Archive pour juillet, 2018

Moltiplicazione dei pani

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Publié dans:immagini sacre |on 27 juillet, 2018 |Pas de commentaires »

XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) – PANE, AMORE E PAROLA DI DIO

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XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) – PANE, AMORE E PAROLA DI DIO

padre Gian Franco Scarpitta

Dovunque si parli di pane nella Scrittura, si tratta di un alimento indispensabile e prezioso per la vita dell’uomo e dovunque se ne parli lo si considera un dono inestimabile del Signore. Nei casi in cui Dio interviene per sfamare il singolo soggetto o l’intero popolo, egli lo fa concedendo manna, pane al mattino e carne alla sera (il caso del profeta Elia al torrente Kerit), focacce e grano, ma sempre e comunque questo è l’alimento simbolo di protezione e divina paternità che contrassegna la concretezza della misericordia del Padre. Certo, il pane si guadagna con il sudore della propria fronte e a volte coste anche fatica e patimenti. Vi è anche chi parla nella Bibbia di “pane di lacrime”; ma che tale alimento esprime sollecitudine divina sembra abbastanza scontato
L’episodio che riguarda l’”uomo di Dio” Eliseo è del tutto prefigurativo e introduttivo al famoso miracolo della moltiplicazione dei pani di Gesù, ma ancora una volta Eliseo sottolinea l’intervento risolutivo di Dio a favore degli uomini. Il profeta, che in precedenza aveva reso commestibile con un pugno di farina della minestra avvelenata (2Re 4, 42 – 44), si trova a moltiplicare venti pani d’orzo. Inizialmente si mostra titubante di poter sfamare tanta gente con così poche porzioni di pane, ma confidando nella Parola del Signore la cui onnipotenza è indiscussa anche perché commista a misericordia, esegue la spartizione rilevando che davvero il popolo “ne mangia e ne fa avanzare”, sorprendentemente verificando che Dio concede anche oltre la necessità oggettiva dei suoi fedeli. Dio non manca di provvedere l’alimento indispensabile per il suo popolo e il pane è l’elemento non solamente irrinunciabile per tutti, ma anche quello che crea comunione e condivisione fra tutti gli uomini: attorno a una forma di preziosissimo cibo si accordano anche le Nazioni e per il suo procacciamento si sono impostate trattative e soluzioni diplomatiche. Può darsi che non dappertutto il pane abbia lo stesso prezzo, ma in ogni luogo o regione sussiste il “calmiere” per rendere accessibile a tutti questo alimento. Non è fuori luogo osservare quindi che dove ci sia il pane dovrebbe regnare unione, armonia, pace e condivisione perché un solo pezzo di pane è in grado di attrarre tutti molto meglio di un lauto banchetto, come suggerisce anche il libro dei Proverbi: “E’ meglio un tozzo di pane secco con tranquillità di una casa piena di banchetti e di discordia.”(Pr 17, 1 – 2).Dio infatti concede il pane perché vuole la comunione e invoca la condivisione con coloro che non hanno nulla e solo lui è capace di farne dono sotto queste prospettive esaltanti.
Ma se Dio concede il pane per mezzo dei suoi uomini prescelti e dei suoi profeti, se Lui provvede con il pane a sfamare singoli e interi popoli, in Gesù Cristo Dio ci dimostra che oltre a sfamare si rende pane egli stesso per tutti. La suddivisione dei pochissimi pani e dei pesci viene descritta da tutt’e quattro gli evangelisti (forse è questo l’unico episodio di cui ne parlano tutti), i quali concordano tutti che il numero di persone che beneficiano di questo prodigio è di cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini. Marco e Matteo aggiungono a tale descrizione un altro miracolo di moltiplicazione che favorisce quattromila persone. Si tratta di un popolo attento all’ascolto della parola di Gesù che viene interpretata come messaggio di divina provenienza; la gente fa ressa attorno a colui che ormai viene considerato il Messia perché pende dalle sue labbra, desiderosa di essere esortata secondo moniti e suggerimenti differenti da quelli ordinari del linguaggio umano. Del resto Gesù è egli stesso la Parola incarnata del Dio vivente e le sue opere, associate alle sue parole, ne mostrano l’evidenza, come pure il suo voler donarsi indistintamente a tutti e senza condizioni. La scorsa Domenica infatti si riscontrava che Gesù, seppure invitasse i discepoli al riposo e al raccoglimento, non si risparmiava per la gente che da ogni parte sbucava per intrattenersi con lui: concedeva loro se medesimo ai cinquemila che lo ascoltano e lo stesso gesto del moltiplicare i pani denota la gioia del donarsi volentieri e senza retorica. Gesù dopo aver dato la sua parola ai cinquemila, comunica se stesso nella suddivisione di pane e pesci e la valenza del suo amore realizza il prodigio dell’estinzione della fame materiale degli astanti. Anzi, che la moltiplicazione dei pani sia opera del suo amore divino per l’umanità è contrassegnato dall’universalità implicita di questo gesto: dodici erano le tribù d’Israele, dodici sono i canestri di pane avanzato. Giovanni però nei versi successivi del presente capitolo tiene a sottolineare che non soltanto Gesù concede il pane, ribadendo la sollecitudine misericordiosa di Dio Padre, ma che egli stesso si identifica con il “pane vivo disceso dal cielo” del quale tutti sono invitati a mangiare per soddisfare la fame inconsapevole di assoluto. Lui dona il pane e dona se stesso, perché pane vivo è egli stesso. Anche nella Cena del congedo con i suoi, Gesù ripartirà il pane esternando ad essi la gratuità del dono di se stesso e quello sarà il momento decisivo della sua configurazione totalizzante al “pane vivo disceso dal Cielo: l’Eucarestia”. In essa il “pane vivo disceso dal cielo” diviene dono inesorabile di salvezza, pegno di vita eterna e slancio motivazionale per la vita attuale. Il pane materiale ci rammenta quindi la necessità di Gesù pane vivo alimento di immortalità.
Mentre ringraziamo Dio per il pane materiale che presenzia tutti i giorni nelle nostre tavole cercando di non trascurare quanti il pane non lo possono permetterselo, mentre nella preghiera rinnoviamo la richiesta del “pane quotidiano” accanto al perdono dei peccati, non possiamo non appropriarci della grazia conferitaci dal pane eucaristico, Gesù stesso, che esalta in noi il dono della vita. Il pane vivo disceso dal cielo, che provvede alla nostra fame per intero, così come Dio Padre interviene sulla fame di singoli e di popoli interi.

