santissimi, vegliate su di noi, dovunque e sempre. Arcangeli nobilissimi, presentate a Dio le nostre preghiere e i nostri sacrifici. Virtù celesti, donateci forza e coraggio nelle prove della vita. Potenze dell’Alto, difendeteci contro i nemici visibili e invisibili. Principati sovrani, governate le nostre anime e i nostri corpi. Dominazioni altissime, regnate di più sulla nostra umanità. Troni supremi, otteneteci la pace. Cherubini pieni di zelo, dissipate tutte le nostre tenebre. Serafini pieni di amore, infiammateci di ardente amore per ilSignore. Amen

Publié dans:angeli, preghiere |on 28 septembre, 2013 |Pas de commentaires »

29 SETTEMBRE: GLI ARCANGELI MICHELE, GABRIELE E RAFFAELE

http://www.donboscoland.it/articoli/articolo.php?id=128073

29 SETTEMBRE: GLI ARCANGELI MICHELE, GABRIELE E RAFFAELE

(è il mio onomastico… Gabriella)

Essi vengono da Dio «inviati in servizio, a vantaggio di coloro che devono essere salvati». La nostra «azione di grazie», l’ Eucaristia, è una «concelebrazione» in cui ci uniamo agli Angeli nel triplice canto: «Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell’universo».

            Michele, nome ebraico che vuol dire « Chi è come Dio? » viene ricordato nel libro di Daniele del popolo eletto (Dan 10,13 e 12,1). La lettera di san Giuda lo presenta in lotta contro Satana per il corpo di Mosè. Anche l’Apocalisse ricorda il combattimento di Michele e dei suoi angeli contro il drago. La liturgia dei defunti lo vuole accompagnatore delle anime. Molto venerato dagli Ebrei divenne presto assai popolare nel culto cristiano. Il 29-IX cade l’anniversario della dedicazione di una chiesa in suo onore sulla via Salaria (sec. V).

          Gabriele «forza di Dio», si presentò a Zaccaria come «colui che sta al cospetto di Dio» (Lc 1,19). Portare l’annuncio di Dio è il compito che gli riconosce Daniele (8,16; 9,21): annunziò infatti la nascita del Battista e di Gesù Cristo (Lc 1,5-22.26-38).

          Raffaele, «Dio ha curato», compare nel libro di Tobia come accompagnatore nel viaggio del giovane Tobia e come portatore di salvezza al vecchio padre cieco.

          San Luca mostra sovente l’intervento degli angeli nelle origini della Chiesa perché con la venuta di Cristo l’umanità è entrata nell’era definitiva in cui Dio è vicino all’uomo e il cielo è unito alla terra. Essi vengono da Dio «inviati in servizio, a vantaggio di coloro che devono essere salvati». La nostra «azione di grazie», l’ Eucaristia, è una «concelebrazione» in cui ci uniamo agli Angeli nel triplice canto: «Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell’universo». 
Dalle «Omelie sui vangeli» di san Gregorio Magno, papa
          E’ da sapere che il termine «angelo» denota l’ufficio, non la natura. Infatti quei santi spiriti della patria celeste sono sempre spiriti, ma non si possono chiamare sempre angeli, poiché solo allora sono angeli, quando per mezzo loro viene dato un annunzio. Quelli che recano annunzi ordinari sono detti angeli, quelli invece che annunziano i più grandi eventi son chiamati arcangeli.
          Per questo alla Vergine Maria non viene inviato un angelo qualsiasi, ma l’arcangelo Gabriele. Era ben giusto, infatti, che per questa missione fosse inviato un angelo tra i maggiori, per recare il più grande degli annunzi. A essi vengono attribuiti nomi particolari, perché anche dal modo di chiamarli appaia quale tipo di ministero è loro affidato. Nella santa città del cielo, resa perfetta dalla piena conoscenza che scaturisce dalla visione di Dio onnipotente, gli angeli non hanno nomi particolari, che contraddistinguono le loro persone, ma quando vengono a noi per qualche missione, prendono anche il nome dall’ufficio che esercitano.
Così Michele significa: Chi è come Dio?, Gabriele: Fortezza di Dio, e Raffaele: Medicina di Dio.
          Quando deve compiersi qualcosa che richiede grande coraggio e forza, si dice che è mandato Michele, perché si possa comprendere, dall’azione e dal nome, che nessuno può agire come Dio. L’antico avversario che bramò, nella sua superbia, di essere simile a Dio, dicendo: Salirò in cielo (cfr. Is 14, 13-14), sulle stelle di Dio innalzerò il trono, mi farò uguale all’Altissimo, alla fine del mondo sarà abbandonato a se stesso e condannato all’estremo supplizio. Orbene egli viene presentato in atto di combattere con l’arcangelo Michele, come è detto da Giovanni: «Scoppiò una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago» (Ap 12, 7).
          A Maria è mandato Gabriele, che è chiamato Fortezza di Dio; egli veniva ad annunziare colui che si degnò di apparire nell’umiltà per debellare le potenze maligne dell’aria. Doveva dunque essere annunziato da «Fortezza di Dio» colui che veniva quale Signore degli eserciti e forte guerriero.
          Raffaele, come abbiamo detto, significa Medicina di Dio. Egli infatti toccò gli occhi di Tobia, quasi in atto di medicarli, e dissipò le tenebre della sua cecità. Fu giusto dunque che venisse chiamato «Medicina di Dio» colui che venne inviato a operare guarigioni.

Preghiera
San Michele Arcangelo,
difendici nella lotta;
sii nostro aiuto contro la cattiveria e le insidie del demonio.
Gli comandi Iddio,
supplichevoli ti preghiamo:
tu, che sei il Principe della milizia celeste,
con la forza divina rinchiudi nell’inferno Satana
e gli altri spiriti maligni
che girano il mondo
per portare le anime alla dannazione.
Amen.

Angeli e arcangeli nella fede cattolica
            Le affermazioni sugli angeli, nella fede cattolica, sono precise ed insieme discrete. Se ne riconosce come verità di fede l’esistenza ed il ministero di servitori di Cristo e della sua opera di salvezza e, perciò, la loro presenza a vantaggio dell’uomo e della Chiesa. E’ la testimonianza biblica il continuo punto di riferimento per queste affermazioni teologiche.

Gli angeli nel Catechismo della Chiesa cattolica
            L’esistenza degli esseri spirituali, incorporei, che la Sacra Scrittura chiama abitualmente angeli, è una verità di fede. La testimonianza della Scrittura è tanto chiara quanto l’unanimità della Tradizione.

