27 AGOSTO 2017 | 21A DOMENICA T. ORDINARIO – A | OMELIA
27 AGOSTO 2017 | 21A DOMENICA T. ORDINARIO – A | OMELIA
Per cominciare
« Chi dice la gente che io sia? », domanda Gesù agli apostoli. « E voi, chi dite che io sia? ». Sono le domande che ogni anno la chiesa ripropone anche a noi. Pietro risponde sottolineando la grandezza di Gesù, e Gesù pone Pietro a fondamento della chiesa.
La parola di Dio
Isaia 22,19-23. Il profeta Isaia fa riferimento a una pagina della storia dei discendenti di Davide. Eliakim, figlio di Chelkia, viene nominato ministro della casa reale al posto dell’ambizioso Sebna. Eliakim sarà esattamente l’opposto di Sebna, perché è un uomo fedele, un « servo del Signore ». Eliakim viene dunque cinto della cintura e gli viene consegnato il pieno potere, « la chiave di Davide ». Il testo di Isaia è in questo caso un chiaro riferimento al testo del vangelo e ai simboli usati da Gesù nei confronti di Pietro.
Romani 11,33-36. Paolo, consapevole della storia del suo popolo, è tutto preso dal desiderio della sua salvezza. Ma dopo tanto ragionare, mette tutto nella mani di Dio, affermandone con meraviglia la sua grandezza e il suo modo unico e singolare di intervenire nella storia.
Matteo 16,13-20. Nel brano di Matteo, Pietro si sbilancia nel riconoscere in Gesù il messia atteso. E Gesù a sua volta dà a Pietro il potere delle chiavi, mettendolo a capo della chiesa.
Riflettere
È di nuovo di scena Pietro, come 15 giorni fa. Allora chiese di camminare sulle acque come Gesù. Qui, ispirato dallo Spirito, fa una aperta dichiarazione a favore dell’identità di Gesù. Ma alla fine verrà rimproverato, perché non accetterà un messia sofferente (è il brano di vangelo della prossima domenica).
Non ci dispiace vedere agire Pietro. Tante pagine del vangelo hanno lui come protagonista e ci è simpatico, impulsivo e generoso com’è, pronto e sincero, anche se umanamente vile durante la passione di Gesù. Praticamente della nostra stessa umanità e debolezza.
Gesù non aveva certo bisogno di sapere che cosa pensava la gente di lui. Ma lo chiede agli apostoli, intendendo prepararli alla scoperta della sua persona e della sua missione. È a questi apostoli che di esperienza in esperienza si svelerà pienamente, dando a loro l’incarico di rivelarlo al mondo. Così dirà Pietro al pagano Cornelio: « Noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti » (At 10,39-41).
Nella risposta degli apostoli vengono nominati Giovanni Battista, Elia, Geremia… tra i nomi più importanti che gli apostoli potessero fare.
Gesù continua e chiede: « Ma voi, chi dite che io sia? ». È a questo punto che la risposta di Pietro si fa sorprendente per la sua ispirata correttezza: « Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente ».
Ci voleva un certo coraggio a riconoscere nell’uomo Gesù, che pure li stava affascinando con la sua parola e i miracoli, ma che si presentava ai loro occhi nei panni di una sorprendente normalità, il messia atteso, il Figlio di Dio.
Gesù dà a Pietro il potere delle chiavi. Le sue parole fanno chiaramente capire che si tratta di un potere destinato a essere esercitato soprattutto quando Gesù non sarà più tra loro, quando esisterà la chiesa e avrà bisogno di una pietra solida per continuare nel tempo.
Di fatto il papa è oggi il successore di Pietro e continua a offrire la stessa testimonianza, rafforzata dalla promessa di Gesù: « Le potenze degli inferi non prevarranno » (Mt 16,18).