Maria con San Gioacchino ed Anna

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Publié dans:immagini sacre |on 26 juillet, 2018 |Pas de commentaires »

SANT’ANNA E SAN GIOACCHINO – 26 LUGLIO

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SANT’ANNA E SAN GIOACCHINO – 26 LUGLIO

Secondo un’antica tradizione che risale al II secolo, ebbero questo nome i genitori della beata Vergine Maria. È il protovangelo di Giacomo, a darne i nomi. Il culto di sant’Anna esisteva in oriente già nel secolo VI e si diffuse in occidente nel secolo X. Più recente è il culto di san Gioacchino.

Dai «Discorsi» di san Giovanni Damasceno, vescovo
Poiché doveva avvenire che la Vergine Madre di Dio nascesse da Anna, la natura non osò precedere il germe della grazia; ma rimase senza il proprio frutto perché la grazia producesse il suo. Doveva nascere infatti quella primogenita dalla quale sarebbe nato il primogenito di ogni creatura «nel quale tutte le cose sussistono» (Col 1, 17). O felice coppia, Gioacchino ed Anna! A voi é debitrice ogni creatura, perché per voi la creatura ha offerto al Creatore il dono più gradito, ossia quella casta madre, che sola era degna del creatore. Rallégrati Anna, «sterile che non hai partorito, prorompi in grida di giubilo e di gioia, tu che non hai provato i dolori» (Is 54, 1). Esulta, o Gioacchino, poiché dalla tua figlia é nato per noi un bimbo, ci é stato dato un figlio, e il suo nome sarà Angelo di grande consiglio, di salvezza per tutto il mondo, Dio forte (cfr. Is 9, 6). Questo bambino é Dio.
O Gioacchino ed Anna, coppia beata, veramente senza macchia! Dal frutto del vostro seno voi siete conosciuti, come una volta disse il Signore: «Li conoscerete dai loro frutti» (Mt 7, 16). Voi informaste la condotta della vostra vita in modo gradito a Dio e degno di colei che da voi nacque. Infatti nella vostra casta e santa convivenza avete dato la vita a quella perla di verginità che fu vergine prima del parto, nel parto e dopo il parto. Quella, dico, che sola doveva conservare sempre la verginità e della mente e dell’anima e del corpo.
O Gioacchino ed Anna, coppia castissima! Voi, conservando la castità prescritta dalla legge naturale, avete conseguito, per divina virtù, ciò che supera la natura: avete donato al mondo la madre di Dio che non conobbe uomo. Voi, conducendo una vita pia e santa nella condizione umana, avete dato alla luce una figlia più grande degli angeli ed ora regina degli angeli stessi.
O vergine bellissima e dolcissima! O figlia di Adamo e Madre di Dio. Beato il seno, che ti ha dato la vita! Beate le braccia che ti strinsero e le labbra che ti impressero casti baci, quelle dei tuoi soli genitori, cosicché tu conservassi in tutto la verginità! «Acclami al Signore tutta le terra, gridate, esultate con canti di gioia» (Sal 97, 4). Alzate la vostra voce, gridate, non temete.