Chi sono?
             Sant’Agostino dice a loro riguardo: “Angelus officii nomen est, non naturae. Quaeris nomen huius naturae, spiritus est; quaeris officium, angelus est: ex eo quod est, spiritus est, ex eo quod agit, angelus – La parola angelo designa l’ufficio, non la natura. Se si chiede il nome di questa natura si risponde che è spirito; se si chiede l’ufficio, si risponde che è angelo: è spirito per quello che è, mentre per quello che compie è angelo” [Sant'Agostino, Enarratio in Psalmos, 103, 1, 15]. In tutto il loro essere, gli angeli sono servitori e messaggeri di Dio. Per il fatto che “vedono sempre la faccia del Padre. . . che è nei cieli” (Mt 18,10), essi sono “potenti esecutori dei suoi comandi, pronti alla voce della sua parola” (Sal 103,20).
            In quanto creature puramente spirituali, essi hanno intelligenza e volontà: sono creature personali [Cf Pio XII, Lett. enc. Humani generis: Denz. -Schönm., 3891] e immortali [Cf Lc 20,36]. Superano in perfezione tutte le creature visibili. Lo testimonia il fulgore della loro gloria [Cf Dn 10,9-12].

Cristo “con tutti i suoi angeli”
            Cristo è il centro del mondo angelico. Essi sono “i suoi angeli”: “Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli… ” (Mt 25,31). Sono suoi perché creati per mezzo di lui e in vista di lui: “Poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui” (Col 1,16). Sono suoi ancor più perché li ha fatti messaggeri del suo disegno di salvezza: “Non sono essi tutti spiriti incaricati di un ministero, inviati per servire coloro che devono ereditare la salvezza?” (Eb 1,14).
            Essi, fin dalla creazione [Cf Gb 38,7] e lungo tutta la storia della salvezza, annunciano da lontano o da vicino questa salvezza e servono la realizzazione del disegno salvifico di Dio: chiudono il paradiso terrestre, [Cf Gen 3,24] proteggono Lot. [Cf Gen 19] salvano Agar e il suo bambino, [Cf Gen 21,17] trattengono la mano di Abramo; [Cf Gen 22,11] la Legge viene comunicata “per mano degli angeli” (At 7,53), essi guidano il Popolo di Dio, [Cf Es 23,20-23] annunziano nascite [Cf Gdc 13] e vocazioni, [Cf Gdc 6,11-24; Is 6,6] assistono i profeti, [Cf 1Re 19,5] per citare soltanto alcuni esempi. Infine, è l’angelo Gabriele che annunzia la nascita del Precursore e quella dello stesso Gesù [Cf Lc 1,11; Lc 1,26].
            Dall’Incarnazione all’Ascensione, la vita del Verbo incarnato è circondata dall’adorazione e dal servizio degli angeli. Quando Dio “introduce il Primogenito nel mondo, dice: lo adorino tutti gli angeli di Dio” (Eb 1,6). Il loro canto di lode alla nascita di Cristo non ha cessato di risuonare nella lode della Chiesa: “Gloria a Dio… ” (Lc 2,14). Essi proteggono l’infanzia di Gesù, [Cf Mt 1,20; Mt 2,13; Mt 1,19] servono Gesù nel deserto, [Cf Mc 1,12; Mt 4,11] lo confortano durante l’agonia, [Cf Lc 22,43] quando egli avrebbe potuto da loro essere salvato dalla mano dei nemici [Cf Mt 26,53] come un tempo Israele [Cf 2Mac 10,29-30; 2Mac 11,8]. Sono ancora gli angeli che “evangelizzano” (Lc 2,10) annunziando la Buona Novella dell’Incarnazione [Cf Lc 2,8-14] e della Risurrezione [Cf Mc 16,5-7] di Cristo. Al ritorno di Cristo, che essi annunziano, [Cf At 1,10-11] saranno là, al servizio del suo giudizio [Cf Mt 13,41; Mt 25,31; Lc 12,8-9].

Gli angeli nella vita della Chiesa
            Allo stesso modo tutta la vita della Chiesa beneficia dell’aiuto misterioso e potente degli angeli [Cf At 5,18-20; At 8,26-29; At 10,3-8; At 12,6-11; At 27,23-25].
            Nella Liturgia, la Chiesa si unisce agli angeli per adorare il Dio tre volte santo; [Messale Romano, “Sanctus”] invoca la loro assistenza (così nell’“In Paradisum deducant te angeli…” – In Paradiso ti accompagnino gli angeli – della Liturgia dei defunti, o ancora nell’“Inno dei Cherubini” della Liturgia bizantina), e celebra la memoria di alcuni angeli in particolare (san Michele, san Gabriele, san Raffaele, gli angeli custodi).
            Dal suo inizio [Cf Mt 18,10] fino all’ora della morte [Cf Lc 16,22] la vita umana è circondata dalla loro protezione [Cf Sal 34,8; Sal 91,10-13] e dalla loro intercessione [Cf Gb 33,23-24; Zc 1,12; Tb 12,12]. “Ogni fedele ha al proprio fianco un angelo come protettore e pastore, per condurlo alla vita” [San Basilio di Cesarea, Adversus Eunomium, 3, 1: PG 29, 656B]. Fin da quaggiù, la vita cristiana partecipa, nella fede, alla beata comunità degli angeli e degli uomini, uniti in Dio.

Publié dans:angeli, feste |on 27 septembre, 2013 |Pas de commentaires »

UNA VERITÀ COSÌ GRANDE DA SEMBRARE IMPOSSIBILE (SECONDA PARTE) – un teologo sugli Angeli Custodi

http://www.zenit.org/article-32925?l=italian

UNA VERITÀ COSÌ GRANDE DA SEMBRARE IMPOSSIBILE (SECONDA PARTE)

