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ANGELI CUSTODI – 02 OTTOBRE

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ANGELI CUSTODI – 02 OTTOBRE

La festa dei Santi Angeli custodi per molto tempo ha formato un tutt’uno con quella di San Michele Arcangelo. Dal secolo XVI si è cominciata a celebrare una festa distinta per i Santi Angeli custodi, estesa da Paolo V nel 1608 a tutta la Chiesa universale ed è stata fissata al 2 ottobre. Il ruolo tutto particolare nella nascita della festa liturgica hanno avuto i monaci del nostro Ordine Silvestrino e precisamente del Monastero di Santo Stefano in Roma, presso il quale vi era molto fervente la Confraternita dedita al culto dell’Angelo Custode. Proprio alla richiesta del Priore del monastero il papa acconsentì all’istituzione della celebrazione liturgica, estendendola a tutta la Chiesa.
Gli angeli hanno come scopo principale l’adorazione della divinità; anche la Chiesa ci fa chiedere a Dio, nel prefazio, di permetterci di unire le nostre voci alle loro, per lodarlo. Ma, come indica il loro nome, essi sono anche i messaggeri di Dio, incaricati di vegliare sopra di noi e di eseguire i suoi comandi. Per questo motivo sono chiamati angeli custodi. Ogni essere battezzato ha il suo angelo custode. Egli (esso) ha la missione di proteggerci e di difenderci, di metterci al riparo dagli assalti del demonio e dei nemici della nostra anima affinché noi possiamo giungere alla vita eterna. Questo fedele compagno merita la nostra riconoscenza e la venerazione che conviene ad un santo che gode della visione di Dio in cielo.

MARTIROLOGIO
Memoria dei santi Angeli Custodi, che, chiamati in primo luogo a contemplare il volto di Dio nel suo splendore, furono anche inviati agli uomini del Signore, per accompagnarli e assisterli con la loro invisibile ma premurosa presenza.

DAGLI SCRITTI…

Dai «Discorsi» di san Bernardo, abate
Ti custodiscano in tutti i tuoi passi

«Egli darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi» (Sal 90, 11). Ringrazino il Signore per la sua misericordia e per i suoi prodigi verso i figli degli uomini. Ringrazino e dicano tra le genti: grandi cose ha fatto il Signore per loro. O Signore, che cos’é l’uomo, per curarti di lui o perché ti dai pensiero per lui? Ti dai pensiero di lui, di lui sei sollecito, di lui hai cura. Infine gli mandi il tuo Unigenito, fai scendere in lui il tuo Spirito, gli prometti anche la visione del tuo volto. E per dimostrare che il cielo non trascura nulla che ci possa giovare, ci metti a fianco quegli spiriti celesti, perché ci proteggano, e ci istruiscano e ci guidino. «Egli darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi». Queste parole quanta riverenza devono suscitare in te, quanta devozione recarti, quanta fiducia infonderti! Riverenza per la presenza, devozione per la benevolenza, fiducia per la custodia. Sono presenti, dunque, e sono presenti a te, non solo con te, ma anche per te. Sono presenti per proteggerti, sono presenti per giovarti.
Anche se gli angeli sono semplici esecutori di comandi divini, si deve essere grati anche a loro perché ubbidiscono a Dio per il nostro bene. Siamo dunque devoti, siamo grati a protettori così grandi, riamiamoli, onoriamoli quanto possiamo e quanto dobbiamo. Tutto l’amore e tutto l’onore vada a Dio, dal quale deriva interamente quanto é degli angeli e quanto é nostro. Da lui viene la capacità di amare e di onorare, da lui ciò che ci rende degni di amore e di onore. Amiamo affettuosamente gli angeli di Dio, come quelli che saranno un giorno i nostri coeredi, mentre nel frattempo sono nostre guide e tutori, costituiti e prepositit a noi dal Padre. Ora, infatti, siamo figli di Dio.
Lo siamo, anche se questo attualmente non lo comprendiamo chiaramente, perché siamo ancora bambini sotto amministratori e tutori e, conseguentemente, non differiamo per nulla dai servi. Del resto, anche se siamo ancora bambini e ci resta un cammino tanto luogo e anche tanto pericoloso, che cosa dobbiamo temere sotto protettori così grandi? Non possono essere sconfitti né sedotti e tanto meno sedurre, essi che ci custodiscono in tutte le nostre vie. Sono fedeli, sono prudenti, sono potenti. Perché trepidare? Soltanto seguiamoli, stiamo loro vicini e restiamo nella protezione del Dio del cielo.(Disc. 12 sul salmo 90: Tu che abiti, 3, 6-8; Opera omnia, ed. Cisterc. 4 [1966] 458-462)

COLLETTA
O Dio, che nella tua misteriosa provvidenza mandi dal cielo i tuoi Angeli a nostra custodia e protezione, fa’ che nel cammino della vita siamo sempre sorretti dal loro aiuto per essere uniti con loro nella gioia eterna. Per il nostro Signore…

PREFAZIO
E’ veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno.
Noi proclamiamo la tua gloria che risplende negli Angeli e negli Arcangeli; onorando questi tuoi messaggeri, esaltiamo la tua bontà infinita; negli spiriti beati tu ci riveli quanto sei grande e amabile al di sopra di ogni creatura, per Cristo nostro Signore.
Per mezzo di lui tutti gli angeli proclamano la tua gloria; al loro canto si uniscano le nostre umili voci nell’inno di lode:

PREGHIERA
Angelo di Dio. Angelo di Dio, che sei il mio custode, illumina, custodisci, reggi e governa me, che ti fui affidato dalla pietà celeste. Amen.

 

Publié dans:angeli |on 1 octobre, 2019 |Pas de commentaires »

QUANDO SONO STATI CREATI GLI ANGELI?

https://www.toscanaoggi.it/Rubriche/Risponde-il-teologo/Quando-sono-stati-creati-gli-angeli

QUANDO SONO STATI CREATI GLI ANGELI?

risponde il teologo 04/11/2009

di Archivio Notizie

Vorrei porre tre domande sugli angeli. C’è qualche passo della Bibbia in cui si parla della creazione degli angeli? Perché gli angeli custodi non proteggono dalle violenze della natura e degli uomini persone che di quelle violenze non sono responsabili? Visto che spesso, nella Bibbia, gli angeli sono soltanto dei simboli (angelo a guardia del paradiso terrestre: angeli sulla scala di Giacobbe; angeli nell’Apocalisse, ecc.) non se ne può dedurre che anche in tutti gli altri episodi in cui compaiono gli angeli, questi siano ancora dei simboli della presenza di Dio in mezzo agli uomini?
Emanuele Ripoli

Risponde don Stefano Tarocchi, docente di Sacra Scrittura
Nella prospettiva biblica gli angeli fanno parte della corte celeste di Dio: eseguono sulla terra i suoi ordini, annunciano i suoi decreti – angelo significa messaggero -, come nei Vangeli l’angelo che si manifesta a Zaccaria (Lc 1,13.18.19), oppure a Maria (Lc 1,26-38), oppure a Giuseppe (Mt 1,24; 2,13.19). Tuttavia nelle Scrittura non si fa riferimento esplicito ad una loro creazione, che però è patrimonio della fede, a cominciare dai Padri della Chiesa.
Nel II secolo avanti Cristo il libro dei Giubilei, un apocrifo, la raccontava così: «E l’angelo che sta accanto a Dio, in conformità all’ordine del Signore, disse a Mosè: « Scrivi tutte le cose della creazione, in qual modo il Signore Iddio compì, in sei giorni, tutta la Sua creazione e nel settimo giorno si riposò, lo santificò per tutti i secoli e lo pose a segno di tutta la sua opera. (Scrivi) che nel primo giorno creò i cieli che (sono) in alto, la terra, le acque ed ogni spirito che serviva al Suo cospetto, gli angeli che stanno accanto a Dio, gli angeli della santità, gli angeli dello spirito del fuoco e quelli dello spirito del vento, delle nuvole per la tenebra, la grandine e la neve; gli angeli degli abissi, dei tuoni e dei fulmini; gli angeli degli spiriti del gelo, del forte calore, della stagione delle piogge, della primavera, dell’estate e dell’autunno ( ?) che Egli preparò con la sapienza del Suo cuore »» (Giubilei II, 1, 1-3).
Anche senza il riferimento alla creazione, il ruolo degli inviati divini nelle Scritture non può essere ignorato, ma la lettera agli Ebrei mette in guardia dal sopravvalutarli: «A quale degli angeli ha mai detto: « Siedi alla mia destra, finché io non abbia posto i tuoi nemici sotto i tuoi piedi? » Non sono essi tutti spiriti incaricati di un ministero, inviati per servire coloro che devono ereditare la salvezza?» (Eb 1,14).
Lo stesso lettore sottolinea il ruolo dei cherubini, quando l’uomo e la donna sono cacciati dal giardino di Eden (cf. Gen 3,24), o quello degli angeli nel libro dell’Apocalisse (cf. Ap 1,1; 2,1.12.18; 3,1.7.14; ecc.). Qui abbiamo aggiunto soltanto alcuni altri esempi.
Il Signore manda il suo angelo ad Agar per soccorrerla ed indicarle quanto le accadrà (Gen 16,7); o per fermare la mano di Abramo (Gen 22,12). Per rinnovare ad Abramo la promessa della discendenza «l’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: « Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio, io ti benedirò con ogni benedizione e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici »» (Gen 22,15-17). Ancor prima, inviati divini avevano annunciato la nascita di Isacco (cf. Gen 18,2.10). La lettera agli Ebrei, perciò, esortando all’accoglienza degli stranieri, scriverà: «non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo» (Eb 13,2).
Ancora nel libro della Genesi, Giacobbe «fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa» (Gen 28,12). Lo stesso Giacobbe lotterà una notte intera con un misterioso inviato divino (cf. Gen 32,25).
Ancora, un angelo accompagna il servo di Abramo inviato a prendere una moglie ad Isacco (Gen 24,40), come accompagnerà Tobia (Tob 5,22). In questo caso si rivelerà come «Raffaele, uno dei sette angeli che sono sempre pronti ad entrare alla presenza della maestà del Signore» (Tob 12,15).
Il profeta Elia, in grave difficoltà, incontra l’aiuto del Signore attraverso un angelo: «venne di nuovo l’angelo del Signore, lo toccò e gli disse: « Su mangia, perché è troppo lungo per te il cammino »» (1 Re 19,7). Così nel racconto sulla tentazione, scrive il Vangelo che Gesù «rimase quaranta giorni, tentato da satana; stava con le fiere e gli angeli lo servivano» (Mc 1,13; cf. Mt 4,11).
Dio è sempre presente accanto all’uomo, ma lasciando intatta la libertà dell’uomo. Tutto questo dà un senso più completo ai racconti con cui le Scritture, attraverso il loro tipico linguaggio – simbolico ma reale – manifestano attraverso l’inviato divino, il volto invisibile del Signore. Così Egli si prende cura della sorte degli uomini: «Egli darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi. Sulle loro mani ti porteranno perché non inciampi nella pietra il tuo piede» (Sal 91,11-12; cf. Sal 121,2-8). Del resto, la stessa lettera agli Ebrei dice: «Egli non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura» (Eb 2,16).

