1 FEBBRAIO 2018 – 6A DOMENICA / TEMPO ORDINARIO – B | LETTURE – OMELIE

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1 FEBBRAIO 2018 – 6A DOMENICA / TEMPO ORDINARIO – B | LETTURE – OMELIE

Per cominciare
Gesù guarisce un lebbroso, superando le disposizioni della legge ebraica. È spinto da misericordia verso di lui, ma con questo miracolo straordinario dà anche un segno inequivocabile di essere il messia che tutti attendevano.

La Parola di Dio
Levitico 13,1-2.45-46. L’antico libro del Levitico traccia una linea di comportamento igienico-sanitario nei confronti degli ammalati di lebbra. Disposizioni severissime per la paura che incuteva questa terribile malattia.
1 Corinzi 10,31?11,1. Paolo, a proposito della proibizione di mangiare le carni offerte agli idoli, afferma che ogni cristiano deve sentirsi libero di fronte a obblighi o a proibizioni come queste. Ma invita a farlo senza scandalizzare nessuno.
Marco 1,40-45. Marco prosegue nel racconto dei miracoli di Gesù. Questa volta si tratta di un lebbroso. Gesù non ne ha paura, non lo tiene lontano e lo tratta con vera misericordia, guarendolo

Riflettere…
o Il brano del vangelo ci presenta un altro tassello di Marco, che nei primi capitoli ci fa conoscere Gesù. Si tratta di un nuovo miracolo. Come dicevamo domenica scorsa, un terzo del vangelo di Marco presenta racconti di miracoli. I vangeli domenicali ce ne proporranno altri nelle prossime domeniche.
o Ci viene presentato qui per la prima volta la guarigione di un lebbroso da parte di Gesù. A quel tempo la lebbra era una malattia spaventosa: escludeva dalla possibilità di vivere in città, e ogni lebbroso, vedendo la sua carne spaventosamente mangiata dalla malattia, era indotto a comportarsi come se fosse ormai morto.
o Oltre al resto da lebbra veniva assimilata a una condizione di peccato. Dicevano: o ha peccato lui, oppure qualcuno della sua famiglia.
o Inaspettatamente, la bella notizia dell’arrivo di Gesù e del suo messaggio d’amore arriva anche tra un gruppo di lebbrosi.
o Uno di loro ha il coraggio di avvicinarsi alla comitiva che accompagna Gesù. Gesù non lo allontana, come imporrebbe la legge, ma si avvicina a lui e lo tocca, diventando lui stesso immondo. Supera la legge, interpretandola con misericordia.
o Di fronte al lebbroso, Gesù è mosso da compassione, forse per la durezza della legge, forse per l’orrore che ha provato di fronte allo sfacelo del corpo di quel povero sventurato.
o Secondo il vangelo di Matteo, Gesù, a chi gli chiede a nome di Giovanni Battista se « è lui colui che deve venire », elenca tra le caratteristiche che possono confermare che egli è il messia che « vengono purificati i lebbrosi » (Mt 11,5).
o Gesù manda il lebbroso dai sacerdoti perché confermino la sua guarigione. In questo caso Gesù rispetta la legge e ne riconosce la validità. Era infatti indispensabile per restituire piena dignità sociale a questo lebbroso ormai guarito.
o Il racconto è caratterizzato da uno straordinario clima di normalità. I maghi e i guaritori sono spesso dei ciarlatani: più si parla di loro, meglio è. Non così per Gesù, che si comporterà sempre con estrema semplicità. E dirà sempre di non divulgare il miracolo appena avvenuto. La stessa risurrezione, il miracolo più grande che ha coinvolto lo stesso Gesù, avverrà nel silenzio della notte. Al contrario di come spesso viene rappresentata la risurrezione dagli artisti in dipinti anche celebri.
o È la famosa questione del cosiddetto « segreto messianico ». Gesù-messia non vuole essere scambiato per un guaritore, né dare adito con il suo comportamento a un messianismo di tipo politico-temporale. Ma, come sappiamo, quel lebbroso, come un morto che ritorna alla vita, allontanandosi si mette a divulgare il fatto.
o Nella seconda lettura, Paolo invita i Corinzi a sentirsi liberi di fronte alle carni immolate agli idoli. Ma così come il brano ci viene proposto, sembra esortare tutti ad apprezzare la vita, con le cose belle e le molte occasioni di gioia che ci offre. E a ringraziare Dio, rendendogli gloria nella vita di ogni giorno.