Un celebre teologo spiega chi sono gli Angeli Custodi e come possiamo parlare con loro

di Renzo Allegri
ROMA, martedì, 2 ottobre 2012 (ZENIT.org) – Riportiamo di seguito la seconda parte dell’intervista al giovane teologo Padre Zdzislaw Kijas, francescano conventuale polacco, Preside della “Pontificia Facoltà San Bonaventura-Seraphicum”, su un argomento spesso dibattuto nella teologia antica e moderna: gli Angeli Custodi. La prima parte dell’intervista è stata pubblicata ieri, lunedì 1 ottobre 2012.
***
Padre Kijas, che tipo di comunicazione “concreta” possiamo avere con gli Angeli?
Padre Kijas: Una comunicazione di tipo spirituale, attraverso la preghiera, il dialogo, la liturgia. Una persona non può costringere gli Angeli a fare quello che lei vuole, può solo supplicarli, pregarli. E ciò che gli Angeli vogliono per noi, non è solo un loro desiderio personale, ma essi attuano il volere amoroso di Dio. La Chiesa, a nome del “popolo di Dio”, ricorre spesso nella liturgia all’aiuto degli Angeli per far giungere le sue suppliche a Dio. Nella Messa, quando si arriva al “Sanctus”, la Chiesa si unisce al coro degli Angeli per proclamare Dio tre volte santo. Nella liturgia per i defunti, chiede agli Angeli di “accompagnare in paradiso” l’anima della persona che ha lasciato questa terra. E così in tantissime altre preghiere liturgiche.
Nelle biografie dei santi e nella devozione popolare si sente spesso parlare dell’Angelo Custode. Qual è la verità teologica su questo argomento?
Padre Kijas: L’esistenza dell’Angelo Custode è una verità di fede. Il Catechismo della Chiesa Cattolica esprime questa verità con tre bellissime affermazioni che si trovano al paragrafo 336: “Dall’infanzia fino all’ora della morte, la vita umana è circondata dalla protezione e dalla intercessione degli Angeli”. “Ogni fedele ha al proprio fianco un Angelo come protettore e pastore, per condurlo alla vita”. “Fin da quaggiù, la vita cristiana partecipa, nella fede, alla beata comunità degli Angeli e degli uomini, uniti in Dio.
Qual è il compito specifico dell’Angelo Custode?
Padre Kijas: Prendersi cura “in tutto e per tutto della creatura che gli è stata affidata”. Farà il possibile, quindi, per tenerci lontano dai guai e aiutarci alla piena realizzazione di noi stessi secondo il volere di Dio. La Chiesa crede negli Angeli Custodi e li venera con una festa particolare il 2 di ottobre. Nelle sue preghiere, chiede al Signore che essi difendano l’uomo dal peccato, dall’attacco del maligno, che si prendano cura di ogni uomo, che custodiscano il suo cuore e lo rendano libero per il servizio di Dio. La Chiesa chiede a Dio che gli Angeli Custodi allontanino il pericolo della guerra, custodiscano la pace nei Paesi e nelle famiglie, in modo che tutti possano vivere nella gioia e nella salute.
Come fa l’Angelo Custode a comunicare con noi?
Padre Kijas: Come abbiamo detto, la conoscenza dell’Angelo non è illimitata ma è molto più perfetta della nostra. Per questo, l’Angelo Custode può avvisarci dei pericoli che ci minacciano, che noi non conosciamo, perché con i nostri sensi non siamo in grado di percepire il futuro. E può fare questo con suggerimenti, ispirazioni, intuizioni, attraverso eventi, persone, situazioni. Per captare i segnali dell’Angelo dobbiamo avere attenzione, sensibilità, cuore puro, occhi interiori vigilanti. L’Angelo Custode può influire sul nostro intelletto in modo “immediato” ma non sulla nostra volontà. L’agire degli Angeli sulla nostra volontà è “mediato” e si realizza attraverso il nostro intelletto. L’uomo non perde mai la propria libertà. L’Angelo non ci costringe ad agire, ma ci “suggerisce” solamente di fare certe cose.
Stando così le cose, l’Angelo Custode dovrebbe essere il nostro più sicuro, fedele, appassionato amico. E’ così?
Padre Kijas: Direi che è proprio così. Avendo ricevuto da Dio l’incarico di custodirci, realizza pienamente se stesso proprio esercitando alla perfezione questo compito. Noi dobbiamo permettergli di farlo. C’è una bellissima antica preghiera che dovremmo ripetere più volte al giorno: “Angelo di Dio, che sei il mio custode, illumina, custodisci, reggi e governa me, che ti fui affidato dalla pietà celeste. Amen”.
E’ vero che l’Angelo Custode farà di tutto per guidare verso la Verità anche il non credente?
Padre Kijas: Dio è padre di tutti gli uomini, anche di quelli che non credono. Anzi, si preoccupa più di questi che non di quelli che credono, come ci ha insegnato Gesù con la parabola della pecorella smarrita. Il “Buon Pastore” (che è Dio) lascia le novantanove pecorelle nell’ovile e va in cerca di quella che si è persa. Quindi, Dio ha assegnato l’Angelo Custode a tutti gli esseri umani e semmai chiederà più impegno agli Angeli Custodi di chi non crede, proprio perché desidera che essi salvino le pecorelle smarrite.
Possiamo parlare apertamente con l’Angelo Custode oppure bisogna seguire delle regole, dei riti?
Padre Kijas: Nessun rito, nessuna regola, nessuna formula prestabilita. L’Angelo Custode è sempre accanto a noi, sempre attento, desideroso di ascoltare le nostre richieste e pronto a fare di tutto per aiutarci.
Per comunicare con le persone lontane, noi usiamo il telefono. I santi ricorrevano all’Angelo Custode e dicevano che era un mezzo sicuro. Esageravano?
Padre Kijas: L’Angelo Custode come legame d’Amore, comunica il nostro amore anche agli altri. Possiamo chiedergli di proteggere quelli che ci sono cari. Egli è un”ponte invisibile” nei legami d’amicizia ed ha cura delle persone che gli affidiamo.
Siccome è inviato (Angelo, significa inviato) da Dio come Amore puro, non vuole mai chiudere la persona nell’amore di sé, ma aprirla agli altri e imparare ad amarli, in Dio, come sé stesso. Potremmo dire che anche gli Angeli hanno dei legami tra loro, relazioni di Amore fraterno e sono tutti impegnati, insieme, per il nostro bene, anche, quindi, nel creare tra noi i legami che più ci fanno del bene.
A studiarla sui libri, questa verità sembra fantastica, da sogno, troppo bella per essere vera. E molti finiscono per ritenerla fantasiosa.
Padre Kijas: E’ una verità straordinaria. Dimostra che il mondo non è vuoto, freddo, buio, oscuro come qualche ideologia vorrebbe farci credere. Il nostro Dio non è solitario e nemmeno estraneo, non si tiene lontano dalla Sua creatura. E’ vicino a noi con il suo amore infinito di Padre e ci mette accanto anche tanti amici potenti. Autentiche “guardie del corpo” contro i nostri nemici spirituali.