Natività di Maria
santa genitrice di Dio e gloriosissima madre di Gesù Cristo.
Così come viene narrata nei Vangeli “apocrifi”:
Protovangelo di Giacomo
Con integrazioni, in corsivo, dal cosiddetto Evangelo dello Pseudo-Matteo
[1, 1] Secondo le storie delle dodici tribù di Israele c’era un certo Gioacchino, uomo estremamente ricco. Le sue offerte le faceva doppie, dicendo: « Quanto per me è superfluo, sarà per tutto il popolo, e quanto è dovuto per la remissione dei miei peccati, sarà per il Signore, quale espiazione in mio favore ».
[2] Mentre egli così agiva, il Signore gli moltiplicava i greggi, sicché nel popolo d’Israele non c’ era uomo come lui. AvevaGiotto – Il bacio di Anna e Gioacchino iniziato a comportarsi così dall’età di quindici anni. A vent’anni, prese in moglie Anna, figlia di Achar della sua tribù, cioè della tribù di Giuda, della stirpe di Davide. Ma pur avendo convissuto con lei per vent’anni, da lei non ebbe figli, né figlie.
[2] Giunse il gran giorno del Signore e i figli di Israele offrivano le loro offerte. Davanti a lui si presentò Ruben, affermando: « Non tocca a te offrire per primo le tue offerte, poiché in Israele non hai avuto alcuna discendenza ». [3] Gioacchino ne restò fortemente rattristato e andò ai registri delle dodici tribù del popolo, dicendo: « Voglio consultare i registri delle dodici tribù di Israele per vedere se sono io solo che non ho avuto posterità in Israele ». Cercò, e trovò che, in Israele, tutti i giusti avevano avuto posterità. Si ricordò allora del patriarca Abramo al quale, nell’ultimo suo giorno, Dio aveva dato un figlio, Isacco.
[4] Gioacchino ne restò assai rattristato e non si fece più vedere da sua moglie. Si ritirò nel deserto, vi piantò la tenda e digiunò quaranta giorni e quaranta notti, dicendo tra sé: « Non scenderò né per cibo, né per bevanda, fino a quando il Signore non mi abbia visitato: la mia preghiera sarà per me cibo e bevanda ».
[2, 1] Ma sua moglie innalzava due lamentazioni e si sfogava in due pianti, dicendo: « Piangerò la mia vedovanza e piangerò la mia sterilità ». [2] Venne il gran giorno del Signore, e Giuditta, sua serva le disse: « Fino a quando avvilisci tu l’anima tua; Ecco, è giunto il gran giorno del Signore e non ti è lecito essere in cordoglio. Prendi invece questa fascia per il capo che mi ha dato la signora del lavoro: a me non è lecito cingerla perché io sono serva e perché ha un’impronta regale ». [3] Ma Anna rispose: « Allontanati da me. Io non faccio queste cose. Dio mi ha umiliata molto. Forse è un maligno che te l’ha data, e tu sei venuta a farmi partecipare al tuo peccato ». Replicò Giuditta: « Quale imprecazione potrò mai mandarti affinché il Signore che ha chiuso il tuo ventre, non ti dia frutto in Israele? ». Anna si afflisse molto. [4] Si spogliò delle sue vesti di lutto, si lavò il capo, indossò le sue vesti di sposa e verso l’ora nona scese a passeggiare in giardino. Vedendo un alloro, si sedette ai suoi piedi e supplicò il Padrone, dicendo: « O Dio dei nostri padri, benedicimi e ascolta la mia preghiera, come hai benedetto il ventre di Sara, dandole un figlio, Isacco ».
[3, 1] Guardando fisso verso il cielo, vide, nell’alloro, un nido di passeri, e compose in se stessa una lamentazione, dicendo: « Ahimè! chi mi ha generato? qual ventre mi ha partorito? Sono infatti diventata una maledizione davanti ai figli di Israele, sono stata insultata e mi hanno scacciata con scherno dal tempio del Signore. [2] Ahimè! a chi somiglio io mai? Non somiglio agli uccelli del cielo, poiché anche gli uccelli del cielo sono fecondi dinanzi a te, Signore. Ahimè! a chi somiglio io mai? Non somiglio alle bestie della terra, poiché anche le bestie della terra sono feconde dinanzi a te, Signore. Ahimè! a chi somiglio io mai? [3] Non somiglio a queste acque, poiché anche queste acque sono feconde dinanzi a te, o Signore. Ahimè! a chi somiglio io mai? Non somiglio certo a questa terra, poiché anche questa terra porta i suoi frutti secondo le stagioni e ti benedice, o Signore ».
[4, 1] Ecco, un angelo del Signore le apparve, dicendole: « Anna, Anna! Il Signore ha esaudito la tua preghiera; tu concepirai e partorirai. Si parlerà in tutta la terra della tua discendenza ». GIOTTO di Bondone (1267-1337)- Annunciazione a Sant’Anna – Cappella Scrovegni, Padova
Ciò detto, si allontanò dai suoi occhi. Tremante e timorosa per aver visto questa visione e udito il discorso, entrò in camera, si gettò sul letto mezza morta e rimase giorno e notte in gran timore e in preghiera.