Publié dans:angeli |on 18 juillet, 2018 |Pas de commentaires »

ANGELI: FIGURE SOVRUMANE, MA NON DIVINE – Gianfranco Ravasi

http://digilander.libero.it/credente2/AngeliNondiviniRavasi.htm

ANGELI: FIGURE SOVRUMANE, MA NON DIVINE – Gianfranco Ravasi

« Puer natus est nobis » (Isaia 9,5)

Nel calendario liturgico il 2 ottobre reca la memoria degli Angeli custodi, una celebrazione piuttosto recente all’interno della liturgia cattolica (l’introduzione nel calendario romano ha la data del 1615). Pochi giorni prima, il 29 settembre, si è avuta invece la festa degli arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele: la data fu scelta sulla base dell’antico martirologio del VI secolo che in quel giorno commemorava la dedicazione, avvenuta nel V secolo, di una basilica in onore di san Michele sulla via Sala­ria a Roma. Ecco, noi vorremmo, in modo molto sintetico, illustrare questa figura biblica di forte rilievo e dai contorni piuttosto variegati.
Infatti, dalla prima pagina della Bibbia con i «Cherubini dalla fiamma della spada folgorante», posti a guardia del giardino dell’Eden (Gen 3,24) fino alla folla angelica che popola l’Apocalisse, le Sacre Scritture sono animate dalla presenza di queste figure sovrumane ma non divine, la cui realtà era nota anche alle culture circostanti a Israele, sia pure con moda­lità differenti. Il nome stesso ebraico, mal’ak, e greco, ànghelos, ne denota la funzione: significa, infatti, “messaggero”. Da qui si riesce a intuire la missione e, per usare un’espressione del filosofo Massimo Cacciari, la “necessità” (L’angelo necessario è il titolo di una sua opera) di questa figura biblica, affermata ripetutamente dalla tradizione giudaica e cristiana, confermata dal magistero della Chiesa nei documenti conciliari (a partire dal Credo di Nicea del IV secolo) e papali e accolta nella liturgia e nella pietà popolare. Il compito dell’angelo è sostanzialmente quello di salvaguardare la trascendenza di Dio, ossia il suo essere misterioso e “altro” rispetto al mondo e alla storia, ma al tempo stesso di renderlo vicino a noi comunicando la sua parola e la sua azione, proprio come fa il “messaggero”. E per questo che in alcuni casi l’angelo nella Bibbia sembra quasi ritirarsi per lasciare spazio a Dio che entra in scena direttamente. Così nel racconto del roveto ardente ad apparire a Mosè tra quelle fiamme è innanzitutto “l’angelo del Signore”, ma subito dopo è «Dio che chiama dal roveto: Mosè, Mosè!» (cf Esodo 3,2-4). La funzione dell’angelo è, quindi, quella di rendere quasi visibili e percepibili in modo mediato la volontà, l’amore e la giustizia di Dio, come si legge nel Salterio: «L’angelo del Signore si accampa attorno a quelli che lo temono e li salva. [...] Il Signore darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi; sulle loro mani ti porteranno, perché non inciampi nella pietra il tuo piede» (34,8; 91,11-12). Si ha qui l’immagine tradizionale dell”’angelo custode”, bene raffigurata nell’angelo Azaria­Raffaele del libro di Tobia. Il compito dell’angelo è, quindi, quello del mediatore tra l’infinito di Dio e il finito dell’uomo e questa funzione la espleta anche per il Cristo. Come scriveva il teologo Hans Urs von Balthasar, «gli angeli circondano l’intera vita di Gesù, appaiono nel presepe come splendore della discesa di Dio in mezzo a noi; riappaiono nella risurrezione e nell’ascensione come splendore della ascesa in Dio». La loro è ancora una volta la missione di mettersi vicini all’umanità per svelare il mistero della gloria divina presente in Cristo in un modo che non ci accechi come sarebbe con la luce divina diretta. L’angelo è un segno dell’Unico che dev’essere adorato, Dio; è solo un indice puntato verso l’unico mistero, quello divino; è un mediatore al servizio dell’unico perfetto Mediatore tra Dio e gli uomini, Cristo Signore: «A quale degli angeli — si chiede la Lettera agli Ebrei (1,5) — Dio ha detto: Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato?»
È, quindi, pericolosa la deriva cui ha condotto il movimento di New Age con l’immissione di elementi magico-esoterici e di “misteriose presenze” nella concezione degli angeli. L’angelo può, infatti, per questa via sconfinare parados­salmente in demonio. Il tema della caduta degli angeli, in verità, è molto caro alla tradizione giudaica e cristiana soprattutto popolare, ma ha una presenza solo allusiva nella Bibbia: ad esempio, c’è la Lettera di Giuda che parla di «angeli che non conservarono lo loro dignità ma lasciarono la propria dimora» (v. 6); oppure ci si può riferire alla Seconda Lettera di Pietro che presenta «gli angeli che avevano peccato, precipitati negli abissi tenebrosi dell’inferno» (2,4). Ciò che è netta è l’affermazione biblica della presenza oscura di Satana che cerca proprio di spezzare quel dialogo di vita e di amore tra Dio e l’umanità che l’angelo, invece, favorisce e sostiene.
Gianfranco Ravasi, Angeli: figure sovrumane, ma non divine in Vita Pastorale, periodici S. Paolo n. 10/2006 p. 56

Publié dans:angeli, CAR. GIANFRANCO RAVASI |on 5 février, 2018 |Pas de commentaires »

PAPA FRANCESCO – TUTTI ABBIAMO UN ANGELO (2014)

https://w2.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2014/documents/papa-francesco-cotidie_20141002_tutti-abbiamo-un-angelo.html

PAPA FRANCESCO – TUTTI ABBIAMO UN ANGELO (2014)

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA DOMUS SANCTAE MARTHAE

Giovedì, 2 ottobre 2014

(da: L’Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIV, n.225, Ven. 03/10/2014)

Tutti abbiamo un angelo sempre accanto, che non ci lascia mai soli e ci aiuta a non sbagliare strada. E se sapremo essere come bambini riusciremo a evitare la tentazione di bastare a noi stessi, che sfocia nella superbia e anche nel carrierismo esasperato. È proprio il ruolo decisivo degli angeli custodi nella vita dei cristiani che Papa Francesco ha ricordato, nel giorno della loro festa, durante la messa celebrata giovedì 2 ottobre a Santa Marta.
Sono due le immagini — l’angelo e il bambino — che, ha fatto subito notare Francesco, «la Chiesa ci fa vedere nella liturgia di oggi». Il libro dell’Esodo (23.20-23a), in particolare, ci propone «l’immagine dell’angelo», che «il Signore dà al suo popolo per aiutarlo nel suo cammino». Si legge infatti: «Io mando un angelo davanti a te per custodirti nel tuo cammino e per farti entrare nel luogo che ho preparato». Dunque, ha commentato il Papa, «la vita è un cammino, la nostra vita è un cammino che finisce in quel luogo che il Signore ci ha preparato».
Ma, ha puntualizzato, «nessuno cammina da solo: nessuno!». Perché «nessuno può camminare da solo». E «se uno di noi credesse di poter camminare da solo, sbaglierebbe tanto» e «cadrebbe in quello sbaglio, tanto brutto, che è la superbia: credersi di essere grande». Finendo anche per avere quell’atteggiamento di «sufficienza» che porta a dire a se stessi: «Io posso, io ce la faccio» da solo.
Invece il Signore dà una chiara indicazione al suo popolo: «Vai, tu farai quello che io ti dirò. Tu camminerai la tua vita, ma ti darò un aiuto che ti ricorderà continuamente quello che tu devi fare». E così «dice al suo popolo come dev’essere l’atteggiamento con l’angelo». La prima raccomandazione è: «Abbi rispetto della sua presenza». E poi: «Dai ascolto alla sua voce e non ribellarti a lui». Perciò oltre a «rispettare» si deve anche saper «ascoltare» e «non ribellarsi».
In fondo, ha spiegato il Papa, «è quell’atteggiamento docile, ma non specifico, dell’obbedienza dovuta al padre, che è proprio dell’obbedienza del figlio». Si tratta in sostanza di «quell’obbedienza della saggezza, quell’obbedienza dell’ascoltare i consigli e scegliere il meglio secondo i consigli». E bisogna, ha aggiunto, «avere il cuore aperto per chiedere e ascoltare consigli».
Il passo del Vangelo di Matteo (18, 1-5.10) propone invece la seconda immagine, quella del bambino. «I discepoli — ha detto il vescovo di Roma commentando il brano — litigavano su chi fosse il più grande tra loro. C’era disputa interna: il carrierismo. Questi che sono i primi vescovi avevano questa tentazione del carrierismo» e dicevano tra loro: «Io voglio diventare più grande di te!». In proposito Francesco ha rimarcato: «Non è un buon esempio che i primi vescovi abbiano fatto questo, ma è la realtà».
Da parte sua «Gesù insegna loro il vero atteggiamento»: chiama a sé un bambino, lo pone in mezzo a loro — riferisce Matteo — e così facendo indica espressamente «la docilità, il bisogno di consiglio, il bisogno di aiuto, perché il bambino è proprio il segno del bisogno di aiuto, di docilità per andare avanti».
«Questa è la strada», ha assicurato il Pontefice, e non quella di stabilire «chi è più grande». In realtà, ha ribadito ripetendo le parole di Gesù, «sarà più grande» colui che diventerà come un bambino. E qui il Signore «fa quel collegamento misterioso che non si può spiegare, ma è vero». Dice infatti: «Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli».
In pratica, ha suggerito Francesco, «è come se dicesse: se voi avete questo atteggiamento di docilità, questo atteggiamento di stare a sentire i consigli, di cuore aperto, di non voler essere il più grande, quell’atteggiamento di non volere camminare da solo il cammino della vita, sarete più vicini all’atteggiamento di un bambino e più vicini alla contemplazione del Padre».
«Tutti noi secondo la tradizione della Chiesa — ha spiegato ancora il Papa — abbiamo un angelo con noi, che ci custodisce, ci fa sentire le cose». Del resto, ha confidato, «quante volte abbiamo sentito: “Ma, questo… dovrei fare così… questo non va… stai attento!”». È proprio «la voce di questo nostro compagno di viaggio». E possiamo essere «sicuri che lui ci porterà alla fine della nostra vita con i suoi consigli». Per questo bisogna «dare ascolto alla sua voce, non ribellarci». Invece «la ribellione, la voglia di essere indipendente, è una cosa che tutti noi abbiamo: è la stessa superbia, quella che ha avuto il nostro padre Adamo nel paradiso terrestre». Di qui l’invito del Papa a ciascuno: «Non ribellarti, segui i suoi consigli!».
In realtà, ha confermato il Pontefice, «nessuno cammina da solo e nessuno di noi può pensare che è solo: c’è sempre questo compagno». Certo, capita che «quando noi non vogliamo ascoltare il suo consiglio, ascoltare la sua voce, gli diciamo: “Ma vai via!”». Ma «cacciare via il compagno di cammino è pericoloso, perché nessun uomo, nessuna donna può consigliare se stesso: io posso consigliare un altro, ma non consigliare me stesso». Infatti, ha ricordato Francesco, «c’è lo Spirito Santo che mi consiglia, c’è l’angelo che mi consiglia» e per questo ne «abbiamo bisogno».
Il Papa ha invitato a non considerare «questa dottrina sugli angeli un po’ fantasiosa». Si tratta invece di una «realtà». È «quello che Gesù, che Dio ha detto: “Io mando un angelo davanti a te per custodirti, per accompagnarti nel cammino, perché non sbagli”».
In conclusione Francesco ha proposto una serie di domande perché ciascuno possa fare un esame di coscienza con se stesso: «Com’è il rapporto con il mio angelo custode? Lo ascolto? Gli dico buongiorno, al mattino? Gli dico: custodiscimi durante il sonno? Parlo con lui? Gli chiedo consiglio? È al mio fianco?». A questi interrogativi, ha detto, «possiamo rispondere oggi»: ciascuno di noi può farlo per verificare «com’è il rapporto con quest’angelo che il Signore ha mandato per custodirmi e accompagnarmi nel cammino, e che vede sempre la faccia del Padre che è nei cielo».