Publié dans:angeli, Teologia |on 2 octobre, 2012 |Pas de commentaires »

UNA VERITÀ COSÌ GRANDE DA SEMBRARE IMPOSSIBILE (PRIMA PARTE) – un teologo sugli Angeli Custodi

http://www.zenit.org/article-32924?l=italian

UNA VERITÀ COSÌ GRANDE DA SEMBRARE IMPOSSIBILE (PRIMA PARTE)

Un celebre teologo spiega chi sono gli Angeli Custodi e come possiamo parlare con loro

di Renzo Allegri
ROMA, lunedì, 1 ottobre 2012 (ZENIT.org) – La festa degli Angeli Custodi che si celebra il 2 ottobre, ricorda una delle verità cristiane più belle e sconcertanti. Sapere che Dio ha affidato a ciascun essere umano un Angelo con il compito “personalizzato” di custodirlo, di proteggerlo, di guidarlo, essere cioè il suo migliore amico, il suo difensore, riempie il cuore di stupore e di gioia.
E’ una verità tanto affascinante da insinuare anche nella mente di un credente il dubbio che si tratti di una fantasia o una pia illusione. Nella mia lunga professione di giornalista, quando avvicinavo celebri teologi, non resistevo dal chiedere loro informazioni dettagliate su questo argomento. Poi scrivevo ampi articoli e poiché ero inviato speciale di un settimanale tra i più letti in Italia, ogni volta arrivava in redazione una grande quantità di lettere, a dimostrazione che l’argomento affascinava. Molti ringraziavano ma molti criticavano pesantemente proprio perché ritenevano che una cosa del genere fosse solo fantasia.
Negli anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso, molti teologi cattolici avevano smarrito la ragioni profonde delle verità sugli Angeli. Consideravano la tradizionale dottrina sull’argomento “anticaglia”, “vecchiume” “roba da medioevo”, eccetto monsignor Giuseppe Del Ton, uno dei maggiori latinisti viventi, per lunghi anni segretario delle Lettere Latine di Giovanni XXIII e Paolo VI. Fedele all’insegnamento della Sacra Scrittura, dei Santi Padri e della tradizione cristiana, mons. Del Ton stava scrivendo un libro dal titolo “Verità sugli Angeli e Arcangeli”, dove sintetizzò con passione e chiarezza, anni di ricerche e di riflessioni. Incontrai più volte monsignor Del Ton in Vaticano, nel suo appartamento che affacciava direttamente sulla cupola di San Pietro.
Recentemente ho potuto parlare degli Angeli con un teologo appartenente all’ultima e giovane generazione dei grandi teologi, un ricercatore moderno aperto e vicino alla sensibilità e ai problemi del nostro tempo. Si chiama padre Zdzislaw Kijas, francescano conventuale polacco, preside della “Pontificia Facoltà San Bonaventura-Seraphicum”, che ha concesso a ZENIT una lunga intervista sugli Angeli Custodi.
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Padre Kijas, l’esistenza degli Angeli è una pia tradizione o una verità di fede?
Padre Kijas: Come dice il “Catechismo della Chiesa Cattolica”, l’esistenza degli Angeli è una verità di fede. Non è un dogma proclamato dalla Chiesa, ma una verità che risale alla Rivelazione biblica. Il paragrafo 328 è esplicito: “L’esistenza degli esseri spirituali, incorporei, che la Sacra Scrittura chiama abitualmente Angeli, è una verità di fede. La testimonianza della Scrittura è tanto chiara quanto l’unanimità della Tradizione”.
La professione di fede del Concilio Lateranense IV afferma, inoltre, che Dio “fin dal principio del tempo, creò dal nulla l’uno e l’altro ordine di creature, quello spirituale e quello materiale, cioè gli Angeli e il mondo terrestre; e poi l’uomo, quasi partecipe dell’uno e dell’altro, composto di anima e di corpo”.
Nel “Compendio” voluto da Benedetto XVI del “Catechismo della Chiesa Cattolica”, si legge: “Gli Angeli sono creature puramente spirituali, incorporee, invisibili e immortali, esseri personali dotati di intelligenza e di volontà. Essi, con­templando incessantemente Dio a faccia a faccia, Lo glorificano, Lo ser­vono e sono i suoi messaggeri nel compimento della missione di salvezza per tutti gli uomini”.
Padre Kijas: E’ una definizione meravigliosa e perfetta, che sintetizza tutte le caratteristiche di questi individui. Sono “creature puramente spirituali”, quindi più perfette degli esseri umani, ma meno complete. L’uomo, infatti, compendia in se stesso nella dimensione spirituale e materiale, che gli Angeli non hanno. L’uomo quindi porta in se stesso il cielo e la terra.
Gli Angeli, come gli esseri umani, sono creati ad immagine e somiglianza di Dio e sono dotati, come l’uomo, di intelligenza e di libertà. Si tratta di doni che non si sono dati da loro stessi ma li hanno ricevuti dal creatore. Ciò significa che non sono vicini soltanto alla natura umana ma anche a quella divina.
Come esseri spirituali, però, godono di un’intelligenza e libertà molto più grandi di quella degli uomini. La natura umana è meno perfetta perché limitata dal corpo e dalla dimensione spazio-temporale.Anche la conoscenza e la perfezione dell’uomo sono limitate da queste condizioni. L’esistenza terrena dell’uomo, quindi, è in evoluzione verso la piena libertà (per mezzo dell’ascesi) ed anche verso una piena conoscenza (per mezzo di studi, approfondimenti, ecc.).
Ciò significa che, non avendo la conoscenza piena, l’uomo può sbagliare e correggersi, chiedendo il perdono e riprendendo la strada giusta. Gli Angeli, invece, essendo puri spiriti, hanno una piena e perfetta conoscenza e non possono, perciò, scusarsi di aver sbagliato, perché non possono dire di non sapere. La loro conoscenza non è, però, illimitata come quella di Dio, ma è molto più perfetta della nostra. Essa non è di tipo sensoriale, cioè non passa, come per noi, attraverso i sensi fisici che sono passibili di errore e limitano. È una conoscenza tutta spirituale, che va molto “più lontano”.
Cosa dice ancora il Catechismo della Chiesa Cattolica sugli Angeli?
Padre Kijas: Dice che sono “esseri personali, che con­templano incessantemente Dio a faccia a faccia…Lo glorificano, Lo ser­vono e sono i suoi messaggeri nel compimento della missione di salvezza per tutti gli uomini”. Sono messaggeri di Dio. Come insegna la Bibbia, attraverso gli Angeli Dio comunica con gli uomini. Per esempio: l’Arcangelo Gabriele annuncia a Maria la nascita del Figlio di Dio; Raffaele si fa compagno del viaggio di Tobia e gli insegna come guarire suo padre; Michele difende il nome di Dio, ecc. Se gli Angeli, come messaggeri di Dio, comunicano con gli esseri umani, a loro volta gli esseri umani possono comunicare con gli Angeli, che diventano così “portavoce” degli uomini verso Dio.
[La seconda parte dell’intervista a padre Kijas verrà pubblicata domani, martedì 2 ottobre 2012]