Anna rispose: « (Com’è vero che) il Signore, mio Dio, vive, se io partorirò, si tratti di maschio o di femmina, l’offrirò in voto al Signore mio Dio, e lo servirà per tutti i giorni della sua vita ». [2] Ed ecco che vennero due angeli per dirle: « Tuo marito Gioacchino sta tornando con i suoi armenti ». Un angelo del Signore era infatti disceso da lui per dirgli: « Gioacchino, Gioacchino! Il Signore ha esaudito la tua insistente preghiera. Scendi di qui.
Ecco, infatti, che Anna, tua moglie, concepirà nel suo ventre ».
« Io sono un angelo di Dio e oggi sono apparso a tua moglie piangente e orante, e l’ho consolata; sappi che dal tuo seme concepì una figlia e tu l’hai lasciata ignorandola. Questa starà nel tempio di Dio; su di lei riposerà lo Spirito santo; la sua beatitudine sarà superiore a quella di tutte le donne sante; nessuno potrà dire che prima di lei ce ne sia stata un’altra uguale: e in questo mondo, dopo di lei un’altra non ci sarà. Discendi perciò dai monti, ritorna dalla tua sposa e troverai che è in stato interessante. Dio infatti ha suscitato in lei un seme, del quale devi ringraziarlo. Il suo seme sarà benedetto, e lei stessa sarà benedetta e sarà costituita madre di una benedizione eterna ».
[3] Dopo avere adorato l’angelo, Gioacchino gli disse: « Se ho trovato grazia davanti a te, siediti un po’ nella mia tenda e benedici il tuo servo ». L’angelo gli rispose: « Non dirti servo, ma conservo; siamo infatti servi di uno stesso Signore. Ma il mio cibo è invisibile e la mia bevanda non può essere vista da alcun mortale. Perciò non mi devi pregare di entrare nella tua tenda. Se hai intenzione di darmi qualcosa, offrila in olocausto al Signore ».
Gioacchino prese allora un agnello immacolato e disse all’angelo: « Non avrei osato offrire un olocausto al Signore se il tuo ordine non mi avesse dato il potere sacerdotale per offrirlo ». L’angelo gli rispose: « Non ti avrei invitato ad offrire, se non avessi conosciuto la volontà del Signore ». Mentre Gioacchino offriva il sacrificio a Dio, salirono in cielo sia l’angelo sia il profumo del sacrificio.
[3] Gioacchino scese, e mandò a chiamare i suoi pastori, dicendo: « Portatemi qui dieci agnelli senza macchia e senza difetto: saranno per il Signore, mio Dio. Portatemi anche dodici vitelli teneri: saranno per i sacerdoti e per il consiglio degli anziani; e anche cento capretti per tutto il popolo ». [4] Ed ecco che Gioacchino giunse con i suoi armenti. Anna se ne stava sulla porta, e vedendo venire Gioacchino, gli corse incontro e gli si appese al collo, esclamando: « Ora so che il Signore Iddio mi ha benedetta molto. Ecco, infatti, la vedova non più vedova, e la sterile concepirà nel ventre ». Il primo giorno Gioacchino si riposò in casa sua.
[5, 1] Il giorno seguente presentò le sue offerte, dicendo tra sé: « Se il Signore Iddio mi è propizio, me lo indicherà la lamina del sacerdote ». Nel presentare le sue offerte, Gioacchino guardò la lamina del sacerdote. Quando questi salì sull’altare del Signore, Gioacchino non scorse in sé peccato alcuno, ed esclamò: « Ora so che il Signore mi è propizio e mi ha rimesso tutti i peccati ». Scese dunque dal tempio del Signore giustificato, e tornò a casa sua. [2] Si compirono intanto i mesi di lei. Nel nono mese Anna partorì e domandò alla levatrice: « Che cosa ho partorito? ». Questa rispose: « Una bambina ». « In questo giorno », disse Anna, « è stata magnificata l’anima mia », e pose la bambina a giacere. Quando furono compiuti i giorni, Anna si purificò, diede poi la poppa alla bambina e le impose il nome Maria.
[6, 1] La bambina si fortificava di giorno in giorno e, quando raggiunse l’età di sei mesi, sua madre la pose per terra per provare se stava diritta. Ed essa, fatti sette passi, tornò in grembo a lei che la riprese, dicendo: « (Com’è vero che) vive il Signore mio Dio, non camminerai su questa terra fino a quando non ti condurrò nel tempio del Signore ». Così, nella camera sua fece un santuario e attraverso le sue mani non lasciava passare nulla di profano e di impuro. A trastullarla chiamò le figlie senza macchia degli Ebrei. [2] Quando la bambina compì l’anno, Gioacchino fece un gran convito: invitò i sacerdoti, gli scribi, il consiglio degli anziani e tutto il popolo di Israele. Gioacchino presentò allora la bambina ai sacerdoti, i quali la benedissero, dicendo: « O Dio dei nostri padri, benedici questa bambina e dà a lei un nome rinomato in eterno in tutte le generazioni ». E tutto il popolo esclamò: « Così sia, così sia! Amen ». La presentò anche ai sommi sacerdoti, i quali la benedissero, dicendo: « O Dio delle sublimità, guarda questa bambina e benedicila