«IO CERCO IL TUO VOLTO, O SIGNORE» (Sl. 26, 8) – Sant’ Anselmo *
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«IO CERCO IL TUO VOLTO, O SIGNORE» (Sl. 26, 8) – Sant’ Anselmo *
Nato nel 1033 ad Aosta, Anselmo sognava fin dall’infanzia di raggiungere Dio e ancor giovane si dedicò allo studio e alla preghiera. Dopo essersi lasciato un po’ sedurre dalle attrattive del mondo, giunse in Normandia e, a 27 anni, si fece monaco nell’abbazia di Bec, di cui poi divenne abate. Nel 1093 dovette lasciare il monastero per divenire arcivescovo di Canterbury, dove, a causa delle investiture laiche, ebbe a lottare con il re d’Inghilterra. Esiliato per ben due volte, ebbe la gioia di finire i suoi giorni nella propria diocesi nel 1109, essendosi infine ristabilita la pace.
S. Anselmo ci ha lasciato un’opera letteraria in cui si nota una continua preoccupazione teologica. La sua celebre massima: «Fides quaerens intellectum» è divenuta quella di tutta la scolastica, ma in lui la riflessione teologica si radica costantemente in un’esperienza di Dio profonda e intensamente personale.
Coraggio, debole uomo, lascia per un po’ le tue occupazioni, sottraiti un poco al tumulto dei tuoi pensieri. Allontana ora le opprimenti preoccupazioni, respingi le cure laboriose. Renditi libero un poco per Dio e riposa in lui. Entra nella camera della tua anima, lascia tutto ciò che non è Dio e che non può aiutarti a trovarlo. Chiudi la porta (Mt. 6, 6) e cercalo.
Ed ora parla, anima mia, e con tutta te stessa di’ al Signore: Cerco il tuo volto, o Signore, cerco ansiosamente il tuo volto (Sl. 26, 8).
Ora tu, o Signore mio Dio, insegna al mio cuore dove e come cercarti, dove e come trovarti. Signore, se non sei qui, se sei lontano, dove ti cercherò? Se poi tu sei presente ovunque, perché non ti vedo? Tu certo dimori in una luce inaccessibile: ma questa luce inaccessibile dov’è e come potrò raggiungerla? Chi mi condurrà e mi introdurrà in essa perché io possa vederti? E poi, attraverso quali segni, sotto quale aspetto ti cercherò? Non ti ho visto mai, Signore mio Dio, né conosco il tuo Volto. Che farà, o Altissimo Signore, che farà questo tuo esiliato che è lontano da te? Che farà il tuo servo, tormentato dal ‘desiderio di te e respinto tanto lontano dal tuo volto? Egli desidera ardentemente di vederti, ma il tuo volto è troppo lontano da lui; vuole avvicinarsi a te, ma inaccessibile è la tua dimora. Brama trovarti e non sa dove tu sei. Aspira a cercarti e non conosce il tuo volto. Signore, tu sei il mio Dio e il mio Signore, ma non ti ho visto mai. Tu mi hai creato e rinnovato e ogni bene che posseggo mi è stato dato da te, ma io ancora non ti conosco. Sono stato fatto proprio per vederti e non ho ancora realizzato ciò per cui sono stato fatto. Miserabile sorte dell’uomo che ha perduto ciò per cui è stato creato!…
E tu, Signore, fino a quando? (Sl. 6, 4) Fino a quando, o Signore, ti ‘dimenticherai di noi? Fino a quando nasconderai il tuo volto? Quando volgerai a noi il tuo sguardo e ci ascolterai? (Cfr. Sl. 12) Quando illuminerai i nostri occhi e ci mostrerai il tuo volto? Guarda, o Signore, esaudisci, illumina, mostra a noi te stesso. Ridona a noi il bene della tua presenza: senza di essa siamo così infelici! Abbi pietà dei faticosi sforzi che compiamo nel cammino verso di te: noi infatti non possiamo nulla senza di te. Tu che ci inviti, aiutaci.
Ti scongiuro, o Signore, che non abbia a disperarmi sospirando a te, ma che respiri nella speranza… Mi sia concesso di intravedere la tua luce almeno da lontano, almeno dal fondo della mia miseria. Insegnami a cercarti e mostrati quando ti cerco, perché non ti posso cercare se tu non mi insegni, né trovare se tu non ti mostri. Possa cercarti con il mio desiderio e desiderarti nella ricerca. Ti possa trovare amandoti e, trovandoti, ti possa amare.
* Proslogion, 1; Librairie Philosophique J. Vrin – Parigi 1954 – pp. 6-10.

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