GIOVANNI PAOLO II (catechesi sugli angeli)

http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/audiences/1986/documents/hf_jp-ii_aud_19860723.html

GIOVANNI PAOLO II (catechesi sugli angeli)

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 23 luglio 1986

1. Proseguiamo oggi la nostra catechesi sugli angeli la cui esistenza, voluta da un atto dell’amore eterno di Dio, professiamo con le parole del simbolo niceno-costantinopolitano: “Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili”. Nella perfezione della loro natura spirituale gli angeli sono chiamati fin dall’inizio, in virtù della loro intelligenza, a conoscere la verità e ad amare il bene che conoscono nella verità in modo molto più pieno e perfetto di quanto non sia possibile all’uomo. Questo amore è l’atto di una volontà libera, per cui anche per gli angeli la libertà significa possibilità di operare una scelta a favore o contro il Bene che essi conoscono, cioè Dio stesso. Bisogna qui ripetere ciò che già abbiamo ricordato a suo tempo a proposito dell’uomo: creando gli esseri liberi, Dio volle che nel mondo si realizzasse quell’amore vero che è possibile solamente sulla base della libertà. Egli volle dunque che la creatura, costituita a immagine e somiglianza del suo Creatore, potesse nel modo più pieno possibile rendersi simile a lui, Dio, che “è amore” (1 Gv 4, 16). Creando gli spiriti puri come esseri liberi, Dio nella sua Provvidenza non poteva non prevedere anche la possibilità del peccato degli angeli. Ma proprio perché la Provvidenza è eterna sapienza che ama, Dio avrebbe saputo trarre dalla storia di questo peccato, incomparabilmente più radicale in quanto peccato di uno spirito puro, il definitivo bene di tutto il cosmo creato. 2. Di fatto, come dice chiaramente la rivelazione, il mondo degli spiriti puri appare diviso in buoni e cattivi. Ebbene, questa divisione non si è operata per creazione di Dio, ma in base alla libertà propria della natura spirituale di ciascuno di essi. Si è operata mediante la scelta che per gli esseri puramente spirituali possiede un carattere incomparabilmente più radicale di quella dell’uomo ed è irreversibile dato il grado di intuitività e di penetrazione del bene di cui è dotata la loro intelligenza. A questo riguardo si deve dire anche che gli spiriti puri sono stati sottoposti a una prova di carattere morale. Fu una scelta decisiva riguardante prima di tutto Dio stesso, un Dio conosciuto in modo più essenziale e diretto di quanto è possibile all’uomo, un Dio che a questi esseri spirituali aveva fatto dono, prima che all’uomo, di partecipare alla sua natura divina. 3. Nel caso dei puri spiriti la scelta decisiva riguardava prima di tutto Dio stesso, primo e supremo Bene, accettato o respinto in modo più essenziale e diretto di quanto possa avvenire nel raggio d’azione della libera volontà dell’uomo. Gli spiriti puri hanno una conoscenza di Dio incomparabilmente più perfetta dell’uomo, perché con la potenza del loro intelletto, non condizionato né limitato dalla mediazione della conoscenza sensibile, vedono fino in fondo la grandezza dell’Essere infinito, della prima Verità, del sommo Bene. A questa sublime capacità di conoscenza degli spiriti puri Dio offrì il mistero della sua divinità, rendendoli così partecipi, mediante la grazia, della sua infinita gloria. Proprio perché esseri di natura spirituale, vi era nel loro intelletto la capacità, il desiderio di questa elevazione soprannaturale a cui Dio li aveva chiamati, per fare di essi, ben prima dell’uomo, dei “consorti della natura divina” (cf. 2 Pt 1, 4), partecipi della vita intima di Colui che è Padre, Figlio e Spirito Santo, di Colui che nella comunione delle tre divine Persone “è Amore” (1 Gv 4, 16). Dio aveva ammesso tutti gli spiriti puri, prima e più dell’uomo, all’eterna comunione dell’amore. 4. La scelta operata sulla base della verità su Dio, conosciuta in forma superiore in base alla lucidità delle loro intelligenze, ha diviso anche il mondo dei puri spiriti in buoni e cattivi. I buoni hanno scelto Dio come Bene supremo e definitivo, conosciuto alla luce dell’intelletto illuminato dalla rivelazione. Avere scelto Dio significa che si sono rivolti a lui con tutta la forza interiore della loro libertà, forza che è amore. Dio è divenuto il totale e definitivo scopo della loro esistenza spirituale. Gli altri invece hanno voltato le spalle a Dio contro la verità della conoscenza che indicava in lui il bene totale e definitivo. Hanno scelto contro la rivelazione del mistero di Dio, contro la sua grazia che li rendeva partecipi della Trinità e dell’eterna amicizia con Dio nella comunione con lui mediante l’amore. In base alla loro libertà creata hanno operato una scelta radicale e irreversibile al pari di quella degli angeli buoni, ma diametralmente opposta: invece di un’accettazione di Dio piena di amore, gli hanno opposto un rifiuto ispirato da un falso senso di autosufficienza, di avversione e persino di odio che si è tramutato in ribellione. 5. Come comprendere una tale opposizione e ribellione a Dio in esseri dotati di così viva intelligenza e arricchiti di tanta luce? Quale può essere il motivo di tale radicale e irreversibile scelta contro Dio? Di un odio tanto profondo da poter apparire unicamente frutto di follia? I Padri della Chiesa e i teologi non esitano a parlare di “accecamento” prodotto dalla sopravvalutazione della perfezione del proprio essere, spinta fino al punto di velare la supremazia di Dio, che esigeva invece un atto di docile e obbediente sottomissione. Tutto ciò sembra espresso in modo conciso nelle parole: “Non ti servirò!” (Ger 2, 20), che manifestano il radicale e irreversibile rifiuto di prendere parte all’edificazione del regno di Dio nel mondo creato. “Satana” lo spirito ribelle, vuole il proprio regno, non quello di Dio, e si erge a primo “avversario” del Creatore, a oppositore della Provvidenza, ad antagonista della sapienza amorevole di Dio. Dalla ribellione e dal peccato di Satana, come anche da quello dell’uomo, dobbiamo concludere accogliendo la saggia esperienza della Scrittura che afferma: “L’orgoglio è causa di rovina” (Tb 4, 13).

BENEDETTO XVI E GLI ANGELI – 15 OTTOBRE 2011

http://www.zenit.org/it/articles/benedetto-xvi-e-gli-angeli

BENEDETTO XVI E GLI ANGELI – 15 OTTOBRE 2011

ROMA, sabato, 15 ottobre 2011 (ZENIT.org) – Pubblichiamo di seguito la riflessione di don Marcello Stanzione, teologo ed esperto di angelologia.