con l’ultima benedizione, quella che non ha altre dopo di sé ». [3] Poi la madre la portò via nel santuario della sua camera, e le diede la poppa. Anna innalzò quindi un cantico al Signore Iddio, dicendo: « Canterò un cantico al Signore, Dio mio, poiché mi ha visitato e ha tolto da me quello che per i miei nemici era un obbrobrio: il Signore, infatti, mi ha dato un frutto di giustizia, unico e molteplice dinanzi a lui. Chi mai annunzierà ai figli di Ruben che Anna allatta? Ascoltate, ascoltate, voi, dodici tribù di Israele: Anna allatta! ». La pose a giacere nel santuario della sua camera e uscì per servire loro a tavola. Terminato il banchetto, se ne partirono pieni di allegria, glorificando il Dio di Israele. Educazione di Maria – Tiepolo
[7, 1] Per la bambina passavano intanto i mesi. Giunta che fu l’età di due anni, Gioacchino disse a Anna: « Per mantenere la promessa fatta, conduciamola al tempio del Signore, affinché il Padrone non mandi contro di noi e la nostra offerta riesca sgradita ». Anna rispose: « Aspettiamo il terzo anno, affinché la bambina non cerchi poi il padre e la madre ». Gioacchino rispose: « Aspettiamo ». [2] Quando la bambina compì i tre anni, Gioacchino disse: « Chiamate le figlie senza macchia degli Ebrei: ognuna prenda una fiaccola accesa e la tenga accesa affinché la bambina non si volti indietro e il suo cuore non sia attratto fuori del tempio del Signore ». Quelle fecero così fino a che furono salite nel tempio del Signore.
Maria salì velocemente i quindici gradini senza neppure voltarsi indietro né – come suole fare l’infanzia – darsi pensiero dei genitori. Perciò i genitori si affrettarono entrambi stupiti, e cercarono la bambina fino a quando la trovarono nel tempio. Anche i pontefici del tempio si erano meravigliati.
Il sacerdote l’accolse e, baciatala, la benedisse esclamando: « Il Signore ha magnificato il tuo nome in tutte le generazioni. Nell’ultimo giorno, il Signore manifesterà in te ai figli di Israele la sua redenzione ». [3] La fece poi sedere sul terzo gradino dell’altare, e il Signore Iddio la rivestì di grazia; ed ella danzò con i suoi piedi e tutta la casa di Israele prese a volerle bene.
[1] Maria destava l’ammirazione di tutto il popolo di Israele. All’età di tre anni, camminava con un passo così maturo, parlava in un modo così perfetto, si applicava alle lodi di Dio così assiduamente che tutti ne restavano stupiti e si meravigliavano di lei. Essa non era considerata una bambinetta, ma una persona adulta; era tanto assidua nella preghiera, che sembrava una persona di trent’anni. Il suo volto era così grazioso e splendente che a stento la si poteva guardare. Era assidua nel lavoro della lana; e nella sua tenera età, spiegava quanto donne anziane non riuscivano a capire.
[2] Si era imposta questo regolamento: dalla mattina sino all’ora terza attendeva alla preghiera; dall’ora terza alla nona si occupava nel lavoro tessile; dalla nona in poi attendeva nuovamente alla preghiera. Non desisteva dalla preghiera fino a quando non le appariva l’angelo di Dio, dalla cui mano prendeva cibo: così sempre più e sempre meglio progrediva nel servizio di Dio. Inoltre, mentre le vergini più anziane si riposavano dalle lodi divine, essa non si riposava mai, al punto che nelle lodi e nelle vigilie non c’era alcuna prima di lei, nessuna più istruita nella conoscenza della Legge, nessuna più umile nell’umiltà, più aggraziata nei canti, più perfetta in ogni virtù. Era costante, salda, immutabile e progrediva in meglio ogni giorno.
[3] Nessuno la vide adirata né l’udì maledire. Ogni suo parlare era così pieno di grazia che si capiva come sulle sue labbra c’era Dio. Assidua nella preghiera e nella meditazione della Legge, nel parlare era attenta a non mancare verso le compagne. Vigilava inoltre a non mancare in alcun modo con il riso, con il tono della bella voce, con qualche ingiuria, con alterigia verso una sua pari. Benediceva Dio senza posa, e per non desistere dalle lodi a Dio neppure nel suo saluto, quando era salutata rispondeva: « Deo gratias ». Quotidianamente si nutriva soltanto con il cibo che riceveva dalla mano dell’angelo; il cibo che le davano i pontefici lo distribuiva ai poveri. Frequentemente si vedevano gli angeli di Dio parlare con lei e obbedirle diligentemente. Se qualche malata la toccava, nello stesso istante se ne tornava a casa salva.
[8, 1] I suoi genitori scesero ammirati e lodarono il Padrone Iddio perché la bambina non s’era voltata indietro. Maria era allevata nel tempio del Signore come una colomba, e riceveva il vitto per mano di un angelo.

