LE DONNE, L’ANGELO E IL RISORTO (MT 28, 1-7)

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LE DONNE, L’ANGELO E IL RISORTO (MT 28, 1-7)

BY GIUSEPPE BETTONI ON 31 MARZO 2013 IN OMELIE

Carissimi, ieri ci siamo abbandonati nell’abbraccio del Crocifisso, un abbraccio affettuoso, un gesto di grande tenerezza che come discepoli ci ha visti baciare il corpo del Cristo e ci siamo lasciati appunto abbracciare da quelle mani stese sul legno della croce e in quelle braccia abbiamo visto il dolore e la morte di tante persone, dei nostri cari e la sofferenza del nostro mondo …
In questa fedeltà a Gesù, rimanendo nell’abbraccio del Signore non veniamo semplicemente trascinati nel sepolcro, non veniamo abbandonati in quella tomba dove, come le donne al mattino di Pasqua, andiamo a cercare l’oggetto dei nostri affetti. L’abbraccio del Cristo ci trascina in una condizione nuova: la risurrezione!
La risurrezione è del corpo ed è una cosa impossibile all’uomo. Non riusciamo a realizzarla, al massimo la immaginiamo, la desideriamo. La risurrezione non riguarda l’anima, perché l’anima è immortale, ma riguarda il nostro corpo, la nostra persona, il nostro essere. E non si tratta di una semplice rianimazione di cadavere come a Lazzaro perché Lazzaro è stato rianimato ma poi è tornato alla morte. Per risurrezione non si intende tonare a una vita precedente, ma a uno stadio che sia pienezza di vita. Vuol dire essere resi partecipi della vita in una condizione totalmente nuova che è la condizione tipica del Figlio di Dio che ha lo spirito di Dio, ha la vita di Dio.
Ne facciamo una qualche esperienza osservando cosa accade alla materia in natura, perché la stessa materia può avere varie forme di vita: può essere un minerale che assimilato dall’erba diventa vegetale e la stessa materia vegetale mangiata dalla bestia diventa vita animale; la materia animale mangiata dall’uomo diventa vita umana… quindi la stessa materia è vita, ed è diversa a seconda del principio che la informa.
Per analogia possiamo dire che il nostro corpo risorto sarà vivificato dallo spirito stesso di Dio. Avremo la vita di Dio, al vita del Risorto!
I vangeli hanno racconti della risurrezione diversi tra loro, ma un punto comune è che le donne vanno al sepolcro, e vedono che il corpo di Gesù non è più lì. Il fatto che il corpo non sia nel sepolcro è la fine dell’unica certezza dell’uomo, l’unica certezza che abbiamo è di essere mortali! La risurrezione è la vittoria sulla memoria dell’uomo mortale e ci viene a dire che non finiamo lì. Trovo suggestiva questa immagine delle donne che sono il grembo della vita e che vanno al sepolcro, vanno nel grembo della madre terra con l’unica certezza che Gesù sia lì e invece trovano il grembo della terra vuoto e mi suggerisce tre pensieri.
1. Anzitutto perché sono le donne e non subito gli apostoli ad accogliere l’annuncio del Risorto? In un contesto nel quale, come dicono alcuni saggi nel Talmud: è meglio che le parole della Torah brucino nel fuoco piuttosto che cadano nelle mani di una donna e che se un padre insegna la Torah a sua figlia, è come se le insegnasse il libertinaggio. In un contesto del genere che il primo annuncio della risurrezione sul quale si fonda la fede cristiana, venga affidato alle donne è una radicale novità che ha qualcosa da dire anche a noi.