Publié dans:angeli, Teologia |on 2 octobre, 2012 |Pas de commentaires »

L’Angelo Custode e Padre Pio

http://www.tanogabo.it/religione/AngelocustodePadrePio.htm

L’Angelo Custode e Padre Pio

« Parlare » dell’Angelo Custode significa parlare di una presenza molto intima e discreta nella nostra esistenza: ognuno di noi ha instaurato un rapporto particolare col proprio Angelo, sia che lo si abbia coscientemente accettato, sia che lo si ignori. Naturalmente l’Angelo Custode non è una prerogativa delle grandi personalità religiose: il « non vederlo » e il « non sentirlo » di molti uomini comuni, immersi nella vita frenetica della quotidianità, non intacca minimamente la sua presenza accanto a noi.
Il pensiero di padre Pio su questo angelo speciale per ciascuno di noi è sempre chiaro e conforme alla teologia cattolica e alla dottrina ascetico-mistica tradizionale. Padre Pio raccomanda a tutti « grande devozione a questo sì benefico angelo » e stima « un grandissimo dono della Provvidenza la presenza di un angelo che ci custodisce, guida e illumina per la via della salvezza ».

Padre Pio da Pietralcina aveva una fede vivissima per l’Angelo Custode.
Si rivolgeva a lui in continuazione e lo incaricava di svolgere le mansioni più strane.
Ai suoi amici e figli spirituali Padre Pio diceva: « Quando avete bisogno di me, inviatemi il vostro Angelo Custode ».
Spesso si serviva anche lui, come Santa Gemma Galgani, dell’Angelo per far recapitare lettere al suo confessore o ai suoi figli spirituali sparsi per il mondo.

Cleonice Morcaldi, la figlia spirituale prediletta, nei suoi diari ha lasciato scritto questo eccezionale episodio: «Durante l’ultima guerra mio nipote fu fatto prigioniero. Non ricevevamo sue notizie da un anno. Tutti là credevamo morto. I suoi genitori impazzivano dal dolore. Un giorno, mia zia si buttò ai piedi di Padre Pio che stava in confessionale e gli disse: « Ditemi se mio figlio è vivo. Io non mi tolgo dai vostri piedi se non me lo dite ». Padre Pio si commosse e con le lacrime che gli rigavano il viso disse: »Alzati e vai tranquilla ». «Passò ancora del tempo e la situazione in famiglia era diventata drammatica. Un giorno, non potendo più sopportare il pianto accorato degli zii, mi decisi a chiedere al Padre un miracolo e, piena di fede, gli dissi: « Padre, io scrivo una lettera a mio nipote Giovannino. Metto sulla busta il solo nome perché non so dove egli sia. Voi e il vostro Angelo Custode portatela dove egli si trova ». Padre Pio non mi rispose. Scrissi la lettera e l’appoggiai, la sera prima di andare a letto, sul comodino. La mattina dopo, con mia grande sorpresa, e anche con paura, vidi che la lettera non c’era più. Andai a ringraziare il Padre e lui mi disse: « Ringrazia la Vergine ». Dopo una quindicina di giorni, in famiglia si piangeva di gioia: era arrivata una lettera da Giovannino in cui egli rispondeva esattamente a tutto quello che io gli avevo scritto.
La vita di Padre Pio è piena di simili episodi -afferma Monsignor Del Ton, -come del resto quella di molti altri Santi. Giovanna d’Arco, parlando degli angeli custodi, dichiarava ai giudici che la interrogavano: « Li ho visti molte volte tra i cristiani ».
Nelle sue lettere si legge:
Il tuo angelo custode vegli sempre su di te, sia egli il tuo condottiero che ti guidi per l’aspro sentiero della vita; ti custodisca sempre nella grazia di Gesù, ti sostenga con le sue mani affinché tu non dia del piede in qualche sasso; ti protegga sotto le ali sue dalle insidie tutte del mondo, del demonio e della carne. Come è consolante il pensiero che vicino a noi sta uno spirito, il quale dalla culla alla tomba non ci lascia mai un istante, nemmeno quando osiamo di peccare. E questo spirito celeste ci guida, ci protegge come un amico, un fratello. Ma è oltremodo consolante il sapere che quest’angelo prega incessantemente per noi, offre a Dio tutte le buone azioni e opere che compiamo, i nostri pensieri, i nostri desideri, se son puri. Abbilo sempre davanti agli occhi della mente, ricordati spesso della presenza di quest’angelo, ringrazialo, pregalo, tienigli sempre buona compagnia. Apriti e confida a lui i tuoi dolori; abbi continuo timore di offendere la purezza del suo sguardo. Sappilo e fissalo bene nella mente. Egli è così delicato, così sensibile. A lui rivolgiti nelle ore di suprema angoscia e esperimenterai i di lui benefici effetti (E III, 82-83).
(…) Quanto consola il sapersi di essere sempre sotto la custodia di un celeste spirito, il quale non ci abbandona nemmeno (cosa ammirabile!) nell’atto che diamo disgusto a Dio! Di chi dunque può temere l’anima devota avendo sempre con sé un sì insigne guerriero? O non fu egli forse uno di quei tanti che assieme all’angelo san Michele lassù nell’empireo difesero l’onore di Dio contro satana e contro tutti gli altri spiriti ribelli ed infine li indussero alla perdita e li relegarono nell’inferno? Ebbene, sappiate che egli è ancor potente contro satana e i suoi satelliti, la sua carità non è venuta meno, né giammai potrà venir meno dal difenderci. Invocate spesso questo angelo custode, quest’angelo benefico, ripetete spesso la bella preghiera: « Angelo di Dio, che sei custode mio, a te affidato dalla bontà del Padre celeste, illuminami, custodiscimi, guidami ora e sempre ». Qual sarà la consolazione quando, al momento della morte, l’anima vostra vedrà quest’angelo sì buono che vi accompagnò lungo la vita e fu sì largo di cure materne? (E II, 403-405)

