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Marco 1, 29-39, Gesù guarisce molti

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Publié dans:immagini sacre |on 2 février, 2018 |Pas de commentaires »

04 FEBBRAIO 2018 – 5A DOMENICA / TEMPO ORDINARIO – B | LETTURE – OMELIE

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04 FEBBRAIO 2018 – 5A DOMENICA / TEMPO ORDINARIO – B | LETTURE – OMELIE

5a Domenica – Tempo Ordinario Ba

Per cominciare
Le letture di questa domenica presentano praticamente più di un tema. Quello della sofferenza, a cui Gesù risponde con i miracoli (qui in particolare guarisce la suocera di Pietro); il tema dell’evangelizzazione, a cui si sente chiamato Paolo, ma che ha in Gesù un modello perfetto. Infine, volendo, vi è anche il tema della preghiera: Gesù assediato dalla folla si ritira in disparte per incontrarsi a tu per tu con il Padre. La preghiera è fondamentale, sia per accettare e capire il senso della sofferenza, sia per caricarsi in vista della predicazione.

La Parola di Dio
Giobbe 7,1-4.6.7. Giobbe è un uomo diventato quasi il simbolo dell’uomo che soffre, dell’uomo schiacciato dal dolore. Si lamenta con Dio per quanto gli sta capitando. Non sopporta più le notti insonni, i giorni che passano senza speranza, e prega che il Signore della vita gli usi misericordia e gli venga in aiuto.
1 Corinzi 9,16-19.22-23. Paolo afferma di essere soprattutto un predicatore, un annunciatore del vangelo, ma questo non lo inorgoglisce, perché ne sente l’obbligo. È questo infatti l’incarico che gli è stato affidato dal Signore. E proclama di predicare il vangelo gratuitamente, con la massima disponibilità, facendosi servo di tutti, pur di « salvare a ogni costo qualcuno ».
Marco 1,29-39. L’evangelista Marco descrive una giornata di Gesù. Prima va in sinagoga, poi resta ospite a casa di Pietro e Andrea. Qui guarisce la suocera di Pietro e trascorre il pomeriggio con loro. A sera vengono tantissimi ammalati per essere guariti. All’alba del giorno dopo, quando è ancora buio, Gesù cerca un posto deserto per pregare. Cercato dagli apostoli, parte con loro per annunciare il vangelo in altri paesi.

Riflettere…
o La prima lettura presenta il lamento di Giobbe. Giobbe è il simbolo di chi si trova improvvisamente assalito dalla malattia e dalla sofferenza. La malattia, soprattutto quella grave, rende relativa la vita dell’uomo. Fa capire che la nostra esistenza è appesa a un filo, che tutto è provvisorio. Dice Giobbe: « La vita è un soffio ». Tra le tante definizioni, questa sembra la più pessimistica, ma esprime tutta la brevità e l’inconsistenza del nostro esistere su questa terra. « I giorni scorrono più veloci di una spola ».
o Il vangelo presenta quasi una risposta a tanto pessimismo. Una parola di speranza espressa nei gesti di Gesù che compie miracoli. Un terzo del vangelo di Marco presenta miracoli. I vangeli domenicali dell’anno B ce li presentano fino alla nona domenica. Ma spesso si sospende prima, per l’inizio della quaresima.
o Questo brano di vangelo sembra presentarci una giornata tipo di Gesù. Egli passa dalla sinagoga alla casa di Pietro e Andrea. Guarisce la suocera di Pietro e incontra una folla di ammalati, anzi, « tutti » gli ammalati e gli indemoniati della città, dice il vangelo. È così diffusa la malattia! Gesù ne guarisce molti. Gesù è pieno di misericordia. Lo si vede qui e in tante altre circostanze in cui non riesce per così dire a frenare la sua compassione per l’uomo e la donna che soffrono.
o Gesù ci viene raccontato come un pastore zelante e infaticabile. La sua giornata è intensissima. Ma alla sera si ritira in un luogo deserto e passa la notte in preghiera. Cercato dagli apostoli, andrà altrove, ancora una volta in cammino. Essere sempre di passaggio da una località all’altra, così ama vedere Gesù il vangelo di Marco.
o Gesù guarisce in particolare la suocera di Pietro. Le si avvicina, la solleva prendendola per mano. È una scena piena di umanità. Un rabbino non si sarebbe mai degnato di accostarsi a una donna e di prenderla per mano. Anche il fatto stesso di fermarsi a casa di Simone è un gesto singolarmente umano.
o Gesù però non è un medico o un mago e tutti i suoi gesti sono orientati alla scopo di suscitare la fede. Come predica, così fa miracoli. Ma non vuole strappare la nostra fede con i miracoli e obbligarci a credere. Quando qualcuno gli chiederà un miracolo per poter credere in lui con certezza, o volendo metterlo alla prova, Gesù rifiuterà: « Non gli sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona », dirà, facendo riferimento al più grande dei miracoli, quello della sua risurrezione (Mt 12,39).
o Il breve brano di vangelo in poche righe traccia in modo efficace la fisionomia di Gesù: un uomo che annuncia, guarisce e prega. Senza mai perdere la propria identità.
o È in qualche modo una giornata « trionfale » per Gesù, e avrebbe potuto lasciarsi prendere dall’entusiasmo. Invece appena può si ritira a pregare. Durante il giorno è stato preso dall’incontro con gli uomini, a contatto con la sofferenza e la malattia; di notte si incontra con il Padre e ? non c’è dubbio ? presenta al Padre le sofferenze dell’uomo.
o Gesù è all’inizio della sua vita pubblica, ma è già il grande evangelizzatore. Lo fa con la sua vita e la sua parola, ma anche con i suoi miracoli, che rendono presente la bontà e la misericordia di Dio sulle sofferenze umane