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Grande risonanza ha avuto sui mass media il riferimento agli spiriti celesti che il Santo Padre Benedetto XVI ha fatto durante l’Angelus del 2 ottobre 2011. Ecco le testuali parole del Pontefice: “Cari amici, il Signore è sempre vicino e operante nella storia dell’umanità, e ci accompagna anche con la singolare presenza dei suoi Angeli, che oggi la Chiesa venera quali “Custodi”, cioè ministri della divina premura per ogni uomo. Dall’inizio fino all’ora della morte, la vita umana è circondata dalla loro incessante protezione. E gli Angeli fanno corona all’augusta regina Maria delle Vittorie, la Beata Vergine Maria del Rosario, che nella prima domenica di ottobre, proprio a quest’ora, dal Santuario di Pompei e dal mondo intero, accoglie la fervida Supplica, affinché sia sconfitto il male e si riveli, in pienezza, la bontà di Dio”.
Il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica edito nel 2005 sotto il pontificato di Benedetto XVI alla domanda Chi sono gli angeli? risponde al n° 60: “Gli angeli sono creature puramente spirituali, incorporee, invisibili e immortali, esseri spirituali dotati di intelligenza e di volontà. Essi, contemplando incessantemente Dio a faccia a faccia, Lo glorificano, Lo servono e sono i suoi messaggeri nel compimento della missione di salvezza per tutti gli uomini”. Sulle modalità della presenza degli spiriti celesti nella Chiesa, il Compendio, citando San Basilio Magno, che affermò che ogni fedele ha al proprio fianco un angelo come protettore e pastore, per condurlo alla vita, sottolinea che la Chiesa si unisce agli angeli per adorare Dio, invoca la loro assistenza e di alcuni celebra liturgicamente la memoria.
L’attuale papa Benedetto XVI, Il 2 ottobre 1977, parlando alla radio bavarese quand’era ancora cardinale, dopo aver ricordato che il 2 ottobre da circa trecento anni la Chiesa Cattolica celebra la festa dei Santi Angeli Custodi, disse che poche cose erano diventate estranee ai cristiani d’oggi quanto l’idea dell’Angelo custode. Poi aggiunse: “L’Antico Testamento dice dell’angelo al popolo di Israele: “Prestagli attenzione e ascoltare la sua voce” cioè devo farmi attento e sensibile a quest’idea divina che mi abbraccia e guida, e non devo contrapporle ostinatamente i miei desideri ed i miei umori del momento.
Di angeli custodi oggi non si parla più se non in qualche locuzione convenzionale. Lo stesso vale se si parla di protezione e si discute di come sia possibile proteggerci dai fenomeni inquietanti e dai pericoli della vita moderna. Parlare degli “Angeli” significa invece essere convinti che il mondo è dappertutto colmo dalla viva presenza di Dio e che questa presenza si rivolge a ciascun individuo, a ciascuno di noi come potenza che ci chiama e ci protegge.
Alla fine del corso degli esercizi spirituali per la Quaresima del 2007, il predicatore era stato l’arcivescovo emerito di Bologna, il cardinale Giacomo Biffi che si era a lungo soffermato sugli spiriti celesti e, al momento del ringraziamento, il Papa Benedetto XVI affermò: “Mi sono accorto che negli intarsi del mio inginocchiatoio è raffigurato il Cristo risorto, circondato da angeli che volano. Ho pensato che questi angeli possono volare perché non si trovano nella gravitazione delle cose materiali della terra, ma nella gravitazione dell’amore del Risorto; e che noi potremmo volare se uscissimo un po’ dalla gravitazione del materiale ed entrassimo nella gravitazione nuova dell’amore del Risorto”.
La prima domenica di Quaresima del 2009, all’Angelus il Papa tedesco ha sottolineato che nel vangelo di Marco si dice che “Lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da satana” (Mc 1,12). Ma “di fronte a questa figura oscura e tenebrosa che osa tentare il Signore, appaiono gli angeli, figure luminose e misteriose”. Gli angeli, dice il Vangelo, “servivano” Gesù (Mc 1,13); essi sono il contrappunto di satana”. E dopo aver elencato la presenza degli angeli nell’Antico e nel Nuovo testamento, Benedetto XVI ha aggiunto: “Gli angeli servono Gesù, che è certamente superiore ad essi, e questa sua dignità viene qui, nel Vangelo, proclamata in modo chiaro, seppure discreto. Infatti anche nella situazione di estrema povertà e umiltà, quando è tentato da Satana, egli rimane il Figlio di Dio, il Messia, il Signore”. “Domandiamo loro – concluse il papa in quel primo marzo 2009 – in particolare quest’oggi, di vegliare su di me e sui collaboratori della Curia romana che in questo pomeriggio, come ogni anno, inizieremo la settimana di Esercizi spirituali. Maria, regina degli Angeli, prega per noi!”.

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ANGELI (GIANFRANCO RAVASI) IN VOLO OLTRE LA NEW AGE

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ANGELI (GIANFRANCO RAVASI) IN VOLO OLTRE LA NEW AGE

Avvenire 18.4.2010

All’improvviso s’incrina il soffitto, le crepe s’allargano e da un varco aperto, in mezzo ai calcinacci s’affaccia un volto radioso: « Un angelo! Pensai.
Tutto il giorno vola verso di me e io, scettico come sono, non lo sapevo. Adesso mi parlerà » . In realtà l’angelo scompare senza proferire parola e Kafka, che incastona questa angelofania nei suoi « Diari » , lascia aperto il dilemma reiterato nei secoli, destinato sia a cogliere il delicato e misterioso « brusio » ( Peter L. Berger) dell’angelo sia a dissolverne la presenza in sogno, anche se con nostalgia e con un rigurgito di fede, come confessava Czeslaw Milosz: « Vi ho tolto le vesti bianche,/ le ali e perfino l’esistenza,/ tuttavia io vi credo, messaggeri » .
L’angelo, però, ha come sua culla generativa per la civiltà occidentale soprattutto le Sacre Scritture. Dalla prima pagina coi « Cherubini dalla fiamma della spada folgorante » , posti a guardia del giardino dell’Eden ( Genesi 3, 24) fino alla folla angelica che popola l’Apocalisse, l’intera Bibbia è animata dalla presenza di queste figure sovrumane ma non divine, la cui realtà era nota anche alle culture circostanti a Israele, sia pure con modalità differenti.
Il nome stesso ebraico, « mal’ak » ( 215 volte nell’Antico Testamento), e greco, « ánghelos » ( 175 volte nel Nuovo Testamento), ne denota la funzione: significa, infatti, « messaggero » . Da qui si riesce a intuire la missione e, per usare un’espressione del filosofo Massimo Cacciari, la « necessità » ( L’Angelo necessario è il titolo di una sua opera) di questa figura biblica, affermata ripetutamente dalla tradizione giudaica e cristiana, confermata dal magistero della Chiesa nei documenti conciliari ( a partire dal Credo di Nicea del IV secolo) e papali e accolta nella liturgia e nella pietà popolare.
Il compito dell’angelo è sostanzialmente quello di salvaguardare la trascendenza di Dio, ossia il suo essere misterioso e « altro » rispetto al mondo e alla storia, ma al tempo stesso di renderlo vicino a noi comunicando la sua parola e la sua azione, proprio come fa il « messaggero » . È per questo che in alcuni casi l’angelo nella Bibbia sembra quasi ritirarsi per lasciare spazio a Dio che entra in scena direttamente. Così nel racconto del roveto ardente ad apparire a Mosè tra quelle fiamme è innanzitutto « l’angelo del Signore » , ma subito dopo è « Dio che chiama dal roveto: Mosè, Mosè! » ( Esodo 3, 2- 4). La funzione dell’angelo è, quindi, quella di rendere quasi visibili e percepibili in modo mediato la volontà, l’amore e la giustizia di Dio, come si legge nel Salterio: « L’angelo del Signore si accampa attorno a quelli che lo temono e li salva… Il Signore darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi; sulle loro mani ti porteranno perché non inciampi nella pietra il tuo piede » ( 34, 8; 91, 11- 12). Si ha qui l’immagine tradizionale dell’ « angelo custode » , bene raffigurata nell’angelo Azaria- Raffaele del libro di Tobia.
Il compito dell’angelo è, quindi, quello del mediatore tra l’infinito di Dio e il finito dell’uomo e questa funzione la espleta anche per il Cristo. Come scriveva il teologo Hans Urs von Balthasar, « gli angeli circondano l’intera vita di Gesù, appaiono nel presepe come splendore della discesa di Dio in mezzo a noi; riappaiono nella Risurrezione e nell’Ascensione come splendore della ascesa in Dio » . La loro è ancora una volta la missione di mettersi vicini all’umanità per svelare il mistero della gloria divina presente in Cristo in un modo che non ci accechi come sarebbe con la luce divina diretta. L’angelo può, però, sconfinare paradossalmente in demonio. Il tema della caduta degli angeli, in verità, è molto caro alla tradizione giudaica e cristiana soprattutto popolare ma ha una presenza solo allusiva nella Bibbia: ad esempio, c’è la « Lettera di Giuda » che parla di « angeli che non conservarono lo loro dignità ma lasciarono la propria dimora » ( v. 6); oppure ci si può riferire alla seconda Lettera di Pietro che presenta « gli angeli che avevano peccato, precipitati negli abissi tenebrosi dell’inferno » ( 2, 4). Ciò che è netta è l’affermazione biblica della presenza oscura di Satana che cerca proprio di spezzare quel dialogo di vita e di amore tra Dio e l’umanità che l’angelo, invece, favorisce e sostiene.
Non per nulla il poeta madrileno Pedro Salinas nel suo Angelo smarrito cantava: « Le mani di chi ama/ terminano in angeli » . Ma il tracciato dei voli angelici pervade tutto il cielo del Natale e della Pasqua quasi come una mappa di luce, di salvezza, di speranza.
Una posizione privilegiata è occupata da Gabriele, ministro nel consiglio della corona di Dio: non per nulla Luca ( 1,19) gli mette in bocca una frase che nel linguaggio orientale definisce i ministri ( » Io sono Gabriele che sto al cospetto di Dio » e i ministri erano appunto « coloro che avevano accesso al cospetto del re » ). Ma con Gabriele appaiono altri angeli anonimi nel Natale di Cristo; anzi Luca ( 2,14) in quella notte, come si è visto, introduce « tutta la milizia celeste » , cioè tutto l’esercito di Dio composto da legioni angeliche, pronte a combattere il male e l’ingiustizia. Quelle legioni che Gesù al momento dell’arresto nel giardino del Getsemani dirà di non voler convocare per bloccare il suo destino sacrificale ( Matteo 26,53: « Pensi forse che io non possa pregare il Padre mio, che mi darebbe subito più di dodici legioni di angeli? » ). Ma la presenza angelica si era affacciata già prima di quell’ora terribile. Ci sono, infatti, gli angeli che si accostano a Gesù al termine delle tentazioni sataniche per servirlo ( Matteo 4,11). C’è l’angelo che veglia sul piccoli: « Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli » ( Matteo 18,10).
C’è l’angelo consolatore nella sera dell’agonia: « Gli apparve ( nel Getsemani) un angelo del cielo a confortarlo » ( Luca 22,43).
C’è l’angelo che indica il destino dell’uomo oltre la morte: « Alla risurrezione… si sarà come angeli nel cielo » ( Matteo 22,30). Ma, importanti come quelli del Natale, sono gli angeli della Pasqua. Se l’angelo del Natale era simile a un profeta che annunziava l’incarnazione, cioè l’ingresso di Dio nella storia proprio sotto le spoglie di quel bambino nato nella « città di Davide » Betlemme, l’angelo della Pasqua proclama la redenzione piena operata da Cristo e sigillata dalla sua vittoria sulla morte. « Vi fu un grande terremoto: un angelo del Signore, sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come la folgore e il suo vestito bianco come la neve. Per lo spavento che ebbero di lui le guardie tremarono tramortite. Ma l’angelo disse alle donne: ‘ Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesù il crocifisso.
Non è qui. È risorto, come aveva detto; venite a vedere il luogo dove era deposto.
Presto, andate a dire ai suoi discepoli: È risuscitato dai morti, e ora vi precede in Galilea; là lo vedrete. Ecco, io ve l’ho detto’ » ( Matteo 28,2- 7). Sulle labbra dell’angelo risuona la professione di fede pasquale della Chiesa: « È risorto! » . È ciò che ripeterà anche l’angelo pasquale di Marco raffigurato come « un giovane vestito di una veste bianca » ( 16,5- 6) o « i due uomini in vesti sfolgoranti » del racconto di Luca ( 24,4- 6).
Essi inaugurano anche la missione della Chiesa quando, nel giorno dell’ascensione di Cristo nella sua gloria celeste, sotto l’aspetto di « due uomini in bianche vesti » ( e il bianco nella Bibbia è simbolo dell’eterno), si rivolgeranno agli apostoli così: « Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?
Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo » ( Atti 1,10- 11). La Chiesa vive da quel momento accompagnata dagli angeli. C’è l’angelo degli apostoli: apre loro le porte del carcere a notte fonda ( Atti 5,19). C’è l’angelo di Pietro: di notte gli scioglie le catene, lo riveste e gli spalanca le porte della prigione ( Atti 2,7- 11). C’è l’angelo del diacono Filippo: mette questo ministro del Vangelo sulla strada di Gaza per incontrare l’eunuco etiope, funzionario della regina Candace, e così convertirlo ( Atti 8,26). C’è l’angelo del centurione romano Cornelio: gli annunzia la via della salvezza attraverso l’incontro con Pietro ( Atti 10,3; 11,13). C’è l’angelo di Paolo: durante la tempesta che colpisce la nave che porta l’apostolo a Roma per essere processato, lo conforta e gli assicura che raggiungerà il tribunale di Cesare per testimoniare Cristo ( Atti 27,23­24). C’è l’angelo di tutti gli annunziatori del Vangelo: assiste alla lotta che il discepolo deve condurre per compiere la sua missione ( 1Corinzi 4,9). C’è l’angelo della liturgia e ce lo presenta lo stesso Paolo nel passo un po’ folcloristico sul velo delle donne ( 1Corinzi 11,10). Come si vede, la presenza angelica popola le strade della Chiesa e della sua storia. E non l’abbandona nel momento estremo, quello dell’approdo alla Gerusalemme celeste. Lo stesso Gesù nel suo « discorso escatologico » , dedicato alla meta ultima della vicenda umana e cosmica, aveva evocato la funzione degli angeli quasi come cerimonieri dell’evento del giudizio finale ( Matteo 13,41- 42; Marco 13,27.32; Luca 16,22). Ma sarà l’Apocalisse ad affollare il cielo di angeli, riflettendo in questo un modello tipico di una letteratura allora popolare, quella chiamata appunto apocalittica e che abbiamo già avuto occasione di evocare per l’Antico Testamento e per il giudaismo. In un trionfo di luce gli angeli dell’Apocalisse cantano, assistono al soglio divino, suonano trombe, scagliano i flagelli del giudizio, scardinano dalle fondamenta Babilonia, la città del male, simbolo della Roma imperiale, incatenano la Bestia infernale, vegliano alle porte della Gerusalemme celeste, la città della gioia, seguono Michele nella lotta estrema tra bene e male. La coreografia dell’Apocalisse ha l’angelo come attore di grande rilievo, nella prospettiva di una palingenesi di tutto l’essere e in particolare dell’umanità, chiamata alla cittadinanza celeste e alla comunione angelica, come ricorda Paolo ( Efesini 1,18; Filippesi 3,20). Ma lo stesso libro nelle sue pagine di apertura, cioè nelle lettere indirizzate ad altrettante comunità cristiane dell’Asia Minore ( capitoli 2- 3), rivela che su ogni Chiesa ancora pellegrina sulla terra veglia un angelo del Signore.
Egli raccoglie il messaggio ora dolce ora aspro che il Cristo rivolge ai fedeli di Efeso, Smirne, Pergamo, Tiatira, Sardi, Filadelfia e Laodicea, divenendo così partecipe delle sorti della comunità che assiste.