Attualizzare
Ogni anno ci viene proposto questo episodio evangelico, che si trova anche il Marco (8,27-30, 24ª domenica dell’anno B) e in Luca (9,18-21, 12ª domenica dell’anno C).
Ogni anno, in ogni epoca storica, ci viene chiesto di rispondere alla domanda: « Chi è Gesù per la gente d’oggi? ». E la nostra risposta non è molto diversa dalla prima risposta degli apostoli: Gesù anche oggi è considerato un uomo importante: per la storia, per ciò che ha detto e fatto, per l’influenza che ha avuto attraverso il suo messaggio e la presenza della chiesa che prolunga la sua missione.
Gesù piace ai vecchi e ai giovani. Riempie le sale cinematografiche, e i libri che studiano o mettono in discussione la sua figura diventano best-seller.
In ogni tempo è più frequente contestare la chiesa nella sua organizzazione e nei suoi vertici o nelle sue prese di posizione, avere con vescovi e sacerdoti e suore delle riserve o dei rapporti difficili, ma verso Gesù, no. Anzi, sono a volte gli stessi « avversari », magari atei, a richiamarsi a lui per sottolineare e rafforzare le loro stesse contestazioni.
Ma a noi in particolare oggi viene riproposta la domanda: « Ma per voi, chi sono io? ». E non ci si può esimere dal rispondere. Chi non se la sente di rispondere ha già risposto in cuor suo ed entra nel numero dei molti indifferenti, di chi magari prega e viene anche a messa, ma non ha verso Gesù un rapporto vivo e vero.
Perché se Gesù è uno dei tanti personaggi del passato, come Napoleone o Socrate, non ha più molto da dirci.
Se invece è il messia salvatore, il Figlio di Dio che si è incarnato, è inevitabile sentirci coinvolti e la sua parola ha per ciascuno di noi un valore assoluto, che profuma di eternità.
Quanto a Pietro, non possiamo non sottolineare quale importanza abbia il suo ruolo nella vita della chiesa. Avere un centro di unità, il trovarci uniti attorno alla sua persona dà una solida garanzia di stabilità alla comunità dei cattolici sparsa su tutta la terra e caratterizzata da culture e modi di vedere e di vivere spesso profondamente diversi.
Anche i nostri fratelli separati riconoscono la fortuna dei cattolici sotto questo aspetto, essi che dopo la separazione si sono divisi in tanti gruppi e chiese. Papa Benedetto XI molto chiaramente ha ricordato loro all’inizio del suo pontificato, che anche di fronte al problema dell’ecumenismo, nessuno può prescindere dal ruolo di Pietro. Non c’è chiesa senza Pietro. Così ha voluto Gesù.
Ciò non vuol dire che il papato debba necessariamente mantenere la fisionomia e lo stile di governo di oggi. In particolare può essere utile ricordare ciò che scrive sant’Agostino: « Pietro per natura era soltanto un uomo, per grazia era un cristiano, per una grazia speciale era un apostolo, anzi il primo degli apostoli. Ma quando Gesù gli disse: « A te darò le chiavi del regno dei cieli e ciò che scioglierai sulla terra, sarà sciolto nei cieli », egli rappresentava la chiesa universale, che in questo mondo è scossa da prove, eppure non crolla, perché è fondata sulla pietra da cui, appunto, deriva il suo nome. Non è la pietra che deriva il suo nome da Pietro, ma è Pietro che lo deriva dalla pietra; così come non è il nome di Cristo che deriva da cristiano, ma il nome cristiano che deriva da Cristo. E il Signore disse: « Su questa pietra edificherò la mia chiesa » perché Pietro gli aveva detto: « Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente ». E dunque su questa pietra, da te confessata, io edificherò – dice il Signore – la mia chiesa. La pietra infatti era Cristo, sul quale fondamento anch’egli, Pietro, era stato edificato ».