Attualizzare
* Dobbiamo anzitutto toglierci due idee sbagliate, ma molto diffuse: la prima, che se stiamo male è per un castigo di Dio, o perché Dio non ci ama; la seconda, che sia facile avere fede quando si è ammalati. Perché non è così. Anzi, la malattia è una tentazione proprio contro la bontà di Dio. Non per niente, c’è un sacramento specifico per trovare la forza di sopportare la malattia grave.
* Il senso della sofferenza ci sfugge. Ogni sofferenza è un invito a imparare ad amare, a scoprire la solidarietà. I miracoli di Gesù sono un appello a metterci a servizio dell’uomo, a mettere le risorse della scienza e la medicina a servizio dell’amore, anche se può sembrare utopistico.
* Del resto i tentativi di comprendere il dolore e la sofferenza si rivelano fallimentari anche per i cristiani. Non si può che tacere, come farà Giobbe di fronte al mistero del suo dolore. Sapendo che Dio è dalla nostra parte, perché vede la nostra sofferenza; in Gesù l’ha condivisa e l’ha salvata.
* La malattia ci rivela nella nostra piccolezza e fragilità. Pone interrogativi angoscianti sul senso della vita e del dolore. Ma la malattia aiuta anche ciascuno a entrare in se stesso, a vivere in modo meno superficiale, a dare un senso ai suoi giorni.
* Anche la certezza della possibilità del miracolo collegato a una precisa richiesta da parte di qualcuno non ci tranquillizza. È certo che a volte le leggi della natura sembrano prendere un corso diverso: pensiamo alla canonizzazione dei santi, per i quali è richiesto un fenomeno « miracoloso », umanamente inspiegabile.
* Noi infatti di fronte a un grave problema o a una malattia che non si risolve con l’aiuto dei medici, passiamo ordinariamente attraverso questi atteggiamenti: ci abbandoniamo con fiducia alla preghiera, nella speranza di ottenere il miracolo, lo aspettiamo, confidiamo di risolvere con l’intervento straordinario di Dio il nostro problema; poi ci diciamo: perché ad alcuni sì, e a noi no? Infine spesso nasce la delusione: Dio non mi ascolta quando prego e gli chiedo qualcosa.
* Ma anche i bambini a catechismo sanno che le nostre preghiere sono certamente ascoltate, forano il cielo, ottengono l’aiuto di Dio. Ma non sempre la risposta è automaticamente quella che noi vorremmo. E si deve lasciare a Dio di intervenire e di operare ciò che è meglio per noi: « Sia fatta la tua volontà ». È stata questa anche la preghiera di Gesù al Getsemani.
* Quanto alla preghiera di Gesù, egli anche in altre circostanze si alza prestissimo e si raccoglie in preghiera quando è ancora buio, in un luogo solitario. Sappiamo che la preghiera è di grande aiuto per comprendere il significato delle nostre sofferenze, ma anche per avere la forza e l’entusiasmo di portare il vangelo ai nostri fratelli. Tutto questo è detto per noi. Se Gesù ha avuto bisogno della preghiera, è grave che noi di fatto ne facciamo così facilmente a meno. Qui si parla di preghiera vera, personale, di un dialogo intimo con il Padre.
* Tanti cristiani fanno solo l’esperienza della preghiera biascicata e di domanda, oppure si lasciano smuovere solo dallo straordinario, per il quale sono disposti ad affrontare anche lunghi viaggi e pesanti disagi. Mentre per la preghiera del cuore, quella che alimenta la fede quotidiana e attinge alla parola di Dio, il tempo non lo si trova facilmente.
* E poi c’è la predicazione. Quella di Paolo e degli apostoli, quella di Gesù. Egli predica dove c’è la gente: nella sinagoga, all’aperto, nelle piazze. Il mistero dell’incarnazione, cioè il fatto che Dio si è fatto uomo ? « parola » ? per incontrarci e parlarci, ci dice che la predicazione è parte integrante del messaggio cristiano. Non la si può lasciare ad altri o sperare che Dio in qualche modo parli all’animo della gente. Se tiriamo alle estreme conseguenze questo ragionamento, Gesù non avrebbe avuto bisogno di farsi uomo, e la parola di farsi carne.
* È questo il senso delle parole di Paolo, il significato del suo zelo missionario, la sua riconoscenza per essere stato chiamato a essere servitore della parola. Paolo è diventato veramente un uomo nuovo, ha un fuoco dentro ed è pieno di passione per il vangelo. Ci ricorda che annunciare il vangelo è una conseguenza dell’essersi incontrati con Cristo.
* Dicevamo che nella parola di Dio di quest’oggi viene tracciato un identikit di Gesù, ma in realtà anche del cristiano. Solidale e amorevolmente vicino a chi soffre; contemplativo anche all’interno della propria attività, annunciatore del vangelo: così è il cristiano, che non interrompe il passaparola ricevuto dagli apostoli e continua sull’oggi la predicazione di Gesù.