Ci rimane un’ultima nota da fare. È facile colmare i cieli di deliziosi angioletti, è ancor più facile bamboleggiare ideologicamente con le « misteriose presenze » alla « New Age » . È pericoloso inoltrarsi nel mondo angelico con intenti esoterico- magici perché questa è idolatria nel caso peggiore o stupidità nel caso dell’ingenuità superstiziosa. Ritornare al rigore e alla sobrietà della fede, in questo come in altri campi, è necessario. Ce lo ricorda soprattutto Paolo. Egli aveva già reagito con veemenza a questa riduzione idolatrica del mistero cristiano quando, scrivendo ai cristiani di Colossi, una città della più profonda provincia dell’Asia Minore, aveva polemizzato con un loro culto angelico esasperato, forse simile a quello che sta ai nostri giorni qua e là affiorando: « Nessuno si compiaccia in pratiche di poco conto e nella venerazione degli angeli, seguendo le proprie pretese visioni » ( 2,18).
« A quale degli angeli Dio ha detto: ‘ Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato’? » , si domanda l’anonimo autore neotestamentario della Lettera agli Ebrei ( 1,5). Al centro dell’autentica fede cristiana non ci sono gli angeli ma il Cristo che è « al di sopra di ogni potenza angelica » e nel cui nome « ogni ginocchio si piega in cielo, sulla terra e sotto terra » ( Filippesi 2,10).
Scriveva il teologo von Balthasar: «Gli enti abitatori del Paradiso circondano l’intera vita di Gesù, appaiono nel presepe come splendore della sua discesa in mezzo a noi; riappaiono nella Risurrezione e nell’Ascensione come fulgore dell’ascesa lassù» La loro missione è mettersi vicini all’umanità per svelare il mistero della gloria presente in Cristo in un modo che non ci accechi come sarebbe con la luce diretta»

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GLI ANGELI NELLA BIBBIA – DI GIANFRANCO RAVASI

http://www.santamariadellaneve.org/gli%20angeli/angeli_nella_bibbia.htm

GLI ANGELI NELLA BIBBIA

DI GIANFRANCO RAVASI

Dalla prima pagina delle Scritture Sacre coi “Cherubini dalla fiamma della spada folgorante”, posti a guardia del giardino dell’Eden (Genesi 3,24), fino alla folla angelica che popola il cielo dell’Apocalisse, tutti i libri della Bibbia sono animati dalla presenza di queste figure sovrumane, ma non divine, che già occhieggiavano nelle religioni circostanti al mondo ebraico e cristiano. Proprio i Cherubini, che saranno destinati a proteggere l’Arca dell’Alleanza (Esodo 25,18-21), sono noti anche nel nome (karibu) all’antica Mesopotamia, simili quasi a sfingi alate, dal volto umano e dal corpo zoomorfo, posti a tutela delle aree sacre templari e regali, mentre i Serafini della vocazione di Isaia (6,1-7), nella loro radi- ce nominale, rimandano a qualcosa di serpentiniforme e ardente.

L’Angelo, “trasparenza” del divino
Ma lasciamo questo intreccio marginale – coltivato, però, con entusiasmo dalle successive tradizioni apocrife e popolari – tra mitologia e angelologia per individuare, in modo sia pure molto semplificato, il vero volto dell’Angelo secondo le Scritture. V’è subito da segnalare un dato statistico: il vocabolo mal’ak, in ebraico “messaggero”, tradotto in greco come ‘Anghelos (donde il nostro “angelo”) risuona nell’Antico Testamento ben 215 volte e diventa persino il nome (o lo pseudonimo) di un profeta, Malachia, che in ebraico significa “angelo del Signore”.
Certo, come prima si diceva a proposito di Cherubini e Serafini, non mancano elementi di un retaggio culturale remoto che la Bibbia ha fatto suoi: la Rivelazione ebraico-cristiana si fa strada nei meandri della storia e nelle coordinate topografiche di una regione appartenente all’antico Vicino Oriente e ne raccoglie echi e spunti tematici e simbolici.
I “figli di Dio”, ad esempio, nella religione cananea, indigena della Palestina, erano dèi inferiori che facevano parte del consiglio della corona della divinità suprema del pantheon, ’El (o in altri casi Ba’al, il dio della fecondità e della vita). Israele declassa questi “figli di Dio”, che qua e là appaiono nei suoi testi sacri (Genesi 6,1-4; Giobbe 1,6 e Salmi 29,1), al rango di Angeli che assistono il Signore, il cui nome sacro, unico e impronunziabile, è JHWH. Anche “il Satana”, cioè 1’avversario (in ebraico è un titolo comune e ha l’articolo), in Giobbe appare come un pubblico ministero angelico della corte divina (1,6-12).
L’Angelo biblico, perciò, conserva tracce divine. Anzi diventa non di rado – soprattutto quando è chiamato mal’ak Jhwh, “Angelo del Signore” – una rappresentazione teofanica, ossia un puro e semplice rivelarsi di Dio in modo indiretto. Come scriveva uno dei più famosi biblisti del Novecento, Gerhard von Rad, “attraverso 1’Angelo è in realtà Dio stesso che appare agli uomini in forma umana”. E’ per questo che talvolta 1’Angelo biblico sembra entrare in una dissolvenza e dal suo volto lievitano i lineamenti del Re celeste che lo invia. Infatti in alcuni racconti l’Angelo e Dio stesso sono intercambiabili.
Nel roveto ardente del Sinai a Mosè appare innanzitutto “l’Angelo del Signore” ma, subito dopo, la narrazione continua così: ”Il Signore vide che Mosè si era avvicinato e Dio lo chiamò dal roveto” (Esodo 3,2.4). Questa stessa identificazione può essere rintracciata nel racconto che vede protagonisti Agar, schiava di Abramo e di Sara, e suo figlio Ismaele dispersi nel deserto (Genesi 16,7.13) in quello del sacrificio di Isacco al monte Moria (Genesi 22,11-17), nella vocazione di Gedeone (Giudici 6,12.14) e così via.

