22 OTTOBRE 2017 | 29A DOMENICA T. ORDINARIO – A | OMELIA
22 OTTOBRE 2017 | 29A DOMENICA T. ORDINARIO – A | OMELIA
Per cominciare
Gesù viene posto di fronte a una questione squisitamente politica. Ma anche questa volta il Figlio di Dio non si lascia coinvolgere ed entra nel cuore della questione: si devono riconoscere i diritti di Dio sia nella politica che nell’economia e in ogni altro settore della vita personale e pubblica.
La parola di Dio
Isaia 45,1.4-6. Ciro, re di Persia, diventa uno strumento di Dio per riedificare Israele. La storia della salvezza è nelle mani di Dio, che si serve degli strumenti più utili, anche di una persona lontana dalla fede.
1 Tessalonicesi 1,1-5b. La lettera ai Tessalonicesi, che iniziamo a leggere oggi, è il più antico documento della chiesa delle origini. Paolo l’ha scritta a Corinto nell’anno 51. Aveva incontrato gli abitanti di Tessalonica durante il suo secondo viaggio e si era rivolto dapprima alla fiorente comunità giudaica, che però gli fece una feroce opposizione (At 17,1-10). Questo lo spingerà a rivolgersi ai pagani.
Matteo 22, 15-21. I farisei, esasperati dal racconto delle parabole sferzanti di Gesù nei confronti delle autorità ebraiche, gli tendono una trappola perché si comprometta davanti al potere politico. Ma Gesù li costringe a uscire dall’ipocrisia e a riconoscere i diritti di Dio.
Riflettere
Il brano di vangelo che ci viene proposto oggi occupa un posto di rilievo nel racconto degli evangelisti. È presente non solo in Matteo, ma anche in Marco (12,13-17) e in Luca (20,20-26).
Il vangelo di questa domenica è preceduto da tre parabole che mettono in evidenza l’atteggiamento negativo dei farisei nei confronti di Gesù: gli invitati scortesi, i vignaioli omicidi e quella dei due figli, di cui uno dice di sì, ma poi non obbedisce.
Con le sue parabole, Gesù ha esasperato i farisei e i maestri della legge. Per questo, dice Luca, « Si misero a spiarlo e mandarono informatori, che si fingessero persone giuste, per coglierlo in fallo nel parlare e poi consegnarlo all’autorità e al potere del governatore » (20,20).
I farisei praticamente passano al contrattacco. Gli presentano questioni spinose, cercano in questo caso, di portarlo sul terreno della politica. Gesù poteva fare un passo falso e offrire il pretesto per accusarlo davanti alle autorità.
La risposta data da Gesù ai farisei e agli erodiani è famosa e viene usata spesso quasi fosse un proverbio. Della frase si è persa la saggezza evangelica, facendo dire a Gesù parole di sola furbizia umana. Invece fanno riferimento al primato di Dio su ogni azione dell’uomo.
I farisei fanno spesso brutta figura nel vangelo. Sappiamo da altre fonti che molti di loro erano invece persone rispettabili e osservanti. Possiamo immaginare però quale disorientamento ha portato nella loro vita il comportamento libero di Gesù.
In questa circostanza attaccano Gesù e per essere più forti si fanno accompagnare dagli erodiani. Pongono a Gesù una questione cruciale, il pagamento delle tasse agli invasori romani; e la testimonianza degli erodiani poteva diventare importante nel caso di un’accusa, perché essi erano vicini a Erode, che governava in pieno accordo con i Romani.
La questione era questa. Ogni ebreo ? dai ragazzi di una dozzina d’anni ai 65 anni ? uomini, donne e gli stessi schiavi, dovevano pagare ai Romani un denaro d’argento a testa (la paga quotidiana di un lavoratore). Ma questo pagamento determinava il riconoscimento dell’autorità di Cesare, che avveniva in un contesto tale per cui ? così sostenevano soprattutto gli zeloti ? l’accettarlo poteva apparire idolatria, e si opponeva direttamente al primo comandamento della legge.
Nella risposta di Gesù troviamo l’unico suo pronunciamento su una questione politica. Su queste questioni Gesù si è sempre comportato con assoluta indifferenza. Ha pagato la tassa per sé e per Pietro (Mt 17,24-27); non ha voluto farsi proclamare re, dopo la moltiplicazione dei pani (Gv 6,15); non ha voluto lasciarsi coinvolgere in questioni di eredità (Lc 12,13-14). Eppure agli occhi delle autorità appare più pericoloso di qualsiasi agitatore politico.
La risposta di Gesù è un misto di ironia e di logica stretta. Gesù li costringe subito a porsi di fronte a quella moneta che ad essi ripugnava. Nella moneta c’era infatti l’immagine dell’imperatore e la scritta Tiberius Caesar Divi Augusti Filius Augustus Pontifex Maximus. Per un vero ebreo questo era intollerabile. I farisei non erano d’accordo con i romani, ma erano anche contrari a qualsiasi movimento di ribellione contro Roma. Essi riponevano la loro fiducia in Iahvè, che aveva il potere di liberarli come aveva fatto in passato.