La presenza del successore di Pietro in ogni caso è, come dicevamo, una grande garanzia di stabilità per la chiesa, perché la vera pietra su cui si appoggia è Cristo stesso. Gli imperatori romani prima, Napoleone e Hitler poi, si sono illusi di poter affermare che il papa che essi perseguitavano sarebbe stato l’ultimo della storia. In realtà oggi il papato è ancora lì, più fiorente che mai.
A conclusione, tiriamo ancora qualche corollario, da questo brano evangelico. Poco prima di questo episodio, mentre Gesù e gli apostoli sono in barca verso l’altra riva del lago, dice loro di « guardarsi dal lievito dei farisei ». Che è il lievito di chi si fa maestro degli altri, di chi disprezza i peccatori e impone agli altri quei pesi pesanti che loro non intendono toccare nemmeno con un dito. Inutile dire che da questo lievito dovrebbe guardarsi ogni cristiano, soprattutto chi si trova in posizione di responsabilità nella chiesa.
Infine, Gesù ordina agli apostoli di non dire a nessuno che egli è il messia. Se in quel momento era importante che fosse custodito quel « segreto messianico » che poteva essere mal capito, oggi avviene il contrario. Dopo la risurrezione di Gesù e i duemila anni della chiesa è quanto mai necessario che si proclami chi è Gesù, perché anche altri siano raggiunti dalla salvezza.
Intervistare Gesù
Qualcuno chiede al brillante giornalista Beppe Severgnini, nella sua rubrica « Italians Magazine » del supplemento al Corriere della Sera: « Se potessi intervistare un grande personaggio del passato, chi sarebbe e di che cosa vorresti parlare? ». Risposta: « Gesù. Vorrei conoscere il Suo conciso giudizio sugli ultimi duemila anni ». Quale risposta daremmo noi, se ci chiedessero: « Se lo potessi, che cosa chiederesti a Gesù? ».
Processo a Gesù
Nel 1955 andò in scena al Piccolo Teatro di Milano il dramma « Processo a Gesù » di Diego Fabbri. L’autore immagina una troupe di ebrei che, dopo la seconda guerra mondiale, si sposta di città in città per rifare davanti al pubblico il processo a Gesù, per verificare se fu condannato giustamente o ingiustamente.
Vengono ascoltati i testimoni di allora: Pilato, Caifa, Giuda, gli apostoli e anche questa volta la sentenza si preannuncia di condanna nei confronti di Gesù. E l’argomento principale della condanna è che nulla è cambiato con la sua venuta: tutto continua come prima e, pertanto, secondo il presidente del tribunale, non può essere stato il Figlio di Dio. A conclusione, il presidente rivolto al pubblico dice: « Pronunceremo la sentenza, ma vorrei chiedere prima a voi cristiani qui presenti, chi era, chi è per voi Gesù di Nazaret ». A questo punto tutto cambia. Si alza, infatti, un sacerdote che era lì in incognito; si alza un giovane fuggito di casa; si presenta una prostituta trascinata in teatro dal suo amante intellettuale; chiede la parola la donna delle pulizie del teatro: coraggiosamente ognuno grida chi è Gesù nel segreto della propria vita, affermando decisamente di non poter fare a meno di lui. Appare chiaro che non è affatto vero che tutto è rimasto come era prima, perché tante cose sono cambiate! Il presidente del tribunale, allora, conclude: « Perché non lo gridate forte, dovunque e sempre, quello che avete detto stasera? Tutti dovreste gridarlo! Tutti! Tutti! Perché altrimenti si ripete anche per voi quello che accadde per noi allora: di rinnegare, di condannare, di crocifiggere Gesù. Io debbo proclamare, al cospetto di tutti, che non so ancora se Gesù di Nazaret sia stato veramente quel Messia che noi aspettavamo, ma è certo che lui, lui solo, alimenta e sostiene tutte le speranze del mondo. Io lo proclamo innocente e martire! ».
Da (fonte autorizzata): Umberto DE VANNA
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