Lasciamo ai nostri lettori più esigenti la verifica all’interno dei passi biblici citati. In questa funzione di “trasparenza” del divino, 1’Angelo può acquistare anche fisionomie umane per rendersi visibile. Così nel capitolo 18 della Genesi – divenuto celebre nella ripresa iconografica di Andrej Rublev – gli Angeli si presentano davanti alla tenda di Abramo come tre viandanti; uno solo di loro annunzia la promessa divina; nel prosieguo del racconto (19,1) diventano “due Angeli”, ritornano poi a essere “tre uomini” per ritrasformarsi in Angeli (19,15), mentre è uno solo a pronunziare le parole decisive per Lot, nipote di Abramo (19,17-22). E’ ancora sotto i tratti di un uomo misterioso che si cela 1’Angelo della lotta notturna di Giacobbe alle sponde del fiume Jabbok (Genesi 32,23- 33), ma il patriarca è convinto di “aver visto Dio faccia a faccia”.
Dobbiamo, allora, interrogarci sul significato di questa personificazione “angelica” di Dio che appare in non poche pagine bibliche come espressione della sua benedizione ma anche del suo giudizio (si pensi all’Angelo sterminatore dei primogeniti egiziani nell’Esodo che il libro della Sapienza reinterpreta come la stessa Parola divina).
Se non leggiamo materialmente o “fondamentalisticamente” (cioè in modo letteralistico) quei passi, ma cerchiamo di coglierne il significato genuino sotto il velo delle modalità espressive, ci accorgiamo che in questi casi l’Angelo biblico racchiude in sé una sintesi dei due tratti fondamentali del volto di Dio. Da un lato, infatti, il Signore è per eccellenza 1’Altro, cioè colui che è diverso e superiore rispetto all’uomo, è – se usiamo il linguaggio teologico – il Trascendente. D’altra parte, però, egli è anche il Vicino, 1’Emmanuele, il Dio – con – noi, presente nella storia dell’uomo. Ora, per impedire che questa vicinanza ‘impolveri’ Dio, lo imprigioni nel mondo come un oggetto sacro, 1’autore biblico ricorre all’Angelo. Egli, pur venendo dall’area divina, entra nel mondo degli uomini, parla e agisce visibilmente come una creatura.
Ma il messaggio che egli porta con sé è sempre divino. In altri termini 1’Angelo è spesso nella Bibbia una personificazione dell’efficace parola di Dio che annunzia e opera salvezza e giudizio. La visione della scala che Giacobbe ha a Betel è in questo senso esemplare: “Gli angeli di Dio salivano e scendevano su una scala che poggiava sulla terra mentre la sua cima raggiungeva il cielo” (Genesi 28,12). L’Angelo raccorda cielo e terra, infinito e finito, eternita e storia, Dio e uomo.

Il volto “ personale” dell’Angelo
Ma gli Angeli sono anche qualcosa di più di una semplice immagine di Dio. E’ necessario, perciò, percorrere altre pagine bibliche. Ebbene, in altri testi antico o neotestamentari gli Angeli appaiono nettamente con una loro entità e identità e non come rappresentazione simbolica dello svelarsi e dell’agire di Dio. E’ necessaria, però, una nota preliminare. Soprattutto nell’Antico Testamento, non si parla mai di “purissimi spiriti” come noi siamo soliti definire gli Angeli, perché per i Semiti era quasi impossibile concepire una creatura in termini solo spirituali, separata dal corpo (Dio stesso è raffigurato antropomorficamente).
Essi, perciò, hanno connotati e fisionomie con tratti concreti e umani. Ed è soprattutto nella letteratura biblica successiva all’esilio babilonese di Israele (dal VI secolo a.C. in poi) che 1’Angelo acquista un’identità propria sempre più spiccata. Evochiamone alcuni desumendoli dalla narrazione biblica. Iniziamo con la storia esemplare di Tobia jr. che parte verso la meta di Ecbatana, ove 1’attenderanno le nozze con Sara, accompagnato da un giovane di nome Azaria. Egli ignora che, sotto le spoglie di questo ebreo che cerca lavoro, si cela un Angelo dal nome emblematico, Raffaele, in ebraico “Dio guarisce”. Egli, infatti, non solo preparerà un filtro magico per esorcizzare il demonio Asmodeo che tiene sotto il suo malefico influsso la promessa sposa di Tobia, Sara, ma anche appronterà una pozione oftalmica per far recuperare la vista a Tobia sr., il vecchio padre accecato da sterco caldo di passero.
Come è facile intuire, il racconto “fine e amabile” di Tobia – secondo la definizione di Lutero che ne raccomandava la lettura alle famiglie cristiane – è percorso da elementi fiabeschi, ma la certezza dell’esistenza di un “Angelo custode” del giusto è indiscussa. discorso finale che egli rivolge ai suoi beneficati nel capitolo 12 del libro di Tobia, al momento dello svelamento, è significativo: Raffaele-Azaria ha introdotto 1’uomo nel segreto del re divino e 1’b rivelato come quello di un Dio d’amore (“quando ero con voi, io non stavo con voi per mia iniziativa, ma per la volontà di DIO” confessa in Tobia 12,18).

L’idea di un Angelo che non lascia solo il povero e il giusto per le strade del mondo, ma gli cammina a fianco è, d’altronde, reiterata nella preghiera dei Salmi: “L’angelo del Signore si accampa attorno a quelli che lo temono e li salva (…). Il Signore darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi; sulle loro mani ti porteranno perchè non inciampi nella pietra il tuo piede” (Salmi .34, 91,11-12).
Nel libro di Giobbe appare anche 1’Angelo intercessore che placa la giustizia divina educando 1’uomo alla fedeltà e incamminandolo sulle vie della salvezza: “Se 1’uomo incontra un angelo un intercessore tra i mille, che gli sveli il suo dovere, che abbia compassione di lui e implori: Scampalo, Signore, dal discendere nella fossa della morte perchè io gli ho trovato un riscatto!, allo la carne dell’uomo ritroverà la freschezza della giovinezza e tornerà ai giorni dell’adolescenza” (Giobbe 33,23-25).

Un’altra figura angelica “personale” di grande rilievo per entrambi i Testamenti è, con Michele (“chi è come Dio?”), Angelo combattente, Gabriele (“uomo di Dio” o “Dio si è mostrato forte” o “uomo fortissimo”). Nel libro di Daniele egli entra in scena nel funzioni di Angelo “interprete”, perchè consegna e decifra ai fedeli gli enigmi della Rivelazione divina, spesso affidata ai sogni. Si leggano appunto i capitoli 7-12 del libro apocalittico di Daniele, che è mo lto simile a una sciarada storico- simbolica, i cui fili aggrovigliati vengono dipanati da Gabriele, 1’Angelo che – come vedremo – sarà presente anche alla soglia del Nuovo Testamento.
Nella tradizione giudaica, soprattutto in quella della letteratura apocalittica apocrifa dei secoli III-I a.C., egli si affaccia dal cielo per abbracciare con sguardo tutti gli eventi del mondo così da poterne riferire a Dio. E presiede le classi angeliche dei Cherubini e delle Potestà e ha in pratica la gestione dell’intero palazzo celeste. Gli Angeli si moltiplicheranno in particolare nel racconto biblico dell’epoca dei Maccabei, combattenti per la libertà di Israele sotto il regime siro-ellenistico nel II secolo a.C. Questa proliferazione è naturalmente lo specchio di un’epoca storica e della convinzione di combattere una battaglia giusta e santa, avallata da Dio stesso che ne produce 1’esito positivo attraverso la sua armata celeste. Ma v’è anche la netta certezza che 1’Angelo faccia parte delle verità di fede secondo una sua precisa identità e funzione. Così, al ministro siro Eliodoro, che vuole confiscare il tesoro del tempio di Gerusalemme, si fanno incontro prima un cavaliere rivestito d’armatura aurea e poi “due giovani dotati di grande forza splendidi per bellezza e con vesti meravigliose” che lo neutralizzano e lo convincono a riconoscere il primato della volontà divina ( 2Maccabei 3,24-40).
Durante un violento scontro tra Giuda Maccabeo e i Siri “apparvero dal cielo ai nemici cinque cavaliere splendidi su cavalli dalle briglie d’oro: essi guidavano gli Ebrei e, prendendo in mezzo a loro Giuda, lo ripararono con le loro armature rendendolo invulnerabile” (2 Maccabei 10,29-30). Altre volte è un solitario “cavaliere in sella, vestito di bianco, in atto di agitare un’arma tura d’oro”, a guidare Israele alla battaglia (2 Maccabei 11,8). E non manca neppure una vera e propria squadriglia angelica composta da “cavalieri che correvano per 1’aria con auree vesti, armati di lance roteanti e di spade sguainate” (2 Maccabei 5,2).Al di là della retorica marziale di queste pagine v’è la sicurezza di una presenza forte che, come si diceva nei Salmi già citati, si accampa accanto agli oppressi e ai fedeli per tutelarli e salvarli.