Ecco alcuni esempi:
Un italo-americano residente in California, incaricava spesso il suo Angelo Custode di riferire a Padre Pio ciò che riteneva utile fargli sapere. Un giorno, dopo la confessione, chiese al Padre se sentiva veramente quello che gli diceva tramite l’angelo. « E che » – rispose Padre Pio – « mi credi sordo? » E Padre Pio gli ripeté quello che pochi giorni prima gli aveva fatto sapere tramite il suo Angelo.
Padre Lino raccontava. Stavo pregando il mio Angelo Custode perché intervenisse presso Padre Pio a favore di una signora che stava molto male, ma mi sembrava che le cose non mutassero affatto. Padre Pio, ho pregato il mio Angelo Custode perché le raccomandasse quella signora – gli dissi appena lo vidi – è possibile che non l’abbia fatto? – « E cosa credi, che sia disobbediente come me e come te?
Padre Eusebio raccontava. Stavo andando a Londra in aereo, contro il consiglio di Padre Pio che non voleva che usassi questo mezzo di trasporto. Mentre sorvolavamo il canale della Manica una violenta tempesta mise l’aereo in pericolo. Tra il terrore generale recitai l’atto di dolore e, non sapendo cosa altro fare, mandai a Padre Pio l’Angelo Custode. Tornato a San Giovanni Rotondo andai dal Padre. « Guagliò « - mi disse – « Come stai? È andato tutto bene? » – « Padre ci stavo rimettendo la pelle » – « E allora perché non obbedisci? – « Ma le ho mandato l’Angelo Custode… » – « E meno male che è arrivato in tempo! »
Un avvocato di Fano stava tornando a casa da Bologna. Era al volante della sua 1100 nella quale si trovavano anche sua moglie e i suoi due figli. Ad un certo punto, sentendosi stanco, avrebbe voluto chiedere di essere sostituito alla guida, ma il figlio maggiore, Guido, stava dormendo. Dopo qualche chilometro, nei pressi di San Lazzaro, si addormentò anche lui. Quando si svegliò si accorse di trovarsi ad un paio di chilometri da Imola. Fuori da sé dallo spavento urlò: « chi ha guidato la macchina? È successo niente? »… – No – gli risposero in coro. Il figlio maggiore, che era al suo fianco si svegliò e disse di aver dormito saporitamente. La moglie e il figlio minore, increduli e meravigliati, dissero di aver constatato un modo di guidare diverso dal solito: a volte l’auto era per finire contro altri veicoli ma all’ultimo momento, li evitava con delle manovre perfette. Anche la maniera di prendere le curve era diversa. « Soprattutto » diceva la moglie « ci ha colpito il fatto che tu sei rimasto immobile per molto tempo e non hai più risposto alle nostre domande… »; « Io – la interruppe il marito – non potevo rispondere perché dormivo. Io ho dormito per quindici chilometri. Non ho veduto e non ho sentito niente perché dormivo… . Ma chi ha guidato l’auto? Chi ha impedito la catastrofe?… Dopo un paio di mesi l’avvocato si recò a San Giovanni Rotondo. Padre Pio, appena lo vide, mettendogli una mano sulla spalla, gli disse: « Tu dormivi e l’Angelo Custode ti guidava la macchina ». Il mistero fu svelato.
Una figlia spirituale di Padre Pio percorreva una strada di campagna che l’avrebbe portata al Convento dei cappuccini dove ad attenderla c’era lo stesso Padre Pio. Era una di quelle giornate invernali, imbiancate dalla neve dove i grossi fiocchi che venivano giù, rendevano ancora più difficile il cammino. Lungo la strada, totalmente innevata, la signora ebbe la certezza che non sarebbe arrivata in tempo all’appuntamento col frate. Piena di fede, incaricò il suo Angelo Custode di avvisare Padre Pio che a causa del maltempo sarebbe arrivata al convento con notevole ritardo. Giunta al convento poté constatare con enorme gioia che il frate l’attendeva dietro ad una finestra, da dove, sorridendo, la salutava.
A volte il Padre, in sagrestia, si fermava e salutava anche baciando qualche amico o figlio spirituale ed io, raccontava un uomo, guardando con santa invidia quel fortunato, dicevo tra me: « Beato lui!…Se fossi io al suo posto! Beato! Beato lui! Il 24 dicembre 1958 sono in ginocchio, ai suoi piedi, per la confessione. Al termine, lo guardo e, mentre il cuore batte per l’emozione, oso dirgli: « Padre, oggi è Natale, posso fare gli auguri dandovi un bacio? E lui, con una dolcezza che non si può descrivere con la penna ma soltanto immaginare, mi sorride e: « Sbrigati, figlio mio, non farmi perdere tempo! » Anche lui mi abbracciò. Lo baciai e come un uccello, giulivo, spiccai il volo verso l’uscita ripieno di delizie celesti. E che dire delle botte sulla testa? Ogni volta, prima di ripartire da San Giovanni Rotondo, desideravo un segno di particolare predilezione. Non solo la sua benedizione ma anche due colpetti sulla testa come due paterne carezze. Devo sottolineare che mai mi fece mancare ciò che, come un bambino, manifestavo di voler ricevere da lui. Una mattina, eravamo in molti nella sagrestia della chiesetta piccola e mentre padre Vincenzo a voce alta esortava, con la sua solita severità, dicendo: « non spingete…non stringete le mani del Padre…fatevi indietro! », io quasi sconfortato, tra me ripetevo: « Partirò, questa volta senza le botte sulla testa ». Non volli rassegnarmi e pregai il mio Angelo Custode di fare il messaggero e di ripetere a Padre Pio testualmente: « Padre, io parto, desidero la benedizione e le due botte sulla testa, come sempre. Una per me e l’altra per mia moglie ». « Fate largo, fate largo », ripeteva ancora padre Vincenzo mentre Padre Pio cominciava a camminare. Io ero in ansia. Lo guardavo con un senso di tristezza. Ed eccolo, mi si avvicina, mi sorride ed ancora una volta i due colpetti ed anche la mano mi fa baciare. – « Ne darei tanti di botte a te, ma tante! ». Così ebbe a dirmi la prima volta.
Una donna era seduta sul piazzale della chiesa dei cappuccini. La Chiesa era chiusa. Era tardi. La donna pregava col pensiero, e ripeteva col cuore: « Padre Pio, aiutami! Angelo mio, va a dire al Padre che mi venga in aiuto, altrimenti mia sorella muore! ». Dalla finestra di sopra, sentì la voce del Padre: « Chi mi chiama a quest’ora? Che cosa c’é? La donna disse della malattia della sorella, Padre Pio si recò in bilocazione e guarì la malata.
Un tizio disse a Padre Pio: – Io non posso venire sempre da voi. Il mio stipendio non mi permette spese per viaggi così lunghi – Padre Pio rispose: « E chi ti ha detto di venire qui? Non hai il tuo Angelo Custode? Gli dici cosa vuoi, lo mandi qua, ed avrai subito la risposta ».
Quando Padre Pio era un giovane sacerdote scriveva al suo confessore dicendo: « la notte ancora al chiudersi degli occhi, vedo abbassarsi il velo ed aprirmisi dinanzi il Paradiso. E allietato da questa visione, dormo con un sorriso di dolce beatitudine sulle labbra e con una perfetta calma sulla fronte aspettando che il piccolo compagno della mia infanzia venga a svegliarmi e così sciogliere insieme le lodi mattutine al diletto dei nostri cuori ».
Padre Alessio un giorno si avvicinò a Padre Pio con delle lettere in mano per chiedergli delle cose e il Padre gli disse brusco: « Uagliò, non vedi che ho da fare? Lasciami in pace ». Rimase male. Si ritirò in disparte mortificato. Padre Pio se ne accorse e dopo un pò lo chiamo e gli disse: « Non hai visto tutti quegli Angeli che erano qui intorno? Erano Angeli Custodi dei miei figli spirituali che venivano a portarmi i loro messaggi. Dovevo dare loro le risposte da riferire ».
Un dottore chiese a Padre Pio: « Tanti Angeli sono sempre vicino a lei. Non le danno fastidio? » – « No » rispose il Padre con semplicità – « sono così obbedienti ».
Si direbbe – diceva uno dei figli spirituali del Padre – che Padre Pio ascolti sempre quelli che lo chiamano. Una sera, molti parlavano del Padre appena arrivati a San Giovanni Rotondo. Ingenuamente ricapitolavano le grazie che volevano chiedergli e incaricavano i loro Angeli Custodi di fargliele presenti al più presto. L’indomani, dopo la Messa, Padre Pio li rimproverò giustamente: « Birichini! Neanche la notte mi lasciate tranquillo! », il sorriso smentiva le parole. Essi si seppero esauditi.
Ma voi, Padre, sentite quello che l’Angelo vi dice? Chiese una persona. E Padre Pio: « E cosa credi, che Egli sia disubbidiente come te? Mandami l’Angelo Custode ».
È inutile che mi scrivi, perché non posso rispondere. Mandami l’Angelo, sempre. Penserò a tutto.
L’Angelo mi ha riferito delle frasi che mi hanno fatto comprendere la tua sfiducia.
Invoca il tuo Angelo Custode, che ti illuminerà e ti guiderà. Il Signore te lo ha messo vicino appunto per questo. Perciò serviti di lui.
E se la missione del nostro Angelo Custode e grande, quella del mio è di certo più grande, dovendomi fare anche da maestro nella spiegazione di altre lingue.
Manda l’Angelo Custode che non paga il treno e non consuma le scarpe.
Per le persone sole c’é l’Angelo Custode.

