LA PROSPETTIVA TEOLOGICA DELL’ARTE SACRA
LA PROSPETTIVA TEOLOGICA DELL’ARTE SACRA
Una riflessione di Rodolfo Papa, docente di Storia delle Teorie estetiche presso l’Urbaniana
di Rodolfo Papa
Nel precedente articolo, abbiamo tracciato qualche linea teorica relativa alle dinamiche culturali che hanno coinvolto e coinvolgono l’arte cristiana. Il sistema d’arte cristiano, assorbendo osmoticamente influssi diversi capaci di confluire nell’espressione della Weltanschauung cristiana, ha innovato la cultura e il mondo delle arti. Questa complessa dinamica ha arricchito notevolmente la teoria e la tecnica artistica.
La prospettiva è il frutto maturo di questa capacità innovativa dell’arte cristiana; la prospettiva, infatti, fa parte del proprium dell’arte cristiana cattolica, universale.
Come ho recentemente scritto in Discorsi dell’arte sacra1, la prospettiva nasce all’interno dell’arte cristiana da un’esigenza intima di carattere spirituale e dopo una profonda riflessione teologica.
Tra la fine del XII e l’inizio del XIII sec., accadono numerose e determinanti innovazioni tecniche, tali da portare verso una profonda maturazione tutta l’arte cristiana.
Assistiamo, infatti, alla nascita della prospettiva lineare in senso stretto, alla nascita di una più consona teoria delle luci e delle ombre ed a uno sviluppo delle varie tecniche pittoriche.
Ho più volte sottolineato come la spiritualità dei neonati Ordini Mendicanti2, in modo particolare la spiritualità francescana, e anche alcune riflessioni già fatte da alcuni vescovi nella II metà del XII secolo, conducano ad una profonda comprensione della necessità di rappresentare lo spazio corporeo dell’Incarnazione come evento che stravolge la storia.
Questa esigenza rappresentativa è la vera causa della nascita della prospettiva. Gli studi di ottica, le teorie della visione, provenienti per esempio dalla cultura araba, vengono assorbiti in questa esigenza teologica e spirituale, producendo qualcosa di profondamente nuovo e originale.
La prospettiva, infatti, rappresenta spazi tridimensionali che sanno essere contemporanei allo spettatore, nei quali lo stesso spettatore è coinvolto: la Sacra Storia è raccontata come presente, e chi guarda ne diventa protagonista.
La stessa intuizione da cui è nato il Presepe di Greccio muove la nascita e lo sviluppo della prospettiva.
Anche alcuni teorici nostri contemporanei, quali Didi-Hubermann, pur all’interno di una visione anacronistica della storia3, riconoscono alla esperienza mistica di san Francesco una valenza generatrice di una più profonda riflessione sulla corporeità in campo teorico-artistico4.
Lo storico dell’arte francese Daniel Arasse ha dedicato molti studi all’analisi della prospettiva, tra cui il più famoso ed interessante è L’Annunciazione italiana. Una storia della prospettiva5. Esaminando in maniera completa e compiuta il tema dell’Annunciazione tra XII e XVI secolo, Arasse individua una serie di categorie iconologiche, inserendo la prospettiva in una dimensione teologica; egli afferma: «quella che propongo di definire “prospettiva teologizzata” … instaura, nella proporzionalità regolata dell’opera, uno scarto che visualizza la venuta dell’incommensurabile divino nel mondo umano della misura»6. Nota Omar Calabrese: «L’innovazione della prospettiva assume il carattere di un’invenzione miracolosa, perché conferisce ordine, sintassi alla storia, ma allo stesso tempo fa apparire la realtà come se parlasse da sola, dal momento che è capace di nascondere il fatto che siamo in presenza di un discorso»7 .
La prospettiva è uno dei massimi risultati che l’arte cristiana abbia prodotto. Volendo dipingere il senso più intimo del Vangelo, ci si è interrogati sul “come”: come rappresentare?
La soluzione è interna, sta nell’articolazione di altre due domande “cosa rappresentare?” e “perché rappresentare?”. Dall’articolazione stessa del messaggio di Fede nasce il “come” annunciarlo.
La prospettiva non è un elemento “altro” poi aggiunto estrinsecamente a un nucleo essenziale, ma nasce all’interno dell’arte cristiana, come una sorta di strumento formato proprio per poter annunciare l’Emanuele, il Dio con noi.
1 R. Papa, Discorsi sull’arte sacra, Cantagalli, Siena 2012, pp. 143-144.
2 R. Papa, Maestro di Isacco. Padre di Benedizione, in R. Papa; M. Dolz, Il volto del Padre, Ancora, Milano 2004, pp. 75-89. R. Papa, La nascita dell’arte moderna, ovvero l’influenza degli ordini mendicanti nell’invenzione dell’arte cristiana, in “ArteDossier” Giunti Firenze, XXIV, n. 258, settembre 2009, pp. 56-60.
3 La percezione delle immagini avviene in un tempo diverso da quello della produzione delle medesime immagini, e tra i tempi si creano sovrapposizioni inevitabili ed interazioni interpretative. Per certi versi l’anacronismo è insopprimibile: «L’anacronismo è necessario, l’anacronismo è fecondo quando il passato si rivela insufficiente, ovvero quando costituisce un ostacolo alla comprensione del passato»; tuttavia l’anacronismo va gestito con intelligenza. Cfr. G. Didi-Huberman, Storia dell’arte e anacronismo delle immagini [2000], trad.it., Bollati Boringhieri, Torino 2007, p. 22
4 G. Didi-Huberman, L’immagine aperta. Motivi dell’incarnazione nelle arti visive [2007] trad. it , Bruno Mondadori, Milano 2008,
5 D. Arasse, L’Annunciazione italiana. Una storia della prospettiva, VoLo publisher, Firenze 2009.
6 Ibid., p. 187.
7 O. Calabrese, Tempi luoghi e soggetti dell’Annunciazione, in D. Arasse, L’Annunciazione italiana, p. 13
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