 

Publié dans:angeli, CAR. GIANFRANCO RAVASI |on 26 novembre, 2014 |Pas de commentaires »

GIOVANNI PAOLO II UDIENZA GENERALE – MERCOLEDÌ, 23 LUGLIO 1986 – SUGLI ANGELI

http://www.novena.it/angeli/catechesi_02.htm

GIOVANNI PAOLO II UDIENZA GENERALE – MERCOLEDÌ, 23 LUGLIO 1986 – SUGLI ANGELI

1. Proseguiamo oggi la nostra catechesi sugli angeli la cui esistenza, voluta da un atto dell’amore eterno di Dio, professiamo con le parole del simbolo niceno-costantinopolitano: « Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili ».

Nella perfezione della loro natura spirituale gli angeli sono chiamati fin dall’inizio, in virtù della loro intelligenza, a conoscere la verità e ad amare il bene che conoscono nella verità in modo molto più pieno e perfetto di quanto non sia possibile all’uomo. Questo amore è l’atto di una volontà libera, per cui anche per gli angeli la libertà significa possibilità di operare una scelta a favore o contro il Bene che essi conoscono, cioè Dio stesso. Bisogna qui ripetere ciò che già abbiamo ricordato a suo tempo a proposito dell’uomo: creando gli esseri liberi, Dio volle che nel mondo si realizzasse quell’amore vero che è possibile solamente sulla base della libertà. Egli volle dunque che la creatura, costituita a immagine e somiglianza del suo Creatore, potesse nel modo più pieno possibile rendersi simile a lui, Dio, che « è amore » (1 Gv 4, 16). Creando gli spiriti puri come esseri liberi, Dio nella sua Provvidenza non poteva non prevedere anche la possibilità del peccato degli angeli. Ma proprio perché la Provvidenza è eterna sapienza che ama, Dio avrebbe saputo trarre dalla storia di questo peccato, incomparabilmente più radicale in quanto peccato di uno spirito puro, il definitivo bene di tutto il cosmo creato.

2. Di fatto, come dice chiaramente la rivelazione, il mondo degli spiriti puri appare diviso in buoni e cattivi. Ebbene, questa divisione non si è operata per creazione di Dio, ma in base alla libertà propria della natura spirituale di ciascuno di essi. Si è operata mediante la scelta che per gli esseri puramente spirituali possiede un carattere incomparabilmente più radicale di quella dell’uomo ed è irreversibile dato il grado di intuitività e di penetrazione del bene di cui è dotata la loro intelligenza. A questo riguardo si deve dire anche che gli spiriti puri sono stati sottoposti a una prova di carattere morale. Fu una scelta decisiva riguardante prima di tutto Dio stesso, un Dio conosciuto in modo più essenziale e diretto di quanto è possibile all’uomo, un Dio che a questi esseri spirituali aveva fatto dono, prima che all’uomo, di partecipare alla sua natura divina.

3. Nel caso dei puri spiriti la scelta decisiva riguardava prima di tutto Dio stesso, primo e supremo Bene, accettato o respinto in modo più essenziale e diretto di quanto possa avvenire nel raggio d’azione della libera volontà dell’uomo. Gli spiriti puri hanno una conoscenza di Dio incomparabilmente più perfetta dell’uomo, perché con la potenza del loro intelletto, non condizionato né limitato dalla mediazione della conoscenza sensibile, vedono fino in fondo la grandezza dell’Essere infinito, della prima Verità, del sommo Bene. A questa sublime capacità di conoscenza degli spiriti puri Dio offrì il mistero della sua divinità, rendendoli così partecipi, mediante la grazia, della sua infinita gloria. Proprio perché esseri di natura spirituale, vi era nel loro intelletto la capacità, il desiderio di questa elevazione soprannaturale a cui Dio li aveva chiamati, per fare di essi, ben prima dell’uomo, dei « consorti della natura divina » (cf. 2 Pt 1, 4), partecipi della vita intima di Colui che è Padre, Figlio e Spirito Santo, di Colui che nella comunione delle tre divine Persone « è Amore » (1 Gv 4, 16). Dio aveva ammesso tutti gli spiriti puri, prima e più dell’uomo, all’eterna comunione dell’amore.

4. La scelta operata sulla base della verità su Dio, conosciuta in forma superiore in base alla lucidità delle loro intelligenze, ha diviso anche il mondo dei puri spiriti in buoni e cattivi. I buoni hanno scelto Dio come Bene supremo e definitivo, conosciuto alla luce dell’intelletto illuminato dalla rivelazione. Avere scelto Dio significa che si sono rivolti a lui con tutta la forza interiore della loro libertà, forza che è amore. Dio è divenuto il totale e definitivo scopo della loro esistenza spirituale. Gli altri invece hanno voltato le spalle a Dio contro la verità della conoscenza che indicava in lui il bene totale e definitivo. Hanno scelto contro la rivelazione del mistero di Dio, contro la sua grazia che li rendeva partecipi della Trinità e dell’eterna amicizia con Dio nella comunione con lui mediante l’amore.

In base alla loro libertà creata hanno operato una scelta radicale e irreversibile al pari di quella degli angeli buoni, ma diametralmente opposta: invece di un’accettazione di Dio piena di amore, gli hanno opposto un rifiuto ispirato da un falso senso di autosufficienza, di avversione e persino di odio che si è tramutato in ribellione.

5. Come comprendere una tale opposizione e ribellione a Dio in esseri dotati di così viva intelligenza e arricchiti di tanta luce? Quale può essere il motivo di tale radicale e irreversibile scelta contro Dio? Di un odio tanto profondo da poter apparire unicamente frutto di follia? I Padri della Chiesa e i teologi non esitano a parlare di « accecamento » prodotto dalla sopravvalutazione della perfezione del proprio essere, spinta fino al punto di velare la supremazia di Dio, che esigeva invece un atto di docile e obbediente sottomissione. Tutto ciò sembra espresso in modo conciso nelle parole: « Non ti servirò! » (Ger 2, 20), che manifestano il radicale e irreversibile rifiuto di prendere parte all’edificazione del regno di Dio nel mondo creato. « Satana » lo spirito ribelle, vuole il proprio regno, non quello di Dio, e si erge a primo « avversario » del Creatore, a oppositore della Provvidenza, ad antagonista della sapienza amorevole di Dio. Dalla ribellione e dal peccato di Satana, come anche da quello dell’uomo, dobbiamo concludere accogliendo la saggia esperienza della Scrittura che afferma: « L’orgoglio è causa di rovina » (Tb 4, 13).

Publié dans:angeli |on 1 octobre, 2014 |Pas de commentaires »

SANTI ANGELI CUSTODI – 2 OTTOBRE

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SANTI ANGELI CUSTODI

2 OTTOBRE

Nella storia della salvezza, Dio affida agli Angeli l’incarico di proteggere i patriarchi, i suoi servi e tutto il popolo eletto. Pietro in carcere viene liberato dal suo Angelo. Gesù a difesa dei piccoli dice che i loro Angeli vedono sempre il volto del Padre che sta nei Cieli.
Figure celesti presenti nell’universo religioso e culturale della Bibbia – così come di molte religioni antiche – e quasi sempre rappresentati come esseri alati (in quanto forza mediatrice tra Dio e la Terra), gli angeli trovano l’origine del proprio nome nel vocabolo greco anghelos =messaggero. Non a caso, nel linguaggio biblico, il termine indica una persona inviata per svolgere un incarico, una missione. Ed è proprio con questo significato che la parola ricorre circa 175 volte nel Nuovo Testamento e 300 nell’Antico Testamento, che ne individua anche la funzione di milizia celeste, suddivisa in 9 gerarchie: Cherubini, Serafini, Troni, Dominazioni, Potestà, Virtù celesti, Principati, Arcangeli, Angeli. Oggi il tema degli Angeli, quasi scomparso dai sermoni liturgici, riecheggia stranamente nei pulpiti dei media in versione new age, nei film e addirittura negli spot pubblicitari, che hanno voluto recepirne esclusivamente l’aspetto estetico e formale.

Martirologio Romano: Memoria dei santi Angeli Custodi, che, chiamati in primo luogo a contemplare il volto di Dio nel suo splendore, furono anche inviati agli uomini dal Signore, per accompagnarli e assisterli con la loro invisibile ma premurosa presenza.
La memoria dei Santi Angeli, oggi espressamente citati nel “Martirologio Romano” della Chiesa Cattolica, come Angeli Custodi, si celebra dal 1670 il 2 ottobre, data fissata da papa Clemente X (1670-1676); la Chiesa Ortodossa li celebra l’11 gennaio.
Ma chi sono gli Angeli e che rapporto hanno nella storia del genere umano? Prima di tutto l’esistenza degli Angeli è un dogma di fede, definito più volte dalla Chiesa (Simbolo Niceno, Simbolo Costantinopolitano, IV Concilio Lateranense (1215), Concilio Vaticano I (1869-70)).
Tutto ciò che riguarda gli Angeli, ha costituito una scienza propria detta ‘angelologia’; e tutti i Padri della Chiesa e i teologi, hanno nelle loro argomentazioni, espresso ed elaborato varie interpretazioni e concetti, riguardanti la loro esistenza, creazione, spiritualità, intelligenza, volontà, compiti, elevazione e caduta.
Come si vede la materia è così vasta e profonda, che è impossibile in questa scheda succinta, poter esporre esaurientemente l’argomento, ci limiteremo a dare qualche cenno essenziale.
Esistenza e creazione
La creazione degli angeli è affermata implicitamente almeno in un passo del Vecchio Testamento, dove al Salmo 148 (Lode cosmica), essi sono invitati con le altre creature del cielo e della terra a benedire il Signore: “Lodate il Signore dai cieli, lodatelo nell’alto dei cieli. Lodatelo, voi tutti suoi angeli, lodatelo, voi tutte sue schiere… Lodino tutti il nome del Signore, perché al suo comando ogni cosa è stata creata”.
Nel nuovo Testamento (Col. 1.16) si dice: “per mezzo di Cristo sono state create tutte le cose nei cieli e sulla terra”. Quindi anche gli angeli sono stati creati e se pure la tradizione è incerta sul tempo e nell’ordine di questa creazione, essa è ritenuta dai Padri indubitabile; certamente prima dell’uomo, perché alla cacciata dal paradiso terrestre di Adamo ed Eva, era presente un angelo, posto poi a guardia dell’Eden, per impedirne il ritorno dei nostri progenitori.