 

Publié dans:Santi : Anna e San Gioacchino |on 26 juillet, 2018 |Pas de commentaires »

San Giacomo Apostolo

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Publié dans:immagini sacre |on 25 juillet, 2018 |Pas de commentaires »

SAN GIACOMO IL MAGGIORE, APOSTOLO – 25 LUGLIO

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SAN GIACOMO IL MAGGIORE, APOSTOLO – 25 LUGLIO

Un intimo amico del Signore.

San Giacomo è uno dei dodici Apostoli. È detto il « Maggiore » per distinguerlo da Giacomo il cugino di Gesù. Figlio di Zebedeo, era fratello di Giovanni l’evangelista. È noto che il Signore soprannominò i due fratelli « i figli del tuono », a motivo del loro temperamento ardente e senza dubbio anche perché un giorno essi gli avevano chiesto di far cadere il fuoco dal cielo su una città inospitale.
San Giacomo apparteneva a una famiglia di pescatori del lago di Tiberiade, che possedeva barche e servi. I vangeli raccontano in particolare la sua vocazione. Zebedeo, i figli e i servi stavano riparando le reti sulla riva, quando il Signore che passava in quei pressi chiamò a sé i due fratelli. All’istante essi abbandonarono tutto per seguirlo lasciando le reti, la barca e lo stesso padre. Questa grande generosità non si smentirà mai, e Gesù avrà per Giacomo e Giovanni lo stesso affetto privilegiato che aveva per Pietro. Saranno così i tre intimi confidenti dei suoi pensieri, gli unici che assisteranno alla risurrezione della figlia di Giairo, alla Trasfigurazione e all’agonia nell’orto degli Olivi.
Dopo la Pentecoste, san Giacomo il Maggiore predicò il vangelo nella Giudea e nella Samaria. Ma il suo apostolato fu di breve durata, e mentre il fratello Giovanni doveva essere l’ultimo degli Apostoli a lasciare questo mondo, egli fu il primo a versare il proprio sangue per il Signore. Erode Agrippa I lo fece decapitare. Clemente Alessandrino riferisce che la sua costanza e la sua carità convertirono lo stesso carnefice, il quale implorò il suo perdono mentre veniva trascinato al supplizio. Commosso, san Giacomo lo abbracciò dicendogli: « La pace sia con te »! E il carnefice morì decapitato anch’egli, e martire di Cristo.
La morte preziosa.
Non abbiamo a credere che questa morte, sopraggiunta prima dell’anno 44, abbia potuto sconcertare il piano dell’Altissimo sull’apostolato al quale era destinato san Giacomo. La vita dei santi non è mai incompleta; la loro morte, sempre preziosa (Sal 115,15), lo è ancor più quando per Dio sembra giungere prima del tempo. Allora appunto si può dire veramente che le loro opere li seguono (Ap 14,13), essendo Dio stesso tenuto sulla parola a far sì che nulla manchi alla loro pienezza: « Essi giudicheranno le genti, soggiogheranno i popoli, e il Signore regnerà per essi eternamente », diceva già il Libro della Sapienza (Sap 3,8). L’oracolo doveva realizzarsi per l’Apostolo che fu scelto per essere capo della crociata e protettore d’una grande nazione.
Patrono della Spagna.
Diventato infatti, per disposizione divina, il Patrono e il Protettore della Spagna [1], la sua intercessione invocata con perseveranza otterrà la liberazione dal giogo degli infedeli. È al grido di « San Giacomo! san Giacomo! Spagna, avanti! » che per parecchi secoli i cristiani faranno senza sosta la guerra santa ai musulmani, difenderanno con il loro coraggio e il loro sangue l’intera Europa e finiranno per ricacciare i Mori in Africa. E quando il lavoro della Crociata sarà terminato, è ancora sotto il suo patrocinio che gli Spagnoli, al seguito di Cristoforo Colombo, di Vasco de Gama, di Albuquerque e di altri conquistatori, partiranno verso le terre lontane allora scoperte, per portarvi il nome del Signore, e all’Apostolo faranno omaggio delle innumerevoli conversioni ottenute mediante i loro sforzi e che erano state un tempo raffigurate nelle pesche miracolose del lago di Tiberiade. E Giacomo potrebbe dire come san Paolo:  » Non mi ritengo inferiore ai maggiori fra gli Apostoli, poiché, per la grazia di Dio, ho lavorato più di tutti loro » (2Cor 11,5; 12,11; 1Cor 15,10).
Preghiera per la Spagna.
Patrono della Spagna, non dimenticare il grande popolo che ti fu debitore insieme della sua nobiltà in cielo e della sua prosperità in questo mondo. Conserva in essa l’anima ardente di crociato; che abbia sempre a rallegrarsi di essere governata da uomini di Stato veramente cattolici, e rimanga uno dei più saldi bastioni della vera fede, uno dei più intrepidi difensori della Santa Sede e della Chiesa.
Attrattiva di san Giacomo.
Ma nello stesso tempo ricordati, o Apostolo, del culto speciale di cui ti onora tutta la Chiesa. Che cosa sono diventati i secoli in cui, per quanto grande si manifestasse la tua forza di espansione al di fuori, essa era sorpassata dal meraviglioso potere di attrarre tutto a te, che ti aveva comunicato il Signore (Gv 12,32)? Chi dunque, se non Colui che enumera gli astri del firmamento (Sal 146,4), potrebbe mai enumerare i santi, i penitenti, i re, i guerrieri, gli sconosciuti di ogni ceto, moltitudine infinita e rinnovantesi senza posa, che gravitò intorno al tuo santuario come sotto l’impero di quelle immutabili leggi che regolano al di sopra di noi i movimenti dei cieli; esercito senza posa in marcia verso quel campo della stella donde si irradiava il tuo potere sul mondo? E non era forse questo il senso della misteriosa visione concessa, nelle nostre antiche leggende, al grande imperatore dal quale veniva fondata l’Europa Cristiana, quando al termine d’una giornata di fatiche, dalle rive del mare di Frigia, contemplava la lunga fascia stellata che, dividendo il cielo, sembrava passare fra la Gallia, la Germania e l’Italia, per raggiungere di lì, attraverso la Guascogna, il paese Basco e la Navarra, le terre della lontana Galizia? Si narra che tu stesso sia apparso allora a Carlo e gli abbia detto: « Quella via di stelle segna la strada che si offre a te per liberare la mia tomba, e che seguiranno dopo di te tutti i popoli » [2]. E Carlo Magno, oltrepassando i monti, diede per la cristianità il segnale di quell’avanzata sulle terre saracene che si chiamò Crociata.
Le due tombe.
Ma quando consideriamo che due tombe furono, ai due punti estremi, i poli voluti da Dio di quel moto assolutamente impareggiabile nella storia dei popoli: – una, quella in cui Dio stesso si addormentò nella morte, e l’altra, o figlio di Zebedeo, quella che conserva la tua memoria a Compostella; – come non esclamare, con lo stupore del Salmista: I tuoi amici sono onorati fino al sommo, o Dio! (Sal 138,17)? Possa l’impulso dell’alto, di cui il ritorno ai grandi pellegrinaggi cattolici è uno dei segni più felici dei nostri tempi, riportare anche verso Compostella i figli dei tuoi pellegrini di un giorno! Per parte nostra almeno, insieme con san Luigi che mormorava ancora con le labbra vicine a chiudersi per sempre di fronte a Tunisi la Colletta della tua festa, ripeteremo per finire: « Sii, o Signore, per il tuo popolo, santificatore e custode; e che esso, fortificato dall’aiuto del tuo Apostolo Giacomo, possa piacerti nei suoi costumi e ti serva con cuore tranquillo ».