Le donne che hanno seguito Gesù fin sul Calvario e hanno poi osservato con cura il luogo del sepolcro, sono le prime testimoni della risurrezione del Messia crocifisso. Esse non appartengono al collegio istituzionale dei Dodici, ma fanno parte della comunità, sono «fedeli semplici», senza particolari incarichi o compiti, eppure sono le protagoniste di quell’esperienza radicale, da cui nasce la Chiesa, cioè della fede, e in questa precedono anche i capi! Potremmo dire che c’è una certa tensione dinamica tra coloro che hanno la funzione apostolica, cioè i capi della comunità ecclesiale che sono chiusi nel cenacolo e sono tentati di tornare al lavoro di prima e gli altri discepoli, rappresentati dalle donne, figura del «discepolo semplice», che invece si pongono in ascolto dell’angelo.
2. Ecco la seconda considerazione. L’angelo è colui che annunzia, è Dio che comunica, è la parola di Dio. Cosa fa la parola di Dio? Spiega alle donne cos’è capitato e cosa devono fare loro. E mentre ascoltano l’angelo, mentre ascoltano la Parola, incontrano il Risorto che dice loro le stesse cose. Infatti Matteo scrive: «Ed ecco Gesù venne loro incontro dicendo: “Non abbiate paura; andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e la mi vedranno”» (vv 8-9).
È interessante che Gesù dica le stesse parole dell’angelo. Cosa significa? Che quando ascolto la parola del Signore, ascolto il Signore stesso. Attraverso la parola del Vangelo il Signore comunica se stesso e dice: Gesù non è lì.
E qui si opera un cambiamento importante perché da sempre presso tutti i popoli la religione è strettamente connessa col mistero della morte. Il primo segno di cultura è proprio il sepolcro, il culto dei morti. L’angelo annuncia che Dio non è lì, perché Dio è il Dio dei viventi, è risorto.
Dio non lo incontriamo più nel limite della morte, ma nell’ascolto della sua Parola. Una parola che dice alle donne: Guardate il luogo dove era stato deposto…In tutti i vangeli è costante l’invito ad andare a vedere che il grembo della terra è vuoto! Non c’è nulla lì, la vita è altrove. Il Signore non va cercato nel luogo della morte e della paura. Ma allora se non è lì, dove si trova?
3. Ecco l’ultima considerazione: Andate a dire ai discepoli che vi precede in Galilea. Le donne sono inviate agli apostoli in Galilea. Le donne sono mandate dai fratelli, dagli altri perché lì incontreranno il Risorto. La Galilea è il luogo della vita quotidiana, laddove è iniziato il Vangelo, dove Gesù ha vissuto per trent’anni. Il risorto ci precede in Galilea: non è chiuso nel ricordo del passato, ma è davanti a noi a tracciare nuovi sentieri di fraternità.
L’angelo in fondo descrive l’esperienza che avviene in ciascuno di noi mediante la Parola che se viene ascoltata scoperchia la tomba del nostro cuore, realmente ci fa vedere che il Signore non è lì, e ci manda verso i fratelli. Se resti lì non lo incontri. Ricordate che il racconto evangelico ci parla delle guardie pagate per custodire il sepolcro? È la storia di sempre: quelle guardie custodiscono la morte, la menzogna, la corruzione e restano nella loro morte. Se noi vogliamo custodire il potere, l’interesse, l’egoismo non incontreremo mai il Vivente. Da lì non si incontra mai il Risorto.
Rinnoviamo ora i nostri impegni battesimali: diciamo di no alla tristezza dell’egoismo, della paura, della divisione. Torniamo ad affermare l’obbedienza alla Parola, così che la nostra vita vecchia possa risorgere con Cristo. All’inizio della quaresima ci siamo detti che sotto la cenere c’è il fuoco e lungo la quaresima abbiamo cercato di liberare la cenere che gravava sul nostro cuore.
Così all’inizio di questa notte abbiamo acceso un fuoco nuovo come a dire che nell’abbraccio del Risorto non c’è peccato, non c’è paura, non c’è oscurità dalle quali il Signore non ci possa trarre ad un nuovo inizio.

 

Publié dans : Tempo liturgico: Pasqua |le 2 avril, 2018 |Pas de Commentaires »

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