Publié dans:angeli, Santi |on 1 octobre, 2012 |Pas de commentaires »

Giovanni Paolo II, Udienza 1986 (tema: esistenza degli angeli)

http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/audiences/1986/documents/hf_jp-ii_aud_19860806_it.html

GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 6 agosto 1986

(esistenza degli angeli)

1. Nelle recenti catechesi abbiamo visto come la Chiesa, illuminata dalla luce proveniente dalla Sacra Scrittura, ha professato lungo i secoli la verità sull’esistenza degli angeli come esseri puramente spirituali, creati da Dio. Lo ha fatto fin dall’inizio con il simbolo niceno-costantinopolitano e lo ha confermato nel Concilio Lateranense IV (1215), la cui formulazione è ripresa dal Concilio Vaticano I nel contesto della dottrina sulla creazione: Dio “creò insieme dal nulla fin dall’inizio del tempo l’una e l’altra creatura, quella spirituale e quella corporea, cioè l’angelica e la terrena, e quindi creò la natura umana come ad entrambi comune, essendo costituita di spirito e di corpo” (DS 3002). Ossia: Dio creò fin dal principio entrambe le realtà: quella spirituale e quella corporale, il mondo terreno e quello angelico. Tutto ciò egli creò insieme (“simul”) in ordine alla creazione dell’uomo, costituito di spirito e di materia e posto secondo la narrazione biblica nel quadro di un mondo già stabilito secondo le sue leggi e già misurato dal tempo (“deinde”).
2. Assieme all’esistenza, la fede della Chiesa riconosce certi tratti distintivi della natura degli angeli. Il loro essere puramente spirituale implica prima di tutto la loro non materialità e la loro immortalità. Gli angeli non hanno “corpo” (anche se in determinate circostanze si manifestano sotto forme visibili in ragione della loro missione a favore degli uomini) e quindi non sono soggetti alla legge della corruttibilità che accomuna tutto il mondo materiale. Gesù stesso, riferendosi alla condizione angelica, dirà che nella vita futura i risorti “non possono più morire, perché sono uguali agli angeli” (Lc 20, 36).
3. In quanto creature di natura spirituale, gli angeli sono dotati di intelletto e di libera volontà, come l’uomo, ma in grado a lui superiore, anche se sempre finito, per il limite che è inerente a tutte le creature. Gli angeli sono quindi esseri personali e, in quanto tali, sono anch’essi a “immagine e somiglianza” di Dio. La Sacra Scrittura si riferisce agli angeli adoperando anche appellativi non solo personali (come i nomi propri di Raffaele, Gabriele, Michele), ma anche collettivi” (come le qualifiche di Serafini, Cherubini Troni, Potestà, Dominazioni, Principati), così come opera una distinzione tra angeli e arcangeli. Pur tenendo conto del linguaggio analogico e rappresentativo del testo sacro, possiamo dedurre che questi esseri-persone, quasi raggruppati in società, si suddividono in ordini e gradi, rispondenti alla misura della loro perfezione e ai compiti loro affidati. Gli autori antichi e la stessa liturgia parlano anche dei cori angelici (nove, secondo Dionigi l’Areopagita). La teologia, specialmente quella patristica e medievale, non ha rifiutato queste rappresentazioni cercando invece di darne una spiegazione dottrinale e mistica, ma senza attribuirvi un valore assoluto. San Tommaso ha preferito approfondire le ricerche sulla condizione ontologica, sull’attività conoscitiva e volitiva e sulla elevazione spirituale di queste creature puramente spirituali, sia per la loro dignità nella scala degli esseri, sia perché in loro poteva meglio approfondire le capacità e le attività proprie dello spirito allo stato puro, traendone non poca luce per illuminare i problemi di fondo che da sempre agitano e stimolano il pensiero umano: la conoscenza, l’amore, la libertà, la docilità a Dio, il raggiungimento del suo regno.
4. Il tema cui abbiamo accennato potrà sembrare “lontano” oppure “meno vitale alla mentalità dell’uomo moderno. Eppure la Chiesa, proponendo con franchezza la totalità della verità su Dio Creatore anche degli angeli, crede di recare un grande servizio all’uomo. L’uomo nutre la convinzione che in Cristo, Uomo Dio, è lui (e non gli angeli) a trovarsi al centro della divina rivelazione. Ebbene, l’incontro religioso con il mondo degli esseri puramente spirituali diventa preziosa rivelazione del suo essere non solo corpo ma anche spirito, e della sua appartenenza a un progetto di salvezza veramente grande ed efficace, entro una comunità di esseri personali che per l’uomo e con l’uomo servono il disegno provvidenziale di Dio.
5. Notiamo che la Sacra Scrittura e la Tradizione chiamano propriamente angeli quegli spiriti puri che nella fondamentale prova di libertà hanno scelto Dio, la sua gloria e il suo regno. Essi sono uniti a Dio mediante l’amore consumato che scaturisce dalla beatificante visione, faccia a faccia, della santissima Trinità. Lo dice Gesù stesso: “Gli angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli” (Mt 18, 10). Quel “vedere sempre la faccia del Padre” è la manifestazione più alta dell’adorazione di Dio. Si può dire che essa costituisce quella “liturgia celeste”, compiuta a nome di tutto l’universo, alla quale incessantemente si associa la terrena liturgia della Chiesa, specialmente nei suoi momenti culminanti. Basti qui ricordare l’atto col quale la Chiesa, ogni giorno e ogni ora, nel mondo intero, prima di dare inizio alla preghiera eucaristica nel cuore della santa Messa, si richiama “agli angeli e agli arcangeli” per cantare la gloria di Dio tre volte Santo, unendosi così a quei primi adoratori di Dio, nel culto e nell’amorosa conoscenza dell’ineffabile mistero della sua santità.