[1] Esiste in Spagna, a proposito dell’apostolo san Giacomo, una duplice tradizione: quella del suo viaggio in questo paese, e un’altra relativa alla sua tomba venerata a Compostella dal secolo IX. Mons. Duchesne ha mostrato (Annales du Midi, vol. XII, p. 145-180; Anal. Bol. XIX, p. 353) che questa tradizione non ha alcun valore storico.
L’apostolato spagnolo di san Giacomo non appare, verso la fine del secolo VII, che in una versione latina del catalogo degli apostoli, opera di origine bizantina. La letteratura della Spagna non contiene alcuna allusione ad un fatto di così grande importanza per la storia di quel paese, e san Giuliano di Toledo che ha conosciuto il Breviarium Apostolorum rigetta risolutamente la sua affermazione per quanto riguarda il viaggio di san Giacomo in Spagna.
È all’anno 830, data della scoperta d’una tomba antica sul territorio di Amaea, che risale la credenza del Galizi riguardo alla tomba di san Giacomo, si credette di essere davanti ai resti dell’Apostolo.
Il culto popolare si impadronì di quel dato e la venerazione di cui la tomba era oggetto fin dall’860 non è mai cessata. Quanto alla traslazione nel 1139 del resti di san Giacomo in Galizia, tale tradizione non è sostenuta da documenti molto antichi. Non rimane comunque men vero che fin dal secolo X, gli stranieri cominciano a frequentare il santuario; nel secolo XII, non si possono più contare sulle strade che conducono a Compostella e la tomba di san Giacomo diventa uno dei luoghi di pellegrinaggio più celebri della cristianità. L’apostolo, un tempo rappresentato con il Vangelo in mano, sarà d’ora in poi raffigurato come un pellegrino, con la bisaccia decorata di un galletto e con un bastone in mano.
[2] Pesudo-Turpin, De Vita Car. Magni et Rolandi.

da: dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico. – II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 892-895

 

Publié dans:San Giacomo Apostolo |on 25 juillet, 2018 |Pas de commentaires »

IL Buon Pastore

imm it

Publié dans:immagini sacre |on 20 juillet, 2018 |Pas de commentaires »

XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (B) – LA COMPASSIONE DI GESÙ, SGUARDO D’AMORE

https://combonianum.org/2018/07/19/prepararsi-alla-domenica-xvi-tempo-ordinario/

XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (B) – LA COMPASSIONE DI GESÙ, SGUARDO D’AMORE

Commento di Ermes Ronchi

Vangelo di Marco 6,30-34

Gesù vide una grande folla ed ebbe compassione di loro. Appare una parola bella come un miracolo, filo conduttore dei gesti di Gesù: la compassione. Gesù vide: lo sguardo di Gesù va a cogliere la stanchezza, gli smarrimenti, la fatica di vivere. E si commuove. Perché per Lui guardare e amare sono la stessa cosa. Quando anche tu impari la compassione, quando ritrovi la capacità di commuoverti, il mondo si innesta nella tua anima.
Se ancora c’è chi si commuove per l’uomo, questo mondo può ancora sperare. Gesù aveva mostrato una tenerezza come di madre anche nei confronti dei suoi discepoli: C’era tanta gente che non avevano neanche il tempo di mangiare. E lui: Andiamo via, e riposatevi un po’. C’è tanto da fare in Israele, tanto da annunciare e guarire, eppure Gesù, invece di buttare i suoi discepoli dentro la fornace del mondo, dentro il frullatore dell’apostolato, li porta via con sé. C’è un tempo per agire e un tempo per ritemprare le forze e ritrovare i motivi del fare. Si vis omnia bene facere, aliquando ne feceris (Sant’Ambrogio). Se vuoi fare bene tutte le cose, ogni tanto smetti di farle, stacca e riposati. Un sano atto di umiltà: non siamo eroi, le nostre vite sono delicate, fragili, le nostre energie sono limitate. Gesù vuole bene ai suoi discepoli, non li vuole spremere e sfruttare per uno scopo fosse pure superiore, li vuole felici come tutti gli altri: riposatevi. E come loro io non devo sentirmi in colpa se qualche volta ho bisogno, e tanto, di riposo e di attenzioni.
Venite in disparte con me, per un po’ di tempo tutto per noi. Un tempo per stare con Dio e imparare il cuore di Dio. E poi dopo ritornare nella grande folla, ma portando con sé un santuario di bellezza e di forza che solo Dio può accendere. Cosa c’è di più creativo che riscoprire le grandi stelle polari che guidano il viaggio dell’uomo?
Ma qualcosa cambia i programmi del gruppo: sbarcando, Gesù vide molta folla ed ebbe compassione di loro. Gesù è preso fra due commozioni contrapposte: la stanchezza degli amici e lo smarrimento della folla.
E si mise a insegnare loro molte cose. Gesù cambia i suoi programmi, ma non quelli dei suoi amici. Rinuncia al suo riposo, non al loro.
E ciò che offre è la compassione, il provare dolore per il dolore dell’altro; il moto del cuore, che ti porta fuori da te.
Gesù sa che nell’uomo non è il dolore che annulla la speranza, neppure il morire, ma l’essere senza conforto nel giorno del dolore.
Ed è questo che Gesù insegna ai dodici. Insegna per prima cosa “come guardare”. Prima ancora di come parlare, di che cosa fare, insegna uno sguardo che abbia commozione e tenerezza. Poi, le parole verranno e sapranno di cielo.

un angelo

imm it

Publié dans:immagini sacre |on 18 juillet, 2018 |Pas de commentaires »

QUANDO SONO STATI CREATI GLI ANGELI?

https://www.toscanaoggi.it/Rubriche/Risponde-il-teologo/Quando-sono-stati-creati-gli-angeli

QUANDO SONO STATI CREATI GLI ANGELI?