Spiritualità
La spiritualità degli angeli, è stato oggetto di considerazioni teologiche fra i più grandi Padri della Chiesa; s. Giustino e s. Ambrogio attribuivano agli angeli un corpo, non come il nostro, ma luminoso, imponderabile, sottile; s. Basilio e s. Agostino furono esitanti e si espressero non chiaramente; s. Giovanni Crisostomo, s. Gerolamo, s. Gregorio Magno, asserirono invece l’assoluta spiritualità; il già citato Concilio Lateranense IV, quindi il Magistero della Chiesa, affermò che gli Angeli sono spirito senza corpo.
L’angelo per la sua semplicità e spiritualità è immortale e immutabile, privo di quantità non può essere localmente presente nello spazio, però si rende visibile in un luogo per esplicare il suo operato; non può moltiplicarsi entro la stessa specie e s. Tommaso d’Aquino afferma che tante sono le specie angeliche quanti sono gli stessi angeli, l’uno diverso dall’altro.
Nella Bibbia si parla di angeli come di messaggeri ed esecutori degli ordini divini; nel Nuovo Testamento essi appaiono chiaramente come puri spiriti.
Nella credenza ebraica essi furono talvolta avvicinati a esseri materiali, ai quali si offriva ospitalità, che essi ricambiavano con benedizioni, promesse di prosperità, ecc.

Intelligenza e volontà
L’Angelo in quanto essere spirituale non può essere sprovvisto della facoltà dell’intelligenza e della volontà; anzi in lui debbono essere molto più potenti, in quanto egli è puro di spirito; sulla prontezza e infallibilità dell’intelligenza angelica, come pure sull’energia, la tenace volontà, la libertà superiore, il grande Dottore Angelico, s. Tommaso d’Aquino, ha scritto ampiamente nella sua “Summa Theologica”, alla quale si rimanda per un approfondimento.

Elevazione
La Sacra Scrittura suggerisce più volte che gli Angeli godono della visione del volto di Dio, perché la felicità alla quale furono destinati gli spiriti celesti, sorpassa le esigenze della natura ed è soprannaturale.
E nel Nuovo Testamento frequentemente viene stabilito un paragone fra uomini, santi e angeli, come se la meta cui sono destinati i primi, altro non sia che una partecipazione al fine già conseguito dagli angeli buoni, i quali vengono indicati come ‘santi’, ‘figli di Dio’, ‘angeli di luce’ e che sono ‘innanzi a Dio’, ‘al cospetto di Dio o del suo trono’; tutte espressioni che indicano il loro stato di beatitudine; essi furono santificati nell’istante stesso della loro creazione.

Caduta
Il Concilio Lateranense IV, definì come verità di fede che molti Angeli, abusando della propria libertà caddero in peccato e diventarono cattivi.
San Tommaso affermò che l’Angelo poté commettere solo un peccato d’orgoglio, lo spirito celeste deviò dall’ordine stabilito da Dio e non accettandolo, non riconobbe al disopra della sua perfezione, la supremazia divina, quindi peccato d’orgoglio cui conseguì immediatamente un peccato di disobbedienza e d’invidia per l’eccellenza altrui.
Altri peccati non poté commetterli, perché essi suppongono le passioni della carne, ad esempio l’odio, la disperazione. Ancora s. Tommaso d’Aquino specifica, che il peccato dell’Angelo è consistito nel volersi rendere simile a Dio.
La tradizione cristiana ha dato il nome di Lucifero al più bello e splendente degli angeli e loro capo, ribellatosi a Dio e precipitato dal cielo nell’inferno; l’orgoglio di Lucifero per la propria bellezza e potenza, lo portò al grande atto di superbia con il quale si oppose a Dio, traendo dalla sua parte un certo numero di angeli.
Contro di lui si schierarono altri angeli dell’esercito celeste capeggiati da Michele, ingaggiando una grande e primordiale lotta nella quale Lucifero con tutti i suoi, soccombette e fu precipitato dal cielo; egli divenne capo dei demoni o diavoli nell’inferno e simbolo della più sfrenata superbia.
Il nome Lucifero e la sua identificazione con il capo ribelle degli angeli, derivò da un testo del profeta Isaia (14, 12-15) in cui una satira sulla caduta di un tiranno babilonese, venne interpretata da molti scrittori ecclesiastici e dallo stesso Dante (Inf. XXIV), come la descrizione in forma poetica della ribellione celeste e della caduta del capo degli angeli.
“Come sei caduto dal cielo, astro del mattino, figlio dell’aurora! Come sei stato precipitato a terra, tu che aggredivi tutte le nazioni! Eppure tu pensavi in cuor tuo: Salirò in cielo, al di sopra delle stelle di Dio innalzerò il mio trono… salirò sulle nubi più alte, sarò simile all’Altissimo. E invece sei stato precipitato nell’abisso, nel fondo del baratro!”

L’esercito celeste
La figura dell’Angelo come simbolo delle gerarchie celesti, in genere appare fin dai primi tempi del cristianesimo, collocandosi in prosecuzione della tradizione ebraica e come trasformazione dei tipi precristiani delle Vittorie e dei Geni alati, che avevano anche la funzione mediatrice, tra le supreme divinità e il mondo terrestre.
Attraverso l’insegnamento del “De celesti hierarchia” dello pseudo Dionigi l’Areopagita, essi sono distribuiti in tre gerarchie, ognuna delle quali si divide in tre cori.
La prima gerarchia comprende i serafini, i cherubini e i troni; la seconda le dominazioni, le virtù, le potestà; la terza i principati, gli arcangeli e gli angeli.
I cori si distinguono fra loro per compiti, colori, ali e altri segni identificativi, sempre secondo lo pseudo Areopagita, i più vicini a Dio sono i serafini, di colore rosso, segno di amore ardente, con tre paia di ali; poi vengono i cherubini con sei ali cosparse di occhi come quelle del pavone; le potestà hanno due ali dai colori dell’arcobaleno; i principati sono angeli armati rivolti verso Dio e così via.
Più distinti per la loro specifica citazione nella Bibbia, sono gli Arcangeli, i celesti messaggeri, presenti nei momenti più importanti della Storia della Salvezza; Michele presente sin dai primordi a capo dell’esercito del cielo contro gli angeli ribelli, apparve anche a papa s. Gregorio Magno sul Castel S. Angelo a Roma, lasciò il segno della sua presenza nel Santuario di Monte S. Angelo nel Gargano; Gabriele il messaggero di Dio, apparve al profeta Daniele; a Zaccaria annunciante la nascita di s. Giovanni Battista, ma soprattutto portò l’annuncio della nascita di Cristo alla Vergine Maria; Raffaele è citato nel Libro di Tobia, fu guida e salvatore dai pericoli del giovane Tobia, poi non citato nella Bibbia, c’è Uriele, nominato due volte nel quarto libro apocrifo di Ezra, il suo nome ricorre con frequenza nelle liturgie orientali, s. Ambrogio lo poneva fra gli arcangeli, accompagnò il piccolo s. Giovanni Battista nel deserto, portò l’alchimia sulla terra.

L’angelo nell’arte
Ricchissima è l’iconografia sugli angeli, la cui condizione di esseri spirituali, senza età e sesso, ha fatto sbizzarrire tutti gli artisti di ogni epoca, nel raffigurarli secondo la dottrina, ma anche con il proprio estro artistico.
Gli artisti, specie i pittori, vollero esprimere nei loro angeli un sovrumano stato di bellezza, avvolgendoli a volte in vesti sacerdotali o in classiche tuniche, a volte come genietti dell’arte romana, quasi sempre con le ali e con il nimbo (nuvoletta); dal secolo IV e V li ritrassero in aspetto giovanile, efebico, solo nell’epoca barocca apparirà il tipo femminile.
Gli angeli furono raffigurati non solo in atteggiamento adorante, come nelle magnifiche Natività o nelle Maestà medioevali, ma anche in atteggiamento addolorato e umano nelle Deposizioni, vedasi i gesti di disperazione per la morte di Gesù, degli angeli che assistono alla deposizione dalla croce, nel famoso dipinto di Giotto “Compianto di Cristo morto” (Cappella degli Scrovegni, Padova).
Poi abbiamo angeli musicanti e che cantano in coro, che suonano le trombe (tubicini); gli angeli armati in lotta con il demonio; angeli che accompagnano lo svolgersi delle opere di misericordia, ecc.

L’angelo nella Bibbia
Specifici episodi del Vecchio e Nuovo Testamento, indicano la presenza degli Angeli: la lotta con l’angelo di Giacobbe (Genesi 32, 25-29); la scala percorsa dagli angeli, sognata da Giacobbe (Genesi, 28, 12); i tre angeli ospiti di Abramo (Genesi, 18); l’intervento dell’angelo che ferma la mano di Abramo che sta per sacrificare Isacco; l’angelo che porta il cibo al profeta Elia nel deserto.
L’annuncio ai pastori della nascita di Cristo; l’angelo che compare in sogno a Giuseppe, suggerendogli di fuggire con Maria e il Bambino; gli angeli che adorano e servono Gesù dopo le tentazioni nel deserto; l’angelo che annunciò alla Maddalena e alle altre donne, la resurrezione di Cristo; la liberazione di s. Pietro, dal carcere e dalle catene a Roma; senza dimenticare la cosmica e celeste simbologia angelica dell’Apocalisse di s. Giovanni Evangelista.

L’Angelo Custode
Infine l’Angelo Custode, l’esistenza di un angelo per ogni uomo, che lo guida, lo protegge, dalla nascita fino alla morte, è citata nel Libro di Giobbe, ma anche dallo stesso Gesù, nel Vangelo di Matteo, quando indicante dei fanciulli dice: “Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli”.
La Sacra Scrittura parla di altri compiti esercitati dagli angeli, come quello di offrire a Dio le nostre preghiere e sacrifici, oltre quello di accompagnare l’uomo nella via del bene.

Il nome di ‘angelo’ nel discorrere corrente, ha assunto il significato di persona di eccezionale virtù, di bontà, di purezza, di bellezza angelica e indica perfezione.

Autore: Antonio Borrelli

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