6. Sempre secondo la rivelazione, gli angeli, che partecipano alla vita della Trinità nella luce della gloria, sono anche chiamati ad avere la loro parte nella storia nella salvezza degli uomini, nei momenti stabiliti dal disegno della divina Provvidenza. “Non sono essi tutti spiriti incaricati di un ministero inviati per servire coloro che devono entrare in possesso della salvezza?”, domanda l’autore della Lettera agli Ebrei (Eb 1, 14). E questo crede e insegna la Chiesa, in base alla Sacra Scrittura dalla quale apprendiamo che compito degli angeli buoni è la protezione degli uomini e la sollecitudine per la loro salvezza. Troviamo queste espressioni in diversi passi della Sacra Scrittura, come ad esempio nel Salmo 90 già più volte citato: “Egli darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi. Sulle loro mani ti porteranno perché non inciampi nella pietra il tuo piede” (Sal 90, 11-12). Gesù stesso, parlando dei bambini e ammonendo di non dar loro scandalo, si richiama ai “loro angeli” (Mt 18, 10); attribuisce inoltre agli angeli la funzione di testimoni nel supremo giudizio divino sulla sorte di chi ha riconosciuto o ha rinnegato il Cristo: “Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell’uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio; ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio” (Lc 12, 8-9). Queste parole sono significative perché se gli angeli prendono parte al giudizio di Dio, sono interessati alla vita dell’uomo. Interesse e partecipazione che sembrano ricevere una accentuazione nel discorso escatologico, nel quale Gesù fa intervenire gli angeli nella parusia, ossia nella definitiva venuta di Cristo alla fine della storia (cf. Mt 24, 31; 25, 31. 41).
7. Tra i libri del Nuovo Testamento, sono specialmente gli Atti degli apostoli che ci fanno conoscere alcuni fatti che attestano la sollecitudine degli angeli per l’uomo e per la sua salvezza. Così, quando l’angelo di Dio libera gli apostoli dalla prigione (cf. At 5, 18-20)e prima di tutto Pietro, che era minacciato di morte dalla mano di Erode. (cf. At 12, 5-10) O quando guida l’attività di Pietro nei riguardi del centurione Cornelio, il primo pagano convertito (cf. At 10, 3-8; 11, 12-16), e analogamente l’attività del diacono Filippo lungo la via da Gerusalemme a Gaza. (cf. At 8, 26-29)
Da questi pochi fatti citati a titolo esemplificativo, si comprende come nella coscienza della Chiesa abbia potuto formarsi la persuasione sul ministero affidato agli Angeli in favore degli uomini. Perciò la Chiesa confessa la sua fede negli angeli custodi, venerandoli nella liturgia con una festa apposita, e raccomandando il ricorso alla loro protezione con una preghiera frequente, come nell’invocazione dell’“Angelo di Dio”. Questa preghiera sembra fare tesoro delle belle parole di san Basilio: “Ogni fedele ha accanto a sé un angelo come tutore e pastore, per portarlo alla vita” (Adversus Eunomium, III,1; si veda anche san Tommaso, Summa Theologiae, I, q. 11, a. 3).
8. È infine opportuno notare che la Chiesa onora con culto liturgico tre figure di angeli, che nella Sacra Scrittura sono chiamati per nome. Il primo è Michele arcangelo (cf. Dn 10, 13. 20; Ap 12, 7; Gd 9). Il suo nome esprime sinteticamente l’atteggiamento essenziale degli spiriti buoni. “Mica-El” significa infatti: “Chi come Dio?”. In questo nome si trova dunque espressa la scelta salvifica grazie alla quale gli angeli “vedono la faccia del Padre” che è nei cieli. Il secondo è Gabriele: figura legata soprattutto al mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio. (cf. Lc 1, 19-26) Il suo nome significa: “la mia potenza è Dio” oppure “potenza di Dio”, quasi a dire che, al culmine della creazione, l’incarnazione è il segno supremo del Padre onnipotente. Infine il terzo arcangelo si chiama Raffaele. “Rafa-El” significa: “Dio guarisce”. Egli ci è fatto conoscere dalla storia di Tobia nell’Antico Testamento (cf. Tb 12, 15 ss), così significativa circa l’affidamento agli angeli dei piccoli figli di Dio, sempre bisognosi di custodia, di cura e di protezione.
A ben riflettere si vede che ciascuna di queste tre figure – Mica-El, Gabri-El, Rafa-El – riflette in modo particolare la verità contenuta nella domanda sollevata dall’autore della Lettera agli Ebrei: “Non sono forse essi tutti spiriti incaricati di un ministero, inviati per servire coloro che devono entrare in possesso della salvezza?” (Eb 1, 14).

Publié dans:angeli, Papa Giovanni Paolo II |on 25 juin, 2012 |Pas de commentaires »
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