risponde il teologo 04/11/2009

di Archivio Notizie

Vorrei porre tre domande sugli angeli. C’è qualche passo della Bibbia in cui si parla della creazione degli angeli? Perché gli angeli custodi non proteggono dalle violenze della natura e degli uomini persone che di quelle violenze non sono responsabili? Visto che spesso, nella Bibbia, gli angeli sono soltanto dei simboli (angelo a guardia del paradiso terrestre: angeli sulla scala di Giacobbe; angeli nell’Apocalisse, ecc.) non se ne può dedurre che anche in tutti gli altri episodi in cui compaiono gli angeli, questi siano ancora dei simboli della presenza di Dio in mezzo agli uomini?
Emanuele Ripoli

Risponde don Stefano Tarocchi, docente di Sacra Scrittura
Nella prospettiva biblica gli angeli fanno parte della corte celeste di Dio: eseguono sulla terra i suoi ordini, annunciano i suoi decreti – angelo significa messaggero -, come nei Vangeli l’angelo che si manifesta a Zaccaria (Lc 1,13.18.19), oppure a Maria (Lc 1,26-38), oppure a Giuseppe (Mt 1,24; 2,13.19). Tuttavia nelle Scrittura non si fa riferimento esplicito ad una loro creazione, che però è patrimonio della fede, a cominciare dai Padri della Chiesa.
Nel II secolo avanti Cristo il libro dei Giubilei, un apocrifo, la raccontava così: «E l’angelo che sta accanto a Dio, in conformità all’ordine del Signore, disse a Mosè: « Scrivi tutte le cose della creazione, in qual modo il Signore Iddio compì, in sei giorni, tutta la Sua creazione e nel settimo giorno si riposò, lo santificò per tutti i secoli e lo pose a segno di tutta la sua opera. (Scrivi) che nel primo giorno creò i cieli che (sono) in alto, la terra, le acque ed ogni spirito che serviva al Suo cospetto, gli angeli che stanno accanto a Dio, gli angeli della santità, gli angeli dello spirito del fuoco e quelli dello spirito del vento, delle nuvole per la tenebra, la grandine e la neve; gli angeli degli abissi, dei tuoni e dei fulmini; gli angeli degli spiriti del gelo, del forte calore, della stagione delle piogge, della primavera, dell’estate e dell’autunno ( ?) che Egli preparò con la sapienza del Suo cuore »» (Giubilei II, 1, 1-3).
Anche senza il riferimento alla creazione, il ruolo degli inviati divini nelle Scritture non può essere ignorato, ma la lettera agli Ebrei mette in guardia dal sopravvalutarli: «A quale degli angeli ha mai detto: « Siedi alla mia destra, finché io non abbia posto i tuoi nemici sotto i tuoi piedi? » Non sono essi tutti spiriti incaricati di un ministero, inviati per servire coloro che devono ereditare la salvezza?» (Eb 1,14).
Lo stesso lettore sottolinea il ruolo dei cherubini, quando l’uomo e la donna sono cacciati dal giardino di Eden (cf. Gen 3,24), o quello degli angeli nel libro dell’Apocalisse (cf. Ap 1,1; 2,1.12.18; 3,1.7.14; ecc.). Qui abbiamo aggiunto soltanto alcuni altri esempi.
Il Signore manda il suo angelo ad Agar per soccorrerla ed indicarle quanto le accadrà (Gen 16,7); o per fermare la mano di Abramo (Gen 22,12). Per rinnovare ad Abramo la promessa della discendenza «l’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: « Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio, io ti benedirò con ogni benedizione e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici »» (Gen 22,15-17). Ancor prima, inviati divini avevano annunciato la nascita di Isacco (cf. Gen 18,2.10). La lettera agli Ebrei, perciò, esortando all’accoglienza degli stranieri, scriverà: «non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo» (Eb 13,2).
Ancora nel libro della Genesi, Giacobbe «fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa» (Gen 28,12). Lo stesso Giacobbe lotterà una notte intera con un misterioso inviato divino (cf. Gen 32,25).
Ancora, un angelo accompagna il servo di Abramo inviato a prendere una moglie ad Isacco (Gen 24,40), come accompagnerà Tobia (Tob 5,22). In questo caso si rivelerà come «Raffaele, uno dei sette angeli che sono sempre pronti ad entrare alla presenza della maestà del Signore» (Tob 12,15).
Il profeta Elia, in grave difficoltà, incontra l’aiuto del Signore attraverso un angelo: «venne di nuovo l’angelo del Signore, lo toccò e gli disse: « Su mangia, perché è troppo lungo per te il cammino »» (1 Re 19,7). Così nel racconto sulla tentazione, scrive il Vangelo che Gesù «rimase quaranta giorni, tentato da satana; stava con le fiere e gli angeli lo servivano» (Mc 1,13; cf. Mt 4,11).
Dio è sempre presente accanto all’uomo, ma lasciando intatta la libertà dell’uomo. Tutto questo dà un senso più completo ai racconti con cui le Scritture, attraverso il loro tipico linguaggio – simbolico ma reale – manifestano attraverso l’inviato divino, il volto invisibile del Signore. Così Egli si prende cura della sorte degli uomini: «Egli darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi. Sulle loro mani ti porteranno perché non inciampi nella pietra il tuo piede» (Sal 91,11-12; cf. Sal 121,2-8). Del resto, la stessa lettera agli Ebrei dice: «Egli non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura» (Eb 2,16).

Publié dans:angeli |on 18 juillet, 2018 |Pas de commentaires »
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