Comincia a guardarti a fondo
« Ti casca addosso una malattia e da un giorno all’altro devi fare i conti con l’inattività anche se breve, con la sofferenza anche se limitata, con la morte, anche se apparentemente lontana. Diventi un oggetto anziché un soggetto, una « cosa » gestita da altri, un « paziente », anche se poco paziente. E allora cominci – se prima non lo hai mai fatto – a esaminarti a fondo, magari senza saperlo, dalla prospettiva di Dio » (Italio Alighiero Chiusano).

Dio soffre con noi
« Il Dio vivo è un Dio nomade che cammina con i diseredati della Terra. Come diceva l’amico Turoldo, forse « anche Dio è infelice », soffre con noi, con i perdenti della Storia. È il Dio che ha viscere di donna, viscere materne, che è toccato dalla sofferenza di Wangoi, di Njeri, di Minoo. È il Dio crocifisso, il Dio impotente. Sto forse bestemmiando? Ma anche Gesù ha bestemmiato nella sua vita: « Bestemmia », dicevano i sacerdoti; e Lui, sulla croce: « Dio mio, perché mi hai abbandonato? »" (Alex Zanotelli).

« Leggi ciò che è scritto qui! »
Rabbi Mendel soleva dire che tutti gli uomini che gli avevano chiesto di pregare Dio per loro gli passavano nella mente quando diceva la tacita preghiera delle Diciotto Benedizioni (preghiera che si recita tre volte al giorno stando in piedi). Un giorno un tale si stupì che ciò fosse possibile, poiché il tempo non bastava certo. Rabbi Mendel rispose: « Una traccia della pena di ognuno rimane incisa nel mio cuore. Nell’ora delle preghiera io apro il mio cuore e dico: Signore del mondo, leggi ciò che è scritto qui! » (Martin Buber).

Fonte autorizzata in: Umberto DE VANNA:

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