Attualizzare
* Oggi ci viene proposto un comportamento di Gesù decisamente controcorrente. Non teme di avvicinarsi al lebbroso, anzi di toccarlo e di guarirlo, uscendo in questo modo allo scoperto. Tanto è vero che non riuscirà più a difendersi dalla folla e dovrà ritirarsi in luoghi solitari, come dice il vangelo di Marco
* Il lebbroso si inginocchia davanti a Gesù, gli fa vedere le proprie piaghe, la sua situazione di estremo bisogno e viene guarito.
aQuello di Gesù, che lo guarisce, è il gesto misericordioso di Dio, del nostro Creatore che si piega sulle sofferenze umane, che si rivela schierato sempre dalla parte dell’uomo e delle sue debolezze.
* Il lebbroso supplica Gesù in ginocchio e gli dice: « Se vuoi, vuoi purificarmi ». C’è in questo racconto evangelico anche un significato simbolico per i cristiani della prima ora che si preparavano al battesimo, e per i cristiani di ogni tempo. La lebbra, che è simbolo di morte e di peccato, può essere vinta. Gesù ci guarisce dal nostro peccato, dalla lebbra dei nostri peccati.
* Non si può oggi parlare di lebbra e non ricordare alcuni eroi che si sono distinti nell’occuparsi di questi ammalati. Ricordiamo Padre Damiano, ora proclamato santo, i salesiani don Michele Unia e il beato Luigi Variara, il giornalista francese Raoul Follereau.
* Nel 1873 il medico e sacerdote belga padre Damiano (al secolo Jozef de Veuster), a 33 anni sbarcò nell’isola di Molokai, nelle Hawaii, dove si occupò dei lebbrosi, morendo lui stesso di lebbra nel 1889. È stato proclamato santo da papa benedetto XVI nel 2009.
* Don Michele Unia (1895) e don Luigi Variara (+ 1923) portarono solidarietà, gioia e musica tra i lebbrosi di Agua de Dios, in Colombia, tra difficoltà di ogni genere, tra cui l’emarginazione da parte dei loro stessi confratelli, che ne temevano il contagio. Il beato Luigi Variara fondò anche una congregazione di suore lebbrose, che non potevano essere accolte dalle altre congregazioni.
* Il francese Raoul Follereau (1903-1977) si servì del suo mestiere di giornalista per far conoscere al mondo la situazione dei lebbrosi e per chiamare le grandi potenze a interventi di solidarietà. Ad Eisenhower, presidente Usa, e a Malenkov, presidente russo, chiese l’equivalente di un bombardiere B12. « Ne avete una quantità sterminata », scrisse. « Con il costo di due bombardieri potrei curare tutti i lebbrosi del mondo ».
* La lebbra oggi in gran parte è una malattia del passato, anche se c’è chi dice che i lebbrosi nel mondo dovrebbero essere ancora almeno venti milioni, con circa duemila nuovi casi al giorno. Ma non è una malattia più contagiosa di altre, e per guarire bastano medicine di pochi euro.
* Uno dei principali problemi che si presentano alla guarigione è il loro reinserimento nella società, specialmente in Asia, dove c’è ancora chi pensa che la malattia sia legata a una maledizione divina. In Cina i governanti affermano falsamente di non avere più lebbrosi, mentre li costringono all’emarginazione più assoluta. Si rifiutano di registrare i loro figli sani al momento della nascita e li isolano lontano dai centri abitati.
aCi sono associazioni che aiutano i lebbrosi costruendo per loro casette, avviandoli al lavoro, dando loro animali da allevamento (capre, pecore, mucche), macchine da cucire per le donne, ecc.
* Come tutti sanno, nelle civiltà occidentali è scomparsa la lebbra, ma sono comparse molte altre malattie che creano emarginazione sociale, come l’aids o l’alzheimer. A differenza del passato probabilmente alcune malattie sono dovute all’imprudenza, all’immoralità, alla leggerezza. Ma ogni cristiano è chiamato a un comportamento solidale, a condividere la sofferenza umana e a vincere l’emarginazione, così come ha fatto Gesù.

Il beato Federico Albert
Nel 1854 Federico Albert assiste e ospita in casa sua un coleroso, un pizzicagnolo che da un lontano mercato ritornava a casa sua a Groscavallo. Si era sentito male nella regione Colombara presso Lanzo Torinese e si era lasciato cadere sotto un gelso. Nessuno osava avvicinarsi a lui. Fu avvisato un parroco, che non volle occuparsene, fu poi chiamato quello di Lanzo, Federico Albert, che se lo caricò e lo mise nella sua stanza, nel suo letto, fino a quando il poveretto non morì. Federico Albert era stato cappellano di corte presso i Savoia a Torino e aveva predicato i primi esercizi spirituali per i ragazzi di Don Bosco a Valdocco.

La preghiera di Raoul Follereau

Signore,
insegnaci a non amare noi stessi,
a non amare soltanto i nostri,
a non amare soltanto quelli che amiamo.
Insegnaci a pensare agli altri
e ad amare in primo luogo quelli che nessuno ama.
Signore,
facci soffrire delle sofferenze altrui,
facci la grazia di capire che, ad ogni istante,
mentre noi viviamo una vita troppo felice,
protetta da te,
ci sono milioni di esseri umani,
che sono pure tuoi figli e nostri fratelli,
che muoiono di fame,
senza aver meritato di morire di fame,
che muoiono di freddo,
senza aver meritato di morire di freddo.
Signore,
abbi pietà di tutti i poveri del mondo!
Abbi pietà dei lebbrosi,
ai quali tu così spesso hai sorriso
quand’eri su questa terra,
pietà dei milioni dei lebbrosi
che tendono verso la tua misericordia
le mani senza vita, le braccia senza mani.
E perdona noi di averli,
per una irragionevole paura, abbandonati.
E non permettere più,
Signore,
che noi viviamo felici da soli.
Facci sentire l’angoscia della miseria universale,
e liberaci da noi stessi. Così sia

Fonte autorizzata in: Umberto DE VANNA

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