Gesù non cade dunque nel tranello di presentarsi come ribelle a Roma e dice: « Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare ». E l’atmosfera si fa pesante. Lo era già sin dall’inizio, a dire il vero. Quel loro presentarsi servile e astuto (« Sappiamo che sei veritiero… Tu non hai soggezione di alcuno… ») era ripugnante. E Gesù non si era sottratto alla schiettezza che gli avevano riconosciuta, e aveva risposto senza alcun timore alla loro doppiezza: « Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? ».
La risposta di Gesù però va oltre e aggiunge: « Ma rendete a Dio quello che è di Dio ». Ed è questa l’originalità di ciò che lui afferma.
La prima parte poteva apparire una risposta dettata da realismo, dalla saggezza, forse anche dalla furbizia, la seconda parte allarga gli orizzonti, perché non c’è nulla che si sottragga veramente a Dio, nemmeno la politica.
In questo senso fa parte della signoria di Dio sul mondo e sulla storia la vicenda di Ciro, a cui fa riferimento la prima lettura, tratta dal secondo Isaia: Dio sceglie Ciro, il suo eletto ? un uomo che non conosce il vero Dio ? e lo rende strumento di salvezza: lo chiama ad abbattere davanti a lui le nazioni, e questo per amore di Israele.
La risposta di Gesù in realtà più che accettazione dell’autorità di Cesare, suonava dunque così: « Non lasciatevi sottomettere da nessun Cesare di questo mondo. Non rassegnatevi alla logica del mondo, ma trovate la vera libertà in Dio, signore del mondo ».
Gesù insegna a rispettare e a valorizzare il servizio politico, purché esso rispetti e realizzi le esigenze di Dio. Perché davanti a qualsiasi aberrazione e abuso di potere, anche democratico, i cristiani testimoniano e promuovono i diritti di Dio. È questo il significato vero e rivoluzionario della frase di Gesù.
Attualizzare
Chiesa e politica: il tema è spesso in prima pagina e di altissimo interesse. Alcuni pensano che la chiesa non dovrebbe parlare di politica, che lo fa troppo, che ciò che dice a volte le si ritorce contro. Ma in ogni epoca storica gli uomini di chiesa si sono espressi sui temi scottanti del loro tempo.
Un solo esempio. Nel 1845 Louis Rendu, vescovo di Annecy – dove c’era il più grande cotonificio dello stato savoiardo-piemontese – denunciò presso Carlo Alberto la condizione disumana degli operai-bambini, proprio mentre il Congresso degli scienziati italiani – tutti grandi capitalisti – affermava che « il lavoro infantile nelle officine e nelle fabbriche era assolutamente necessario per reggere la concorrenza straniera ».
Molto più recentemente tutti ricordiamo gli interventi contro la guerra in Iraq di Giovanni Paolo II, tra un coro di consensi.
Che direbbe Gesù della questione? Il brano di vangelo di questa domenica si direbbe che capiti a proposito. Perché a Gesù viene posta una questione squisitamente politica: pagare o non pagare il tributo a Cesare? Come dicevamo, la risposta di Gesù ai farisei e agli erodiani è famosa, anche se viene usata non di frequente a proposito e a sproposito.
Gesù costringe i farisei a porsi di fronte a quell’odiata moneta su cui è scolpita l’immagine dell’imperatore e il riconoscimento che Tiberio è Divus e Pontifex Maximus. Gesù sa bene che farisei ed erodiani nei confronti dei romani sono a disagio, ma non cercano lo scontro.
Gesù però non cade nel loro tranello: « Date a Cesare quel che è di Cesare », dice. « e a Dio quel che è di Dio ». Risposta che al di là di ogni furbizia o realismo, chiede di allargare gli orizzonti. Perché non c’è nulla che si sottragga veramente a Dio, nemmeno la questione del pagare o non pagare le tasse a Cesare.
Gesù non chiede un’accettazione supina all’autorità romana, anzi, invita a non lasciarsi accalappiare e a non sottomettersi in modo passivo a nessun Cesare di questo mondo. « Non rassegnatevi a certe logiche », dice Gesù. « Trovate invece la vera libertà nella fedeltà a Dio, signore del mondo ».
In ogni tempo la fede, quando si incarna e viene vissuta, si fa visibile, trasforma l’ambiente e la società, diventa fermento, lievito di storia, si fa « politica ». Questo dovrebbero ricordare i laici cristiani, che oggi guardano con diffidenza alla politica, e la lasciano a uomini di altre ambizioni, e magari a qualche vescovo.
Intervistare Gesù
Qualcuno chiede a Beppe Severgnini, nella sua rubrica « Italians Magazine » del supplemento al Corriere della Sera: « Se potessi intervistare un grande personaggio del passato, chi sarebbe e di che cosa vorresti parlare? ». Risposta: « Gesù. Vorrei conoscere il Suo conciso giudizio sugli ultimi duemila anni ».
Da (fonte autorizzata): Umberto DE VANNA sdb
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